Siena: Persecuzione scolastico-politico-religiosa

Caso Fontani. Un maestro scomodo ai politici locali per le sue attività di denuncia contro il quale si è scatenata una vera e propria persecuzione e isolamento subito dopo tre significative circostanze ed eventi:

a) dopo aver promosso un’inchiesta-intervista a Rai-3 Ambiente Italia (trasmessa il 5 maggio 2007) in cui denunciava, con nomi e cognomi, i «mini» conflitti di interesse di 3 autorevoli compagni di partito del Sindaco e della Dirigente Scolastica, consiglieri comunali e leader di partito locali, nelle tante lottizzazioni di Comuni limitrofi della Val d’Arbia e tutti strettamente connessi con l’attività scolastica del Maestro Fontani (Monteroni e Murlo dove insegna ora, Buonconvento e Montalcino dove insegnava prima);

b) dopo aver denunciato sulla stampa ad ottobre 2007 lo scandalo di una serie di smaccati favoritismi che denominò «Lo Scuolabus degli amici del Sindaco di Murlo» (comune limitrofo che fa parte del suo stesso ISC), che penalizzava seriamente un bambino di 6 anni iscritto alla prima classe;

c) dopo aver fondato nel 2007 un Comitato nazionale contro il mobbing e bossing scolastico, vera piaga endemica e sociale della scuola pubblica italiana, iniziativa che ebbe una larga eco sulla stampa nazionale in coincidenza del primo incontro fondativo che si tiene a Siena il 15 giugno 2007.

Per concludere, ai primi di luglio del 2008, al Maestro Fontani, già oggetto di un pesante procedimento disciplinare che potrebbe portare al suo licenziamento o comunque alla sospensione dal servizio e dallo stipendio e di un procedimento cautelare per il secondo trasferimento d’ufficio in 3 anni, la massima autorità operativa scolastica statale, il Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, Cesare Angotti, notificava la richiesta di 250.000 euro di risarcimento danni morali ed esistenziali.

Di seguito riportiamo la recente interrogazione parlamentare che riassume l’odissea scolastico-giudiziaria del maestro di Siena. 

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03687
Atto n. 4-03687
Pubblicato il 21 settembre 2010
Seduta n. 425

PERDUCA , PORETTI – Al Ministro della giustizia. -Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:

Una feroce ed intensa persecuzione scolastica e politica, originata da una chiara e gravissima discriminazione religiosa assecondata dalla scuola pubblica, è in corso a carico del maestro di scuola primaria della Provincia di Siena Adriano Fontani a far data dal settembre 2004;

tale sua odissea è testimoniata dalle sue denunce sulle tante e gravi ingiustizie patite e sui mille abusi del mondo della scuola “post-autonomia”, documentati anche a seguito della vasta casistica raccolta dal Comitato nazionale contro il mobbing e bossing scolastico da lui promosso che ha adesioni già in 15 diverse regioni italiane, ingiustizie e abusi finiti decine e decine di volte, fin dagli inizi, sulla migliore stampa italiana nazionale, quotidiana (“Corriere della sera”, “la Repubblica”, “Quotidiano Nazionale”, “l’unità”) e periodica (“Panorama”), sulle migliori testate televisive (TG1, TG5, RaiNews 24) e radio (Radio Radicale, RadioRai1-Radio anch’io), e hanno pure avuto vasta eco in Parlamento (due interrogazioni alla Camera presentate in data 10 marzo 2005 e 29 luglio 2008, un’audizione nella Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera in data 16 luglio 2007, un interesse dei senatori della 7a Commissione Istruzione ad acquisire elementi conoscitivi sulla vicenda);

dalla fine del 2004, per motivi scolastico-religiosi (ma poi soprattutto politici) ben documentabili, il maestro Fontani viene sommerso dalla scuola da monumentali quanto squadristiche e volutamente false ispezioni preconfezionate (le ultime due, una di 800 pagine, 2005, e una di 400 pagine, nel 2008, con relativi allegati: tutte con gravi conseguenze per lui sotto forma di punizioni disciplinari, sospensioni dal servizio, trasferimenti d’ufficio, visite d’idoneità, minacce di licenziamento) da una lunga serie di ripetuti, pretestuosi e persecutori procedimenti disciplinari privi di ogni fondamento (tre in un solo mese tra ottobre e novembre 2007, a difesa dai quali pure il difensore civico della Regione Toscana Giorgio Morales scrisse quattro mesi dopo una documentata quanto inutile lettera a favore del Fontani a tutta la filiera gerarchica scolastica locale, provinciale, regionale e nazionale), oltre che da centinaia di rendiconti scritti – tutti falsi, tendenziosi e calunniosi – che, redatti e protocollati dalla scuola, controllano ogni sua minima mossa in ogni minimo dettaglio, movimento, posizione del corpo, tono di voce, espressione testuale, interlocuzione, partecipazione a manifestazioni, riunioni, assemblee o altre iniziative perfino esterne alla scuola, fuori e dentro la scuola, nella vita reale e sul web, a partire dal 1990;

tutte le due fasi della suddetta persecutoria vicenda scolastica del Fontani si sono svolte in scuole di tre comuni limitrofi (Buonconvento-Montalcino, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006, e Monteroni d’Arbia, nell’anno scolastico 2007/2008) sotto due dirigenti scolastici che al contempo erano pure entrambi esponenti di spicco ed amministratori locali del partito politico egemone nei Comuni menzionati (Montalcino-Buonconvento: Mauro Guerrini che era stato al contempo due volte Sindaco del paese e membro del direttivo provinciale del partito, e deputato della fondazione Monte dei Paschi di Siena; Monteroni d’Arbia: Maria Donata Tardio che era al contempo consigliere comunale di maggioranza e membro del direttivo provinciale del partito);

tale persecuzione è diventata particolarmente intensa e feroce dal gennaio 2005, quando il primo ispettore scolastico inviato sul posto (Antonio Fratangelo, quello “naturale” dell’Ufficio scolastico provinciale di Siena) osò difendere, lodare e dare pienamente ragione al Fontani riconoscendo valide le sue proteste e condannando l’operato della scuola per la discriminazione subita e quando il suo direttore scolastico provinciale ha sostenuto le ragioni di Fontani e la relazione del “suo” ispettore: allora la direzione scolastica di Firenze prima annullò ed invalidò tale ispezione, negò illegittimamente al Fontani la relazione che lo sosteneva che aveva chiesto a norma di legge, e poi arrivarono perfino minacce di sanzioni a carico dell’ispettore, un trasferimento punitivo a carico del dirigente scolastico provinciale che sosteneva lui ed il maestro e cominciò a carico del Fontani la raffica di sanzioni ed ispezioni prefabbricate sopra descritte protrattesi per quattro anni fino al 2009;

tale persecuzione è subita dal Fontani sostanzialmente per il solo fatto di aver violato l’omertà e non aver collaborato o non aver taciuto i mille piccoli e grandi abusi, ingiustizie, discriminazioni, illegalità, scandali, arbitrii e favoritismi subiti e visti fare nel mondo della scuola od averli in qualche caso apertamente denunciati a stampa e magistratura, dopo che i mille inutili tentativi da lui fatti di “lavare i panni sporchi in famiglia” e di cercare il dialogo interno erano sempre andati a vuoto e gli avevano appunto procurato solo campagne di calunnie, sanzioni, ritorsioni e punizioni;

tale persecuzione viene inflitta a carico di un docente preparatissimo, motivato e stimatissimo come pochi e come tale inutilmente amato e difeso (a Buonconvento nel 2005, come a Monteroni nel 2008) da centinaia di genitori, alunni, ex alunni e famiglie che si sono vanamente mobilitati a suo favore e ai quali è stato perciò sempre e sistematicamente impedito di testimoniare a suo favore, ovvero in alcuni casi la testimonianza è stata assunta surrettiziamente in modo da apparire contraria al maestro; in molti casi coloro che si erano mobilitati in suo favore sono stati messi in imbarazzo, rimandati subito via ed obbligati a non parlare da parte degli ispettori scolastici inviati a suo carico, uno dei quali si è pure vantato per iscritto nella sua relazione (8 marzo 2008) di cotanti abusi, del fatto che genitori e testimoni a suo favore siano stati talvolta perfino “avvicinati” in modo minaccioso ed indirettamente puniti da autorità scolastiche e da quelle municipali politicamente vicine e colluse con il dirigente scolastico locale;

tale cinica e feroce persecuzione sta rovinando e distruggendo da tempo la salute, la vita privata e professionale, la reputazione, i risparmi e la famiglia del maestro Adriano Fontani;

fin dall’inizio della vicenda giudiziaria del Fontani (originata da un esposto del dirigente scolastico, Sindaco, deputato MPS contro di lui del 28 febbraio 2005 e non viceversa) l’atteggiamento di giudici e magistrati del Tribunale e della Procura di Siena verso i numerosi ricorsi e denunce, in sede penale e civile, presentati dal maestro Fontani è stato a giudizio degli interroganti unilaterale e fazioso, animato da chiari e gravi pregiudizi e chiusure contro di lui, manifesta ostilità e avversione verso la sua persona e le sue argomentazioni, concretizzatisi nel rifiuto totale di indagare sulle sue denunce e chiamare i numerosissimi test che Fontani citava; mentre la Procura si comportava in modo esattamente opposto quando erano i dirigenti scolastici e i politici a denunciare il Fontani, tanto che in una delle sei sentenze dei sei ricorsi, tutti persi in sede civile (ricorsi d’urgenza ex art. 700 del codice di procedura civile) egli veniva condannato e sprezzantemente definito ed implicitamente deriso, invece che difeso, come “il Serpiko della Scuola Italiana” (sentenza del Tribunale di Siena RG 530 dell’8 novembre 2005);

nella suddetta montagna di carte redatte a suo carico (appare evidente che, per quanto numerose siano le sue denunce, esse sono solo una piccola parte di quelle che avrebbe potuto e dovuto presentare a fronte di tanta mole di persecuzione e diffamatori documenti scritti a suo carico), piene di falsità e calunnie contro di lui, stilate dalla scuola contro Fontani, ricorrono decine e decine di volte diverse precise e lampanti ipotesi di reato a suo carico (diffamazioni, ingiurie, falsi, abusi ed omissioni d’ufficio, peculato, lesioni, reati associativi) ma giudici e magistratura di Siena, di fronte alle numerose inevitabili denunce del Fontani, oltre a non voler indagare come sopra detto, hanno ripetutamente schernito un cittadino in cerca di giustizia, che, senza cercare vendette personali, da cittadino retto e civile, si è dimostrato esemplarmente rispettoso del patto sociale, come uno che strumentalizza la giustizia per risolvere i suoi problemi personali e religiosi (così ha scritto a carico del Fontani il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena Francesco Bagnai in ben tre dei suoi 13 decreti di archiviazione su 13 richieste dei pubblici ministeri a seguito delle denunce presentate da Fontani (RGNR 885-2006, R-GIP 1483-2006 DA del 14 novembre 2006; RGNR 1896-2008, R-GIP 322 del 12 agosto 2009; RGNR 2998-2008, R-GIP 494-2009 del 12 agosto 2009);

la linea della Procura della Repubblica di Siena di fronte al caso del maestro Fontani – a quanto risulta agli interroganti pienamente consapevoli i pubblici ministeri, il GIP e altri giudici del fatto che egli si ritrova contro non solo l’intera amministrazione scolastica nazionale ma tutti i poteri locali forti (nella specifica realtà senese tutti ben sanno che sarebbe più corretto parlare purtroppo di un potere unico senese) per tanti altri motivi ben documentabili oltre a quanto sopra esposto – è stata fin dall’inizio molto semplice, con le significative e del tutto confermative eccezioni di seguito riportate:

