ACCOLTO L'APPELLO PER DIRE NO AGLI ASSASSINI DI FRANCESCO MASTROGIOVANNI

Stamani la Procura Generale di Salerno ha reso noto al Movimento per la Giustizia Robin Hood – Avvocati senza Frontiere che il Procuratore e il P.M. di Vallo della Lucania, in accoglimento dell’istanza presentata dalla Associazione, costituita parte civile, hanno impugnato la sentenza di primo grado che pur condannando il primario e i medici, peraltro a pene del tutto miti, aveva incongruamente assolto gli infermieri per l’uso illegittimo della contenzione e trattamenti disumani assimilabili alla tortura, praticati nel lager psichiatrico di Vallo della Lucania.
«Si tratta di un risultato molto importante – commenta Pietro Palau Giovannetti (Presidente della Onlus), che oltre a rendere giustizia a Franco, almeno da morto, evidenzia quale ruolo possano svolgere le Associazioni nei processi e la pressione della Società Civile, per l’affermazione della legalità e del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge».
«L’impunità è sempre odiosa – denunciava l’Associazione alcuni giorni fa – ma lo è ancor di più quando la morte di una persona indifesa viene provocata mediante crudeli torture e la complicità di chi dovrebbe rappresentare la Pubblica Accusa, come nel caso di Mastrogiovanni e il pm Martuscelli, che ha cercato di minimizzare le responsabilità degli assassini».
«Ci siamo costituiti parte civile – proseguiva il comunicato – per impedire i soliti “inciuci giudiziari” e affermare la libertà di cure contro i TSO, tutelando l’interesse comune di potere accedere ad una giustizia giusta e uguale per tutti, inscindibilmente connesso alla più generale tutela del rispetto della persona umana, per cui nessuno può essere sottoposto a torture, tanto più in strutture sanitarie. Alla luce del tentativo di deviare il processo su un binario morto ci siamo posti come una spina nel fianco della Pubblica Accusa e ne abbiamo denunciato le deviazioni. Siamo così riusciti ad infondere coraggio e far luce sugli anomali comportamenti endoprocessuali e le frequentazioni del pm Martuscelli con taluni imputati (del caso se ne sta occupando il P.M. di Napoli)».
Alla luce di ciò è indubbio che il provvedimento del Procuratore e del pm di Vallo della Lucania costituiscano un’inversione di tendenza, che accoglie in pieno le istanze della Società Civile, aprendo nuove prospettive nell’ambito della tutela giurisdizionale dei diritti umani sul terreno dell’uso della contenzione nei reparti psichiatrici e sul rapporto tra persona umana e istituzioni.
A riguardo, occorre ricordare, che l’impugnata sentenza, pur riconoscendo il ruolo propulsivo delle Associazioni, ha reso giustizia solo a metà, anche se ha avuto il pregio di spezzare il clima persecutorio nei confronti di Franco, anche da morto, senza essere in grado di far piena luce sulle pratiche medievalistiche che coinvolgevano il personale sanitario, invece incongruamente assolto, senza tenere conto delle palesi responsabilità e indifferenza degli infermieri, verso l’altrui atroce sofferenza, come risultanti provate dall’impianto accusatorio del P.M. Rotondo e dalle video-registrazioni, elementi inchiodanti che sono state incomprensibilmente ignorati.
A pag. 175 della sentenza si afferma infatti assurdamente che la condotta degli infermieri possa venire ricondotta all’art. 51 c. 3 c.p., ritenendo che gli imputati mandati assolti non avrebbero potuto accorgersi dell’illegittimità dell’ordine di contenzione e del suo ingiustificato prolungamento. Tale conclusione è assolutamente paradossale poiché si è omesso di cogliere che anche il personale infermieristico è portatore di una posizione di garanzia ex art. 40 c.p. nei confronti dei pazienti sottoposti alla loro cura e vigilanza e, pertanto, è da ritenersi pacificamente responsabile ogni qualvolta violi gli obblighi di legge.
Ci auguriamo quindi che le pene scandalosamente miti comminate nei confronti dei medici, verranno quantificate correttamente nel grado di appello, condannando anche gli infermieri, tenendo conto della notevole gravità e allarme sociale dei reati consumati in danno di Franco, per cui è configurabile il reato di “omicidio preterintenzionale”. Nel caso di specie sussiste infatti sia il cd. “animus laedendi“, stante che la contenzione è stata attuata senza cure sino alla morte sia il cd. “animus necandi” che significa che l’agente non deve agire necessariamente con dolo di omicidio, ricadendo altrimenti nell’ipotesi di cui all’art. 575 c.p., bensì basta la previsione della morte, previsione di certo percepibile dal personale medico e paramedico, ben a conoscenza dei possibili esiti fatali di un regime contenitivo prolungato senza mai slegare la vittima per oltre 3 gg., lasciandolo privo di alimentazione e di idonea idratazione.
Da qui il sospetto ben più grave che il cinico e vile omicidio preannunciato dallo stesso Franco – il quale era a tal punto consapevole della fine che lo attendeva che implorò: «Se mi portano a Vallo non ne esco vivo» – possa promanare da una preordinata “vendetta politica”, maturata negli ambiti dell’estrema destra, che forse non ha mai perdonato al maestro elementare la morte del missino Carlo Falvella dirigente del FUAN di Salerno e la sua fede anarchica che lo spingeva a continuare a ricercare la verità sulla strage di Piazza Fontana.
Venerdì 28 giugno, ore 17,30, a Salerno, presso il punto Einaudi, Piazzetta Barracano, adiacente Corso Vittorio Emanuele, si terrà il dibattito su “il caso Mastrogiovanni”, promosso dal Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni, con la partecipazione dell’Avv. Michele Capano, legale di parte civile della Onlus Movimento per la Giustizia Robin Hood, Grazia Serra, Giuseppe Galzerano e Giuseppe Tarallo, Dott. P. Sangiorgio, Direttore UOSM Asl Roma H e Luigi Manconi, Presidente della Commissione Parlamentare sui Diritti Umani del Senato della Repubblica.
Per info: Segreteria Avvocati senza Frontiere 02/36582657 – 329/2158780

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