I VERI BLACK BLOC SONO I PARTITI CHE HANNO DISTRUTTO IL PAESE. PRESIDIO MONTECITORIO DENUNCIA FUNZIONARI DIGOS E MANDANTI

TESTO DEFINITIVO DELLA DENUNCIA-QUERELA CHE VERRA’ DEPOSITATA VENERDI MATTINA 11-11-2011 PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA.
ALLE ORE 11,30 CONFERENZA STAMPA PRESSO LA SALA STAMPA DEL TRIBUNALE DI ROMA VIA GOLAMETTO 11 (P.LE CLODIO) CON GAETANO FERRIERI E PIETRO PALAU GIOVANNETTI CHE ILLUSTRERANNO GLI OBBIETTIVI DEL PRESIDIO E LE RAGIONI DELLA QUERELA.
TUTTI I SIMPATIZZANTI DEL PRESIDIO DI MONTECITORIO SONO PREGATI DI PARTECIPARE E DI INVIARE INVITI VIA MAIL A TUTTI I GIORNALISTI E ORGANI DI INFORMAZIONE.
Per ulteriori info: avvocatisenzafrontiere@hotmail.com
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
ATTO DI DENUNCIA – QUERELA
E CONTESTUALE ISTANZA DI DISSEQUESTRO EX ART. 262 ss C.P.P.
A carico di:
Agenti Digos, in forza presso la Questura di Roma, da identificarsi [si precisa che i soggetti querelati sono facilmente identificabili dalle immagini e videoriprese apparse nei notiziari di televisioni e blog che testimoniano gli atti di violenza privata, abuso d’ufficio, fermo illegale e sequestro illegittimo, perpetrati nei confronti di Gaetano Ferrieri e altri], per le ipotesi di reato di cui agli artt. 294, 323, 480, 606, 610 c.p. e artt. 253 e 384 c.p.p.;
Terzi soggetti aventi e/o danti causa, da identificarsi, quali mandanti dei reati sopra ipotizzati e/o di quelli che meglio potranno essere ravvisati dall’A.G., anche in relazione all’esistenza di un sodalizio criminoso in grado di condizionare le attività istituzionali e sovvertire l’ordine democratico e l’Autorità dello Stato, attraverso la collusione di intranei ai centri vitali di comando di forze dell’ordine, Digos, Pubblica Amministrazione (Comuni, regioni, province), ministeri, Parlamento, banche, istituzioni finanziarie, nonché della stessa magistratura, sino alla Suprema Corte di Cassazione e al C.S.M.
I sottoscritti Gaetano Ferrieri, nato a Belluno, in data 06.07.1957, residente in Mirano V.le Stazione 60 (VE);
Pietro Palau Giovannetti, nato a Milano, il 19.11.1952, residente a Milano, in via G.B. Vico n 1, in proprio e quale legale rappresentante p.t. della Onlus Movimento Giustizia Robin Hood (di seguito per brevità: “Onlus”) e della rete Avvocati senza Frontiere;
Entrambi difesi di fiducia dall’Avv. Antonino Rossi del Foro di Piacenza, elettivamente domiciliati presso la sede di Avvocati senza Frontiere, al C.so di P.ta Romana 54, 20122 Milano (fax 02-36582658),
Premesso che:
Tutti gli esponenti firmatari sono liberi e pacifici cittadini nonviolenti che hanno aderito al Presidio ad
oltranza con sciopero della fame in atto da oltre 4 mesi avanti a Palazzo Montecitorio. Iniziativa che si propone attraverso alcune petizioni popolari di richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sui privilegi di cui godono politici e parlamentari (la cosiddetta “casta”).
A riguardo, il promotore dello sciopero della fame Gaetano Ferrieri ha avuto modo di dichiarare alla stampa: “Ho smesso di mangiare e dal 4 giugno vado avanti solo a acqua e sali minerali fino a quando non prenderanno in considerazione le petizioni che abbiamo inviato alle più alte cariche dello Stato: riduzione del 50 percento dello stipendio di parlamentari e amministratori pubblici, taglio del 90 percento delle auto blu e nuova legge elettorale per creare una classe politica che veramente rispecchi e preferenze dei cittadini”.
Nell’ambito di tale iniziativa tuttora in corso lo scorso 12 Ottobre 2011 è stata promossa un’assemblea della Società civile a cui hanno aderito migliaia di cittadini provenienti da ogni parte d’Italia che si sono dati convegno in Piazza di Monte Citorio, allo scopo di fare sentire la propria voce, confrontarsi con le istituzioni e manifestare pacificamente.
Tanto premesso, i sottoscritti firmatari ut supra domiciliati e difesi
ESPONGONO E DENUNCIANO
Nella tarda mattinata del 12.10.11, al termine dell’Assemblea, svoltasi intorno al gazebo eretto da oltre 131 giorni avanti a Palazzo Montecitorio, i manifestanti prendendo atto dell’assenza dei rappresentanti delle istituzioni e dell’indifferenza dei media, decidevano all’unanimità di portarsi pacificamente all’interno del Piazzale, senza bandiere, manifesti, striscioni o altri segni distintivi, limitandosi a cantare l’Inno di Mameli. La pacifica iniziativa trovava però l’illegittimo ostruzionismo dei funzionari della Digos, che impedivano sia con transenne sia fisicamente ai manifestanti di accedere alla Piazza, facendo a scopo dissuasivo ed intimidatorio arbitraria richiesta di identificazione verso tutti coloro che avevano manifestato l’intenzione di transitare liberamente come di diritto nei pressi di Palazzo Montecitorio.
In tale contesto, onde evitare qualsiasi conflitto e polemica un gruppo di circa 150-200 manifestanti si portava, senza intralciare il traffico, in direzione dell’ingresso principale di Palazzo Montecitorio, il cui accesso veniva però ancora una volta arbitrariamente ostruito dai funzionari della Digos.
A questo punto, i manifestanti, sempre cantando l’Inno d’Italia e chiedendo a gran voce:
Via la casta da Montecitorio“, senza intralciare il traffico, si portavano in direzione del Quirinale, con
l’intenzione di incontrare il Presidente della Repubblica Napolitano, senonché, poco dopo, venivano circondati e chiusi nei pressi di Via del Corso, da svariate centinaia di agenti in assetto antisommossa e blindati delle Forze dell’Ordine.
Intorno alle 14.00, dopo circa mezz’ora di ingiustificato assedio e restrizione della libertà di movimento, da parte delle Forze dell’Ordine, che avevano praticamente blindato tutte le vie di accesso e di uscita alla Piazza SS. Apostoli, i funzionari della Digos querelati pretendevano senza legittimo motivo di identificare tutti i circa 150 pacifici manifestanti accerchiati, minacciando di arrestare chi non avesse con sé il documento di identità, seppure molti spiegavano di avere lasciato le proprie borse presso il presidio e che tale attività intimidatoria di polizia apparisse come un attentato alla libertà di manifestazione.
Tra i molti testimoni oculari presenti ai fatti di violenza posti in essere dagli agenti della Digos vi era il Presidente nazionale della Onlus Movimento per la Giustizia Robin Hood, Dott. Pietro Palau Giovannetti, che ha dato vita alla rete di Avvocati senza Frontiere, odierno querelante, che si riserva costituirsi parte civile, il quale dichiarando la propria qualità di “Human Right Defenders”, invitava bonariamente i predetti funzionari della Digos a rilasciare un giovane privo di documenti che, nonostante non avesse commesso alcun reato, era stato afferrato e trascinato con la forza, nonché a desistere dall’intenzione di trarlo in arresto, configurandosi come atto illegale e violativo di fondamentali libertà costituzionali, tenuto conto che nessuno tra i manifestanti aveva compiuto né manifestato l’intenzione di compiere gesti di violenza, né tantomeno opposto resistenza ai blocchi, ancorché illegittimi,  innalzati dalle Forze dell’Ordine, né infine risultassero sussistenti le specifiche ragioni previste dal R.D. n. 773/31, Testo Unico di Pubblica Sicurezza.
In tale frangente, del tutto inopinatamente, i funzionari della Digos, rilasciando il primo giovane, si scagliavano contro lo stesso Presidente della Onlus Avvocati senza Frontiere, Dott. Pietro Palau Giovannetti, odierno querelante che, senza ragione, veniva brutalmente afferrato per le braccia da più agenti e trascinato per vari metri, dichiarandolo in arresto.
Le videoriprese allegate testimoniano l’inusitata e ingiustificata violenza posta in essere nei confronti di persona del tutto inerme che usando la sola arma della parola e del Diritto cercava solo di dialogare e di invitare gli agenti della Digos al rispetto della legalità e dei diritti dei cittadini che stavano manifestando pacificamente, anche nel loro interesse.
E, pur tuttavia, senza che, come detto, sussistesse alcuna esigenza di pubblica sicurezza, anche Gaetano
Ferrieri, seppure persona ben nota ai funzionari della Digos capitolina, intervenuto a sua volta per impedire il fermo illegale del Dott. Pietro Palau Giovannetti, veniva brutalmente afferrato per le braccia, trascinato con la forza per oltre 100 metri e tratto illegalmente in arresto, senza che avesse opposto la benché minima resistenza, come pure si evince dalle videoriprese allegate.
La gravità del fermo di Gaetano Ferrieri, a seguito del cui intervento veniva poi rilasciato il Dott. Pietro Palau Giovannetti,  a una attenta ricostruzione dei fatti non può che destare seri dubbi sulla legittimità dell’operato dei funzionari querelati e assenza di odio politico, sia in quanto il Sig. Ferrieri è soggetto ben noto alla Digos, quale promotore del Presidio, nei cui confronti non poteva perciò esistere alcuna necessità di identificazione, sia perchè i predetti funzionari hanno infierito nei confronti di soggetto cardiopatico e già altamente debilitato, come ben noto in sciopero della fame da oltre 4 mesi, il quale generosamente,  pur non avendo anch’egli commesso alcun tipo di reato, si era, peraltro, offerto di essere arrestato al posto di Pietro Palau Giovannetti che, a sua volta, mosso dallo stesso spirito di giustizia, era intervenuto in difesa di altro manifestante per evitarne l’arresto.
Alla luce di tali assorbenti considerazioni è pertanto evidente che la Digos cercasse un capro espiatorio per
intimidire i manifestanti, spegnere la protesta e fermare la pacifica marcia sul Quirinale. A seguito del fermo illegale del Ferrieri molti manifestanti si sono infatti loro malgrado dispersi e altri hanno fatto rientro al Presidio in Piazza Montecitorio, rinunciando all’idea di incontrare il Presidente della Repubblica Napolitano.
Il Ferrieri, a seguito di tale brutale aggressione, come testimoniata da una serie di video e foto pubblicate sui maggiori quotidiani on line e blog, si è sentito male accasciandosi a terra, tanto da essere ricoverato d’urgenza, circostanza che non ha impedito ai funzionari della Digos di trarlo in stato di fermo, senza
contestargli, peraltro, alcun specifico reato, limitandosi a consegnargli un invito, ex art. 161 c.p.p., ai fini della mera elezione di domicilio e nomina del difensore (Doc. 1).
E non poteva essere altrimenti.
Anzi.
Non vi è chi non veda che il fermo per poter essere convertito in arresto avrebbe dovuto venire convalidato dal P.M. e dal Gip, con la conseguenza che la motivazione sia apparsa prima facie del tutto infondata,
falsa e pretestuosa, come confermato dal fatto che infine nessuna specifica contestazione sia stata poi elevata.
Lo stesso dicasi per l’illegittimo sequestro della bandiera italiana e del megafono con cui i manifestanti esprimevano la loro libertà di espressione del pensiero e di manifestazione. Beni di cui non è stato neppure redatto un verbale di sequestro da parte degli agenti Digos  che data la loro peculiarità e funzione rappresentano importanti strumenti per l’attuazione e il pacifico proseguimento del Presidio avanti a Palazzo Montecitorio, che debbono pertanto venire immediatamente restituiti agli aventi diritto. A riguardo, va denunciato che solo dopo la pubblicazione on line della bozza della presente denuncia, solo nei giorni scorsi a distanza di ben tre settimane dal fatto è stato tardivamente notificato presso il Presidio di Montecitorio un non meglio precisato “verbale di sequestro” [pare del solo megafono], senza che ne sia stata neppure rilasciata copia alla parte.
La brutalità, gratuità e assoluta ingiustificatezza dell’intervento degli Agenti della Digos e lo spropositato  spiegamento di forze dell’Ordine contro manifestanti del tutto pacifici appare quindi integrare le ipotesi di reato sopra ascritte, i cui responsabili potranno venire identificati e puniti a norma di legge, tramite l’esame dei numerosi video e testimonianze apparse sui social network che, da un lato, documentano
attraverso le riprese effettuate l’aggressione subita dal Ferrieri e dagli altri manifestanti e, dall’altro, riportano le vive testimonianze oculari degli stessi manifestanti al momento dell’aggressione.
In conclusione, si ritiene che le responsabilità degli agenti della Digos, da identificarsi, come facilmente riconoscibili dalle foto e video allegati, per i reati di abuso di potere, violenza privata, fermo arbitrario, turbativa di diritti politici dei cittadini e appropriazione indebita della bandiera tricolore e di un megafono, si appalesano dalle violente sequenze nei numerosi filmati pubblicati sulle maggiori testate on-line e
televisioni, che hanno incontrovertibilmente documentato l’effettivo svolgimento dei fatti, primo tra tutti “Tgcom”, “Ansa” etc. … (Docc. 2, 3, 4, 5, 6, 7).
Videoriprese che, oltre a dimostrare l’ingiustificato intervento e uso della forza da parte della Digos, appalesano l’assoluta gratuità di tale brutale azione repressiva della libertà di espressione del pensiero, attuata in danno di persone inermi, financo stremate dalla fame, dopo uno sciopero di oltre 131 giorni che,
pacificamente, radunatesi nelle vie di Roma, come pochi giorni dopo in altre 900 città e 89 Paesi nel Mondo, esprimevano la propria indignazione e valutazione in merito alle ben note problematiche sociali, politiche, economiche e giudiziarie, si badi bene, senza usare alcuna minaccia od espressione offensiva nei confronti di chicchessia, limitandosi a censurare quello che vedono essere un modo a senso unico di chiedere sacrifici ai cittadini per pagare un debito pubblico provocato dalla malagestio di banche, istituzioni finanziarie e dall’avidità dei politici.
