PRATO. PENE RIDICOLE E PROCEDIMENTI INSABBIATI PER I MAXI-EVASORI FISCALI E GLI IMMOBILIARISTI MASSONI

Contestata dall’Agenzia delle Entrate all’Immobiliare Agbi il mancato versamento di venti milioni di euro.  Procedimento tributario insabbiato e un solo anno di reclusione con pena sospesa e indultata.

Condanna veramente mite tenuto conto della gravità del reato di frode fiscale. In specie se paragonata alla pena che possono ricevere un giornalista e l’Editore che hanno il coraggio di pubblicare notizie che riguardano poteri occulti, società finanziarie, palazzinari, faccendieri massoni e magistrati che ne favoriscono le illecite attività.  

E’ questo il caso de Danilo Pieri, ex amministratore della Agbi e liquidatore dell’Immobiliare Montana, società controllata dal Gruppo finanziario Castelfalfi, proprietaria dello splendido omonimo borgo nel comune di Montaione, ceduto dal noto faccendiere milanese Virginio Battanta alla multinazionale tedesca Touristik Union International. Operazione quest’ultima stranamente non è entrata nelle carte del procedimento davanti alla Commissione tributaria o nel fascicolo della Procura con cui l’Erario avrebbe potuto ripianare il suo credito.

La colossale evasione fiscale al centro dei due distinti procedimenti uno tributario e l’altro penale a carico della Immobiliare pratese e del suo amministratore, indagato per frode fiscale, pare sia stata così conclusa, come riferito dal quotidiano il Tirreno.

L’Agenzia delle entrate aveva ipotizzato un’evasione di oltre 10 milioni di euro, che tenuto conto delle sanzioni e degli interessi supera i 20 milioni, per quanto è stato possibile ricostruire finora.

Nessuno parla volentieri di questa storia, riferiva già un paio di anni fa il cronista de Il Tirreno, “nonostante o forse proprio perché ci sono in ballo un bel po’ di soldi”, con cui si sa aggiungiamo noi si possono “ungere” molti ingranaggi.

Tutto ha origine dalla compravendita, a cavallo tra il 2003 e il 2004, di un immobile industriale per un valore di alcune decine di milioni di euro in provincia di Milano, di proprietà della società immobiliare pratese Agbi (Acquisto gestione beni immobili) con sede in via Tasso. Una società per azioni attiva da oltre sessant’anni che alla fine del 2002 si è trasformata in srl.

La società ora è amministrata da Pierluigi Leoni, succeduto a Danilo Pieri, condannato per frode fiscale. Un primo accertamento relativo all’Iva gli contestava il mancato pagamento di circa 5.400.000 euro. Un secondo accertamento relativo all’Ires ipotizzava un’evasione di altri 4.900.000 euro. Per quanto riguarda l’Iva, la società Agbi fingeva di aderire al pagamento e avrebbe versato circa 1.600.000 euro, dopo di che interrompeva i versamenti e con una tecnica collaudata faceva ricorso alla Commissione tributaria, confidando probabilmente nei soliti santi protettori.

Dell’esito dell’udienza, fissata davanti alla quinta commissione giudice Genovese non se ne è saputo più nulla.

Nel frattempo, sulle operazioni della Agbi ha messo una pietra tombale la Procura di Prato, che dopo aver aperto un fascicolo per frode fiscale nei confronti di Danilo Pieri, ha scandalosamente accolto la richiesta di patteggiamento a un anno di reclusione (pena ovviamente sospesa e indultata), anche se sembra che il giudice per le indagini preliminari non avesse ritenuto congrua la pena, preferendo attendere l’esito del procedimento avanti alla Commissione tributaria prima di chiudere il procedimento. 

 Pena in effetti sostanzialmente simbolica e scandalosa per una maxi evasione da oltre 20 milioni di euro!

Ma dell’esito del procedimento tributario non si è più saputo nulla, mentre è noto che l’Immobiliare Agbi ha influenti rapporti e interessi locali, risultando controllata dal commercialista pratese Marco Magni e dalla Fiduciaria del Giglio, che fa capo a otto soci (Valentina Vichi, Pasquale Petillo, Marco Alberti, Marco Mataloni, Nicola Rabaglietti, Riccardo Rosi, Vanna Razzolini e Laura Vichi).

Nata come S.p.A., la Agbi si è poi trasformata in s.r.l. con un capitale di soli centomila euro, ovviamente insufficiente a far fronte al conto presentato dal fisco per oltre 20 milioni di euro. Ciò mentre l’ex amministratore Danilo Pieri viene lasciato dalla Procura e dal Fisco libero di portare a termine indisturbatamente la liquidazione dell’Immobiliare Montana srl, società controllata dal Gruppo finanziario Castelfalfi, e proprietaria dell’omonimo borgo nel comune di Montaione, ceduto dal noto faccendiere milanese Virginio Battanta alla multinazionale tedesca Touristik Union International. Gioiello con cui ad un certo punto della complessa maxi truffa della pratese Agbi, sembrava che la cessione di Castelfalfi potesse in qualche modo contribuire a sanare il debito dell’immobiliare col fisco.

Ma in realtà la tenuta dove è stato girato anche il “Pinocchio” di Benigni per qualche miracolo non è entrata nelle carte del procedimento davanti alla Commissione tributaria e nel fascicolo della Procura.

E mentre Danilo Pieri è uscito con una condanna simbolica c’è da chiedersi come farà l’erario a recuperare i soldi che mancano all’appello e se il Tribunale di Prato sarà così mite anche per i giornalisti come noi accusati di diffamazione o calunnia?

Niki Aprile Gatti. Noi non l'abbiamo archiviato!

” …quando morirò,
seppellitemi in piedi,
perchè stò trascorrendo una vita in ginocchio …..”
Ti Amo Niki
Mamma

Sono queste le prime parole che compaiono accedendo alla pagina di facebook di Ornella, poche ma chiare nel loro significato di dolore ed amarezza. Certamente non sono sufficienti per comprendere la storia di questa donna e del suo Niki ed allora proseguo nella mia ricerca, spingo il cursore verso il basso, apro finestre, guardo foto, ascolto alcuni dei video presenti tra i suoi link. Poesie, citazioni tratte da film, libri e canzoni si moltiplicano, così come le frasi quotidianamente scritte da Ornella ed i commenti delle persone che lei ha accettato tra i suoi amici. Più di 2.600 per ora. Non sono tutte persone che la conoscono direttamente. Neanche io l’ho mai incontrata personalmente, ma ciò nonostante le ho inviato la mia richiesta per entrare tra i suoi contatti.

La pagina di Ornella su facebook è un diario, un diario non intimo e personale, è un diario che tutti possono leggere e che tutti possono arricchire, un mezzo con cui esternare pubblicamente i propri pensieri. Un profilo di facebook apparentemente come tanti, che si inserisce nella routine delle moderne tecnologie comunicative generate dai social network. Ogni mezzo viene plasmato dalle mani dalle mani di chi lo usa, e la pagina interattiva di Ornella ha un valore aggiunto, è la sua arma per informare e lottare contro il silenzio omertoso di chi sa e tace, evitando che con l’archiviazione del caso cada il sipario sulla oscura morte in carcere di suo figlio.

Tutto ciò che lei digita quotidianamente è rivolto al suo amore più prezioso, non passa giorno che lei non scriva qualcosa da dedicare a Niki, un grazie, un mi manchi o un ti voglio bene. Madre fiera ed orgogliosa, madre afflitta ed inconsolabile, madre affettuosa e tenera, madre arrabbiata e indignata, madre tenace e combattiva. Sono queste le sfumature di una Ornella che non è in ginocchio come afferma nella sua frase iniziale, ma che quotidianamente lotta con le armi della parola per un solo semplice obbiettivo:  ORNELLA VUOLE GIUSTIZIA!

È questo il motivo che unisce più di 2.600 persone ed alimenta la lotta del Comitato Verità e Giustizia per Niki.

L’informatica, uno strano filo che unisce i destini di madre e figlio, perché se oggi Ornella ne ha fatto uno strumento per trasmettere la sua storia, per suo figlio Niki era la più grande passione. Studiava Ingegneria informatica ed era bravissimo nel creare siti, ma proprio questa sua passione gli ha rubato la vita. Già! Come ogni ragazzo di 26 anni, costruiva e progettava il suo futuro e posso immaginare l’emozione e la frenesia che avrà provato nel momento in cui fu contattato da un’importante azienda telefonica di San Marino per riferirgli che sarebbe stato assunto come programmatore. I termini del contratto erano allettanti e Niki non ci pensa molto, lascia Avezzano per trasferirsi nei pressi di San Marino ed incominciare la sua nuova avventura.

La carriera sembra decollare rapidamente. In breve tempo accetta di diventare socio di minoranza ed amministratore della Oscorp S.p.A.  (una società che risulterà poi coinvolta nell’inchiesta sul riclicaggio insieme ad altre compagnie telefoniche tra cui Orange, OT&T e TMS e Fly Net, piu’ altre Società con sede a Londra). 