1) archiviare sistematicamente sempre tutte le numerose denunce che Fontani presenta senza mai fare alcuna indagine né chiamare alcuno dei numerosi test da lui citati perché le indagini sono definite “inutili e defatiganti” dal GIP Francesco Bagnai quando è Fontani a chiederle (RGNR 1896-2008, R-GIP 322 del 12 agosto 2009; RGNR 2998-2008, R-GIP 494-2009 del 12 agosto 2009);

2) fare invece sempre senza eccezione puntualmente e rapidamente (6 volte su 6) tutte le indagini quando sono alti dirigenti scolastici e politici a denunciare il maestro Fontani o chi lo sostiene pubblicamente perché allora le indagini non sono evidentemente più inutili e defatiganti (RGNR: 353-2553/2005, 132/2008, 2379/2008 oltre a quella contro il professor Giannino di Milano, RGNR 374-2009, pm Mario Formisano; 204/2008, pm Francesca Firrao) e procedere sempre ad avvisi di garanzia o rinvii a giudizio ogni volta che è formalmente possibile (nei primi due dei procedimenti citati sopra il pm Formisano ed il GIP Bagnai si sono dovuti fermare, loro malgrado, data l’improcedibilità formale della querela presentata contro il maestro, altrimenti lo avrebbero rinviato a giudizio);

le significative e confermative eccezioni a questa tendenza sono le seguenti:

1) finché è rimasto a Siena, il pubblico ministero Alessandra Chiavegatti (8-2008) è stato l’unico che ha sempre, prontamente e senza eccezioni fatto le indagini e convocato i testimoni sulle sei denunce del Fontani ricevute, ricavandone quattro rinvii a giudizio a carico di personale scolastico (di cui tre a carico di persone “eccellenti”) denunciato da Fontani (RGNR 364-2006 e 242-2008); ciò dimostra come siano fondate e documentate le accuse che Fontani espone in quelle sue querele che tutti gli altri pubblici ministeri e GIP rifiutano di prendere in minima considerazione, archiviando sempre e sistematicamente spesso senza neppure leggere. Ma il pubblico ministero Chiavegatti ha sempre fatto indagini ed ottenuto rinvii a giudizio (una trentina, molti dei quali “eccellenti”, tre anche nel caso del Fontani) non solo sul “Caso Fontani” ma anche e soprattutto su altre inchieste scottanti (Policlinico, Università, Carabinieri), è stata, secondo gli interroganti proprio per tale ragione, trasferita da Siena a Catania e per il maestro Fontani è stato da allora totale “buio della giustizia” alla Procura di Siena;

2) un’unica volta il pm Mario Formisano ha fatto indagini su una denuncia di Fontani di tipo “documentale”, dove non aveva indicato testimoni da interrogare (RGNR 941/2006) e da esse è risultato che laddove Fontani aveva denunciato “100” in quanto ad abusi subiti dai vertici scolastici (con l’abuso e la menzogna gli hanno negato documenti che gli spettavano), dalle indagini è risultato “150” (tali documenti contro Fontani erano pure gestiti in modo illegittimo), cioè ancora di più. Ciononostante tutto è stato archiviato dal pm Formisano e dal GIP Francesco Bagnai, che ha sempre archiviato 13 volte su 13 richieste dei pubblici ministeri su 13 denunce del Fontani nei suoi decreti di archiviazione. Non solo, ma visto che secondo gli interroganti Fontani aveva evidentemente ragione hanno pensato bene di non avvisarlo neppure della richiesta di archiviazione, come da lui richiesto a norma di legge, così non ha potuto neppur fare opposizione alla richiesta di archiviazione come era suo diritto;

3) in una denuncia del Fontani ricevuta dal dottor Formisano per la prima volta in assoluto e finora unica (per ciò che ad ora si conosce) sono stati chiamati solo due dei numerosi testimoni da lui indicati in querela (RGNR 1843/2008), significativamente ciò solo dopo che (a far data dagli inizi di marzo 2009, RGNR 1890 Firrao) Fontani aveva iniziato a scrivere, nell’intestazione delle sue opposizioni alle sistematiche richieste di archiviazione che copia andava inviata per conoscenza all’ufficio ispettivo del Ministero della giustizia ed alle massime magistrature nazionali di controllo come esposto;

a conferma dell’evidente e grave strategia di denegata giustizia che secondo gli interroganti va avanti a carico del maestro Fontani esattamente da ormai oltre cinque anni (e precisamente dal marzo 2005) ecco un prospetto che sintetizza il diverso ed opposto comportamento ed atteggiamento della giustizia a Siena a seconda che il maestro sia il denunciante o il denunciato:

a) quando è il maestro Fontani a presentare querele-esposti: da cinque anni sono state sistematicamente sempre archiviate da tre pubblici ministeri su quattro, GIP Bagnai e giudice di pace tutte le sue circa 30 documentate denunce presentate pur davanti ad evidenti e comprovate ipotesi di reato. Sempre, con le significative eccezioni sopra ricordate assai significative e confermative della tendenza denunciata, senza svolgere la minima indagine né interrogare alcuno dei numerosi test, talvolta testimoni oculari diretti dell’evento incriminato. Significativa, per confermare una chiara volontà ed una precisa strategia di denegata giustizia a carico di Fontani al Palazzo di giustizia di Siena, l’ultimissima archiviazione delle 13 archiviazioni su 13 disposte dal GIP Francesco Bagnai (RGNR 406-2009, pm Firrao; R.Gip 890-2009, decreto di archiviazione del 9 settembre 2009). Egli infatti dichiara perfino inammissibile la sua documentata opposizione ed archivia la querela del Fontani per calunnia quindi senza disporre neppure l’udienza in camera di consiglio, motivando, da una parte, con la mancata indicazione di fare indagini, mentre Fontani aveva indicato in querela ed in opposizione ben sei diretti testimoni oculari dell’evento (testimoni oculari che per il GIP non hanno un minimo requisito di pertinenza e di rilevanza in ordine all’oggetto della notizia di reato) e, dall’altra, con la mancata archiviazione della querela di partenza della controparte mentre Fontani lo avevo informato in querela che c’era stata l’archiviazione ben 15 mesi prima (10 giugno 2008). Evidentemente il GIP non ha neppure letto le documentatissime denunce e le opposizioni presentate dal Fontani. D’altra parte il GIP ha perfino scritto esplicitamente in due suoi decreti di archiviazione in modo testuale che fare le indagini da Fontani richieste nelle sue denunce è inutile e defatigante accusandolo di usare la giustizia per risolvere problemi personali e religiosi (si veda sopra). A quanto detto ha fatto eccezione solo il pubblico ministero Chiavegatti come sopra detto, poi trasferita;

b) quando sono i dirigenti scolastici, nonché esponenti politici a denunciare Fontani: premesso che, contrariamente all’affermazione riportata in certi atti giudiziari di Siena, è stata la scuola (oltre a tanti altri poteri collegati) che per prima si è messa contro Fontani (28 febbraio 2005: il primo dei procedimenti sotto elencati) e non è stato Fontani a cominciare questa guerra giudiziaria presso la Procura, sempre e senza mai una sola eccezione si è invece proceduto a rapide indagini e convocazione di testimoni si è prontamente proceduto ad avvisi di garanzia o rinvii a giudizio tutte le volte in cui è stato formalmente possibile quando la scuola ha denunciato Fontani (cinque) o chi lo ha difeso e sostenuto denunciando i gravi abusi a suo carico (uno è tutto del professor Alberto Giannino da Milano). Solo nel caso dei primi due dei citati sei procedimenti i pubblici ministeri e il GIP si sono visti costretti ad archiviare, loro malgrado, impediti a procedere a carico di Fontani solo da omissioni procedurali (mancata formalizzazione della querela), altrimenti sarebbero andati avanti perché vi avevano individuato chiare ipotesi di reato, come hanno esplicitamente scritto. Si ricorda che quando qui si scrive scuola deve intendersi (cinque volte su sei) non semplici docenti o semplici dirigenti bensì dirigenti di alto livello o dirigenti locali che ricoprono/ricoprivano al contempo localmente anche altri importanti incarichi politici (dirigenti provinciali del partito egemone da 65 anni) o amministrativi (rispettivamente sindaco e consigliere comunale di maggioranza nello stesso paese svolgevano incarichi scolastici dirigenziali) o di alta gestione bancaria (il primo dirigente che aveva operato la denuncia iniziale era pure membro della potente fondazione Monte Paschi di Siena);