La frase “via la casta da Montecitorio” e  altri slogan quali “libertà”, “no alla violenza” rappresentano ictu oculi esternazioni estemporanee del tutto pacifiche, di segno opposto all’atteggiamento marcatamente aggressivo degli agenti della Digos, così come lo era la volontà di cantare  l’inno “Fratelli d’Italia”, in un momento in cui, peraltro, i manifestanti erano già stati completamente circondati dai blindati della P.S. e non potevano rappresentare alcuna minaccia o pericolo per chicchessia.
Ne deriva che le ingiustificate violenze che hanno provocato tra l’altro l’ospedalizzazione di Gaetano Ferrieri, rappresentino un episodio la cui gravità fa ritenere che i predetti funzionari e settori della Digos possano avere agito al di fuori delle proprie finalità istituzionali e su impulso di interessi lobbistici, tenuto
conto che l’Ufficio della Digos ubbidisce al Questore e al Ministro dell’Interno, che a sua volta prende direttamente ordini dal Presidente del Consiglio, organo istituzionale quest’ultimo animato da odio politico verso chiunque dissenta dalle politiche governative e i cui disegni insurrezionali nei confronti della magistratura e della libertà di stampa sono sotto gli occhi di tutti.
In tal senso depone, altresì,  l’illegittimo e ingiustificato sequestro della bandiera italiana e del megafono che venivano strappato dalle mani di altri manifestanti, senza che venisse poi disposto né comunicato alcun formale provvedimento da parte dell’A.G. competente.
DIRITTO
I
VIOLAZIONE ARTT. 3, 16, 17, 21, 50 COST. E ART. 45 CEDU – ATTENTATO ALLA LIBERTA’ DI MOVIMENTO E DI ESPRESSIONE DEL PENSIERO
Preliminarmente, va denunciato che il fulcro dell’intera manifestazione consisteva nella semplice volontà dei manifestanti di portarsi, in maniera pacifica e senza bandiere, cartelli, striscioni o altri segni distintivi, in piazza Montecitorio per ivi, una volta entrati, intonare le note di “Fratelli d’Italia”, onde dare visibilità alle loro istanze e petizioni rivolte ai due rami del Parlamento e alle massime cariche dello Stato.
L’accesso pacifico alla piazza, il cui suolo viene quotidianamente calpestato da migliaia di visitatori e turisti, veniva da subito del tutto ingiustificatamente bloccato ai soli odierni querelanti, con evidente discriminazione, dagli sbarramenti apposti e dagli agenti della Digos, i quali hanno in tal modo di fatto violato beni protetti sia  a livello costituzionale che sovranazionale.
L’art. 16 della Costituzione, infatti, protegge la libertà di circolazione e di soggiorno, statuendo che ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ne deriva che la libertà di circolazione può essere limitata solo per motivi di sanità e di sicurezza stabiliti dalla legge in via generale (ovvero senza discriminazioni, nel rispetto del principio di uguaglianza sancito all’art. 3), del tutto assenti nel caso di specie il cui motivo, invece era soltanto di tipo politico, espressamente vietato dalla Costituzione.
A riguardo va ricordato che la libertà di movimento nel territorio dello Stato è tutelata anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), che all’art. 45 statuisce espressamente che: “Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri…
Quindi, prima ancora di vagliare le singole responsabilità penali addebitabili agli agenti della Digos intervenuti e dei mandanti politici, il loro illegittimo operato va denunciato sia in relazione alla violazione del diritto fondamentale della libertà di movimento e di circolazione sancito dall’art. 16 della Costituzione
Italiana e dall’art. 45 della Cedu sia in relazione alle conseguenti lesioni delle libertà di espressione del pensiero e del diritto petitorio dei cittadini di rivolgere petizioni alle Camere, senza alcuna discriminazione.
II
FERMO ILLEGALE – PUNIBILITA’ EX ART. 606 C.P. – VIOLAZIONE ART. 21 COST. E Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, NONCHE’ artt. 19, 29 DELLA
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO, ARTT. 10 CEDU E 6 della TUE
(Tutela libertà DI espressione neLLA ue) e 11 Carta di Nizza
In primis, in relazione alle ipotesi di reato ascrivibili va affrontata quella di fermo illegale ex art. 606 c.p., sia con riferimento alla privazione della propria libertà personale subita da ogni singolo manifestante che come denunciato per circa 30 minuti veniva accerchiato dalle forze dell’Ordine e dagli agenti della
Digos, senza possibilità di sbocco, dalla P.zza SS. Apostoli, sia con riferimento al fermo vero e proprio subito dal sig. Gaetano Ferrieri, eseguito in ospedalizzazione per le gravi condizioni del fermato, odierno querelante.
A riguardo va osservato che non si può configurare alcuna fattispecie criminosa in capo ai querelanti, in quanto gli stessi si erano limitati a sfilare pacificamente con la bandiera italiana, intonando l’Inno nazionale e scandendo lo slogan “via la casta da Montecitorio”.
La manifestazione de qua era dunque marcatamente inoffensiva, oltre che pacifica,  composta da un modesto numero di persone (max 150), che non avevano in alcun modo ostruito il traffico o tentato di reagire alle provocazioni degli agenti della Digos, neppure dopo essere stati aggrediti, né tantomeno erano in procinto di commettere qualsivoglia atto di vandalismo e di attentato alla pubblica incolumità.
Anzi. L’unico disagio, il blocco di P.zza SS. Apostoli, è stato causato dagli stessi agenti della Digos e delle
Forze dell’Ordine, per impedire irragionevolmente ai manifestanti di dirigersi verso l’adiacente Palazzo del Quirinale, chiudendo in tal modo tutti gli accessi alla Piazza che, altrimenti, non sarebbe stata interessata da alcun assembramento.
Canti ed esternazioni degli odierni querelanti sono da inquadrare nel diritto di libertà di espressione e di critica tutelati dall’art. 21 della Costituzione italiana, nonché dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dagli artt. 19 e 29 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nonché dall’art. 10 CEDU –
Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, dall’art. 6 della TUE – Tutela della libertà di espressione nell’Unione Europea e dall’art. 11 della Carta di Nizza.
Ne deriva, pertanto, l’assoluta mancanza dei requisiti ex art. 384 c.p.p. necessari per procedere ad un fermo da parte della Digos che ha agito in violazione dell’art. 606 c.p.
Ciò vale anche, e soprattutto, sia per quanto attiene il Dott. Pietro Palau Giovannetti, che gli altri manifestanti, dapprima illegalmente fermati, sia per quanto attiene il sig. Ferrieri che, come si evince dai filmati, non aveva avuto nessuna reazione tale da giustificarne l’aggressione da parte della Digos e il successivo fermo, si badi bene, avvenuto in regime di ospedalizzazione, misura restrittiva resasi necessaria
a seguito del malore occorso all’organizzatore del Presidio, soggetto cardiopatico che, ciò nonostante, veniva malamente afferrato e trascinato dalla Forza Pubblica, senza alcun riguardo, sebbene da ben 131 giorni stesse praticando lo sciopero della fame avanti a Montecitorio.
In punto, va rilevato che non sussisteva infatti alcuno dei requisiti previsti dall’art. 384 c.p.p. per
procedere al fermo posto in essere, non essendosi concretata né flagranza né indizi di reato specificati dalla norma procedurale in oggetto, né tantomeno specifici elementi in relazione alla necessità e/o impossibilità di identificare i soggetti querelanti, in special modo il sig. Ferrieri, soggetto ben conosciuto, né
tantomeno pericolo di fuga.
A riguardo, va sottolineato che non sussisteva nemmeno alcuno dei motivi di cui al Testo Unico di Pubblica
Sicurezza.
Il R.D. 773/31 prevede, infatti, all’art. 4 che l’autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi, entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza.
Nel caso di specie, si ribadisce, non vi era alcuna persona né sospetta né tantomeno pericolosa e non si capisce, pertanto, quale sarebbe stata l’esigenza degli agenti di chiedere il documento di identità, addirittura, a tutti i manifestanti!
Ed ancora, l’art. 20 del medesimo T.U., stabilisce che quando, in occasione di riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico, avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità, o che comunque possono mettere in pericolo l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti, le riunioni e gli assembramenti possono essere disciolti.
Anche con riferimento a tale ultima norma l’intervento della Digos risulta del tutto ingiustificato, dato che, come più volte si è detto, la manifestazione non era sediziosa, né lesiva del prestigio di alcuna autorità, né tantomeno idonea a mettere in pericolo l’ordine pubblico, la sicurezza dei cittadini ovvero la commissione di delitti.
Sempre il predetto Testo Unico, prevede che, solo nei limitati casi di cui sopra  qualora occorresse disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico o aperto al pubblico, le persone
riunite od assembrate vengono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri (reali). Qualora l’invito rimanga senza effetto, è ordinato il
discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba.
Qualora rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali dei carabinieri (reali) ordinano che la riunione o l’assembramento siano disciolti con la forza.
All’esecuzione di tale ordine provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei rispettivi
capi.
Le persone che si rifiutano di obbedire all’ordine di discioglimento sono punite con l’arresto da un mese a un anno e con l’ammenda da lire 60.000 a 800.000 (artt. 22, 23, 24).
Sebbene, la manifestazione de qua non rientrasse evidentemente in quelle atte ad essere sciolte, la Digos, senza seguire le disposizioni di legge, ha direttamente usato la forza per
disperderla, assoggettando a fermo illegale vari manifestanti.
Parimenti infondata è l’attuazione della disposizione di cui all’art. 220 R.D. 773/31 che prevede che gli
ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica devono arrestare chi è colto in flagranza dei reati preveduti dagli artt. 19, 24, 85, 113, 157, 158, 163, 216 e 217 di questo testo unico.
Anche in tale caso non vi era alcun reato presupposto per il fermo del sig. Ferrieri.
Il carattere illegittimo ed arbitrario dell’arresto-fermo, inteso nella accezione più ampia,  include, così come dottrina maggioritaria, avvallata da giurisprudenza di legittimità, ritiene[1], non solo l’arresto in flagranza o quasi flagranza ex art. 380 ss. c.p.p, ma anche il fermo ex art. 384 c.p.p., e, più in generale ogni ipotesi di “privazione della libertà personale diretta a porre il soggetto passivo a disposizione dell’autorità giudiziaria[2].
In punto è chiaro il Supremo Collegio nell’affermare che i principi di diritto validi per il delitto di arresto
illegale si applicano anche al fermo illegale.
La differenza tra il delitto di sequestro di persona consumato da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni e quello di arresto illegale sta nel fatto che, mentre nella prima ipotesi l’abuso generico dei poteri connessi alle funzioni è un elemento solo circostanziale e quindi occasionale della condotta criminosa, nella seconda ipotesi viene punito proprio l’abuso specifico delle condizioni
tassative (commissione di un delitto; stato di flagranza o quasi flagranza) alle quali la legge subordina il potere di arresto. (In motivazione la Corte ha sottolineato che non sono decisive né la finalità perseguita dall’agente né le modalità dell’intervento, e che i principi enunciati si applicano anche in ipotesi di fermo illegale, oltre che in qualsiasi altra situazione che implichi, per disposizione del P.U., la privazione eccezionale ed urgente della libertà)
”. [3]
Ne si può dubitare dell’esistenza del dolo richiesto dalla norma, stante che, come detto, non vi era alcun elemento obiettivo che giustificasse l’azione violenta e repressiva degli agenti della Digos, il cui improvvido quanto gratuito intervento è lecito ritenere sia stato dettato da oscuri interessi e ordini dall’alto, per mettere a tacere una scomoda forma di dissenso, nel timore dell’impatto mediatico che avrebbe potuto avere il movimento pacifico di cittadini indignati senza bandiere  e padrini politici, ovvero la diffusione delle loro istanze petitorie dal pulpito di Piazza Montecitorio, riservato alla “Casta”.
Ne deriva pertanto che gli Agenti della Digos hanno consapevolmente e illegittimamente tratto, con l’uso di
violenza fisica, gli odierni querelanti in stato di fermo per  30 minuti, trasferendo per un tempo più lungo
presso il locale Commissariato di P.S., il Sig. Gaetano Ferrieri, al solo fine di impedirgli di privarli della loro libertà personale e di manifestare liberamente, senza che sussistessero ragioni di sorta né i requisiti previsti
dalla Legge.
III
VIOLENZA PRIVATA AGGRAVATA
PUNIBILITA’ AI SENSI DEGLI ARTT. 610, 61 C. 9 C.P.
In terzo luogo, va denunciato che i funzionari della Digos, hanno utilizzato la forza fisica, con l’aggravante della minaccia di fermo ed arresto, oltre che contro diversi manifestanti, anche contro le persone del Dott. Palau Giovannetti Pietro e del Sig. Ferrieri Gaetano, rispettivamente il primo legale rappresentante della Onlus Movimento per la Giustizia Robin Hood, intervenuto a sostegno dell’iniziativa e il secondo promotore del Presidio (Doc. 1).