Come coetanea di Niki ho la presunzione di conoscere quel meccanismo che ti si accende dentro quando tutto sembra andare per il meglio, credendo in buona fede di avere finalmente trovato la tua strada. Hai la sensazione di essere invincibile e di poter sostenere ogni tipo di responsabilità, perdendo quella dose di necessaria lucidità e diffidenza per valutare anche i rischi di certe scelte. Niki forse ha provato tutte queste sensazioni. Difficile capire, invece, la sua reazione quando il 19 giugno del 2008 si vede notificare un ordine di arresto. Improvvisamente tutto assume una forma diversa, appare un ben diverso scenario: quello dei grandi intrighi internazionali. Colpo di scena si potrebbe dire, almeno per me. Niki risulta coinvolto in una storia molto più grande di lui, inimmaginabile. La Oscorp, la società che aveva investito sulle sue potenzialità e che tanta “fiducia” aveva saputo infondergli, non era altro che un’azienda manovrata dai grandi gruppi della telefonia. 

C’è l’ombra della n’drangheta e della Telecom.

La compagine societaria viene implicata, infatti, nell’inchiesta che oggi tutti conosciamo con il nome di “Premium”. Quella delle compagnie che hanno truffato milioni di utenti, invogliandoli ingannevolmente a connettersi a numeri a pagamento (899), lucrando cifre da capogiro; un solo minuto di telefonata costava all’ignaro cliente circa € 12,50.

Le indagini incalzano, cadono le prime teste, 18 persone della Oscorp vengono arrestate. Niki è una di queste. Fin qui tutto è apparentemente normale. Essendone l’amministratore potevano gravare su di lui delle eventuali responsabilità penali da accertare.

Ma perché solo lui finisce nel carcere di massima sicurezza di Solicciano nonostante fosse incensurato e indagato del solo reato di frode informatica? Perché tutti gli altri coindagati vengono, invece, posti agli arresti nel più tranquillo carcere di Rimini?

Niki collabora sin dal primo momento, parla con gli inquirenti, non si avvale della facoltà di non rispondere, come faranno tutti gli altri. Il risultato? A Niki viene confermata la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri 17 ottengono gli arresti domiciliari. Una giustizia alla rovescia. I conti non tornano, come tante altre cose: soprattutto il mancato sequestro dell’abitazione e dei pc usati da Niki, con i quali sarebbero stati commessi gli ipotizzati reati, così come inspiegabile è la repentina sostituzione del difensore a cui Niki sarebbe stato spinto da un telegramma inviatogli mentre si trovava in isolamento, dopo due giorni di carcere.

La mattina del 24 giugno accade l’inaspettato: il corpo di Niki viene trovato senza vita nel bagno della sua cella.

“Suicidio, perché non ha retto alla vita del carcere.” Facile dirlo, molto più difficile crederci.

Si sarebbe suicidato legandosi al collo “un solo” laccio delle scarpe (che peraltro non avrebbe potuto detenere in un carcere), oltre ad un paio di jeans. Sorge spontaneo chiedersi se davvero questa specie di corda artigianale possa essere stata sufficiente a sorreggere un corpo di ben 92 kg e 185 cm di altezza.

L’autopsia ha decretato che la morte è sopraggiunta intorno alle 10, durante l’ora d’aria, ma un agente di polizia penitenziaria ha testimoniato di aver scambiato due chiacchere con un “tranquillo” Niki proprio in quella medesima ora. Che Niki fosse tranquillo o comunque non in preda ad agitazioni particolari che potessero destare sospetti, viene confermato da più persone (anche dallo psicologo del carcere).  Se l’orario del decesso è quello, perché il 118 viene avvertito solo alle 11.18? Ulteriore quesito da porsi a cui ne seguono altri, tra cui la mancata sorveglianza a vista durante l’ora d’aria, come previsto dai regimi delle carceri di massima sicurezza. Perché tante gravi incongruenze? Oltretutto, nei 5 giorni di detenzione, nessuno della sua famiglia ha potuto parlare con lui, non ci sono tracce, infatti, della classica telefonata di rito concessa hai detenuti, mentre è con una semplice frase biascicata da una cornetta, che viene riferito ad Ornella che suo figlio è morto. Le autorità non bussano alle sua porta, non ci sono psicologi capaci di sorreggerla quando le cade il mondo addosso. L’ultima anomalia riguarda l’appartamento che Niki aveva affittato nei pressi di San Marino, rinvenuto dai familiari dopo 20 giorni dalla sua morte, completamente svuotato. Le frettolose indagini su questo furto non hanno portato a nessun rilevante risultato, alimentando la scia dei dubbi e delle perplessità su questo “ipotetico” suicidio.

Sono passati più di due anni da quel 24 giugno 2008, due anni terribili per Ornella, ma la morte di Niki è stata archiviata. Non per mamma Ornella, non per il Comitato che reclama giustizia per Niki e neanche per noi. 

Per approfondimenti consiglio la lettura del libro “Gli Impiccati” di Luca Cardinali, in cui vengono trattati diversi casi di morti sospette avvenute nelle carceri italiane, compresa la storia di Niki.

http://nikiaprilegatti.blogspot.com/è il blog creato dalla signora Ornella per ricordare Niki, che ringraziamo per la collaborazione, sperando di incentivare la pubblica opinione a sostenerla nella sua lotta.

Carmen Iebba

LA SCHEDA (a cura dell’Avv. Paolo Franceschetti) 

Analisi che la madre giudica quanto mai attuale e veritiera anche per i fatti che si sono succeduti e per l’Immobilità delle Istituzioni …, la mancanza di Verità e Giustizia che continuano a persistere…

La vicenda

19 giugno 2008 la signora Ornella Gemini viene a sapere che suo figlio, Niki Aprile Gatti, è stato arrestato.