eccone l’inconfutabile distinta che supporta inequivocabilmente quando detto, verificabile e controllabile: RGNR 353 o 2553-2005, pm Formisano (archiviato solo per improcedibilità, ma i reati c’erano); RGNR 132-2008, pm Formisano (archiviato solo per improcedibilità formale ma il reato c’era); RGNR 2379-2008, pm Formisano (avviso di garanzia a carico di Fontani, non si deve archiviare); RGNR 204-2008, pm Firrao (rinvio a giudizio a carico di Fontani); RGNR 374-2009, pm Formisano (rinviato a giudizio il professor Alberto Giannino da Milano); RGNR 89-2009, pm Formisano (dopo aver archiviato, come sempre, la querela di Fontani, per reciproci insulti, peraltro inesistenti, lo stesso pm fa procedere invece la controquerela della controparte: gli interroganti si interrogano sul perché, considerato che erano “reciproci” gli insulti, che ovviamente si sarebbero dovuti annullare a vicenda);

come dire che delle denunce di alti esponenti scolastici e politici locali presentate alla Procura di Siena contro Fontani nessuna è andata “sprecata”, nessuna loro querela è mai andata a vuoto (cioè archiviata subito senza indagare come invece si fa sempre con Fontani). Appare evidente ed inconfutabile che quando sono alti esponenti dell’amministrazione scolastica e bancaria o politici o amministratori che chiedono indagini a carico di Fontani, compierle contro un semplice cittadino-docente, isolato e privo di qualunque minima protezione politica o gerarchica come Fontani (per di più scomodissimo ed odiato dai potenti per le sue numerose denunce sui migliori mass media nazionali e per le iniziative civili contro gli abusi sia della scuola italiana che delle amministrazioni locali), evidentemente per i pubblici ministeri e il GIP le indagini non sono più inutili e defatiganti. C’è da chiedersi se a Siena la legge sia uguali per tutti quando un semplice cittadino ha contro simili potentati e personaggi;

clamorosa conferma di tale evidente e dichiarato doppio metro e doppia misura a seconda che Fontani sia il denunciante o il denunciato si ha quando il GIP Francesco Bagnai si esprime in modi opposti pur sugli stessi contenuti della stessa denuncia (la prima voluminosa denuncia del già citato potente dirigente scolastico, Sindaco e deputato della fondazione MPS contro di lui, 28 febbraio 2005, 5 pagine e 44 allegati: RGNR 353 o 2553-2005- Formisano; R-GIP 2481, decreto di archiviazione del 3 marzo 2006) e poi sulla controdenuncia per calunnia a suo carico su di essa basata (RGNR 1896-2008-Firrao; R-GIP 322 o 382-2009, decreto di archiviazione del 12 agosto 2009). Quando infatti il dirigente scolastico Mauro Guerrini di Montalcino, sotto cui iniziò l’odissea del maestro Fontani, fece quella prima voluminosa denuncia di tutta la vicenda alla magistratura, quelle determinate cose da lui denunciate a suo carico furono valutate dal pm Formisano e dal GIP Bagnai (R-GIP 2481-2005, decreto di archiviazione del 3 marzo 2006) come aventi valenza e rilievo penale, per cui volevano rinviarlo a giudizio (bloccati però dalla improcedibilità formale della querela), ma quando su quelle stesse determinate cose è stato il medesimo Fontani a fare una contro querela per “calunnia”, il pm Firrao e lo stesso GIP Bagnai, che prima, contro di lui, le aveva giudicate di valenza penale, cambiano idea pur di archiviare a favore del potente dirigente scolastico, Sindaco ed ora non valutano più di rilievo penale le determinate cose da lui denunciate a suo carico pur di giustificare così, per l’ennesima volta, la archiviazione della sua denuncia (R-GIP 322 o 382-2009, decreto di archiviazione del 12 agosto 2009);

in sede civile la tendenza è identica se non peggiore, come dimostrato, oltre a quanto sopra già accennato, dal fatto che nei citati sei ricorsi su sei respinti (presentati dal Fontani contro le numerose ingiuste punizioni subite) nei ricorsi d’urgenza (ex art. 700 del codice di procedura civile) da lui presentati si è addirittura avuto il caso (RG 814-2006, sentenza dell’11 marzo 2009, Tribunale di Siena) – assai emblematico e significativo per dimostrare il grave pregiudizio, la forte ostilità ed avversione, la mancanza di equità ed imparzialità, contro Fontani – in cui, pur di giustificare l’ennesima sentenza puntualmente a lui avversa, sono stati citati dal Tribunale a suo carico due documenti scolastici che, sulla base della data, risultano del tutto inesistenti ed un documento scolastico che in realtà dava ragione al Fontani e non conteneva nulla a suo carico se solo fosse stato letto anziché, come sempre è stato fatto in altre occasioni, prendere per buone e vere tutte le numerose false affermazioni ed accuse della scuola contro Fontani per quindi ricopiare acriticamente senza controllare ciò che la scuola scrive contro Fontani;

in un’altra sentenza (RG 707-2008, sentenza del 26 novembre 2008) il giudice unico del lavoro Delio Cammarosano, respingendo il ricorso di Fontani come ha fatto tre volte su tre, conferma l’assurda sospensione a suo carico di tre mesi dal servizio e dallo stipendio, dall’ottobre al dicembre 2008 (motivata dalla scuola innanzi tutto con il fatto che Fontani avrebbe disubbidito profeticamente, ad una delibera del collegio dei docenti del 14 febbraio 2007, di cui avrebbe avuto conoscenza solo 35 giorni dopo, in data 20 marzo 2007), motivandola per aver egli coscienziosamente fatto doverose note sul diario di una bambina per richiamare più volte una madre affinché non mandasse più a scuola la figlia in canottiera e priva del quaderno e libro di inglese, ciò che la esponeva a derisioni da parte dei compagni (queste note potevano essere fonte di grave violenza psicologica all’alunna, secondo Cammarosano, non potendo assolutamente egli dimostrare che l’alunna li abbia mai effettivamente avuti tali turbamenti) ed essersi lamentato della vicenda narrandola su Internet (senza far nomi ovviamente), laddove, tanto per esemplificare, a Bergamo un docente che ha spacciato droga agli alunni durante una gita a Londra ed a Milano, un altro docente lombardo che per due volte ha molestato e indotto un’alunna ad avere rapporti sessuali con lui durante colloqui sono stati sospesi dal servizio e dallo stipendio per soli due mesi;

come se non bastasse tale gratuita vessazione e grossa perdita economica di tre mesi decurtati di stipendio (valutabile in oltre 20.000 euro calcolando pure la conseguente penalizzazione di scatti e di anzianità), peraltro come sopra detto del tutto ingiustificata, a carico di un docente che fa del suo stipendio di maestro il perno economico del mantenimento della sua famiglia, il giudice unico del lavoro di Siena, noto perché pronto a riconoscere le ragioni dei lavoratori e comunque a non addebitare al dipendente ricorrente le spese anche quando, soccombente, si vede respingere i propri ricorsi, in quella sentenza citata volle ulteriormente infierire sul maestro Fontani addebitandogli pure circa 2.600 euro di spese legali talmente inesistenti che, in sede di appello, pur respingendo di nuovo il suo ricorso, la camera collegiale si vide costretta a togliere al Fontani un simile ingiustificabile addebito visto che la controparte scuola di spese non ne poteva aver avute dato che usava come legale un funzionario pagato in pianta stabile dal locale Ufficio scolastico provinciale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia informato del dettagliato e documentato esposto di 35 pagine con numerosi allegati presentato dal maestro Fontani in data 29 maggio 2009 direttamente agli ispettori ordinariamente presenti al Palazzo di giustizia di Siena (ispettore dottor Cannavale) e dei successivi esposti integrativi di aggiornamento da lui presentati, come quello originale, sia all’Ufficio ispettivo del Ministero della giustizia di Roma Bravetta che alle massime magistrature nazionali e regionali di controllo (CSM, PG-Cassazione, PG-CorteAppello);

se, quindi, abbia disposto adeguate ed urgenti ispezioni al Palazzo di giustizia di Siena per verificare quanto dettagliatamente e documentatamente denunciato dal maestro Fontani nei suddetti esposti e quali iniziative intenda adottare per accertare eventuali responsabilità nella vicenda che riguarda un semplice, retto e stimatissimo cittadino e docente, ma notoriamente assai scomodo in entrambi i ruoli, da sempre del tutto privo di protezioni politiche e sindacali e vittima da cinque anni, da una parte, di una grave e feroce persecuzione scolastica e politico-ambientale e, dall’altra, di un’evidente strategia di denegata giustizia che risente chiaramente dell’avverso quadro ambientale descritto, il quale chiede che gli sia riconosciuto il diritto alla giustizia con la puntuale effettuazione delle indagini da lui richieste e la convocazione dei numerosissimi testimoni a suo favore da lui indicati, che ormai da oltre cinque anni attendono inutilmente di esser chiamati a difendere le numerose ed evidenti ragioni del maestro Adriano Fontani, stimatissimo, amato ed esemplare docente e cittadino che paga duramente per la sua tenacia di voler difendere strenuamente, dentro e fuori la scuola, legalità, diritto, trasparenza e democrazia: queste infatti paiono essere le sue uniche “colpe” da cinque anni a questa parte.

RASSEGNA FEDERPROPRIETA.IT

Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 08.03.2007, n. 5328

Massima

Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 N. 392) – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Durata – Recesso del conduttore – Gravi motivi – Natura – Necessità relative all’andamento dell’attività aziendale – Rilevanza – Sussistenza – Condizioni – Fattispecie.
 
I gravi motivi, in presenza dei quali l’art. 27 ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione, non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dallo stesso conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso “ad nutum”, contrario all’interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma. Al contrario, i gravi motivi, che legittimano il recesso del conduttore da una locazione non abitativa, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed, inoltre, devono essere tali da rendere oltremodo gravosa per lo stesso conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale era stata dichiarata la legittimità del recesso, operato da una società conduttrice, malgrado la dedotta eccessiva onerosità nel proseguimento della locazione non attenesse a fattori oggettivamente imprevedibili e sopravvenuti alla relativa costituzione del rapporto, bensì ad una scelta, peraltro di mera convenienza della stessa locataria, di trasformare, e non di ampliare, l’attività contrattualmente prevista, venendo ad incidere, perciò, sui termini e sulle obbligazioni, anche future, consacrate nel modulo negoziale intercorso tra le parti).
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 15.01.2007, n. 638

Massima

Locazione (contratto di) – Disciplina delle locazioni immobili urbani (L. 27.7.1978, N. 392) – Immobili adibiti ad uso abitativo – Equo canone – Determinazione – Superficie – Posto macchina – Rapporto pertinenziale con l’appartamento adibito ad uso abitativo – Presunzione “iuris tantum” – Condizioni – Disciplina.
 