Come si evince dai numerosi filmati allegati, gli agenti afferravano entrambi i querelanti con inaudita violenza, tanto che può notarsi come il Dott. Palau Giovannetti sia stato  brutalmente immobilizzato, senza ragione, serrandogli le braccia dietro alle spalle, trascinandolo con forza per svariati metri, nonostante le vibrate proteste di molti cittadini presenti, tra cui il Sig. Ferrieri, il quale chiedeva che gli agenti se la prendessero con lui. 
La minaccia di un danno ingiusto, cioè la privazione della libertà personale, peraltro, poi, attuata mediante il fermo arbitrario (fermo che, si ribadisce, essere consistito sia nel blocco di circa mezz’ora sia nel fermo vero e proprio del sig. Ferrieri), e le violenze subite dai querelanti sono espresse, palesi e documentate, anche nella parte audiovideo delle riprese eseguite da vari operatori indipendenti; del resto, occorre ricordare che giurisprudenza e dottrina consolidata ritengono sufficiente ai fini della configurazione del reato di cui all’articolo 610 c.p la minaccia formulata anche con frasi oblique ed obiettivamente equivoche, nonché minacce implicite o consistenti nel mero atteggiamento dell’agente e desumibili dalle
circostanze[4].
Per quanto attiene, invece, il requisito della violenza fisica, giova ricordare che, oltre all’aggressione
fisica[5] in danno dei querelanti, documentata nei video, è penalmente rilevante ex art. 610 c.p. qualsiasi compressione della libertà di movimento, intesa come limitazione alla generale possibilità di muoversi o rimanere fermi nello spazio secondo le proprie determinazioni[6], esattamente come nel caso di specie.
Sul punto la Suprema Corte è chiara e, nel tratteggiare la linea di confine tra violenza privata e sequestro di persona, individua proprio ex art. 610 c.p. aggravato ai sensi dell’art. 61 co. 9, per aver commesso il fatto con abuso di potere, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, la responsabilità degli agenti di P.S. nell’attuazione di comportamenti strettamente consimili al caso di specie.
Nel reato di violenza privata la condotta è diretta a limitare un singolo atto di autodeterminazione del soggetto di cui si lede la libertà psichica, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà fisica della vittima, incidendo sull’autonomia dei movimenti e di locomozione per un periodo di tempo giuridicamente apprezzabile. (Nel caso di specie, la Corte ha qualificato come violenza privata la condotta di due ufficiali di Polizia giudiziaria che, nell’esercizio delle loro funzioni e in violazione di norme di legge, avevano costretto a salire sull’autovettura di servizio una persona dalla quale, con ripetute minacce, volevano avere informazioni su un traffico di stupefacenti)”. [7]
Giova sottolineare che il dolo richiesto dalla norma è dolo generico[8] e che a riguardo nulla vale che i querelati “avrebbero agito nell’esercizio delle funzioni per le finalità di cui all’art. 55 c.p.p. Quando,
infatti, l’attività che costituisce esercizio di una funzione pubblica (nel caso di polizia giudiziaria) sia posta in
essere realizzando – come nella specie – reati, l’attività stessa cessa di essere riferibile allo Stato per
essere riconducibile esclusivamente alla sfera soggettiva di coloro che hanno agito
, e non può conseguentemente discutersi sulla sicura esistenza del dolo di danno richiesto dalla norma
” Cass. n. 41972 del 27.9.2004[9].
Il fine ultimo della violenza privata perpetrata in danno dei querelanti attraverso la minaccia di procedere ad un immotivato arresto o fermo, eseguito poi, come detto, con violenza e limitazione della libertà di movimento, era quello di costringerli a tollerare un ingiustificato abuso di potere e di ufficio consistente nella coartazione della volontà dei querelanti di manifestare pacificamente, costringendoli ad
omettere di fare qualcosa, nella specie, esprimere il proprio pensiero critico rivolto alla “casta” presente a Montecitorio, nonché alle istanze di riforma del sistema sociale, economico, politico e giudiziario, rilasciare
dichiarazioni ai giornalisti presenti, ed infine raggiungere il Quirinale.
A riguardo, dottrina e giurisprudenza, ritengono sufficiente, in caso di omissione, ai fini della configurazione del reato de quo, qualsiasi ritardo nel compimento di una condotta (l’espressione del proprio diritto di manifestare o delle proprie opinioni critiche) che, in mancanza della violenza e della minaccia poste in essere dai querelati, gli odierni querelanti avrebbero compiuto senza indugio[10],
come stavano, infatti, facendo.
IV
ABUSO CONTINUATO E FALSO IDEOLOGICO IN ATTI D’UFFICIO –
PUNIBILITA’ EX ARTT. 323 E 480 C.P.
Strettamente conseguente alle plurime violazioni delle richiamate norme del Codice Penale nonché del Codice di Procedura Penale, è la palese configurazione dei reati di abuso continuato e falso ideologico in atti d’ufficio, ai sensi degli artt. 323 e 480 c.p., che si esplicano attraverso la condotta consapevole e voluta dai funzionari della Digos diretta a causare anche mediante false attestazioni gli eventi produttivi dell’ingiusto pregiudizio occorso agli odierni querelanti.
Gli agenti trascinando e trattenendo forzosamente i querelanti e, in particolare, la persona del Ferrieri, fino a provocargli un malore che ne causava l’ospedalizzazione, nonché tentando in precedenza di fare altrettanto con il Dott. Palau, arrecavano danni a livello di immagine, anche alla Onlus da quest’ultimo presieduta, dal momento che lo stesso stava per essere tratto in arresto, dinnanzi alle telecamere, inducendo chiunque a ritenere fosse una sorta di black bloc, come quelli che alcuni giorni dopo si scontravano con le forze dell’Ordine, tanto che altri manifestanti si sono frapposti per evitarne l’ingiustificato fermo, come testimoniato dalle videoriprese diffuse dai TG e notiziari in tutta Italia.
Ulteriori danni sono stati altresì subiti dal Ferrieri che, dopo essere stato spintonato, senza alcun riguardo,
fino a farlo accasciare al suolo, è stato tratto in stato di fermo con evidenti ricadute negative sia sulle sue già provate condizioni di salute sia sulla pacifica protesta in atto da oltre 131 giorni avanti a Montecitorio attuata con lo sciopero della fame.
A riguardo, va altresì denunciato che l’illegittimo fermo di Gaetano Ferrieri, seppure non  convalidato dall’A.G. competente, deve ritenersi essere stato fondato su false accuse, stante che, come già rilevato non
sussisteva alcun requisito ex art. 384 c.p.p. ovvero ex R.D. 773/31.
Ne deriva pertanto che qualunque sia il contenuto della richiesta di fermo trasmessa dalla Digos al P.M. di turno, la stessa deve ritenersi ideologicamente falsa e/o artatamente costruita per dare una parvenza di legittimità ad atti palesemente arbitrari tesi ad impedire in radice l’esercizio dei diritti politici dei promotori del Presidio di Palazzo Montecitorio.
Non vi è chi non veda, quindi la responsabilità degli agenti intervenuti ex art. 480 c.p.
E’ pertanto palese che gli Agenti procedenti, nello svolgimento delle loro funzioni e del servizio di vigilanza a
cui erano preposti in Piazza Monte Citorio, abbiano ripetutamente violato le leggi di procedura penale e, in particolare, dell’art. 384 c.p.p., causando, intenzionalmente una variegata serie di ingiusti danni agli odierni querelanti, i quali tutti si riservano costituirsi parte civile nell’istaurando procedimento penale, anche ai sensi degli artt. 91 e segg. c.p.p.
V
ATTENTATI CONTRO I DIRITTI POLITICI DEI CITTADINI
PUNIBILITA’ EX ART. 294 C.P.
In punto, va denunciato che la condotta tenuta dagli Agenti della Digos non può non rappresentare un attentato all’esercizio dei diritti politici dei cittadini, secondo una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame.
Attualmente i diritti politici del cittadino sono protetti come valore in sé, tra cui rientrano a pieno titolo,
secondo la dottrina dominante, un insieme di diritti, sanciti nel titolo IV, parte prima Costituzione, di cui gli esponenti sono stati spogliati con violenza e minaccia,  mediante provvedimenti illegittimi, posti in essere attraverso i predetti fermi e sequestri di megafoni, negando quei diritti di libertà di manifestazione del pensiero e di riunione, nonché di iniziativa petitoria e libera circolazione sul suolo della Repubblica, ricompresi nei diritti politici, in condizioni di eguaglianza con altri cittadini, colpendo così anche di conseguenza la personalità dello Stato nella sua moderna configurazione democratica, impedendone cioè la realizzazione nel modo previsto dai suoi principi fondamentali.
I fatti denunciati sono stati commessi da più persone che, in concorso tra loro, mediante più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, avvalendosi della loro posizione dominante e della forza intimidatrice, aggravata dal fare parte della Digos, in spregio alle loro funzioni istituzionali hanno ripetutamente determinato un perturbamento nell’ordine pubblico, per finalità eversive/repressive e/o comunque contrarie all’interesse dello Stato democratico, al fine precipuo di trarre possibili vantaggi, anche sotto forma di eventuali avanzamenti di carriera o favori, derivanti dall’accettazione supina di ordini dall’alto, dando esecuzione a disegni marcatamente illegittimi e liberticidi provenienti da superiori diretti e/o da ambienti politici esterni alle forze dell’ordine, presumibilmente interessati a mettere a tacere con ogni mezzo qualsiasi forma di dissenso di pacifici manifestanti, come accaduto lo scorso 12.10.11.
A riguardo va specificato che per costante giurisprudenza e dottrina, la violenza nell’impedimento dell’esercizio di un diritto politico si intende come ogni forma di coartazione  fisica, assoluta o relativa e, per minaccia, si intende ogni forma di coazione morale o psichica, consistente nella prospettazione di un male futuro e ingiusto, la cui realizzazione dipende dalla volontà dell’agente[11],
esattamente come avvenuto nel caso di specie.
VI
SEQUESTRO ILLEGITTIMO – VIOLAZIONE ARTT. 253, 81 DISP. ATT. C.P.P.
Per quanto attiene l’illegittimo sequestro della bandiera italiana e del megafono con cui i manifestanti esprimevano la loro libertà di espressione del pensiero e di manifestazione, occorre denunciare che non è stato redatto alcun verbale di sequestro da parte degli agenti Digos, nell’immediatezza dei fatti. Anzi, va sottolineato che solo dopo la pubblicazione on line della bozza della presente denuncia, con la quale
già si contestava tale illegittimo modus operandi, discutendo sui social network sull’opportunità di denunciare gli Agenti, solo nei giorni scorsi a distanza di ben tre settimane dal fatto è  stato ultra-tardivamente notificato, pare dietro richiesta del P.M. procedente, un fantomatico verbale di sequestro
al possessore di detti beni, senza neppure rilasciargli copia di tale verbale.
I beni asseritamente sequestrati, dunque, devono ritenersi pertanto indebitamente sottratti e trattenuti per
almeno tre settimane, senza che nessun provvedimento sia stato ad oggi ritualmente notificato né convalidato dal Gip.
Tale condotta è palesemente violativa delle disposizioni di cui agli artt. 253 c.p.p. e 81 Disp. Att. c.p.p., stante che i beni oggetto di sequestro non formavano e non possono intendersi in alcun modo corpo di reato o cose pertinenti ad esso, necessarie per l’accertamento dei fatti, e che  non sono state rispettate le modalità previste dalle norme di cui in epigrafe, tanto è vero che, come detto, nessun decreto motivato rilasciato dall’Autorità giudiziaria è stato consegnato all’interessato.
°°°°°°°°°
Tutto ciò premesso e considerato gli esponenti ut supra rappresentati e difesi sporgono formale DENUNCIA-QUERELA
nei confronti degli Agenti Digos da identificarsi in forza presso la Questura di Roma, nonché dei terzi soggetti aventi e/o danti causa che, in concorso tra loro, hanno aggredito i querelanti, in data 12.10.11, violandone la libertà di riunione e di manifestazione del pensiero, nonché la libertà di movimento, diritto costituzionalmente protetto ex art. 16, tutelato, altresì, a livello europeo dall’art. 45 Cedu, per i reati di fermo illegale ex art. 606 c.p. e art. 384 c.p.p., violenza privata, ex art. 610 c.p., abuso continuato in atti d’ufficio, ex art. 323 c.p., falsità ideologica commessa da P.U., ex art. 480 c.p., sequestro illegittimo ex artt. 253 c.p.p. e 81 Disp. Att. c.p.p., nonché attentato ai diritti politici dei cittadini ex art. 294 c.p., anche a carico del Questore p.t. di Roma, per le eventuali corresponsabilità ravvisabili per omessa assunzione di qualsiasi sanzione nei confronti degli agenti, nonostante il clamore suscitato dall’episodio, che arreca danno di immagine alla stessa credibilità della Digos e della Questura di Roma.
I querelanti ut supra presentano, altresì, formale istanza di immediato dissequestro ex artt. 262 ss c.p.p., del megafono e della bandiera italiana, non essendo intervenuto alcun legittimo
provvedimento autorizzativo né sussistendo esigenze istruttorie o cautelari.
Con riserva di costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale.
Si produce:
1)
Invito ex art. 161 c.p.p., sig. Gaetano Ferrieri.
2) Youtube12.10.201,  http://www.youtube.com/watch?v=isiLTW0j6PQ;
3) Articolo TGcom “Gli Indignados a Roma: tensione con le forze dell’ordine”;
4) Articolo TgCom “Roma, scontri Indignados-polizia”;
6) Ansa “No alla casta” bloccata Montecitorio;
7) La Repubblica: “Indignati protesta anti-casta. Prove d’Assedio sotto bankitalia”.
Si chiede di essere notiziati ex art. 408 c.p.p. nella denegata e non ritenuta ipotesi di richiesta di archiviazione, riservandosi di altro produrre e dedurre. Si dichiara fin d’ora di opporsi alla richiesta di
emissione di decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p.
Roma, 11 Novembre 2011
Gaetano Ferrieri
Pietro Palau Giovannetti