Niki è un ragazzo di 26 anni, esperto di informatica presso una società di cui è anche socio minoritario. Abita a San Marino, dove ha sede la società in cui lavora.La mattina del 19 giugno Niki viene avvisato dalla madre di uno dei soci, che la sera precedente era stato arrestato il figlio; la donna gli chiede se può recarsi a Cattolica dall’avvocato Marcolini, il legale aziendale.Niki va a colloquio dall’avvocato e, quando esce, viene arrestato.
Viene arrestato il 19 giugno con l’accusa di “frode informatica”.
Ricordiamoci questa accusa, perché sarà importante nel prosieguo.
Viene tradotto nel supercarcere di Sollicciano, mentre altri due arrestati verranno portati nel carcere di Rimini, che sarebbe la sede più naturale.
Mamma Ornella contatta l’avvocato aziendale, che le dice che Niki è in isolamento per qualche giorno, quindi è inutile cercare di contattarlo. Inizia anche una serie di telefonate e pressioni varie per convincere la signora Ornella a cambiare avvocato.
Ma lei insiste. Vuole l’avvocato Marcolini che, essendo il legale aziendale, conosce meglio di ogni altro le vicende societarie.
Il 20 giugno però, alle 20,58 viene spedito a Niki un telegramma: devi nominare l’avvocato X. Il telegramma viene spedito dalla casa di Niki stesso, che in teoria avrebbe dovuto essere sotto sequestro.
Niki non sa che la madre è contraria. Come potrebbe saperlo se non si sentono da giorni? E di fronte ad un invito così perentorio Niki esegue. Il giorno dell’udienza, il 23 giugno, Ornella viene a sapere che suo figlio ha cambiato avvocato.
La signora torna a casa senza aver potuto vedere suo figlio.Il 24 giugno alle ore 13,15, arriva una telefonata sul cellulare della signora: “E’ il carcere di Sollicciano, suo figlio si è suicidato”
Senza seguire le normali procedure (le quali prevedono che la direzione del carcere avvisi la polizia, la quale si deve recare dai parenti insieme ad uno psicologo) qualcuno ha telefonato direttamente al cellulare della signora.
Il 19 luglio il marito della signora Ornella si reca a San Marino per sistemare le questioni relative all’appartamento che Niki aveva in affitto.
E… sorpresa… l’appartamento è stato completamente ripulito.
Non ci sono più neanche i mobili. Tutto sparito: Pc del ragazzo, vestiti, lettere, tutto…Ma veniamo al suicidio.
Niki si sarebbe impiccato con il laccio di una scarpa e un paio di jeans, appendendosi alla finestra del bagno, senza l’altezza necessaria. Una tecnica possibile da attuare in linea teorica, ma quasi impossibile da realizzare nella pratica, perché – ammesso e non concesso che il laccio non si spezzi, e ammesso e non concesso che il laccio sia lungo abbastanza da poterci costruire un cappio – si muore dopo tanto tempo, e con sofferenze atroci, il che fa sì che l’istinto di sopravvivenza porti il potenziale suicida a desistere prima di terminare l’operazione.
E’ la stessa tecnica dei suicidi con le buste di plastica. Impossibili da realizzare nella pratica, anche se in teoria sono fattibili. Questo perché l’istinto di sopravvivenza, nella fase della mancanza di ossigeno, prevale sulla volontà di morte e in genere la persona tende a liberarsi sentendo il senso di soffocamento.
Quindi il 99 per cento dei suicidi con le cosiddette buste di plastica sono in realtà omicidi.
Dopo due giorni, il funerale. Il figlio non lascia neanche una lettera alla madre. Si sarebbe suicidato così. Senza un motivo. Appena 4 giorni di carcere, in pratica, avrebbero piegato la volontà di Niki fino a farlo decidere di togliersi la vita. Inoltre il ragazzo, a quanto dicono alcuni testimoni, era tranquillo, con la coscienza pulita, non aveva motivo di decidere per una fine così tragica.Il Pm archivierà tutto come suicidio. Non terrà conto quindi delle tante, troppe stranezze di questa vicenda. Dal verbale risulta che un agente aveva parlato con il ragazzo alle 10. Ma l’ora della morte è fissata proprio alle dieci. Una contraddizione insanabile.I due compagni di cella di Niki non riescono a ricostruire l’accaduto in maniera credibile perché le due versioni dei fatti sono discordanti.Manca l’esame tossicologico sulle cause della morte.Eppure tutto questo, non è sufficiente per fare indagini ulteriori e tutto viene archiviato.
La signora fa opposizione all’archiviazione ma… sorpresa… l’opposizione all’archiviazione si perde… Per fortuna il legale ne conserva una copia e la deposita nuovamente.
Approfondendo la questione vengono alla luce altre anomalie.
Verranno arrestate altre 17 persone in questa inchiesta. Niki era l’unico che aveva dichiarato al magistrato di voler collaborare. Sarà l’unico a suicidarsi. Gli altri, che si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, verranno tutti liberati in poco tempo.
Strano destino no? Le persone che hanno tenuto la bocca chiusa, sono state liberate.
L’unico che voleva parlare, ha avuto la bocca chiusa per sempre.
Strano destino che ricorda un po’ la legge del contrappasso…
Nei giorni successivi Ornella chiede la documentazione relativa alla posizione del figlio alle società per le quali il figlio lavorava. Ma non riceve alcuna risposta.
O meglio. Riceve una risposta nel tipico linguaggio di noi legali quando vogliamo prendere tempo: “La società Sofisa (NB. Il nome ricorda Sofia, la sapienza…) nel rispetto della legge Sanmarinese fornirà in futuro tutte le informazioni che le verranno richieste”.Ma la signora, ad oggi, non ha ancora ricevuto niente.Da legale decido di fare un controllo. Vediamo cosa dice la legge sammarinese al riguardo… faccio una ricerca e mi trovo alla voce “società” 152 documenti in ordine sparso solo sul diritto societario. Migliaia di pagine cioè.
Poi dovrei controllare le sanzioni civili e penali per gli inadempienti, ecc…Inoltre scopro che non esiste un vero e proprio codice perché a San Marino si applica “il diritto comune”… che è una espressione tecnica per dire, in linguaggio giuridico, che non esiste una legge specifica, non esiste un codice cioè, ma esistono una miriade di leggi caotiche che si applicano non sai bene come.
Quanto basta per far desistere chiunque a meno che non sia un legale e che non abbia a sua disposizione un intero periodo di ferie…Ma da avvocato oramai non mi stupisco più perché so che la legge è fatta per fregare il cittadino, non per tutelarlo. Il potente non ha bisogno di conoscere la legge perché ha la certezza che qualunque essa sia, comunque non verrà applicata. Il cittadino comune, invece, se vuole conoscere un suo diritto (un diritto teorico, perché poi è tutto da vedere se sia possibile chiederne l’applicazione pratica) deve sborsare migliaia di euro.
Le stranezze.
– Molte sono le cose che non quadrano in questa vicenda.
Anzitutto in isolamento non si può ricevere alcun telegramma.
Come gli è stato recapitato? E da chi?Assurdo poi che sia stato mandato dalla casa di Niki… solo i servizi segreti possono fare questo e ottenere questo.
Provate voi, cittadini qualunque, a mandare un fax dalla casa di un arrestato, e vedete che vi succede.
Assurda anche la telefonata dal carcere sul cellulare della signora, in barba a tutte le procedure. Ma è chiara la tecnica e anche il fine di questa telefonata. Aumentare il dolore della signora, farla impazzire dal dispiacere affinché lei non capisca la verità e abbia ancora meno forza per combattere.
Assurda un’archiviazione senza preventivo esame tossicologico.
Assurdo l’ostruzionismo alla richiesta della signora di avere i documenti relativi alla posizione societaria di suo figlio.Assurdo che uno venga mandato in un carcere speciale, di massima sicurezza, quando è tratto in arresto per un reato di minima gravità. Frode informatica!!!
Ci sono persone che stuprano, che uccidono, che rubano miliardi, e che sono in giro libere. Ma per una “frode informatica” c’è bisogno di un carcere di massima sicurezza!Assurdo che un ragazzo si suicidi con il laccio di una scarpa..In uno stato di diritto serio, in cui il diritto veramente fosse uguale per tutti, si metterebbero innanzitutto sotto inchiesta i periti e il PM.Poi si procederebbe con le indagini facendo l’analisi tossicologica, andando a vedere che ruoli aveva Niki nella società, e in tal modo si risalirebbe ai mandanti con una facilità tale che, probabilmente, la cosa sarebbe alla portata anche di un dodicenne con un basso quoziente intellettivo.Nel nostro stato, invece, ci sarà sempre un muro di gomma. Lo stesso muro di gomma che c’è stato per tutte le persone uccise nei decenni precedenti.
Conclusioni
Cara Ornella, come promesso le ho scritto l’articolo.Aveva torto l’avvocato cui lei si rivolse.
Non abbiamo bisogno di prove, per dimostrare l’omicidio.
Non abbiamo bisogno di prove e moventi. E neanche di mandanti.Le prove ci sono tutte. Quando attorno ad una vicenda si muove un casino infernale, come ho scritto varie volte, quando le istituzioni fanno muro, quando compaiono personaggi iscritti in massoneria da destra e da sinistra, si può star sicuri che l’evento non è una morte accidentale, per il semplice motivo che altrimenti tutti si prodigherebbero per fare il massimo affinché lei possa arrivare all’accertamento della verità.Quando invece tutti remano contro, allora vuol dire che la morte è un caso di omicidio e non di suicidio.I moventi sono chiari e li ha scritti lei sul suo blog. Suo figlio era l’unico che voleva collaborare, dei 18 arrestati. E collaborare con la giustizia, nel nostro paese, non è permesso. Chi collabora veramente muore. E in genere muore prima ancora di poter arrivare a dire qualsiasi cosa o a fare qualsiasi cosa.Abbiamo anche i mandanti.I mandanti sono facilmente individuabili, perchè sono tutte le persone che sono coinvolte nella vicenda di suo figlio. Tutte le persone che in qualche modo hanno depistato, sviato, inquinato, impedito… Per il nostro codice penale, signora, all’articolo 110, le persone che concorrono in un reato a qualsiasi titolo sono punite tutte allo stesso modo. Istigatori, mandanti ed esecutori, hanno più o meno la stessa pena.Il mandante, signora Ornella, è il sistema stesso. Talvolta non c’è un ordine di esecuzione che parte dall’alto, da una persona determinata, come si vede nei film. E’ il sistema che decreta la tua morte, col consenso di tutti quelli che ne fanno parte e che lo accettano supinamente o attivamente. Persone come Rino Gaetano, come Tobagi, come Pecorelli, le persone uccise in questi decenni nei centri sociali, Lucio Yassa, Betty Altomare, non avevano un nemico preciso, individuato…Erano scomodi al sistema, e il sistema impone l’eliminazione degli elementi sgraditi.Quindi l’ordine di esecuzione per suo figlio, sarà stato dato da una pluralità di persone d’accordo tra loro, perché la sua scomparsa fa parte di un sistema di regole codificato da secoli. Suo figlio aveva deciso di parlare, e questo, per chi lavora in una società che fa affari illeciti in un paradiso fiscale come San Marino, è uguale alla morte.Lei signora è una delle prime, a quanto mi risulta, che non solo ha capito subito la verità, ma anche che la sta cercando con vigore.Allora signora, so che questo non la consolerà. Ma noi buddisti crediamo che ogni anima si incarni in un corpo e in una vita determinata per un compito preciso. Quello di suo figlio era di scomparire in questo modo.E quello suo è quello di far conoscere la verità a più gente possibile perché, come ha detto anche lei, solo la verità rende liberi, e forse un giorno, fra decenni, liberi lo saremmo veramente, col contributo di tutti noi. Per aiutare tutte le madri nella sua condizione e tutte le persone morte inconsapevolmente per un motivo che neanche conoscevano o intuivano, all’epoca.Affinchè questa strage di innocenti finisca un giorno, probabilmente quando noi non ci saremo più.
Previsioni per il futuro
Cara signora, non so se lo sa, ma leggevo i tarocchi fin dall’età di quindici anni.Ora che sono grande non ho bisogno dei tarocchi per sapere quello che le succederà.Glielo dico in anticipo, affinché lei si possa cautelare in tempo. Ripetendole alcune cose che le ho detto quando ci siamo incontrati al mio studio.Spesso le spariranno dei fascicoli in tribunale.Le sue domande spesso, anche se non sempre, rimarranno senza risposta.
Se i media nazionali la ascolteranno e la faranno parlare, ometteranno proprio le cose più importanti, e cioè: in che società era suo figlio? Di cosa si occupava la società? Chi erano i suoi colleghi e in che rapporti erano con le inchieste di De Magistris?
Queste cose, i media nazionali non lo diranno mai, e in ogni trasmissione o intervista in cui lei comparirà verrà sempre insinuato il dubbio che lei sia una visionaria che non accetta la morte di suo figlio.
Quando sarà vicina alla verità o quando avrà qualcosa di importante da divulgare, sarà il momento che non la faranno parlare.Faranno di tutto per allontanarle la gente vicina e forse la riempiranno di querele e procedimenti giudiziari affinché lei passi tutto il tempo a difendersi e non abbia tempo di fare altro.
Perdere i documenti in tribunale, archiviare con motivazioni fantastiche, ecc… è una delle loro tecniche per sfinire psicologicamente una persona.Cercheranno di avvicinarle persone che carpiranno la sua buona fede aiutandola molto, entrando magari nel cerchio delle persone di sua fiducia per poi tradirla dopo mesi o anni di aiuto.
Faranno di tutto per creare situazioni in cui far litigare lei e suo marito, o lei e le sue amiche, o per dividere il comitato costituito per suo figlio.
Le dico quel che deve fare per evitare al minimo i guai.
Il nostro sistema giudiziario è un colabrodo fatto per proteggere i delinquenti. Quindi rivoltiamo il sistema contro chi il sistema l’ha creato.Dal punto di vista giudiziario è sufficiente non avere beni e non avere intestato nulla, così potrà evitare di perdere tempo in giudizi defatiganti, in quanto le eventuali cause civili contro di lei si risolveranno in un nulla di fatto.Dal punto di vista penale non tema querele o altro. Per reati di diffamazione nessuno va in galera fino a condanna definitiva, e con i tempi della nostra giustizia e un bravo legale lei farà andare tutto in prescrizione. Quindi dica la verità senza paura. Al massimo, se subirà la condanna, ciò avverrà fra parecchi anni, quindi stia tranquilla e consideri gli eventuali atti giudiziari per quello che in realtà sono: dei pezzi di carta, che non hanno il potere di modificare la nostra vita reale, se noi non gli diamo questo potere.Se poi per disavventura finirà in galera, basta che impari delle tecniche di meditazione, si può stare fermi anche una giornata senza soffrire l’isolamento e con le leggi che abbiamo in genere si sta fuori dopo pochi giorni.Queste cose valgono tanto per lei quanto per suo marito, perché cercheranno di colpire lui per potervi dividere e renderla più debole.Dei depistaggi, delle persone che verranno a creare confusione, non si preoccupi. Prima o poi queste persone si tradiscono, e chi è in buona fede le scopre. Magari ci mette anni, come è capitato a noi, ma vengono sempre scoperte.Se non darà importanza al denaro, non sarà col denaro che potranno colpirla.Se non darà importanza alla sua “reputazione” facendola dipendere da un certificato penale che nel nostro stato ormai è solo carta straccia, non sarà con i processi penali che riusciranno a colpirla.Se non darà importanza alla sua vita, perché la considererà importante quanto la vita di suo figlio, quanto la vita delle persone che la circondano, e di tutte le persone che verranno dopo di lei, e se capirà che tutto ciò che fa è indirizzato a tutte le persone che dovranno ancora morire, quelle che sono morte, che sono state diffamate, infangate, dimenticate, e lo saranno in futuro, allora non sarà con la paura di morire che la fermeranno.Se poi lascerà che l’amore di suo figlio la guidi sopra ogni altra cosa e insieme con esso la guidi l’amore per la verità, di suo figlio e di tutte le altre persone nella sua situazione, allora non la potrà fermare nessuno.Se tiene presente che quello che è successo a lei, è successo a centinaia di persone in passato e succederà ancora, se tiene presente che quello che lei fa oggi per suo figlio, lo fa anche per tutte le persone che verranno uccise in futuro, allora sappia che se lei vincerà, lo avrà fatto anche per tutte le persone che verranno in futuro dopo suo figlio. E allora la morte di suo figlio avrà un senso, e verrà un giorno, fra molti e molti anni, in cui oltre al dolore immenso per la scomparsa di Niki, proverà l’orgoglio di sapere che la morte di suo figlio è servita a tante persone, in Italia.Vada avanti. Per quello che potrò, cercherò di starle vicino.
Con affetto.
Paolo Franceschetti (Avvocato)