Nella locazione di immobili urbani con destinazione abitativa ai sensi della legge 392 del 1978 dalla situazione fattuale contrassegnata dall’ubicazione dell’appartamento nel medesimo edificio dell’autorimessa o del posto macchina, dall’appartenenza di entrambi allo stesso proprietario e dalla loro locazione al medesimo conduttore con destinazione alle esigenze delle persone che alloggiano nell’appartamento, deriva una presunzione semplice di rapporto pertinenziale, valevole ad estendere all’autorimessa o al posto macchina le disposizioni della legge sull’equo canone ed a rendere applicabile il metodo di calcolo di cui all’art. 13 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per cui non è idonea di per sé ad escludere il vincolo pertinenziale la circostanza che l’autorimessa venga locata quando l’appartamento è già dotato di altro posto macchina.
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 09.11.2006, n. 23914

Massima

 
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 n.392) – Immobili ad uso diverso da quello di abitazione – Diritti ed obblighi delle parti – Sublocazione – Responsabilità del cedente – Subordinazione all’inadempimento del cessionario – Conseguenza – Sua natura eventuale e sussidiaria – Solidarietà tra cedente e cessionario in ordine alle obbligazioni contrattualmente assunte dal primo nei riguardi del locatore – Configurabilità – Effetto – Efficacia dell’atto interruttivo posto in essere nei confronti del cessionario anche verso il cedente – Fondamento.
 
L’obbligazione del cedente del contratto di locazione di pagare il canone dovuto al locatore dal cessionario e da questi non corrisposto, quale prevista dall’ art. 36 della legge n. 392 del 1978 ancorché avente natura eventuale e sussidiaria perché subordinata all’inadempimento del cessionario, integra un’ipotesi di solidarietà, con la conseguenza che, trovando applicazione l’ art. 1310 cod. civ., gli atti con i quali il locatore abbia interrotto la prescrizione nei confronti del cessionario producono effetto anche verso il cedente.

Cass. civile, sez. III, 06-03-2006, n. 4800 – Pres. Giuliano A – Rel. Preden R – P.M. Scardaccione EV (Conf.) – Mbc Italy Spa c. Reale Coll. Maggiore Albornoziano ed altri
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DIRITTI ED OBBLIGHI DELLE PARTI – SUBLOCAZIONE E CESSIONE DELLA LOCAZIONE – IN GENERE – Art. 36 della legge n. 392 del 1978 – Disciplina – Estensione alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alle cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo – Ammissibilità – Applicabilità al caso di cessione di un “punto vendita” di un’unica azienda – Esclusione – Valutazione relativa all’individuazione del tipo di cessione – Rimessione al giudice del merito – Incensurabilità in sede di legittimità – Limiti.
 
L’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che consente al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e, perciò, capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda; diversamente, mancando il perseguimento di quest’ultima funzione, la predetta norma non si applica nel caso di cessione di un “punto di vendita” di un’unica azienda, ove nell’immobile ceduto sia stata esercitata la vendita di articoli che il cedente continui ad effettuare in altro locale. La valutazione circa la sussistenza dell’autonomia organizzativa dell’attività svolta in un locale rispetto a quella esercitata in altro locale e delle altre conferenti circostanze idonee in funzione della configurabilità o meno della cessione di un “ramo di azienda” (anzichè di un “punto vendita” di un’unica azienda) involge apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito che, ove adeguatamente motivati, rimangono incensurabili in sede di legittimità.
 
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3683 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Trenta Denari Srl c. Raspagliesi
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – USO DIVERSO DA QUELLO PATTUITO – Ambito di applicazione – Uso effettivo difforme da quello pattuito con il locatore – Conseguente azione di risoluzione – Termine perentorio per il suo esercizio – Decorrenza – Individuazione – Avvenuta conoscenza effettiva, da parte del locatore, del concreto mutamento di destinazione d’uso dell’immobile locato – Necessità – Fondamento.
 
La diversa destinazione dell’immobile – cui fa riferimento l’art. 80 della legge n. 392 del 1978, dalla quale discende il fenomeno della potenziale mobilità del rapporto nell’inerzia del locatore e dalla cui conoscenza decorre per il locatore il termine di tre mesi per far valere la risoluzione del contratto – è quella che si realizza in concreto con l’effettivo diverso uso della cosa locata, sicchè è solo da tale momento che inizia a decorrere il suddetto termine perentorio per chiedere la risoluzione del contratto, non potendo venire in rilievo, a tal fine, una situazione di semplice conoscenza della sola intenzione del conduttore. Tale interpretazione è conforme all’impianto complessivo della suddetta norma che, come è argomentabile anche sulla scorta della sentenza n. 228 del 1990 della Corte costituzionale, in difetto di strumenti di conoscenza legale dello stato di fatto integrante il mutamento, di questo esige l’effettiva conoscenza da parte del locatore, conoscenza che si configura necessariamente in rapporto ad una situazione concreta ed attuale di uso diverso, e non ad un progetto di mutamento di destinazione, che il conduttore potrebbe anche non attuare.
 
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3684 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Fintur Spa c. La Spisa
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DURATA – LOCAZIONI STAGIONALI – Natura – Scadenza stagionale – Rinnovo annuale della locazione, “ad nutum” del conduttore, per l’uguale successivo periodo stagionale – Limiti – Obbligo del conduttore di rilasciare il bene alla scadenza stagionale – Sussistenza.
 
La locazione stagionale non può configurarsi, alla stregua del dato letterale della disposizione dell’art. 27, sesto comma, della legge n. 392 del 1978, come un rapporto unitario (che, perfezionatosi al momento dell’originaria stipulazione, ha durata identica a quella degli altri tipi di contratto concernenti immobili non abitativi previsti dallo stesso art. 27, restando sottoposto alla condizione risolutiva della mancata richiesta del conduttore), ma, stante l’obbligo di locare posto a carico del locatore, realizza una serie di rapporti, distinti ancorchè collegati, avendo il legislatore assunto come presupposto la normale scadenza del contratto al termine della stagione e la sua annuale rinnovabilità, “ad nutum” del conduttore, per un arco di tempo prestabilito nella misura massima. Pertanto, costituisce regola di diritto conseguente che, alla scadenza stagionale, sorge l’obbligo per il conduttore di rilasciare il bene locato.
 
Cass. civile, sez. III, 31-01-2006, n. 2135 – Pres. Varrone M – Rel. Fico N – P.M. Golia A (Conf.) – Deledda c. Ferraris
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – AGGIORNAMENTO
– Inclusione della integrazione per riparazioni straordinarie – Determinazione del periodo di riferimento – Criteri – Fattispecie.
 
In tema di aggiornamento del canone di locazione di immobile condotto per uso di abitazione previsto dall’art.24 della legge 27 luglio 1978 n.392, il cosiddetto canone locativo base (o di partenza) da aggiornarsi è quello risultante anche dalla integrazione prevista dall’articolo 23 della stessa legge, pari cioè all’interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati sull’immobile locato per riparazioni straordinarie, indipendentemente sia dalla data di esecuzione delle dette opere che dalla data di decorrenza dell’aumento per la realizzazione delle medesime. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva calcolato l’aggiornamento ricomprendendovi l’integrazione di cui all’art. 23 cit. in ragione della esecuzione, nell’anno 1990, di opere di straordinaria manutenzione, respingendo la pretesa del conduttore secondo cui detta integrazione, in quanto relativa a lavori eseguiti nel 1990, doveva essere separatamente aggiornata a partire dal 1991, anno successivo alla realizzazione degli stessi).

Cass. civile, sez. III, 26-01-2006, n. 1695 – Pres. Fiduccia G – Rel. Talevi A – P.M. Fedeli M (Conf.) – Chiono c. Cascella
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – IN GENERE – Patti in deroga ai sensi della legge n. 359/1992 – Validità – Condizioni – Richiesta di certificazione di abitabilità – Necessità – Conseguenze.
 
In materia di locazioni abitative, la pattuizione del canone in deroga a quello stabilito dalla legge 27 luglio 1978 n. 392, prevista dall’art. 11 della legge 8 agosto 1992 n. 359, secondo il quale la deroga si applica ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 333 del 1992, aventi per oggetto immobili per i quali, alla predetta data, non sia stata presentata dichiarazione di ultimazione lavori e semprechè alla data del contratto sia stata richiesta la certificazione di abitabilità e presentata domanda per l’accatastamento, è valida a condizione che siano rispettate le condizioni tassativamente e rigorosamente fissate da detta norma. Ne consegue che la normativa in deroga non è applicabile qualora la domanda di certificazione di abitabilità sia stata richiesta circa un anno dopo la stipula del contratto, dovendosi escludere che detta previsione sia indirizzata ai soli fini fiscali.
Cass. civile, sez. III, 18-01-2006, n. 821 – Pres. Giuliano A – Rel. Sabatini F – P.M. Sgroi C (Conf.) – Giuliani c. Custodia Giudiziaria Immobili Pignorati
 
LOCAZIONE – OBBLIGAZIONI DEL CONDUTTORE – DANNI PER RITARDATA RESTITUZIONE – Quantificazione – Disciplina ex artt. 1 bis della legge n. 61 del 1989 e 6 della legge n. 431 del 1998 – Dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6 della legge n. 431/98 – Conseguenze – Criteri attuali di quantificazione del danno.
 
In tema di locazione di immobili urbani, a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6, comma sesto, della legge n. 431 del 1998 (che, in quanto destinata ad agevolare la transizione verso il regime pattizio delle locazioni, ha efficacia retroattiva ed è immediatamente applicabile ai giudizi in corso), per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 9 novembre 2000 che ha ritenuto illegittima la suddetta disposizione nella parte in cui esimeva il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell’esecuzione stabilito “ope legis” o di quello giudizialmente fissato per il rilascio, sussiste l’obbligo del conduttore, durante i periodi di sospensione dell’esecuzione degli sfratti, di corrispondere la somma di cui all’art. 1 bis della legge n. 61 del 1989, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione, e, dunque, fino all’effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione legalmente previsto, a prescindere dall’eventuale maggior danno sofferto dal locatore ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., che è dovuto, per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione “ope legis” e la data del reale rilascio, solo nel caso in cui il locatore ne abbia offerto prova.