[1] Cass. 1956/55, Gallinelli, Libertà (abusive limitazioni della libertà personale), p.3; Manzini, Trattato VIII, p.724
[2] Mantovani, PtS, I, p. 287
[3] Cass. pen. Sez. V, 19-12-2005, n. 6773 (rv. 234001)
[4] Ex multis Antolisei, PtS, I, p.150, Fiandaca-Musco, PtS,  II, p.121; C. del 16.12.1982, C. del 6.6.52, C.. del 21.5.86, C. del 11.6.80.
[5] Ex multis Viganò, La tutela penale della libertà individuale – L’offesa mediante violenza, p. 241 e ss
[6] Ex Multis: Antolisei, PtS, p. 155; Mantovani, PtS, p. 286.
[7] Cass. n. 41972 del 27.9.2004
[8] Ex multis Antolise PtS, I, p.146; Mantovani, PtS, I, p.306
[9] Si noti che la Cassazione, con la presente sentenza arriva a riconoscere l’enunciato principio di diritto
addirittura con riferimento al dolo specifico richiesto ex art. 323 c.p.
[10] Ex multis Cass. 17.1.1964, GP, 1964, II, p. 590
[11] Spasari, Attentati contro i diritti politici dei cittadini, p. 974.

I pastori sardi contro la speculazione finanziaria: "Giù le mani dalle nostre fattorie"