Immigration is not a crime.

Da Brescia a Milano, migranti «sospesi» per la regolarizzazione

Ieri Brescia, oggi Milano, domani in tutta Italia», cantano e sperano gli immigrati raccolti sotto la ciminiera di via Imbonati, a pochi passi da piazzale Maciachini, periferia Nord di Milano densamente abitata da stranieri. Sopra i loro occhi, a circa quaranta metri d’altezza sette ragazzi protestano da due giorni: chiedono una «sanatoria per tutti», perché «immigration is not a crime», spiega uno striscione pendente dall’ex camino industriale della farmaceutica «Carlo Erba».

Dopo Brescia, anche a Milano i migranti manifestano per ottenere la regolarizzazione. Sospesi, sulla ciminiera, ci sono cinque egiziani, un argentino e un marocchino, tutti sotto i quarant’anni. Sul piazzale un gazebo, due tende e un centinaio di persone a dargli sostegno. Fa freddo, soprattutto di notte, ma loro dicono di voler andare avanti fino a quando non avranno dal governo le risposte che aspettano. A mediare è la prefettura. Le richiesta sono sei, dice Najat Tantaoui, combattiva portavoce del Comitato Immigrati in Italia, presidente dell’associazione Dialogo, titolare di una cartoleria e mamma di quattro bambini «nati in Italia e che si sentono italiani, cosa di cui sono fiera». Sei richieste, dicevamo. Innanzitutto un passo indietro rispetto alla «sanatoria truffa del 2009», quella che permetteva di mettere in regola colf e badanti. Continua Najat: «Molti di noi da lavoratori hanno cominciato a pagare i contributi Inps ma aspettano ancora la regolarizzazione. Tanti altri invece hanno denunciato i datori di lavoro che chiedono di essere pagati per avviare le pratiche». Una sorta di pizzo sui documenti. Ma non ci sono solo colf e badanti. C’è la richiesta del diritto di voto per chi è residente da almeno cinque anni. Il diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia. Il prolungamento dei termini di scadenza del permesso di soggiorno quando si perde il lavoro. Riprende Najat: «Quelli che hanno perso il posto per via della crisi hanno solo sei mesi per trovare un’altra occupazione. Scaduto il permesso devono andare via. Noi chiediamo un proroga di due anni». Infine «il riconoscimento dei rifugiati politici come esseri umani».

Migliaia a Brescia
Rivendicazioni simili a quelle avanzate dai cinque stranieri di Brescia che da più di una settimana si trovano su una gru nel cantiere della metropolitana di piazzale Cesare Battisti, in centro città. Sono saliti a 35 metri d’altezza dopo lo sgombero di un loro presidio e gli scontri con le forze dell’ordine. Dopo il «no» del prefetto alla richiesta di permesso di soggiorno, con loro ieri alcune migliaia di persone hanno manifestato con un corteo. Nella folla c’era anche un gruppo di genitori di Adro, il comune famoso per la scuola in cui sono stati collocati circa 700 simboli del sole delle Alpi. La giornata di proteste migranti ha fatto registrare anche una manifestazione a Sassari, dove qualche giorno fa due stranieri sono stati aggrediti. Circa duecento persone hanno sfilato dietro lo striscione «No violenza, no razzismo».

7 novembre 2010

di Giuseppe Vespo

da www.unita.it

QUESTORE INTIMA SFRATTO ULTRAOTTANTENNI NOSOCOMIO TINCHI

Dopo oltre 130 giorni di occupazione del tetto del nosocomio di Tinchi sembra che gli eventi stiano precitando senza alcuno scampo per i degenti tra cui alcuni vecchi partigiani bisognosi di cure da parte della struttura.

Il Questore ha infatti notificato un’ingiunzione di sgombero come denunciato da alcune associazioni locali e dal professor Pietro Tamburrano, uno dei manifestanti che hanno deciso questa forma estrema di protesta per chiedere un futuro certo per l’ospedale di Tinchi, documentando lo sperpero di denaro pubblico nel nosocomio pisticcese.

Ecco l’appello dei Comitati civici.

Siamo asserragliati dal 1° luglio 2010 sul tetto più alto dell’Ospedale di Tinchi, fiore all’occhiello della sanità pubblica in provincia di Matera, chiuso dopo ristrutturazioni milionarie per essere ceduto a una fondazione privata.

Il Questore di Matera ci sta notificando, dopo 130 giorni e notti di presidio ininterrotto, un’ingiunzione di sgombero tanto arbitraria quanto illegittima.

Temiamo da un momento all’altro un blitz delle forze di polizia.

Siamo fortemente allarmati soprattutto per l’incolumità dei tanti vecchietti, fra cui alcuni ex-partigiani ultraottantenni, che presidiano ininterrottamente il tetto più alto di quest’ospedale illegalmente chiuso da sìddette “Istituzioni”.

LA REPUBBLICA E’ FINITA!!!!

LA MAFIA HA PRESO IL DIRETTO CONTROLLO DELLE ISTITUZIONI!!!!

SIAMO IN UNO STATO FASCISTA DOVE I CITTADINI SONO CONSIDERATI SPAZZATURA!!!! 

Per saperne di più:

Antonio Forcillo – addetto comunicazione

(338-5867165)

MORIRE DI T.S.O.: NON DEVE ACCADERE PIU' A NESSUNO!

CAGLIARI. COME UN ONESTO AMBULANTE POSSA VENIRE CONDANNATO A MORIRE DI MALAGIUSTIZIA E MALASANITA’ PER DIFENDERE IL PROPRIO LAVORO.

Era il 15 giugno 2006 quando Giuseppe Casu fu ricoverato contro la sua volontà presso il reparto psichiatrico dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari dove morì legato al proprio letto di contenzione 7 giorni dopo.

Dopo oltre 4 anni di menzogne e spudorate falsità smontate una per una dal pm Giangiacomo Pilia e dai periti nominati dal giudice Simone Nespoli, l’iter processuale è finalmente approdato al rinvio a giudizio dei sanitari.