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Cassazione n. 18648, – 5 dicembre 2003 Sez. III
LOCAZIONE – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Prelazione e riscatto- Vendita di quota di proprietà – EsclusioneIn tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo,. in caso di vendita a terzi della quota di proprietà comprendente l’immobile lo” cato non spetta al conduttore il diritto di prelazione e di riscatto di cui agli art. 38 e 39 l. n. 392 del 1978, mancando l’imprescindibile presupposto dell’identità dell’immobile locato con quello venduto.

Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12220
Locazione – Obbligazioni del locatore – Garanzia per molestie – Intervento in causa – Infiltrazione d’acqua nell’immobile oggetto di locazione – Diritto al conduttore al risarcimento del danno nei confronti del terzo Sussistenza.

Si deve riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata; in particolare, qualora a carico dell’appartamento locato si verifichi una infiltrazione d’acqua da un appartamento sovrastante, il conduttore, ex art. 1585, secondo comma, cod. civ., gode di una autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno.

Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12209
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978, n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – Immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Durata – Diniego di rinnovazione alla prima scadenza – Casi – Destinazione dell’immobile ad attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, professionali – Locatore – Onere di provare la serietà della dedotta intenzione – Sussistenza – Onere di provare la effettiva realizzazione di detto intento – Esclusione. In tema di locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza per il motivo indicato dall’art. 29, lett. b, legge 27 luglio 1978, n. 392, ha l’onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta di una delle attività indicate dall’art. 27, e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, non anche la effettiva e concreta realizzazione, di quell’intento. (l. 27 luglio 1978 n. 392 art. 29)

Sentenza n. 185 Corte Costituzionale 23 maggio – 4 giugno 2003
Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.Termini normativi della questione – Disposizioni cui va riferita la censura – Individuazione Beni culturali e ambientali – Studi di artista con riconosciuto valore storico artistico e vincolo di inamovibilit‡ – Contratti di locazione – Interdizione di provvedimento di rilascio – Illimitata continuazione del rapporto, con irragionevole compressione dei diritti del locatore – Illegittimit‡ costituzionale in parte qua. D.Leg. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 52, comma 1.Costituzione artt. 2, 3 e 42.omissis

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione ha ad oggetto líart. 52 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490. (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), a tenore del quale non sono soggetti ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani degli studi díartista il cui contenuto in opere, documenti, cimeli e simili Ë tutelato per il suo storico valore, da un provvedimento ministeriale che en prescrive líinamovibilit‡ da uno stabile del quale contestualmente si vieta la modificazione della destinazione díuso. omissis per questi motivi

La Corte Costituzionale Dichiara líillegittimità costituzionale dellíart. 52, comma 1, del decreto legislativo 29/10/1999 n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) nella parte in cui prevede che non sono soggetti a provvedimenti di rilascio gli studi díartista ivi contemplati.CosÏ deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.Il Presidente: CHIEPPA Il redattore: CONTRIIl Cancelliere DI PAOLA Depositata in cancelleria il 4 giugno 2003.

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale di cui allíart. 6 della legge n. 841 del 1973 – Applicabilità. (legge 22/12/1973 n. 841, art. 6; legge 27/7/1978 n. 392 art. 6) Anche nel vigore della legge sullíequo canone nei contratti di locazione di immobili urbani il diritto al pagamento degli oneri accessori della locazione si prescrive nel termine di due anni, indicato dallíultimo comma dellíart. 6 della legge 22/12/1973 n. 841 (M. Fin.)

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale – diverso termine per il pagamento dei canoni – questione di legittimità costituzionale – manifesta infondatezza. (Costituzione, art. 3; legge 22/12/1973 n. 841, art. 6 della legge 27/7/1978 n. 392) In riferimento allíart. 3 della Costituzione Ë manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dellíart. 6, legge 22/12/1973 n. 841, che prevede, quanto al pagamento degli oneri accessori della locazione di immobili urbani un termine biennale e, quindi, diverso da quello previsto per il pagamento dei canoni, atteso che nonostante la sostanziale analogia delle due voci la ratio della diversità di disciplina Ë costituita dallíesigenza della rapida definizione delle contestazioni relative a un rapporto accessorio, quali le spese condominiali, per cui la disparità di trattamento si giustifica per la diversa natura dei due esborsi. (M. Fin.)

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – Termine – decorrenza – dalla approvazione del consuntivo – in caso di edificio appartenente a un unico proprietario – esclusione. (legge 22/12/1973 n. 841 art. 6; legge 27/7/1978 n. 392, art.6) Il principio in forza del quale il termine di prescrizione del diritto a pretendere il pagamento degli oneri accessori connessi alla locazione decorre dalla approvazione del consuntivo è riferibile esclusivamente nell’ipotesi sussista una pluralità di condomini (che devono, in apposita assemblea, approvare il consuntivo stesso) e non anche nell’eventualità di edificio appartenete a un unico proprietario, perchè in tale evenienza il diritto al conguaglio Ë subordinato a uní approvazione cui debbano necessariamente concorrere terzi. In questa ultima eventualità, pertanto, il diritto a pretendere il conguaglio può essere esercitato alla fine dellíesercizio in cui il proprietario singolo ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per gli immobili locati superino o meno gli acconti periodicamente accertati. (M. Fin.)

Cassazione n. 5576, Sez. III, del 9-4-2003
Locazione – Variazioni della misura del canone e modificazione del termine di scadenza – Indici di per sè di una novazione della locazione -Esclusione – Ragioni Le sole variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono di per sè indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione o di modalità non rilevanti ai fini della configurabilità di una novazione. La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 cod. civ., mentre non Ë ricollegabile alle mere modificazioni accessorie, ai sensi dell’art. 1231 cod. civ. Essa, inoltre, deve essere connotata non solo dall’aliquid novi, ma anche dagli elementi dell’animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo) e della causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo)

Cass. civ., Sez.III, 06/11/2002, n.15558
LOCAZIONE DI COSE – Godimento ed utilizzazione del bene locato: (obblighi del locatore)La mancanza del provvedimento amministrativo, necessario per la legale destinazione della cosa locata all’uso pattuito, rientra tra i vizi che, escludendo o diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità della cosa stessa all’uso pattuito, possono giustificare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che risulti che il conduttore, a conoscenza (al momento in cui al contratto viene data attuazione, sicchË non rileva una conoscenza successiva alla consegna della cosa) della inidoneit‡ dell’immobile a realizzare il suo interesse, ne abbia accettato il rischio economico della impossibilità di utilizzazione.

Cass. civ., Sez.III, 04/11/2002, n.15388
Contratto di Locazione – Clausole – Riparazioni straordinariee – Obbligo posto a carico del conduttore. Tenuto conto che in tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore la manutenzione ordinaria e straordinaria, relativa agli impianti e alle attrezzature particolari dell’immobile locato, lasciando invece a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie.

Cass. civ., Sez.III, 15/10/2002, n.14655
LOCAZIONE DI COSE – Canone aggiornamento – Richiesta del locatore – Forma In materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da abitazione, la richiesta di aggiornamento del canone ex art. 32 l. n. 392 del 1978 puÚ essere formulata, in mancanza della previsione di una forma determinata, anche verbalmente nonché implicitamente o per fatti concludenti.

Sentenza n. 741 – Cass. civile, sez. III, 23/1/2002
Mora ed altri inadempimenti La sanatoria della morosità ex art. 55 l. 27 luglio 1978 n. 392 costituisce rimedio non applicabile nella disciplina dei contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

Sentenza n. 12743 – Cass. civile, sez. III, 18/10/2001
Mora ed altri inadempimenti Per espressa esclusione dell’art. 26, lett. a) l. 27 luglio 1978 n. 392 le norme contenute nel Capo I della stessa non si applicano alle locazioni per esigenze abitative di natura transitoria. Ne consegue che non Ë sanabile la morosità nel pagamento del canone per queste locazioni in quanto l’art. 55, che disciplina la concessione del termine di grazia a tal fine, Ë espressamente collegato alla valutazione legale della gravità dell’inadempimento nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori, stabilita dall’art. 5, che non Ë applicabile, essendo collocato nel Capo I della legge n. 392 del 1978.

Sentenza n. 13420 – Cass. civile, sez. III, 29/10/2001
Prelazione e riscatto Il diritto di prelazione o di riscatto previsto dagli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392, a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciÚ non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identit‡ funzionale e strutturale. Detto accertamento Ë di competenza del giudice del merito ed Ë insindacabile in sede di legittimità se condotto con logica valutazione degli elementi emergenti dagli atti.

Sentenza 24 settembre ñ 5 ottobre 2001 n. 333 – Corte Costituzionale

IMPORTANTE SENTENZA SULL’ESECUZIONE DEGLI SFRATTI

1. Rilascio dell’immobile – Messo in esecuzione dei provvedimento – Condizioni – Dimostrazione degli adempimenti fiscali ex articolo 7 della legge 431/1998 ñ Illegittimit‡ costituzionale. (Costituzione, articolo 24 o legge 9 dicembre 1998 n. 431, articolo 7.

E’ in contrasto con l’articolo 24, primo comma, della Costituzione ed è, quindi costituzionalmente illegittimo, l’articolo 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 che prevede quale condizioni per la messa in esecuzione dei provvedimento di rilascio dell’immobile locato a uso abitativo la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l’immobile è stato denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e che il reddito derivante dall’immobile medesimo E’ stato dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi.

Testo delle decisioni omissis punti 1), 2), 3).