L’ultima sfida dei pastori sardi “Giù le mani dalle nostre fattorie”

Pastori sardi

A causa dei debiti in 10mila rischiano di perdere tutto. Rifiutano di dare le terre agli speculatori attratti dalle promesse di condono. Ora le banche presentano il conto dei prestiti agevolati della fine degli anni ’80

di ANTONIO CIANCIULLO

Lo scrittore Salvatore Niffoi che difende la battaglia dei pastori sardi

ROMA – Hanno dispiegato un cordone di sicurezza impenetrabile. Hanno assediato la zona con camionette, elicotteri, poliziotti, guardia di finanza. Hanno fatto irruzione e li hanno catturati. A essere trascinati via dalla loro casa, a Terra Segada, nel Sulcis Iglesiente, non sono stati i capi di una cellula terroristica ma la famiglia di Angelo Sairu, agricoltori colpevoli di non conoscere le trappole della finanza internazionale e di essersi fidati degli amministratori locali. Più di 10 mila coltivatori e pastori si trovano nelle stesse condizioni a causa dei debiti contratti con le banche: rischiano di perdere tutto, di dover lasciare le loro terre agli speculatori che, sostenuti dalle promesse di condono, già pianificano il sacco di intere aree della Sardegna.

 

IL MOVIMENTO

 

IL FONDO AMBIENTE

 

Il conto presentato dalle banche nel 2011 si riferisce a una vicenda antica. Nel 1988 la Regione Sardegna promosse, con la legge 44, prestiti agevolati per rilanciare l’economia interna, per permettere a chi faticava nei campi di comprare una mungitrice o di rifare il tetto alla stalla. Un’intenzione buona, ma incompiuta: i funzionari dimenticarono che l’Italia fa parte dell’Europa e che bisognava verificare la compatibilità della norma con il quadro legislativo comunitario. Nel 1994 l’Unione europea ha bocciato la legge considerando illegittimi gli aiuti economici.

 

Da allora è cominciato il calvario che ha spinto i pastori allo sciopero della fame, al “movimento dei forconi”, agli scontri del dicembre scorso con la polizia a Civitavecchia. “L’errore commesso dalla Regione nel 1988 ha portato a quadruplicare i tassi di interesse, con debiti cresciuti in maniera drammatica”, precisa Paolo De Castro presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo. “Tra il 2007 e il 2008, quando ero ministro delle Politiche agricole, assieme all’ex presidente della Regione Sardegna Renato Soru eravamo arrivati a delineare un’intesa con le banche per superare il problema. Cambiati governo centrale e regionale, la possibilità è sfumata”.

 

“Noi non ci arrendiamo: la militarizzazione della Sardegna è inaccettabile”, accusa Felice Floris, leader del Movimento dei pastori. “Sono stati i funzionari della Regione a sbagliare, non noi: perché non chiedono i soldi a loro? È una vergogna assediare le fattorie con gli eserciti. Magari per poi girarle, con vendite pilotate, agli speculatori che vogliono massacrare l’isola”.

 

Mentre le campagne sarde rischiano di essere svendute all’asta, la tensione continua a crescere anche perché ai vecchi debiti se ne aggiungono di nuovi. Quelli derivanti dall’offensiva lanciata da Equitalia: un’ondata di contestazioni fiscali, in molti casi discutibili, che portano a sequestri anche di prime case condotti a tempo di record, nell’arco di poche settimane, prima che un giudice riesca a pronunciarsi su un eventuale ricorso.

 

“I cannoni di Equitalia sono puntati su 80 mila aziende e partite Iva: credo che molto presto la rabbia esploderà con forza perché la situazione è insostenibile e già sette persone si sono impiccate per la vergogna di assistere alla distruzione di quel piccolo benessere che avevano ereditato dai padri e dai nonni”, spiega Gavino Sale, presidente di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. “E la minaccia va oltre il rischio dei singoli. Ci sono vicende bancarie molto oscure e migliaia di ettari che fanno gola agli speculatori: proprietà anche sulla costa che possono essere comprate a 1 e rivendute a 10 o 20”.

 

“La Sardegna possiede un patrimonio straordinario non solo in termini di bellezza ma anche di potenzialità economiche legate al cibo di eccellenza, alla qualità dell’artigianato, all’espansione di un turismo soft”, osserva il presidente onorario del Fai Giulia Maria Mozzoni Crespi. “Non si può utilizzare la vicenda dei debiti per far saltare gli equilibri sociali e ambientali dell’intera isola”.

(16 ottobre 2011)

Il Tso non è terapia ma tortura. Vallo della Lucania: Riprende il processo ai sanitari per la morte di Francesco Mastrogiovanni

Il 4 ottobre scorso è ripreso il processo penale a carico dei sanitari e degli infermieri che, colpevolmente, hanno concorso a provocare la morte di Francesco Mastrogiovanni, deceduto nel 2009 a seguito di un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Nonostante il rinvio a giudizio medici ed infermieri sono scandalosamente tuttora in servizio e la locale Asl non ha neppure provveduto a richiederne cautelarmente la sospensione.
Lasciando tutti esterefatti il Direttore Sanitario, Pantaleo Palladino, nel temtativo di coprire gli illeciti operati dai medici e dagli infermieri sotto accusa, ha laconicamente affermato che la “contenzione è una terapia”, nonostante esistano schiaccianti prove audiovideo delle truci torture e trattamenti a cui è stato sottoposto per ben 4 giorni consecutivi, legato mani e piedi, senza acqua nè cibo, un uomo perfettamente sano di mente e inoffensivo.
Il Tribunale di Vallo della Lucania ha ammesso la costituzione di parte civile del Movimento per la Giustizia
Robin Hood, che attraverso la rete campana di Avvocati senza Frontiere vigila affinché il processo si svolga regolarmente e tutti i responsabili siano finalmente puniti con l’adeguata severità che il caso merita, senza sconti nè scappatoie.
Prossima udienza il 18 ottobre 2011.
Di seguito l’intervista di Radio Radicale alla nipote di Francesco Mastrogiovanni, Sig.ra Grazia Serra.
T.S.O.: CURA O TORTURA? ASSASSINIO MASTROGIOVANNI. LA LEGGE BASAGLIA 32 ANNI DOPO.