Ma vediamo con ordine i fatti.

“Se ne va anche l’ultimo ambulante”, titolava l’articolo apparso su “L’Unione Sarda” il 16 giugno 2006, il giorno dopo il trasferimento coatto di Giuseppe Casu all’ospedale Santissima Trinità (chiamato anche “Is Mirrionis”).

La giunta regionale, all’epoca, aveva intrapreso una vera e propria battaglia contro gli ambulanti, non risparmiando multe da capogiro.

Al signor Casu ne erano state comminate due da 5mila euro ognuna a 24 ore di distanza, motivo che gli avrebbe fatto perdere le staffe e che avrebbe spinto i Carabinieri ad eseguire il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), ovvero il ricovero coatto presso l’ospedale cagliaritano. 

In passato il signor Casu aveva subito dei ricoveri per esaurimento nervoso, ma mai nessuno forzato.

Il 22 giugno la morte di Casu, legato disumanamente senza alcuna ragione al proprio letto di contenzione.

L’autopsia eseguita presso il nosocomio “Is Mirrionis” ed effettuata dall’anatomopatologo Antonio Maccioni stabilisce che la causa del decesso dell’allora 60enne fu un’embolia polmonare.

La procura di Cagliari apre un’inchiesta e la morte del signor Casu si tinge subito di mistero.

Il giudice monocratico Simone Nespoli dispone il sequestro dei reperti anatomici, oltre a quello delle cartelle mediche.

Sono proprio gli organi a destare qualche sospetto: non sarebbero quelli del signor Casu ma apparterrebbero ad un uomo realmente morto di embolia polmonare.

L’ospedale Santissima Trinità viene così investito dalla bufera. Il primario del reparto di psichiatria, dottor Giampaolo Turri, viene sospeso dall’ASL 8 di Cagliari mentre il medico curante Maria Rosaria Cantone si dimette immediatamente. Turri verrà poi reintegrato e l’ASL 8 annuncia che vi sono stati errori dei medici ma che non vi saranno punizioni. Resta da chiarire la posizione del primario di anatomia dottor Antonio Maccioni soprattutto riguardo allo scambio degli organi del signor Casu e in merito ai risultati della perizia contestati dalla pubblica accusa e dai periti di parte, in netta contrapposizione con la linea adottata dai legali di Maccioni e dei relativi periti.
Lo scorso 29 settembre si è arrivati alla prima resa dei conti: i periti super-partes Rita Celli, Elda Feyles e Guglielmo Occhionero, nominati dal giudice Simone Nespoli, smentiscono la difesa e danno ragione alle tesi esposte dal pm Gian Giacomo Pilia. Non fu un’embolia polmonare a causare il decesso di Giuseppe Casu, come sostenuto dal primario Turri, dalla dottoressa Cantone e dall’anatomopatologo Maccioni e come suggeriva l’autopsia che, come dimostrato dall’accusa, era quella di un altro uomo.

Il decesso del signor Casu è stato provocato da “una contenzione troppo prolungata e da un evento cardiaco acuto, prevedibile e prevenibile”, come si legge dalla relazione di 55 pagine. Nel resoconto peritale vengono mosse critiche alla fase diagnostica e all’assistenza fornita al signor Casu.
Le conclusioni degli esperti sono lapidarie: “nel caso del paziente Casu non ricorre quasi mai il requisito del pericolo di vita che avrebbe motivato una contenzione. Delirava e dunque al più avrebbe delirato con maggiore intensità. E non risulta in letteratura che mai nessuno sia morto per delirio o allucinazioni”. 
I periti parlano senza mezzi termini di sequestro di persona e lo fanno sotto un profilo strettamente giuridico. Affrontando la questione della contenzione fisica hanno escluso che Casu sia stato ucciso da una trombo-embolia polmonare legata alla lunga immobilità, come invece avevano diagnosticato i medici del Santissima Trinità subito dopo l’improvvisa morte dell’ambulante. I periti Elda Feyles, specialista in anatomia e istologia patologica, Guglielmo Occhionero, psichiatra, e Rita Celli, medico legale, hanno innanzitutto individuato le norme: gli articoli 13 e 32 della Costituzione sulla inviolabilità della libertà personale e sul consenso all’atto terapeutico, il codice deontologico di medici e infermieri sulla contenzione fisica e farmacologica come evento straordinario e motivato, il codice penale: se c’è uno stato di necessità la misura di contenzione, sempre proporzionale al pericolo attuale di un danno grave non altrimenti evitabile, non solo può ma deve essere applicata se non si vuole incorrere nel reato di abbandono di incapace. I periti sono sicuri: «La contenzione fisica è ammessa solo allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona… qualora la contenzione fosse sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o per convenienza del personale sanitario si possono configurare i reati di sequestro di persona, violenza privata, maltrattamenti».

Non solo, i periti negano che la contenzione a letto sia da considerare un trattamento sanitario vero e proprio: «In generale, per prestare le prime cure il medico deve intervenire e vincere la resistenza solo se il paziente si trova in vero pericolo di vita. Nei casi psichiatrici quel pericolo non c’è quasi mai perché raramente esiste un pericolo di vita rispetto a una malattia mentale. Non risulta che mai nessuno sia morto di allucinazioni o delirio». I periti valutano dunque «eccessivo» legare a letto un paziente anche se per impedirgli il suicidio o costringerlo a curarsi. Di lì la conclusione: «La diretta coercizione non è fra le prestazioni richiedibili allo psichiatra. E visto che l’organigramma del nuovo assetto della psichiatria non prevede figure di personale di custodia (come prima della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi), essendo venuta meno tale esigenza che caratterizzava la vecchia normativa manicomiale, il ricorso all’uso della forza fisica è esterno al rapporto terapeutico».

Lo scorso 11 ottobre vi è stata un’udienza durante la quale i periti super-partes e quelli dell’accusa hanno confermato quanto ribadito il 29 settembre e restano dunque in piedi i rinvii a giudizio a carico del dottor Turri e della dottoressa Cantone, che dovranno rispondere di omicidio colposo il prossimo 29 novembre.

Il procedimento bis, invece, riguarda l’operato del dottor Maccioni accusato di avere collaborato a coprire gli errori di Turri, occultando e sostituendo i reperti anatomici di Giuseppe Casu. Il signor Casu non morì per via di un’embolia polmonare ma a causa di un’evento cardiaco, accentuato dai farmaci somministrati e dalla contenzione. Una morte evitabile.

La famiglia Casu è stata supportata, durante questi quattro anni, da associazioni e comitati che hanno fornito aiuto psicologico ed economico. La figlia Natascia dal canto suo ha fatto di tutto per tenere viva la memoria di suo padre e, tramite il blog www.veritaxmiopadre.blogspot.com, informa i propri lettori su quanto è accaduto e quanto sta accadendo.

L’Azienda Sanitaria Locale se ne lava le mani e afferma che il dottor Turri è andato in pensione alla fine del 2009.

L’ospedale non rilascia dichiarazioni giacché vi sarebbe in corso un procedimento.

Natascia Casu, la combattiva sorella, ha invece rilasciato un’intervista al Tgcom, che pubblichiamo integralmente.

 “Finalmente c’è giustizia”

Natascia Casu non si è mai arresa, davanti alle difficoltà all’apparenza insormontabili e commenta a Tgcom il rinvio a giudizio di Giampaolo Turri, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale cagliaritano Santissima Trinità e della dottoressa Maria Cantone che aveva in cura suo padre. “Non deve più accadere a nessuno”, è il messaggio che la famiglia Casu vuole arrivi a tutti gli italiani.

Natascia, ci vuole raccontare quali speranze ha acceso questa nuova e per certi versi inattesa decisione?
Più che accendere riesce a tenere viva la nostra solita speranza di capire perchè mio padre è morto.

Un ricovero coatto che non aveva modo di esistere, una contenzione disumana, interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta… Come ha fatto a non perdere la forza di continuare?
C’è una forza che si chiama amore, per un padre, per un uomo,  per la voglia di conoscere la verità, per il senso di giustizia, per la speranza che non capiti più a nessuno. E un trattamento inumano perché non mi stancherò mai di dire che per me legare una persona, per così tanto tempo poi, è solo tortura.
Chi era suo padre?
Semplicemente un uomo, con luci e ombre di tanti uomini. Ma non è importante chi fosse, importa il trattamento che ha subito un uomo al posto del quale poteva esserci chiunque.
Manca ancora un tassello importante: qualcuno ha cercato di imbrogliare le carte facendo scomparire e poi miracolosamente riapparire la cartella clinica di suo padre, cercando di fare sparire anche il materiale autoptico… Questo iter processuale a che punto è?
Umanamente è impossibile che gli autori di questi reati la passino franca. Per quanto riguarda il “mistero” della cartella clinica diciamo che semplicemente ne ho appreso i fatti dai giornali, poi, dopo breve, hanno spiegato che non si era trovata subito. Appena ritrovata è stata subito consegnata al tribunale. Per quanto riguarda l’inchiesta bis è entrata nel vivo da poco. Fino ad ora si stanno discutendo le perizie dei tecnici informatici già consegnati al tribunale. Quelle dei periti del pm, e quelli dei periti di parte della difesa. Questo perchè il pm aveva disposto il sequestro del computer centrale del reparto di anatomia patologica. Posso dire che aver saputo della sparizione e sostituzione delle parti anatomiche con quelle di un altro uomo, è stato come sentirlo morire due volte.
Il movimento che l’ha affiancata, le persone che sono state vicine a lei e alla sua famiglia, in questo caso, danno un esempio all’Italia intera: “l’unione fa la forza” è un motto antico ma sempre valido. 
Esatto! Si possono avere tutti i più buoni propositi di volontà, di combattività, di consapevolezza di avere dei diritti per il quale lottare ma da soli non si va da nessuna parte. E questo sia dal punto di vista morale, che da quello concretamente pratico materiale. E a questo proposito colgo l’occasione per ringraziare anche quanti, fuori dal comitato, continuano a sostenerci economicamente…un grazie di vero cuore.
Quale idea si è fatta di tutta questa storia? Cosa pensa in merito agli intrecci che sono emersi?
Con molta onestà, quando morì mio padre, non pensavo potessero esistere, prima, durante e dopo anche altre simili, se non anche peggiori storie di morti assurde. E’ tutto tremendamente reale anche se mi è sembrato come trovarmi d’improvviso, da spettatore di un giallo, a esserne, mio malgrado, protagonista e, come ho detto prima, per quanto riguarda i vari avvicendamenti, è stato come se mio padre fosse morto due volte…
Sinceramente mi fa spavento pensare che certe cose, possano anche solo lontanamente accadere realmente e non solo nei film.