4. Passando all’esame dei profilo di merito deve affermarsi la fondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Firenze

5. Il problema della compatibilit‡ tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non Ë nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed Ë stato risolto pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi dei tutto estranei alle finalità processuali. Mentre i primi, si Ë detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’e- sperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciÚ, la violazione dell’art. 24 Cost. (sentenza n. 113 dei 1963). Quel che si tratta allora di stabili- re, ai fini della soluzione dei presente dubbio di costituzionalità, Ë l’appartenenza dell’onere imposto al locatore, a pena di improcedibilità dell’azione esecutiva, all’una o all’altra delle categorie precedentemente individuate. Ed Ë indubbio che l’onere sud- detto, avendo ad oggetto la dimostrazione da parte dei locatore di aver assolto taluni obblighi fiscali (e precisamente la registrazione dei contratto di locazione dell’immobile, la denuncia dell’immobile locato ai fini dell’applicazione dell’ICI ed il pagamento della relativa imposta nell’anno precedente, la dichiarazione dei reddito dell’immobile locato ai fini dell’imposta sui redditi), sia imposto esclusivamente a fini di controllo fiscale e risulti, pertanto, privo di qualsivoglia connessione con il processo esecutivo e con gli interessi che lo stesso Ë diretto a realizzare. Sotto tale aspetto, occorre, infatti, rilevare che, mentre l’ICI È una imposta di carattere reale posta a carico di un soggetto – il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento – non sempre coincidente con il locatore esecutante, il quale agisce a tutela di un diritto di natura obbligatoria derivante dal contratto di locazione, l’imposta sui redditi si riferisce ad un diritto – quello relativo alla percezione dei canoni – che, seppur derivante dal medesimo contratto di locazione, Ë tuttavia ben distinto dal diritto alla restituzione dell’immobile locato, azionato nella esecuzione per rilascio, ed infine, la stessa registrazione dei contratto di locazione rappresenta un adempimento di carattere fiscale dei tutto estraneo alle esigenze di un processo diretto a porre in esecuzione un titolo giudiziale.

6. E’ del resto significativo che la norma impugnata si ponga in singolare dissonanza con la tendenza, presente in tutta la legislazione vigente, diretta ad eliminare, come recita l’art. 7, numero 7, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), ” ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Possono in proposito richiamarsi – come espressive di tale tendenza – dai commentatori ritenuta ispirata al principio di cui all’art. 24 Cost. – le disposizioni relative tanto alla normativa di bollo che a quella di registro che hanno abrogato tutte le precedenti norme preclusive alla produzione in giudizio di atti e documenti fiscalmente irregolari. E nello stesso indirizzo, si inserisce la disciplina dettata dal vigente testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni l‡ dove non estende a giudici ed arbitri il divieto di compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, in difetto di prova dell’avvenuta dichiarazione della successione, ma pone soltanto l’obbligo di comunicare all’ufficio dei registro competente le notizie; relative a trasferimenti per causa di morte, apprese in base agli atti dei processo.

7. Conclusivamente, va affermato che l’impedimento di carattere fiscale alla tutela giurisdizionale dei diritti, introdotto dalla norma denunciata, si pone in contrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione e comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma stessa.

Per questi motivi La Corte Costituzionale riuniti i giudizi,

a. dichiara l’illegittimità dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431(disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo);b. dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Nocera Inferiore con líordinanza in epigrafe.

Sentenza n. 4472 ñ Sez. III 28 marzo 2001
CORTE DI CASSAZIONE
Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria – Simulazione – Deduzione da parte dei conduttore svolgente azione per la ripetizione delle norme eccedenti l’equo canone -Onere probatorio – Oggetto. Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria -Rinnovazione tacita dei contratto – Compatibilità.

Qualora un contratto di locazione abitativo sia stato stipulato per uso transitorio, il conduttore che assuma la nullità ex art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, di tale clausola per inesistenza in concreto della dedotta natura transitoria delle esigenze abitative e chieda, pertanto, la ripetizione delle somme eccedenti l’equo canone, deve dimostrare che il locatore era a conoscenza delle sue reali esigenze abitative al momento della conclusione del contratto in base all’obiettiva situazione di fatto, non potendo rilevare contro il locatore nÈ le situazioni di fatto occultate dal conduttore, nÈ la sua riserva mentale di non accettare tale clausola. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79) (1).

Il contratto di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo per il soddisfacimento di esigenze transitorie non puÚ ritenersi incompatibile con l’istituto della rinnovazione tacita ex art. 1597 cc., se dalle circostanze di fatto non risulti, tra le parti, una volontà novativa rispetto all’originaria convenzione negoziale, con relativa modificazione della fattispecie legale tipica da locazione transitoria a locazione abitativa primaria. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1 L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26) (2).

(1) In senso conforme, v. Cass. 12 settembre 2000, n. 12019, in Arch. civ. 2001, 803; Cass. 13 gennaio 2000, n. 328, ivi 2000, 1282; Cass. 3 maggio 1999, n. .4377, ivi 2000, 376 e Cass. 29 aprile 1999, n. 4230, ivi 2000, 234.(2) Nello stesso senso, v. Cass. 7 luglio 1997, n. 6145, in questa Rivista 1997, 799.

Sentenza n. 4031 – Cass. civile, sez. III, 21/04/1998
Pres. Grossi M – Rel. Salluzzo V – P.M. Palmieri R (Con.) – De Vitis c. Leoni Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – morosita’ – Termine di grazia (art. 55 legge 27 luglio 1978 n. 392) – Ambito di applicazione – Locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Inclusione. In tema di concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti previsto dall’art. 55 della legge del 1978 n. 392, la mancanza di espresse limitazioni all’applicabilità di tale norma, nonchË di qualsivoglia incompatibilit‡ di ordine logico – concettuale tra la sanatoria della morosità, come da essa regolata, e le locazioni non abitative escludono una interpretazione riduttiva dell’isituto e comportano la sua applicabilità anche con riferimanto alla locazione d’immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, stipulato successivamente all’entrata in vigore della richiamata legge.

Sentenza n. 2477 – Cass. civile, sez. III, 06/3/1998
Pres. Iannotta A – Rel. Varrone M – P.M. Golia A (Conf.) – Di Giovanni c. Celani Locazione – durata della locazione – in genere – spirare del termine – Immobili adibiti ad abitazione – Mancato accordo per la determinazione del canone dopo la prima scadenza successiva alla legge sui cosiddetti patti in deroga – Rifiuto di trattativa – Configurabilità – Proroga legale biennale – OperativitÚ – Fondamento. La ratio dell’art. 11, comma secondo bis, della legge 8 agosto 1992 n. 359, Ë ravvisabile nella finalità di assicurare un graduale passaggio, per gli immobili ad uso abitativo, dal regime dell’equo canone a quello dei patti in deroga, inducendo il locatore a proporre un canone accettabile, e il conduttore a valutare che, in caso di mancata adesione, il contratto, scaduto il biennio di proroga legale, Ë risolto. Ne consegue che la mancanza dell’accordo sulla determinazione del canone, alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della legge, per l’applicabilità, automatica e d’ufficio – salvo volontà contraria del conduttore – della proroga biennale del contratto, sussiste sia nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo malgrado lo svolgimento di trattative con il locatore, sia nel caso di richiesta di questi di rilascio dell’immobile alla scadenza, con implicito rifiuto di qualsiasi trattativa.

Sentenza n. 2405 – Cass. civile, sez. III, 04/03/1998
Pres. Grossi M – Rel. Fancelli C – P.M. Carnevali A (Con.) – Siciliano c. Balduzzi Locazione (art. 36 l. 392/78) – opposizione del locatore – Cofigurabilità – “Beneficium excussionis” e corresponsabilità del cedente (art. 36 legge 392 del 1978) – Irrilevanza. E’ configurabile un grave motivo per l’opposizione del locatore alla cessione della locazione di un immobile, adibito ad uso diverso dall’abitazione, (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392) nell’insolvibilità del cessionario, presunta per i protesti di titoli cambiari emessi da una società in nome collettivo – a ristretta base sociale, di natura familiare – di cui egli Ë socio, perchË l’autonomia patrimoniale e il “beneficium excussionis” (art. 2304 cod. civ.) costituiscono soltanto un sottile diaframma in sede recuperatoria, mentre, la corresponsabilit‡ del cedente, non liberato, non esclude l’inaffidabilità del cessionario.

Sentenza n. 1717 – Cass. civile, sez. III, 18/02/1998
Pres. Longo GE – Rel. De Aloysio U – P.M. Nardi D (Con.) – Taumac Srl c. Azionaria Casermaggi soc Locazione – disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978 n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – disposizioni processuali – cotroversie relative alla determinazione, all’aggiornamento ed all’adeguamento del canone – morosita’ del conduttore – termine per il pagamento dei canoni scaduti (sanatoria) – Mancato integrale pagamento di canoni scaduti oltre interessi e spese nel termine concesso – Successiva udienza di rinvio – Emissione di ordinanza di convalida di sfratto – Legittimità – Nuova verifica della residua inadempienza – Necessit‡ – Esclusione. In tema di locazioni di immobili urbani, qualora il conduttore cui sia stato intimato lo sfratto per morosità nel pagamento del canone, ottenuta la concessione del termine di grazia previsto dagli artt. 5 e 55 legge 27 luglio 1978 n. 392, non provveda, nel ternime concesso, al pagamento integrale dei canoni scaduti con gli interessi e le spese processuali liquidate dal giudice in sede di concessione del termine, legittimamente viene emessa nella successiva udienza, alla quale la causa Ë stata rinviata, ordinanza di convalida di sfratto, senza necessità di una nuova verifica della residua inadempienza, trattandosi di termine perentorio, come risulta dall’ultimo comma dell’art. 55 citato.

Sentenza n. 269 – Cass. civile, sez. III, 14/01/1998
Pres. Iannotta A – Rel. De Aloysio U – P.M. Lugaro M (Con.) – Rolle ed altri c. Visca Locazione – disdetta – Successiva permanenza del conduttore e corresponsione del canone – Rinnovazione tacita del contratto – Esclusione – Occupazione di fatto – Sussistenza – Domanda di rilascio – Ammissibilità – Considerevolezza del lasso di tempo trascorso – Irrilevanza. Se il locatore ha comunicato al conduttore la disdetta (art. 1596 cod. civ.), anche se per un considerevole lasso di tempo – nella specie oltre quattro anni, in relazione ad un immobile adibito ad uso abitativo – non ha agito in giudizio per il rilascio, ed ha continuato a percepire i canoni di locazione, non perciÚ il contratto si Ë rinnovato (art. 1597, ultimo comma, cod. civ.), mancando una volontà contraria a quella manifestata, si che la permanenza del conduttore costituisce occupazione di fatto.