MINACCE DI MORTE ALL'ATTIVISTA ROM MARCELLO ZUINISI. EVERYONE: "LE AUTORITÀ LO PROTEGGANO"

“Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 28 settembre, Marcello Zuinisi, fondatore dell’associazione Nazione Rom, attivista e osservatore per il Consiglio d’Europa sulla condizione dei Rom in Italia, ha ricevuto due telefonate da utenze private che lo minacciavano di morte”. Lo denunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione umanitaria EveryOne. “Nel corso delle telefonate,” ha spiegato Zuinisi agli attivisti del Gruppo EveryOne e all’autorità giudiziaria, “si faceva riferimento alla vicenda di cui mi sto occupando in questi giorni, ovvero dell’insediamento Rom di Turano, fazione del comune di Massa, e della sensibilizzazione dei cittadini residenti e delle istituzioni locali sulla condizione di marginalità che i Rom stanno attraversando”. Nelle telefonate, infatti, due diverse voci dicevano “Zuinisi, se vieni a Turano ti ammazziamo” e “Sappiamo bene dove abiti”.
“Chiediamo alle autorità di polizia di avviare un’immediata indagine e di fornire adeguata protezione all’attivista, che nei giorni scorsi ha portato il suo contributo quale esperto italiano sui Rom al Summit del Consiglio d’Europa su Strategia per l’Inclusione Sociale dei Rom” concludono Malini, Pegoraro e Picciau. EveryOne ha chiesto inoltre l’interessamento nella vicenda di Marcello Zuinisi, oltre che del Ministero dell’Interno italiano, di Front Line, organizzazione internazionale per la tutela dei difensori dei diritti umani a rischio di vita nel mondo, e di Margaret Sekaggya, Special Rapporteur ONU sulla condizione dei difensori dei diritti umani.

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Sosteniamo Greenaction Transnational minacciata di sfratto e ritorsioni dalla magistratura di regime

SFRATTATI E CITATI IN TRIBUNALE GLI AMBIENTALISTI DI GREENACTION CHE SI OPPONGONO AI RIGASSIFICATORI NEL GOLFO DI TRIESTE
di Roberto Giurastente
L’associazione Greenaction Transnational è stata “sfrattata” per morosità con citazione presso il Tribunale di Trieste per il giorno 24 ottobre 2011. Potrebbe sembrare una notizia irrilevante di fronte alla grave crisi economica che sta colpendo duramente in Italia le categorie socialmente più deboli. Ma quando a venire attaccati sono gruppi portatori di interessi diffusi è forse meglio fermarsi un attimo per riflettere. Se infatti
coloro che difendono i diritti della collettività vengono eliminati d’ufficio, con l’utilizzo fin troppo spregiudicato dell’autorità giudiziaria, non possiamo che immaginare un futuro ancora più cupo per le classi sociali più deboli, quelle che si trovano o si verranno a breve a trovare  senza difesa e senza
diritti, nel crollo di un sistema che si chiude a riccio per tutelare gli interessi dei poteri forti e delle caste collegate. In Italia, più che in altri Paesi europei, si stanno affilando gli utensili di una macelleria sociale che a breve potrebbe produrre milioni di disperati, di senza tetto, di persone abbandonate al loro destino di morte. Ecco perché quando si cerca di spegnere una luce che rappresenta un punto di riferimento per la società civile, non si può far finta di nulla. Parliamone quindi senza timori, che almeno questo per
ora è ancora possibile.

 

Greenaction Transnational non è solo un nuovo movimento ambientalista (l’associazione è nata alla fine del 2007 a Trieste come gruppo ONG transnazionale) che si distingue per le azioni particolarmente efficaci a difesa del territorio. Greenaction Transnational ha nel suo DNA la difesa dei diritti civili.
E’ questo uno dei pilastri dell’associazione. Quindi non solo battaglie per la tutela dell’ambiente, ma anche azioni a difesa dei diritti dei cittadini. Legalità, sviluppo sostenibile, eguaglianza sociale: questi i binari su cui si muovono le azioni dell’associazione. Greenaction per le sue attività non gode di alcun appoggio da parte di amministrazioni pubbliche e può sostenersi solo grazie ai contributi dei soci e dei simpatizzanti.

 

Le radici di Greenaction ci portano ad un’altra combattiva associazione ambientalista estinta: gli “Amici della Terra Trieste”. E’ proprio da quella associazione che arrivano i fondatori di Greenaction. Gli Amici della Terra Trieste erano stati infatti “tolti di mezzo” perché con le loro inchieste avevano cominciato a fare emergere la verità sul pesante inquinamento di Trieste e del Golfo. Inchieste scomode che avevano portato gli interventi dell’Unione Europea in queste terre di confine. Il “sistema” non aveva gradito e così il gruppo di ambientalisti che aveva osato sfidare il potere venne eliminato con un’azione coordinata.
Trascinati in Tribunale i dirigenti e i principali attivisti, con accuse che andavano dai soliti reati di opinione, a quelli contro la pubblica amministrazione (ad esempio per avere chiesto l’accesso a documenti pubblici…), sciolto d’ufficio il gruppo (con pretesti contabili) dall’associazione nazionale (Amici della Terra Italia). E alla fine il sigillo – la pietra tombale che il “sistema” aveva richiesto – sulla cancellazione del troppo combattivo gruppo di ambientalisti triestini venne messo dal Tribunale di Trieste (collegio presieduto dal presidente del
tribunale Arrigo De Pauli) che tolse loro anche la possibilità di utilizzare il nome dell’associazione.

 

Ma appunto quella storia di legalità non è finita.
I reduci degli “Amici della Terra Trieste” sono ripartiti con Greenaction Transnational. Stesse battaglie con maggior intensità. Inserimento in una rete internazionale (Alpe Adria Green) non “controllabile”. Ed ecco quindi che il sistema massomafioso che controlla Trieste e provincia (zona di confine a tutela speciale visto che non si tratta di territorio italiano) ha intensificato l’azione contro i “ribelli”, quelli che continuavano a battersi per la legalità e contro l’antistato dei poteri deviati. Intimidazioni continuate, denigrazioni
pubbliche, minacce di morte anche di stampo mafioso, controllo costante da parte dei servizi segreti che avevano pure ricevuto (nel 2009) l’ordine di “sistemare” (letteralmente nella comunicazione fatta pervenire da fonti informate all’associazione “fottere”…) Roberto Giurastante (lo scrivente), responsabile dell’associazione e cofondatore della rete di AAG, che veniva ritenuto elemento pericoloso e destabilizzante per gli affari italiani ai confini orientali.
Per un gruppo sempre sotto attacco non è facile trovare una sede. Tutti vogliono stare alla larga. La gente, anche quelli che sostengono l’associazione, ha paura. Alla fine la sistemazione venne trovata in un’ex studio di un avvocato che, presentandosi come ambientalista e già legale del WWF Trieste, sembrava dare qualche affidabilità. Purtroppo poi il suo nome venne trovato nell’elenco dei massoni triestini assieme a quelli di altri insospettabili anche di area ambientalista… Questo è il rischio quando si vive in una città ad alto tasso di massoneria, la presenza dei massoni in ogni settore della società civile è assicurata; e le istituzioni per prime sono messe in sicurezza da questo potere occulto.  Torniamo allo sfratto. Ora, quello che ci lascia perplessi sono i tempi e i modi scelti. Avevamo già dato regolare disdetta dal contratto d’affitto per le gravi irregolarità commesse dal proprietario. Ci siamo trovati citati con richiesta di sfratto dal proprietario ex avvocato del WWF (che, abbiamo pure scoperto essere anche uno dei grandi
immobiliaristi triestini) per una morosità presunta di 900 €. E guarda caso l’ex avvocato WWF si fa rappresentare da ben due colleghi. Due avvocati per una causa inutile (visto che la nostra associazione aveva già comunicato che avrebbe lasciato l’immobile) da poche centinaia di euro… Ci siamo ricordati allora
quella causa civile per togliere di mezzo gli Amici della Terra Trieste; anche in quell’occasione gli avversari (l’associazione nazionale Amici della Terra Italia) si presentò in pompa magna: due studi legali, quattro avvocati di cui due per le udienze. Il valore della causa era anche in quel caso limitato (800-900 €) e non sembrava giustificare un simile dispiegamento di forze.
I motivi li capimmo poi. Perdemmo quella causa da cui però ne derivarono altre. Ingiunzioni, opposizioni, causa di merito. Perdemmo sempre. Ci denigrarono sul quotidiano locale con false notizie sul procedimento (in breve ci descrissero come dei malfattori giustamente puniti dal tribunale) e quando chiedemmo la
rettifica in base alla legge sulla stampa la rigettarono (il giudice del rigetto – Arturo Picciotto – aveva fatto parte del collegio che ci aveva precedentemente condannati a favore dell’associazione nazionale togliendoci l’uso del nome, e quindi stava giudicando se stesso) condannandoci a pagare le spese a favore del giornale che ci aveva diffamato. Alla fine questo tour de force giudiziario ci è costato circa 35.000 €… dai 900 € iniziali… Insomma, avevano deciso di toglierci di mezzo e di darci una dura lezione. Ecco perché i nostri avversari si esibivano al massimo delle loro possibilità con più avvocati: sapevano già di vincere. E potevano presentare qualsiasi parcella che i giudici gliela approvavano, e così noi pagavamo il doppio o il triplo.
La nostra punizione pubblica era necessaria per “tranquillizzare” l’ambiente del malaffare locale: tutto era tornato a posto.

 

Ironia della sorte (?), lo stesso avvocato che ci sta ora sfrattando in base alla legge del più forte, fa parte di un’associazione di ricchi proprietari d’auto d’epoca (per le quali nel Belpaese, mentre la gente muore di fame, non si pagano tasse) che ottiene sostegni e appoggi dalle amministrazioni pubbliche, Comune di Trieste in testa… E proprio Greenaction aveva denunciato lo scandalo dei contributi comunali alle associazioni di comodo, quelle che godevano delle protezioni politiche.  Marciume e corrutela
senza fine nell’ordinario degrado di una provincia straniera in un Paese in disfacimento.
http://robertainer.blogspot.com/2011/09/una-storia-che-si-ripete-mettere-il.html

LA COLLINA DI PORTO SAN ROCCO (MUGGIA) NELLA SENTENZA DI CONDANNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CONTRO L’ITALIA PER LE DISCARICHE ILLEGALI

DOVE CI SONO DISCARICHE ILLEGALI C’E’ MALAGIUSTIZIA. ORA SI PROCESSINO I GIUDICI CHE HANNO COPERTO GLI ILLECITI EDILIZI ACCANENDOSI CONTRO LE PARTI LESE.