di Giuditta Mosca

 

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Cause da assegnare

Materia Regione Foro Tipo atto Scadenza Note
Civile Lombardia Bergamo Atto di citazione   Risarcimento danni
Lavoro Lazio Roma Ricorso cassazione 31/12/10 Licenziamento, mobbing,discriminazione razziale
Lavoro Lombardia Milano Ricorso   Licenziamento e risarcimento danni
Penale Lombardia Brescia Rinvio a giudizio   Reato di diffamazione 595 c 3°, 597 cp c 3°, resp. professionale
Penale Lombardia Rho Interrogatorio ex art. 357 c.p.p.  16/11/10 Reato di diffamazione ex art. 81 cpv, 595, cp

Clicca qui per segnalare la tua disponibilità a seguire una di queste cause!

15 OTTOBRE 2010 NAPOLI IN PIAZZA CONTRO LA CAMORRA

Napoli: Fiaccolata per la legalità

Venerdì 15 ottobre 2010 – Ore 18.00 – Piazza Madonna dell’Arco, Miano ex birreria Peroni

Dopo la feroce aggressione di stampo camorristico al Segretario regionale dell’Unione Inquilini, presso la sede di Mianella, diciamo basta alla violenza che dilaga nei nostri territori.

“ACCENDIAMO LA SPERANZA…… non spegniamo quella luce che resta sempre accesa”

FIACCOLATA PER LA LEGALITA’

“…la paura circonda i quartieri
tanto da far serrare le porte
ma non la speranza
che l’innocenza dei bambini
possa dar loro un futuro”

(Federica, III^ media)

A seguito della pesante aggressione, nella sede del sindacato nel quartiere di Miano ad opera di 4 camorristi inviati a picchiare il segretario dell’Unione Inquilini di Napoli, Mimmo Lopresto si è sviluppata una vasta rete di solidarietà che ha promosso per venerdì 15 ottobre una fiaccolata anticamorra.

Contro la camorra

battere la violenza e l’illegalità che soffocano il nostro territorio

fermare il degrado delle nostre periferie

vivere finalmente liberi da ogni forma di sopraffazione

difendere la nostra dignità di cittadini onesti

garantire un futuro di “normalità” ai nostri figli

Perché tutti, cittadini e istituzioni, facciano fino in fondo la propria parte

PROMUOVONO : Unione Inquilini, Confederazione Unitaria di Base, Parrocchia di S. Francesco Caracciolo, Comunità Cristiana di Base del “Cassano”, Ass. Scuola di Pace, Libera, Cantiere Futuro, Associazioni in Movimento,

ADERISCONO : Rosa Russo Jervolino (Sindaco di Napoli), Luigi De Magistris eurodeputato IDV, Vincenzo Acampora Presidente Iacp Napoli e componente Giunta Nazionale Federcasa, Associazione Rosso Democratico, FlaicaUniti CUB, Comunisti Uniti Campania, Associazione S.Maria delle Grazie Barra, PRC SEL Giovani Comunisti, Associazione Campo Libero, A.N.P.I Associazione Nazionale Partigiani Sez. Napoli, Coordinamento Giovani Diplomati Disoccupati Scampia,Francesco Maranta, Associazione (R)ESISTENZA Anticamorra, Umberto Ranieri Responsabile per il Mezzogiorno del Pd, Gridas Scampia, Ovidio Attanasio Coord.Reg. Giovani Idv Campania Vice Segretario Nazionale Giovani Idv, CGIL Camera del Lavoro di Napoli, Nicola Oddati Assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Leonardo Impegno Presidente del Consiglio Comunale di Napoli, Avv. Fabio Maria Ferrari Coordinatore Area Legale Civile Comune di Napoli, Associazione Legal Team Italia, Luigi Rispoli Presidente Consiglio Provinciale di Napoli, Vincenzo Vanacore Presidente delle cooperative sociali L’uomo e il legno e Altro Mondo, Franco Brescia per la Comunità Cristiana di Base del Vomero, Giovanni Russo Spena e Giorgio Tecce della Direzione nazionale Prc, G. D’Alessandro ; segretario Prc Napoli, Giuliano Pennacchio Dipartimento Nazionale Lavoro- Welfare di Rifondazione Comunista Rosario La Rossa associazione di scampia VODISCA (voce di scampia), Movimento per la Giustizia Robin Hood, Avvocati senza Frontiere.

Si chiede di far pervenire la propria adesione alla seguente email:

caracciolininapoli@virgilio.it

unioneinquilininapol@libero.it

La denuncia del C.S.M.: “C’è una questione morale tra le toghe. Si dimettano coloro che sono implicati nella vicenda “P3”

“Cherchez il Magistrato”.

di Adriano Fontani

Cherchez la femme” è la famosa frase di un investigatore francese che voleva dire che non esiste trama criminosa o delitto in cui non ci sia di mezzo una donna: cercatela!

A seguire le mille trame della “Sporca Italia”, storie talvolta di crimine e malaffare organizzato altre volte di “semplici” intrallazzi, clientelismi, raccomandazioni e interessamenti “interessati”ci si rende rapidamente conto che non ve n’è una dove non ci sia dentro un Magistrato o Giudice, spesso di alto livello. La conferma a questa regola non scritta è arrivata immancabile dalle vicende di questi ultimi mesi, dalle indagini legate alla “cricca” vicina alla Protezione Civile per la ricostruzione post terremoto de L’Aquila come a quelle, di ieri e l’altro ieri, legate alla cosiddetta “P3”, sospetta associazione criminosa segreta per condizionare sentenze, appalti e quant’altro che coinvolge altissimi personaggi del partito di maggioranza, del governo e, appunto, della Magistratura.

Tanto che perfino l’ineffabile Capo dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati, il privatissimo sindacato unico dei Magistrati Italiani), Luca Palamara, famoso per difendere sempre e comunque i magistrati anche quando sono indifendibili, davanti all’ennesimo caso di Alti Magistrati implicati in una trama poco chiara (la cosiddetta P3) ha prima ammesso: “C’è una questione morale tra le toghe” (Q.N. del 13-7-2010) per poi aggiungere 2 giorni dopo (15-7-2010) “Si dimettano dalla Magistratura coloro che sono implicati nella vicenda “P3”.

Tanto che l’ex Magistrato ed ex Presidente della Repubblica (ed in tale veste Presidente del CSM, organo di autogoverno della Magistratura) Oscar Luigi Scalfaro, che a suo tempo ebbe forti conflitti istituzionali con il primo governo Berlusconi, richiamò i suoi ex colleghi “Isolate i colleghi indegni. Un PM non può candidarsi politicamente nel territorio dove ha indagato” (“CorrSera” 26-3-2010, 9), con riferimento alla scandalosa candidatura alle Regionali 2009 in Puglia di un PM pugliese che aveva perfino indagato fino al giorno prima, da Magistrato, sui suoi avversari politici.

Tanto che l’ex Giudice e considerato il Capo del cd. “partito dei giudici”, l’ex Presidente della Camera ed esponente di spicco della sinistra Luciano Violante 2 anni fa sbottò, pure lui: “Basta, questa Magistratura ha troppo potere”.

Dunque “Cherchez il Magistrato” che è sempre in mezzo a qualche vicenda poco chiara, penalmente rilevante o moralmente riprovevole, dunque. Ecco un elenchino sommario che ci aiuta.

Prima di iniziare il lungo elenco ricordiamo la nutrita pattuglia di Magistrati, oltre a quelle dei giornalisti, dei Politici, degli alti graduati dell’arma dei CC,… presente nella disciolta loggia massonica deviata P2. Se la memoria non mi tradisce (non ne sono certissimo) vi era pure addirittura perfino l’allora Vicepresidente del CSM.