Cass. civ., Sez.III, 17/11/1997, n.11388
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori In tema di locazione di immobili, qualora un servizio condominiale (nella specie, servizio di pulizia) venga prestato in maniera inadeguata, il conduttore dell’appartamento sito nello stabile al quale detto servizio si riferisce puÚ eccepire nei confronti del proprietario – locatore la sua inadempienza e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.

Sentenza n. 9543 – Cass. civile, sez. III, 04/11/1996
Pres. Longo GE – Rel. Giuliano A – P.M. Gambardella V (Con.) – Danti e altri Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – in genere – Locazioni di immobili urbani – Canone convenzionale superiore a quello stabilito per legge – Deduzione da parte del conduttore – Autoriduzione – Inadempimento grave – Configurabilità – Condizioni. In tema di locazione di immobili urbani la cosiddetta autoriduzione del canone e cioË il suo pagamento in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita, in relazione alla dedotta esorbitanza di tale ultima misura rispetto all’importo inderogabilmente fissato dalla legge, costituisce un fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore. Tale autoriduzione integra un inadempimento grave secondo la valutazione fattane dal legislatore con l’art. 2 D.L. 30 dicembre 1988 n. 551 convertito in legge 21 febbraio 1989 n. 61, quando l’importo complessivo non pagato superi, anche se riferito agli oneri accessori, quello di due mensilità di affitto.

Cass. civ., Sez.III, 02/07/1991, n.7257
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori Ove il servizio di portierato non venga svolto dal relativo incaricato in maniera conforme alle prescrizioni e con la diligenza dovuta, il conduttore di un appartamento sito nell’edificio cui quel servizio si riferisce, può eccepire, nei confronti del proprietario locatore, la sua inadempienza in relazione a quel servizio e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.

Corte di Appello Civile di Milano sez. III 20/7/1999 n. 1974 Passo Carraio In tema di passo carraio, rientra tra gli oneri accessori gravanti sul conduttore il rimborso al proprietario, formale intestatario dellíaccesso, in quanto da questíultimo sborsato per la tassa di occupazione del suolo pubblico, strettamente collegata allíeffettivo pieno godimento della cosa locata.

http://www.federproprieta.it/index.php?section=sentenze&subsection=locazioni

LOCAZIONI

 

"Presa Diretta" dimentica l'altra metà degli 'ndranghetisti.

Oltre i clan, le faide ed il controllo dei territori in cui si insedia, la ‘ndrangheta è molto di più:

è controllo e direzione dei Palazzi del Potere.

L’intreccio tra criminalità e politica non è più uno scoop, tuttavia Presa diretta, trasmissione di approfondimento generalmente serio e attento, inspiegabilmente ci rappresenta ancora un sistema mafioso vecchio stampo, un sistema che è ancora contro lo Stato e non dentro lo Stato.

Per l’intera durata della trasmissione, si sta in attesa che sia denunciato il grado allarmante di infiltrazione della ‘ndrangheta nelle Istituzioni tutte. Invece, la morale del servizio trasmesso è che la forza della criminalità risiede unicamente nel vincolo parentale.

Non è solo una questione di tradizione di famiglie/clan, è una questione di intreccio inestricabile tra Potere mafioso e Potere istituzionale. Ed in questo risiede la vera forza di una associazione mafiosa, il carattere distintivo tra una banda di delinquenti senza remore ed un gruppo criminale capace di controllare l’intero territorio nazionale.

Il servizio non può che apparire riduttivo del fenomeno mafioso, a chi ha trascorso notti insonni per il terrore di pagare al più alto prezzo la ferma e incorruttibile opposizione alla concessione di appalti da parte di Enti statali ai clan della zona.

Sottacere l’altra metà della realtà mafiosa è poco rispettoso degli onesti cittadini, calabresi e non, che ogni giorno resistono, senza eroismi e senza far clamore, e non accettano di intraprendere il facile e promettente cammino suggerito dalla criminalità politicizzata o dalla politica corrotta.

Francesca Maria Angela Borgese

Nuovo stop da parte dei giudici tributari alle cartelle esattoriali

 

Nuovo stop da parte dei giudici tributari alle cartelle esattoriali spedite per posta e senza l’intermediazione di un agente notificatore.

Ciò è quanto emerge da alcune recenti sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce e della Commissione Tributaria Regionale di Milano (Sent. CTP di Lecce n. 436/02/10 e Sent. CTR di Milano n. 61/22/10), secondo le quali risulta addirittura “inesistente” la notifica della cartella inviata a mezzo posta direttamente dai dipendenti di Equitalia e senza l’ausilio dei soggetti puntualmente individuati dalla legge (art. 26, comma 1, DPR n. 602/73), ossia:

  1. gli Ufficiali della riscossione;
  2. gli Agenti della Polizia Municipale;
  3. i Messi Comunali, previa convenzione tra Comune e Concessionario;
  4. altri soggetti abilitati dal Concessionario nelle forme previste dalla legge.

D’altronde, secondo i giudici della Commissione Tributaria Regionale di Milano “Lo scopo della notifica dell’atto ha natura sostanziale e non processuale e viene raggiunto solo con la materiale e regolare notifica dell’atto nel domicilio fiscale o reale del contribuente…

Viene ritenuta, dunque, sempre fondamentale la compilazione della relata di notifica da parte dell’agente notificatore, anche in caso di notifica a mezzo posta.

Proprio in merito a ciò, i Giudici di Milano chiariscono che “La relata di notifica è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione … e non è integralmente surrogabile dall’attività dell’ufficiale postale, sicchè la sua mancanza … non può essere ritenuta una mera irregolarità”.

Infatti, continuano i Giudici “La mancata compilazione della relata determina … non la semplice nullità della notifica, bensì la giuridica inesistenza della stessa, patologia non sanabile in senso assoluto”.

La Commissione, infine, conclude rifiutando l’ipotesi del Concessionario di sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo (un po’ come dire, anche se la cartella è stata inviata illegittimamente alla fine tutto si è sanato), in quanto si chiarisce che ciò non vale per gli atti giuridicamente inesistenti – come in questo caso – ma al massimo per quelli nulli.

Alla luce di quanto illustrato, dunque, appare irrinunciabile per Equitalia il rispetto della seguente procedura per poter effettuare la notifica delle cartelle a mezzo posta:

A) l’Ufficiale della riscossione (o gli altri soggetti previsti dall’art. 26, comma 1, del DPR n. 602/73) riceve la cartella da Equitalia e compila la relata di notifica, indicando l’ufficio postale da cui parte l’atto e apponendo la propria firma;

B) l’Agente postale consegna la cartella ai legittimi destinatari (ossia ai soggetti indicati dall’art. 26, comma 2, DPR n. 602/73).

A sostegno di tale procedura è intervenuta recentemente anche la sezione V° della Commissione Tributaria Regionale di Milano (sent. n. 141 del 17/12/2009), la quale ha sostenuto che “laddove la legge (riferendosi esplicitamente all’art. 26 del DPR n. 602/73) parla di NOTIFICAZIONE di un atto, anche a mezzo posta, la legge stessa intende riferirsi ad una trasmissione dell’atto effettuata non direttamente, MA TRAMITE L’INTERMEDIAZIONE DI UN SOGGETTO ALL’UOPO SPECIFICAMENTE ABILITATO, che assume valore essenziale ai fini del riscontro o meno della fattispecie notificatoria, comportante l’essenzialità della relata di notificazione … Per contro, quando la legge abbia consentito che la trasmissione per posta avvenga senza il tramite di un soggetto abilitato, ha specificamente parlato di invio per posta dell’atto, direttamente fatto dall’autore dello stesso al suo destinatario, nel qual caso non vi è luogo a relata di notifica, come espressamente previsto dall’art. 16, comma 3 del D.lgs. n. 546/92 e dall’art. 14, parte prima, della legge n. 890/1982”.

Non resta dunque che attendere le prossime pronunce della Suprema Corte al riguardo.

 

da altalex.it

Commissione Tributaria Regionale

Lombardia – Milano

Sezione XXII

Sentenza 15 aprile 2010

 

 

ha emesso la seguente

 

 

SENTENZA

 

 

La società xxx srl in data 05.04.2007 veniva a conoscenza, a seguito di verifica presso gli uffici di Esatri Spa, dell’esistenza della cartella di pagamento n.xxx per un importo pari a E. 9.153,63 relativa ad iva anno 2003 comprensiva di sanzioni , non notificata alla stessa da parte dell’agente preposto alla riscossione per conto dell’Agenzia delle Entrate di Milano 4.

In data 16.04.07 la società contribuente depositava, presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ricorso contro la cartella esattoriale non notificata ed iscrizione a ruolo motivando che “….la cartella di pagamento essendo un atto di natura recettizia, al fine del perfezionamento della fattispecie costitutiva richiede l’essenzialità della sua notificazione…Come specificato dall’art. 148 c.p.c., applicabile anche in materia tributaria ex art. 26 ,comma 1, D.P.R. 602/1973, l’agente della notificazione certifica l’eseguita notificazione – mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alle copie dell’atto – Per le notificazioni a mezzo del servizio postale è applicabile l’art. 3 della legge 890 del1982 il quale dispone che “ L’ufficiale giudiziario ( o altro agente abilitato ex art. 26 D.P.R. 602/1973 ) scriva la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandata con avviso di ricevimento…il vizio di notificazione ridonda in vizio dell’atto e non è suscettibile di sanatoria alcuna, non potendo in ogni caso trovare applicazione gli art. 156 e seguenti c.p.c. che, secondo l’attuale insegnamento della S.C. di Cassazione, valgono solo per gli atti processuali e non riguardano quelli sostanziali, come la cartella di pagamento…”concludeva chiedendo di dichiarare illegittimi ed annullare sia l’iscrizione a ruolo che la cartella di pagamento impugnata .

In data 14/06/07 si costituiva, presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, L’Agente delle Entrate Ufficio di Milano 4 depositando atto di costituzione in giudizio ai sensi ex art. 23 D.Lgs. 546/92 con il quale contrastava l’eccezioni proposte dalla società contribuente e concludeva chiedendo in via preliminare dichiarare improponibile il ricorso per carenza di legittimazione passiva dell’Ufficio di Milano 4, e per l’effetto estromettere lo stesso dal giudizio. In via subordinata rigettare il ricorso perché infondato.