Lo scorso 22 settembre la Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo ha confermato a Greenaction Transnational che nella causa C-135/05 che ha portato alla sentenza
di condanna contro l’Italia da parte della Corte di Giustizia Europea (26 aprile 2007) per le discariche illegali presenti sul territorio nazionale è stata inserita anche la discarica realizzata nel marina di Porto San Rocco nel comune di Muggia. Questa discarica ha una storia particolare. Si è trattato infatti di un’opera di occultamento di rifiuti tossico nocivi coperta dalle amministrazioni pubbliche.
La discarica è stata infatti eseguita seppellendo 18.000 metri cubi di terra inquinata provenienti dal cantiere del marina turistico sotto una collina artificiale fronte mare sulla quale veniva pure costruito un parco
giochi per bambini. La collinetta era quindi funzionale a coprire quello che a tutti gli effetti era uno smaltimento illecito di rifiuti. La pericolosità di tale discarica (contenente concentrazioni elevate dei cancerogeni metalli pesanti) venne denunciata pubblicamente e all’autorità giudiziaria dal
responsabile di Greenaction Transnational Roberto Giurastante, con l’unico risultato di finire rinviato a giudizio su richiesta del P.M. Federico Frezza accolta dal G.I.P. Paolo Vascotto.
L’accusa era di avere leso l’onore della società responsabile della discarica comunicando pubblicamente il rischio che gli inquinanti contenuti nella collinetta artificiale potessero percolare e finire nel mare antistante (pochi metri di distanza) con gravi conseguenze per gli ignari bagnanti.
Lo stesso G.I.P. Vascotto non provvedeva al sequestro dell’area inquinata nonostante il rischio per la salute pubblica  fosse stato segnalato anche dal Nucleo Ecologico dei Carabinieri (N.O.E.).
Nessun altro provvedimento (a parte il rinvio a giudizio dell’ambientalista) venne preso dall’autorità giudiziaria. Lo stesso dicasi per le amministrazioni pubbliche competenti (Comune di Muggia, Provincia di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia) che, basandosi sul giudizio dell’autorità giudiziaria, nulla fecero per bonificare la pericolosa discarica. Roberto Giurastante presentò quindi una petizione al Parlamento Europeo e una denuncia alla Commissione Europea da cui scaturì il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea.
Ora laconferma della condanna da parte delle suprema autorità giudiziaria dell’Unione Europea che fa giustizia su una situazione di incredibile inversione della legalità, come troppo spesso purtroppo accade di vedere nella degradatissima Italia delle ecomafie di Stato.
La Commissione Europea precisa che se le autorità italiane non si conformeranno alla sentenza, potrà essere decisa una seconda richiesta alla Corte di Giustizia per l’imposizione di sanzioni economiche.
L’importanza della sentenza è evidente. La “collinetta artificiale” di Porto San Rocco strenuamente difesa dalla istituzioni italiane ha aperto la strada per l’inserimento delle altre discariche del “sistema
Trieste” nel procedimento di infrazione in corso. E pone un non piccolo problema per le amministrazioni pubbliche che hanno coperto gli inquinatori e che ora potrebbero trovarsi a rispondere direttamente dei danni.

Malasanità a Matera: Verità e giustizia per Rosalba Pascucci

A un anno dalla morte di Rosalba Pascucci, la giovane mamma di Bernalda deceduta per malasanità presso l’Ospedale civile di Policoro subito dopo aver dato alla luce due gemellini, il Comitato Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto ha promosso una campagna di mobilitazione in occasione della prima udienza fissata in mattinata presso il Tribunale di Matera.

Per sensibilizzare la comunità materana su questa vicenda, il Comitato Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto ha organizzato una marcia a piedi notturna di 40 km da Bernalda a Matera. Una volta raggiunto il tribunale di Matera i manifestanti hanno esposto due striscioni di solidarietà verso la famiglia Pascucci. Sul primo si chiedeva “Verità e giustizia per Rosalba e i suoi figlioletti” mentre un altro striscione era ancora più duro con un’interrogativo inquietante: “Dietro la morte di Rosalba i poteri forti?”. Dalle informazioni in possesso, rese note dalla famiglia, pare infatti che la Procura della Repubblica di Matera stia conducendo indagini quanto meno superficiali e incomplete, tentando di indirizzare il corso della Giustizia su un’unica direzione prestabilita.
I Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto, che da subito sono stati vicini al marito di Rosalba Andrea Buongiorno e ai suoi figlioletti, non permetteranno che su temi delicati come questo non venga fatta piena luce, convinti che solo la verità possa evitare che analoghi “effetti collaterali” possano nuovamente accadere.
Al motto “Non faremo morire Rosalba una seconda volta” il Comitato ha rivolto un appello alle associazioni, ai movimenti e a tutti i cittadini che hanno sete di verità e giustizia affinchè aderiscano al programma di mobilitazione.

Non lasceremo morire Rosalba una seconda volta”

Riportiamo di seguito la nota del comitato Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto e a seguire la lettera aperta di Olimpia Fuina Orioli, Presidente Onoraria del Comitato Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto nonchè mamma di Luca Orioli (Fidanzatini di Policoro) tragicamente scomparsi 23 anni fa e senza ancora nessuna giustizia e verità.

Si è concluso alle ore 12,30 di martedì 27 settmebre come previsto davanti al Tribunale di Matera, il sit-in iniziato alle 8,00 di martedì 27 settembre seguito alla marcia notturna a piedi di 40 Km partita da Bernalda alle 19,15 di lunedì 26 settembre. Sono state necessarie quasi 13 ore di marcia, intervallate da diverse soste di riposo, di circa due ore ognuna.
Numerose le associazioni, i movimenti lucani, i congiunti di Rosalba Pascucci e i semplici cittadini che hanno partecipato alla forte e determinata forma di protesta notturna studiata apposta per accendere i riflettori sul buio pesto di verità e giustizia in cui versano tanti casi “insabbiati ?” dalla Procura di Matera.
Numerose le spontanee attestazioni di solidarietà di cittadini, che si sono incessantemente adoperati per fornire ai marciatori ogni genere di conforto e vettovagliamento.
Presenti alla marcia anche pochissimi esponenti politici locali, come il Consigliere regionale Nicola Benedetto, l’Assessore alle Politiche sociali del Comune di Bernalda Gianbattista Mazzei, i consiglieri comunali Franca Di Giorgio e Vincenzo Galli, oltre a Federico Scasciamacchia leader del Movimento politico per Bernalda e Metaponto e Stefano Braico, dirigente di Rifondazione Comunista.
A tutti loro va il ringraziamento accorato dei parenti di Rosalba Pascucci, compreso il giovane marito Andrea Buongiorno anch’egli protagonista della lunga maratona.
Inspiegabile per contro l’assenza di Istituzioni locali e loro rappresentanze, che per Rosalba arrivarono a decretare finanche il lutto cittadino.
Alla Polizia Stradale di Matera e di Policoro, alla Polizia Provinciale di Matera, ai Vigili Urbani di Bernalda e ai Carabinieri di Matera vanno i più sentiti ringraziamenti per aver reso possibile, con grande professionalità e competenza, lo svolgersi di una inusuale e rischiosa manifestazione, salvaguardando in ogni istante del suo percorso la totale incolumità dei manifestanti.

 

Lettera aperta di Olimpia Fuina Orioli, Presidente Onoraria del Comitato Cittadiniattivi di Bernalda e Metaponto nonchè mamma di Luca Orioli (Fidanzatini di Policoro) tragicamente scomparsi 23 anni fa e senza ancora nessuna giustizia e verità.

Siamo qui, tutti insieme, per dare il primo concreto segnale di risveglio della coscienza popolare di questa nostra terra attraversata dai tanti Attila di turno, e, stanca di subire passivamente, ogni sorta di sopruso, per l’indifferenza dello Stato nei confronti dei diritti indifesi, violati, offesi, calpestati, banalizzati, forse volutamente ignorati, e, negati dall’arroganza onnipotente degli intoccabili.
Siamo qui perché il grido, il pianto, la preghiera finora consumati nel silenzio e nella solitudine murata, abbiano più forza per ristabilire lo Stato di Diritto perso.
Siamo grati al Papa per la sua recente coraggiosa affermazione che così testualmente recita “Uno Stato senza diritto è una banda di briganti”.
Aggiungo “Uno Stato senza diritti fa un popolo senza doveri”.
In tal caso il caos diventa totale e noi non possiamo permettere di andare consapevolmente alla deriva solo perché il coraggio fa paura. Poiché lo Stato è formato da tutti, noi, parte offesa di questa Società, vogliamo non essere intruppati nelle varie bande di briganti, pur se potenti e finora impropriamente vincenti. Siamo convinti che se il Male vince è perché il Bene non si attrezza adeguatamente a batterlo.
A ignorare la Costituzione, quando accadono certe brutture, non sono solo i poteri preposti alla sua difesa, ma anche chi, per paura, si confina nel popolo dei rassegnati. La forza dell’uno si costruisce sulla debolezza dell’altro. Se il diritto manca è perché il dovere è scomodo ed è facilmente svendibile.
Uniamoci numerosi alla lotta a difesa del diritto giusto. Uniamo le nostre intelligenze, le nostre volontà, le nostre competenze, la nostra forza, la nostra determinazione, le nostre sveglie coscienze, la nostra convinta fermezza, e con coraggio affrontiamo le troppe emergenze incalzanti.
Proviamo tutti insieme, tanti insieme, ad essere testimoni e protagonisti del cambiamento più urgente, l’unico che può assicurare ai nostri discendenti una vita più sana, più serena, più sicura. Contrariamente saremo complici imperdonabili delle varie bande di briganti che continueranno a popolare il nostro Stato.
Possiamo invece divenire Seminatori di Pace, di Giustizia, di Speranza.
L’omertà è il Cancro dell’attuale Società. Debelliamolo con numerosi numeri di qualità perché a chiunque volesse ignorare o fare abuso della legge come fosse una proprietà privata si possa contrapporre una forza uguale e contraria per difenderla per il bene di tutti e di ciascuno.
Matera, 27 settembre 2011