  1. La Procura di Firenze porta avanti le indagini sulla “cricca” di affari poco chiari legati alla Protezione Civile ed alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo. Indagini che hanno visto indagato lo stesso Bertolaso e che hanno portato in carcere personaggi potentissimi come il Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici Angelo Balducci ed il Provveditore alle opere Pubbliche della Toscana Fabio De Santis. Indagini che hanno tirato in ballo uno dei Coordinatori Nazionali del PdL e colonnelli di Berlusconi, Denis Verdini. Dalle intercettazioni emerge il ruolo del Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma Achille Toro accusato di aver favorito in itinere gli indagati tenendoli aggiornati sullo sviluppo delle indagini, tanto che pare che qualcuno si preparasse ad emigrare. Achille Toro si dimise immediatamente dalla Magistratura onde evitare sanzioni.
  2. In alcune delle tante intercettazioni relative alla suddetta “cricca” legata alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo emergono strane telefonate, interessamenti e sospetti conflitti di interesse di 2 alti Magistrati: Giuseppe Tesauro, Giudice della Corte Costituzionale e Mario Sancetta, Giudice della Corte dei Conti. Entrambi soci in società immobiliari con tal Antonio Di Nardo, imprenditore e dipendente del ministero delle Infrastrutture, in stretti rapporti con quell’imprenditore De Vito Piscicelli divenuto famoso per aver confessato via telefono la sua risata alla prospettiva di fare affari sui morti del terremoto. Di Nardo che, secondo certi rapporti del ROS, sarebbe in stretti rapporti con la criminalità organizzata campana. Sancetta parla al telefono con un socio di Di Nardo, Lamino e promette interessamento per di attivare i suoi contatti per ottenere commesse per le imprese di Di Nardo (suo socio) e Lamino in Abruzzo. Altrettanto i ROS hanno accertato un giro di telefonate tra il Giudice Tesauro ed il suo socio Di Nardo: Tesauro si interessa per una licenza di una sua azienda (fonte: “CorrSera”, Mercoledì 17 febbraio 2010).
  3. Processo conclusosi in data 12-7-2010 presso l’8° Sezione Penale del Tribunale di Milano con la condanna a 14 anni del Generale Giampaolo Ganzer capo del reparto di èlite dell’Arma dei carabinieri, quel ROS che ha condotto e sta conducendo le indagini su quasi tutte le più grandi inchieste di questi anni, incluse quelle quelle qui esposte. Condannato per aver organizzato importazioni, traffici e spacci di grossi quantitativi di droga, in collaborazione coi narcotrafficanti di mezzo mondo, per poter poi fare brillanti operazioni all’unico fine di mettersi in mostra, raccogliere encomi, fare carriera ed acquisire potere. Sotto accusa, in uno stralcio di processo che sarà celebrato a parte, finisce il PM di Bergamo Mario Conte, accusato di aver fatto da sponda autorizzando queste strane “operazioni coperte” volute ed organizzate appunto dal generale Ganzer (fonti: “CorrSera” e “Q.N” di martedì 13-7-2010).
  4. Luglio 2010, scoppia lo scandalo della cd. “P3”. Secondo gli investigatori un potentissimo comitato segreto di pressioni, affari ed intrallazzi, una sorta di loggia massonica segreta trasversale come appunto la P2 in grado di condizionare grossi appalti come quello dell’eolico in Sardegna, nomine di Giudici, decisioni della Corte Costituzionale,…: “sodalizio criminale” lo definiscono i giudici. Vengono indagati per associazione a delinquere e ci finiscono dentro il fondatore di Forza Italia e già condannato in 2° grado di supporto esterno in Associazione Mafiosa il Senatore Marcello Dell’Utri, il ViceMinistro dell’Economia Nicola Cosentino (che si dimette in data 14 luglio), il Coordinatore Nazionale di Forza Italia Denis Verdini, mentre vengono addirittura arrestati per le stesse accuse il noto faccendiere Flavio Carboni, e 2 suoi amici, il Giudice Tributario Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino. Ma l’elenco dei Magistrati coinvolti si allunga ben presto quando emergono altri partecipanti ad una strana cena del “sodalizio criminale” svoltasi nella casa romana di Denis Verdini. Oltre a Verdini, Dell’Utri ed il trio degli arrestati Carboni-Martino-GiudiceLombardi sono accusati di aver partecipato a quella cena altri 3 Magistrati: Antonio Martone, avvocato di Stato in Cassazione (che si dimette subito, come fece in Procuratore Toro, per evitare sanzioni), Giacomo Caliendo, ex membro del CSM e sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia ed il Capo degli Ispettori dello stesso MGG Arcibaldo Miller. Ma non bastano 4 alti Magistrati implicati nella vicenda (Lombardi, Martone, Caliendo e Miller): ce ne finiscono dentro altri 2. L’avvocato Generale della Cassazione Oscar Fiumara, che avrebbe ricevuto da un altro Giudice (quello arrestato, Lombardi, con tanto di eloquenti telefonate) il dono di alcune per bottiglie di vino pregiato come ricompensa per aver sostenuto lo spostamento dalla Commissione Tributaria alla Cassazione a sezioni unite del processo per 400 milioni di tasse non pagate dalla Mondadori nel 1991. Il presidente della corte di Appello di Milano Alfonso Marra, trasferito d’ufficio dal CSM in data 15 luglio in seguito allo scandalo: il suo nome compare nelle intercettazioni in quanto la sua nomina a tanto importante incarico sarebbe stata frutto delle pressioni della “P3” di Flavio Carbone (fonte: “CorrSera”, martedì 13-7-2010).

“Cherchez il Magistrato”, dunque. E ne troverete sempre. In abbondanza. Purtroppo.

Da Sporca Italia

http://sporcaitalia.mondoraro.org/2010/07/17/%E2%80%9Ccherchez-il-magistrato%E2%80%9D/

Firenze. Caso Sannino Belgrave. Oltre cento procedimenti.

La vicenda nasce dall’intreccio di due cause civili (8753/81 e  2421/89) presso il Tribunale di Firenze, che causa denegata giustizia si sono moltiplicate in maniera esponenziale, sino a diventare un centinaio. L’intera vicenda è trattata sul sito creato dalle stesse vittime: www.casosannino.com di cui qui riportiamo i passi essenziali. Per gli allegati rinviamo i lettori al sito dei coniugi Sannino . In calce l’elenco dei cento procedimenti.

Questa è la storia autobiografica di Gino Sannino e sua moglie Zionela Belgrave.

E’ una storia incredibile di corruzione, frode ed ingiustizia. E’ una storia di due persone, le cui vite sono state sistematicamente distrutte da persone disoneste aiutate da avvocati, pubblici ufficiali e giudici ugualmente disonesti. E’ uno scandalo contro una famiglia comune, perseguitata senza tregua e che rischia di essere annientata. Una realtà che accade qui di fronte ai nostri occhi.

Ventuno anni fa Gino Sannino e Zionela Belgrave decisero di realizzare il loro futuro e quello dei loro figli, di 4 e 8 anni, in Italia, investendo quanto avevano per acquisire una proprietà sulle incantevoli colline toscane, in Vicchio del Mugello, Città natale di Giotto e Beato Angelico.

Foto della proprietà contesa, vista del lago dall’ingresso.

Con grande entusiasmo ed impegno ristrutturarono la vecchia casa, costruirono locali e realizzarono quanto necessario per avviare un’attività di bar, pizzeria e pesca sportiva che chiamarono “Lago Due Torrenti di Sannino Gino”.

La proprietà aumentò notevolmente di valore per le opere e migliorie fatte e anche perché il terreno fu dichiarato edificabile dopo l’approvazione del Piano Regolatore del Comune di Vicchio, che prevedeva la costruzione di un complesso turistico sportivo. Nel 1987 per realizzare il progetto di edificazione fu costituita la società “I Due Torrenti Srl” nella quale nel 1988 si associò il Sig. Antonio Tangocci, acquistando il 25%. 

Presto Tangocci volle avere più partecipazione nella società, ma non ci fu accordo e, insoddisfatto per la propria condizione di socio minoritario, si rivolse al Tribunale denunciando Gino, che era l’amministratore della società, accusandolo d’irregolarità nell’amministrazione. Sucessivamente, Tangocci perse il 23% perché si rese moroso nei versamenti di capitale, rimanendo con il 2%. Nel frattempo il Tribunale di Firenze nominò un amministratore giudiziario, il Dr. Roberto Scialdone, assistente del giudice incaricato della procedura Dr. Sebastiano Puliga. (Per sapere chi è Puliga si rimanda al sito dei coniugi Sannino).

In luogo di compiere il suo dovere legale e salvaguardare gli interessi della società, risultò che l’unico obbiettivo di Scialdone era quello di arricchirsi, abusando della fiducia a lui data dal Tribunale. Per ottenere questo tentò di portare la Due  Torrenti al fallimento per costringerla a disfarsi delle sue proprietà.Per realizzare questo eseguì manovre illegali come:

  1. Falsificare il bilancio, includendo debiti non esistenti a carico della società; (sul sito dei coniugi alcune delle voci contestate e le prove di falsità);
  2. Stima inferiore del valore dei beni immobili sociali, falsa perizia;
  3. Fatturare alla società suoi onorari di amministratore eccessivamente alti. Per la srl era impossibile pagare questi onorari e conseguentemente Scialdone divenne il maggior creditore della società. La I Due Torrenti aveva una modesta entrata di circa 20 mila euro l’anno e Scialdone, per lo stesso periodo, ne riscosse 50 mila per alcune ore di lavoro alla settimana; (vedi sul sito le notule Scialdone e gli incassi della Società. Vedi anche le notule della moglie di Scialdone, da lui incaricata per conto della I Due Torrenti);
  4. Chiudere l’attività commerciale per aggravare ulteriormente la situazione economica.