In data 27/02/08 si costituiva, presso la segreteria della Commissione Tributari Provinciale di Milano, Equitalia Esatri Spa depositando controdeduzioni ex art. 23 D.Lgs. 546/92 con il quale contrastava l’eccezioni proposte dalla società contribuente e concludeva chiedendo previo declaratoria di difetto di legittimazione passiva di Equitalia Esatri Spa in relazione alle attività riservate all’Ente impositore, rigettare il ricorso nei confronti di Equitalia Esatri Spa in quanto infondato.

In data 19/03/08 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione 26 con sezione 62 depositata in segreteria il 09/04/08 respingeva il ricorso e confermava le iscrizione a ruolo.

In data 26/05/09 la società contribuente depositava appello presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano con varie motivazioni, concludeva chiedendo l’annullamento e/o comunque riformare in toto la sentenza impugnata con ogni conseguente pronuncia e statuizione.

In data 27/07/09 L’ufficio depositava presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano controdeduzioni all’appello del contribuente chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

In data 17/03/10 l’Equitalia Esatri Spa depositava presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano controdeduzioni all’appello del contribuente chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

In data 02/04/10 la società contribuente depositava memorie illustrative presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano.

Il ricorso è stato trattato all’udienza pubblica del 15/04/10, sentito il relatore e il contribuente in persona del Dott. xxx il quale si riporta a quanto esposto negli atti e deposita giurisprudenza, il difensore dell’ufficio in persona della sua delegata a stare in giudizio Dott. xxx , la quale chiede il rigetto dell’appello e si oppone alla produzione di giurisprudenza da parte del contribuente.

Esaminati gli atti del giudizio, la controversia è stata trattenuta in decisione.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con i motivi d’appello il contribuente ha censurato l’oggetto della motivazione della sentenza impugnata chiedendo la riforma con l’accoglimento dell’appello proposto.

Nel merito, questo collegio, rileva che dalla comunicazione in atti depositata dalla Equitalia Esatri Spa, e precisamente dall’avviso di ricevimento postale risulta che in data 12.12.07 la raccomandata n. xxx 31-4 è stata consegnata al portiere il quale ha sottoscritto la ricevuta stessa con firma illeggibile. È evidente che essendo la cartella di pagamento un atto amministrativo unilaterale recettizio, per la sua efficacia deve essere portato a conoscenza del contribuente mediante notifica a termini del combinato disposto degli art.26, comma ultimo, D.P.R. 29 settembre 1973 n.602 e art. 60 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.

Lo scopo proprio della notifica della cartella di pagamento, non preceduta dalla notifica dell’avviso di accertamento, è quello di portare a conoscenza del contribuente che l’ufficio finanziario ha accertato nei suoi confronti un maggior credito di imposta di cui chiede il pagamento, e non quello di porre il contribuente nelle condizioni di ricorrere avverso tale accertamento, anche se ne costituisca un antecedente.

Lo scopo della notifica dell’atto ha natura sostanziale e non processuale e viene raggiunto solo con la materiale e regolare notifica dell’atto nel domicilio fiscale o reale del contribuente, in questo ultimo caso direttamente a mani del contribuente.

Ne consegue che l’atto amministrativo non notificato al domicilio risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta di pertinenza, va ritenuto giuridicamente inesistente con conseguente prescrizione del credito d’imposta e decadenza dal diritto di chiederne il pagamento al contribuente da parte dell’amministrazione finanziaria, in caso di scadenza dei termini di legge.

La proposizione del ricorso avverso tale atto non sana il vizio per raggiungimento dello scopo in quanto la sanatoria prevista dagli art. 156 ss, c.p.c. vale solo per gli atti processuali e non per quelli sostanziali come gli atti impugnabili nel processo tributario, tra i quali rientra la cartella di pagamento.

Nello specifico, la disciplina della riscossione delle imposte vigenti in epoca antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs 26/02/1999 n.46, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge (Cass. Civ. 27/07/2007 n. 16412).

La legge non consente all’Amministrazione finanziaria di scegliere se utilizzare indifferentemente la cartella di pagamento e l’avviso di mora, che operano su piani nettamente distinti, ma detta una precisa sequenza procedimentale, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella di pagamento (che in alcuni casi, come quelli previsti dagli articoli 36bis e 36ter del DPR 600/73, è essa stessa un atto impositivo) ed all’eventuale avviso di mora, e nel cui ambito il mancato rispetto della sequenza determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione che incidendo sulla progressione di atti stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria (Cass. Civ. SS UU n. 16412/2007).

Questo collegio ritiene che la relata di notifica è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione sia dai codici di rito che dalla normativa speciale e non è integralmente surrogabile dall’attività del’ufficiale postale, sicchè la sua mancanza, anche nella notificazione a mezzo del servizio postale, non può essere ritenuta una mera irregolarità, nella specie deve escludersi che la nullità della notificazione possa esser stata sanata dal tempestivo ricorso proposta dalla contribuente.

La mancata compilazione della relata in violazione dell’articolo 148 cpc, determina non la semplice nullità della notifica, bensì “la giuridica inesistenza” della stessa patologia, non sanabile in senso assoluto. La notifica oltre ad essere disciplinata dagli articoli 148 e 149 del cpc e dal principio base della notifica degli atti impositivi contenuto dalla lettera e) dell’art. 60del DPR 600/73 e anche disciplinata dalla legge n.890/82 per le “notificazioni di atti a mezzo posta” secondo la quale – art. 1 – l’Ufficiale giudiziario – agente notificatore – può avvalersi del servizio postale per la notificazione nel rispetto delle seguenti fasi:

– compilazione della relata di notifica dell’atto impositivo indicando l’ufficio postale da cui parte l’atto

– art.149 del c.p.c. e art. 3 della legge n. 890/1982, apposizione della propria sottoscrizione sulla relata di notifica

– art. 148 del c.p.c. inserimento dell’atto da notificare nella busta al cui esterno deve essere riportata anche la sua sottoscrizione

– art. 3 legge n. 890/1982 compilazione dell’avviso di ricevimento

– art. 2 della legge n. 890/1982 consegna della busta all’ufficio postale

L’obbligo di indicare, nella relata di notifica, gli elementi sopra indicati oltre ad essere sancito dall’art. 160 del c.p.c. è stato ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5305/1999, si è così espressa:

Qualora nell’originale dell’atto da notificare la relazione sia priva delle sottoscrizioni dell’ufficiale giudiziario, la notificazione deve ritenersi inesistente e non semplicemente nulla, non essendo configurabile una notifica in senso giuridico ove manca il requisito indefettibile per l’attestazione dell’attività compiuta”.

Tale situazione, come confermato dalla richiamata giurisprudenza della Cassazione, integra, a parere di questo Collegio, una condizione di inesistenza della notifica a fronte della quale non è richiamabile l’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 156 del c.p.c. solo per i casi di nullità con conseguente annullamento, in accoglimento dell’appello, della cartella impugnata.

In conclusione, il Collegio ritiene, meritevole di accoglimento l’appello della società contribuente

 

 

P.Q.M.

 

 

1) La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Milano in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie l’appello del contribuente, ammettendo la produzione documentale dello stesso.

2) Spese compensate.

 

Così deciso in Milano in data 15/04/2010

Il Relatore

Il Presidente

Cartelle esattoriali

 

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Inquinamento mitili del Golfo di Trieste

Inquinamento mitili del Golfo di Trieste: Greenaction Transnational si rivolge alla Commissione Europea. A rischio la salute dei consumatori europei.
In corso di presentazione esposti alle Procure di Torino e Bologna
Trieste 5 ottobre 2010 – L’intossicazione di centinaia di persone in tutta Italia a seguito del consumo di mitili provenienti dagli impianti del Golfo di Trieste avrà ora ulteriori sviluppi sul fronte giudiziario e su quello comunitario. L’associazione Greenaction Transnational aderente alla rete internazionale di Alpe Adria Green sta infatti interessando le Procure della Repubblica di Torino e di Bologna del pesante inquinamento del Golfo di Trieste e delle sue ripercussioni sui numerosi allevamenti di mitili. La presenza di numerose discariche costiere e gli scarichi a mare di rifiuti tossico nocivi protrattisi per anni hanno creato infatti condizioni di grave rischio anche per la salute pubblica con contaminazione diffusa dell’ecosistema marino. 
Il pericolo era emerso con tutta la sua evidenza nel caso di una discarica illecita –   coperta dalle amministrazioni pubbliche – realizzata al confine con la Slovenia (cosiddetta discarica Acquario) proprio davanti ad uno degli impianti di mitilicoltura ora oggetto delle indagini della Procura di Torino. Nella discarica erano stati scaricati senza alcuna barriera di contenimento fanghi industriali con abbondanza di mercurio, piombo e idrocarburi che avevano così investito l’allevamento di mitili posto a poche decine di metri. Nonostante l’accertamento da parte dell’autorità giudiziaria locale del grave livello di inquinamento nessuna misura di tutela della salute pubblica era stata adottata, e così i mitili al mercurio e idrocarburi sono potuti finire per anni sul mercato comunitario.
Greenaction Transnational, vista la situazione di estrema gravità, presenterà una denuncia alla Commissione Europea chiedendo urgentemente l’intervento della D.G. Ambiente e della D.G. Salute Pubblica e tutela dei consumatori (SANCO) anche al fine di accertare le responsabilità delle istituzioni italiane. 
Attualmente e sempre su denuncia di Greenaction è già in corso un procedimento di infrazione contro l’Italia per violazione delle direttive 91/271/CEE, 76/160/CEE per l’inquinamento del Golfo di Trieste prodotto dagli scarichi dei depuratori fognari malfunzionanti (inadeguato trattamento biologico delle acque reflue).
Allegati: l’articolo sul caso dei mitili inquinati uscito sul settimanale Il Tuono di Trieste e la deposizione dei periti della Procura della Repubblica di Trieste sulla contaminazione dei mitili di fronte alla discarica Acquario a Muggia e sulle conseguenze per la salute pubblica.
 

Segnalazione casi s.o.s. Avvocati

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