.http://www.sassilive.it/cronaca/giudiziaria/verita-e-giustizia-per-rosalba-pascucci/

DA GENOVA A STRASBURGO. INGIUSTIZIA E' FATTA! ASSOLTO LO STATO ITALIANO PER LA MORTE DI CARLO GIULIANI

Il Governo Italiano è stato scandalosamente assolto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per la morte di Carlo Giuliani, la cui giovane vita secondo le mendaci ricostruzioni peritali e conclusioni dei giudici italiani, sarebbe stata stroncata dall’accidentale ribalzo di un proiettile contro una pietra vagante che ne avrebbe inverosimilmente modificato la traiettoria.
————————————————————————————————————————————————————–E’ così definitivamente caduta ogni speranza della famiglia di ottenere giustizia nei confronti dello Stato Italiano, accusato di responsabilità per la morte di Carlo Giuliani, avvenuta nel 2001 durante gli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine nel corso del G8 di Genova.
La Corte, con 13 voti a favore e 4 contrari, ha stabilito la piena assoluzione di Mario Placanica, il carabiniere che uccise il ragazzo in piazza Alimonda, sparando un colpo ad altezza d’uomo, confermando così la sentenza di primo grado emessa il 25 agosto 2009.
La Grande Camera ha assolto l’Italia dall’accusa di non aver condotto un’inchiesta sufficientemente approfondita sulla morte di Giuliani.
In questo caso la Corte si è espressa con 10 voti a favore e 7 contrari.
La stessa maggioranza si è pronunciata anche per l’assoluzione dell’Italia dall’accusa di non aver organizzato e pianificato in modo adeguato le operazioni di polizia durante il summit del G8 a Genova.
Il presidente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Jean Paul Costa, ha letto la sentenza definitiva sul caso Giuliani in un’aula praticamente deserta. Al pronunciamento del verdetto era assente l’avvocato Nicolò Paoletti che ha rappresentato la famiglia Giuliani durante tutto l’iter del ricorso a Strasburgo, cominciato nel 2002. Rappresentato invece lo Stato italiano con l’ambasciatore Sergio Busetto.
Di seguito pubblichiamo il testo integrale della sentenza della Corte Europea, dalla cui lettura ciascun cittadino può farsi un’opinione su come mal funzioni la giustizia europea anche in quei pochi casi che dopo innumerevoli anni giungono all’esame del Supremo Organo sovranazionale che dovrebbe garantire il rispetto dei diritti umani e dei principi posti a base del giusto processo.
Scarica da qui Testo integrale Sentenza Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 25 Agosto 2009
Ricorso 23458/02 Giuliani e Gaggio c/Italia

TUTTI A MONTECITORIO PER LIBERARE L'ITALIA DALLA TIRANNIDE DEI PARTITI E DELLE LOGGE MASSOMAFIOSE

Tutti a Monte Citorio
I MILLE PER ABBATTERE LA NEO-DITTATURA PARTITOCRATICA-MASSOMAFIOSA!
Sono i nuovi Garibaldinini scesi senz’armi su Roma ladrona per liberare l’Italia dalla tirannide degli avidi apparati e appetiti dei partiti di regime e dalle logge massomafiose che succhiano ogni risorsa e soffocano la democrazia.
Nel totale silenzio dei media il 21 settembre scorso quasi 1000 persone hanno iniziato il presidio di Piazza Monte Citorio in Roma che dal prossimo 12 ottobre sarà caratterizzato da una Assemblea permanente.
Nelle notti scorse sui sampietrini di P.zza Monte Citorio hanno dormito centinaia di giovani venuti da ogni parte d’Italia, privi di collari e padrini politici, animati dallo spirito di fare qualcosa per il proprio Paese.
Da circa 4 mesi è in atto lo sciopero della fame di Gaetano Ferrieri a cui diamo il nostro pieno sostegno, invitando tutti a scendere in campo e allargare a macchia d’olio questa forma di protesta civile.
L’impresa dei neo-garibaldini per dire basta al regime continuerà a oltranza con il costante presidio del palazzo del potere allo scopo di chiudere con questa classe politica corrotta e chiedere la Democrazia Diretta, dando modo ai cittadini di riprendersi la Politica come hanno fatto in Islanda.
Gli organizzatori denunciano che quasi tutti i mass media continuano ad ignorare questa civile e pacifica protesta attiva che assomiglia a quelle che hanno dato origine alla fine dei regimi nei paesi arabi.
Siamo certi che se Egitto, Tunisia e Libia sono riusciti a cacciare i tiranni lo possiamo fare anche noi italiani!
Allo sciopero della fame di Gaetano Ferrieri che da quasi 4 mesi vive in un gazebo davanti a Monte Citorio hanno aderito vari altri liberi cittadini, nella speranza di dare maggiore risonanza alla protesta, domandandosi quanti altri italiani debbano mettere a rischio la propria incolumità fisica prima di ottenere attenzione.
Il regime è duro a morire ma siamo agli sgoggioli.
Andiamo avanti!
L’Italia onesta è dalla nostra parte!
Il 12 ottobre ci saremo anche noi!
Per info e adesioni:
GAETANO FERRIERI 3336677839
WWW.PRESIDIOMONTECITORIO.IT
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Prato: sgomberata una profuga anziana Rom. Appello all'Ue per fermare la persecuzione e risarcire le vittime

Rom. Sgomberata una profuga anziana a Prato. Appello all’Ue per fermare la persecuzione e risarcire le vittime


Firenze, 14 maggio 2011. Proseguono gli sgomberi di famiglie Rom in tutta Italia. A Roma l’evacuazione dell’acquedotto della Magliana, avvenuto la mattina del 9 maggio, senza alternative di accoglienza, ha messo in emergenza umanitaria alcuni nuclei familiari. A Milano le operazioni contro l’insediiamento di piazza Lugano hanno costretto cinque famiglie Rom romene a un esodo drammatico, trattandosi di persone in povertà estrema e in condizioni di salute precarie. Ieri, 13 aprile, è toccato a una famiglia Rom di Prato. “E’ un caso davvero straziante,” commentano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, “perché si tratta di un nucleo familiare bisognoso di attenzioni umanitarie, un nucleo già conosciuto alle istituzioni internazionali e alle organizzazioni umanitarie locali, specie Opera Nomadi Toscana, che segue da vicino questa famiglia già colpita da tante sofferenze. La donna più anziana, Duja  Ahmetovic, 65 anni, è profuga dalla Bosnia, perseguitata e sfuggita ai bombardamenti degli anni ’90. Ha perso durante quei terribili conflitti parenti e amici, fra i quali numerosi bambini. E’ malata e necessita di assistenza sia per la sua salute precaria che per l’età avanzata. I Rom in Italia hanno una vita media di 40 anni e Duja, a causa della vita difficile e delle condizioni di povertà in cui versa, è fisicamente assai più anziana rispetto all’età anagrafica”. Il Gruppo EveryOne ha scritto una lettera alle istituzioni italiane e internazionali, illustrando nei dettagli la tragedia che ogni sgombero comporta e chiedendo che si decreti l’interruzione di questa barbarie verso le famiglie più vulnerabili: “Gli sgomberi sono azioni disumane, già condannate dall’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, dalla Commissione europea e dal Consiglio del’Ue,” scrive EveryOne. “Oltre 200 mila esseri umani, più della metà bambini, sono stati colpiti dal 2007 a oggi da questa forma moderna di pulizia etnica, anche in pieno inverno, anche quando le persone evacuate erano sofferenti di tumori maligni e gravi cardiopatie, anche quando le donne erano incinte o portavano in braccio bimbi di pochi giorni. In seguito agli sgomberi, numerosi bambini e malati sono morti, mentre di altri si sono perse le tracce. Di fatto, se i Rom in Italia erano 180 mila nel 2007, oggi ne restano meno di 40 mila e sono i numeri di un’espulsione di massa che si è posta contro tutte le leggi che tutelano i popoli. Purtroppo in Italia i Rom vengono perseguitati tanto dalle amministrazioni di centro-destra che da quelle di centro sinistra e i politici fanno regolarmente campagna elettorale promettendo di sgomberare e cacciare dalle città le famiglie Rom e Sinte. Chiediamo alle autorità dello Stato italiano che ancora non si sono lasciate travolgere dalla deriva intollerante, e soprattutto al Presidente della Camera Gianfranco Fini, di istituire una commissione per valutare le conseguenze degli sgomberi e porre fine ad essi con strumenti giuridici moderni ed efficaci, in linea con le leggi dell’Ue e gli accordi sottoscritti con le Nazioni Unite. Contemporaneamente, chiediamo al Commissario europeo per i Diritti Umani Thomas Hammarberg, cui abbiamo chiesto ripetutamente di venire a verificare la persecuzione dei Rom in Italia e che finalmente è in procinto di visitare gli ultimi insediamenti Rom a Milano e Roma, di attivare azioni con valore giuridico per impedire che questa spietata repressione di esseri umani socialmente esclusi e perseguitati prosegua nell’indifferenza. E’ vitale interromperla e raccogliere da parte dei Rom stessi testimonianze relative al gravissimo pregiudizio che gli sgomberi e la repressione hanno recato al  loro popolo, quantificando il numero delle vittime e la conseguenza socio-sanitaria sofferta dagli individui sgomberati, in vista delle dovute scuse, dei dovuti risarcimenti e soprattutto della fine di una persecuzione etnica che è durata già troppo”.