Intanto il giudice incaricato, Sebastiano Puliga, non mostrò nessun interesse in tutto questo.Contemporaneamente accadeva che due funzionari del Tribunale di Firenze, i signori Antonio Rinaldi e Angela Catanese, offrirono aiuto a Gino e Zionela dicendo di poter intercedere per loro davanti il giudice Puliga, loro amico. L’intervento dei due funzionari non sarebbe stato a titolo di puro favore, ma volevano che Gino vendesse loro i suoi diritti in un altro procedimento pendente davanti lo stesso giudice Sebastiano Puliga. Gino e Zionela, terrorizzati dall’idea che la liquidazione dei beni della I Due Torrenti, che Scialdone aveva già chiesto al Tribunale, avrebbe comportato la perdita della loro casa e attività commerciale, accettarono la proposta dei due cancellieri. Più tardi vennero a sapere del coinvolgimento dei giudici della causa nella vicenda, in quanto che venne accertato che 40 milioni per comprare i diritti di causa a Gino le diede uno dei giudici nei procedimenti, il dr. Valentino Pezzuti. (Leggi qui un provvedimento che spiega l’intreccio delle due vicende giudiziarie) (Leggi sul sito dei coniugi la relazione della Squadra Mobile)

Quanto promesso dai cancellieri non successe e la società I Due Torrenti fu posta in stato di liquidazione alla fine del 1992.

Il Puliga nominò liquidatore giudiziario il dr. Alessandro Lozzi (leggi sul sito chi è il dr. Alessandro Lozzi).

Trascinati dalla crisi provocata e per non perdere tutto, nel 1993 Gino e Zionela dovettero svendere la loro quota sociale (98%) per appena 150.000 euro (contro un valore reale all’epoca di più di un milione di euro), e dovettero anche accettare la condizione di un pagamento in cambiali che il compratore, tale Franco Marcucci, esigeva. Lozzi, come Scialdone, non mirava affatto a curare gli interessi della Società, ma al contrario si adoperò a fare tutto per far riconfermare lo stato di liquidazione dalla Corte di Appello, alla quale si era rivolta Zionela con ricorso. Per questo, si mise d’accordo con i vari soggetti interessati, Tangocci e Scialdone, Marcucci ed un tale Sandro Boni di Vicchio del Mugello nonché il notaio fiorentino Ernesto Cudia. Quest’ultimo, ingannava Zionela dicendole che un’assemblea, fondamentale per la decisione della Corte, non sarebbe stata tenuta il giorno della convocazione
Zionela, rassicurata dalle dichiarazioni del pubblico ufficiale, non andò all’assemblea, che invece fu fatta e data per deserta (vai al sito per vedere i documenti). In questo modo la banda ottenne dalla Corte di Appello il provvedimento loro necessario per mantenersi il controllo totale della società, circoscrivendo Zionela di ostacoli e minacce ancora più incisive, fino a farle firmare addirittura la cessione del 98% come se le quote fossero già state pagate (idem per cessione delle quote).

In questo momento si compie il culmine della frode subita da Gino e Zionela da parte di Antonio e Miranda Tangocci, Sandro Boni, Franco Marcucci e dei pubblici ufficiali Ernesto Cudia, Roberto Scialdone, Alessandro Lozzi e Sebastiano Puliga.

Ma il pagamento, come dimostrano i documenti, non fu mai effettuato perché il Marcucci, firmatario delle cambiali, che sono ancora insolute ed in possesso dei coniugi Sannino, non era altro che un prestanome di Sandro Boni.Sandro Boni dice di avere agito in buona fede e che la frode la aveva fatta soltanto il Marcucci. Per questo rifiuta di pagare, anche se Marcucci (oggi defunto) per tutelarsi aveva  fatto sottoscrivere a Sandro Boni un contratto che lo impegnava a pagare in sua vece quanto dovuto a Gino e Zionela (leggi qui la clausola del contratto).

Da quasi 20 anni Gino e Zionela conducono una battaglia legale che prosegue tutt’ora. Il caso non è andato a giudizio nonostante che i coniugi Sannino abbiano le cambiali protestate in loro possesso e che prove inconfutabili, emergenti da indagini ufficiali confermino quanto loro hanno denunciato (scarica dal sito le relazioni di polizia). E’ così che dopo dodici anni Gino e Zionela non hanno ottenuto la soluzione del caso.Il caso fu condotto da giudici e funzionari corrotti, come il dr. Sebastiano Puliga che fu trasferito da Firenze a Milano per delitti come concussione, corruzione e associazione per delinquere (scarica dal sito il provvedimento del CSM e relazione della Squadra Mobile) Anche il Lozzi è inquisito per gli stessi delitti, ed è stato in prigione recentemente in ambito alla vicenda del fallimento dell’Hotel Sheraton di Firenze. Lo stesso Lozzi fu scarcerato ma il Tribunale del Riesame fiorentino ordinò nuovamente il suo arresto. (scarica dal sito il provvedimento del Tribunale del Riesame).

Durante tutto questo tempo, le domande legali di Gino e Zionela non sono state prese in considerazione, mentre quelle contro di loro hanno marciato senza problemi ne ritardi, fino al punto che i Boni hanno potuto avere l’ordine per poter sfrattare Gino Sannino e la sua famiglia dalla loro casa. Questo è potuto accadere in virtù di una sentenza della Corte d’Appello di Firenze che annulla un vecchio atto di uso della casa, la cui validità legale era decaduta, stante che fu sostituito con il contratto di vendita del 98% di quota. Gino e Zionela erano obbligati a consegnare la casa solo dopo avere riscosso quanto stabilito nel contratto, cosa mai accaduta. (scarica dal sito il contratto fra Zionela e Marcucci) e il contratto fra il Franco Marcucci e Sandro Boni).

Ma grazie ad avvocati infedeli, corrotti o fratelli massoni, quella fondamentale circostanza non fu trasmessa tempestivamente e correttamente ai magistrati giudicanti. A Gino e Zionela non fu possibile trovare un legale che facesse loro un ricorso alla Suprema Corte, soprattutto perché il fascicolo di causa era “sparito” dalla cancelleria (vedi dal sito l’attestazione del cancelliere).Oggi il problema vero, a questo punto, si è rivelato la negazione della magistratura incaricata a promuovere il processo, trovandosi Gino e Zionela davanti un ostacolo per loro insormontabile che solo la magistratura stessa può risolvere ma che, evidentemente, non vuole farlo. A questo punto la domanda sorge spontanea:

Per quale motivo la magistratura italiana non vuole fare questo processo?
A chi si vuole coprire e per chè?
Chi è l’interessato che guida i fili in questa vicenda?

Col passare degli anni i Boni hanno avuto tutto il tempo per disperdere i beni defraudati alla famiglia Sannino, usando una serie di società di capitale, italiane e straniere, controllate e rappresentate da membri della famiglia Boni di Vicchio del Mugello e di Borgo San Lorenzo.
(vedi dal sito lo schema delle società coinvolte e relazione P.G. sulle società).

Andiamo avanti con la storia.

Il 6 ottobre 2004, l’amministratore della società Residenze Toscane Srl, Maurizio Boni (nipote di Sandro Boni), accompagnato dall’ufficiale giudiziario Sergio Plini, dal suo avvocato Francesco Grignolio e da carabinieri dei comandi di Vicchio e di Borgo San Lorenzo, si presentarono per sfrattare la famiglia Sannino. Gino, totalmente disperato, si cosparse di benzina e fu sul punto di darsi fuoco. Furono momenti molto tesi e angosciosi perché Gino veramente era disposto a morire prima di accettare l’ingiusto sfratto. Passati alcuni momenti, l’ufficiale giudiziario decise di sospendere lo sfratto trasmettendo in seguito tutto al giudice perché desse istruzioni di come procedere.
Due mesi dopo dal primo tentativo di sfratto, il 3 dicembre del 2004, senza sapere che i loro movimenti erano controllati, Gino e Zionela sono andati a Firenze.  Approfittando della loro assenza e, dopo avere montato due posti di controllo lungo la strada che porta a casa Sannino, il maresciallo capo dei Carabinieri di Vicchio, seguito dall’ufficiale giudiziario, Maurizio Boni, Sauro Boni, Sandro Boni e Filippo Boni, diverse persone sconosciute e numerosi carabinieri, in borghese ed altri con il mitra, diverse pattuglie e altri veicoli, invasero della casa della famiglia Sannino Belgrave.

Il figlio, che tranquillamente dormiva in altra ala dell’immobile, fu preso brutalmente e cacciato a forza di casa. I carabinieri non lo lasciarono chiamare subito l’avvocato e fu ammanettato quando insisteva per entrare nella casa per prendere documenti dei suoi genitori. Alla fidanzata, che era presente, non lasciarono telefonare ai genitori per chiedere aiuto e le fu assegnato un carabiniere che vigilava che non si allontanasse.

I Boni e tutta quella gente sconosciuta ebbero abbastanza tempo per mettere mano a documenti importanti di cause pendenti contro gli stessi Boni e negli effetti personali de la famiglia. Svuotarono la casa. Smantellarono la cucina e il riscaldamento, rovistarono e stiparono tutto in sacchi della spazzatura o in scatole in modo che molte cose si ritrovarono rotte o inservibili. Furgoni e macchine andavano e venivano portando tutti gli oggetti personali della famiglia Sannino ad in luogo sconosciuto. Fu soltanto dopo insistere e dopo avere completato lo svuotamento della casa, che ebbero la “considerazione” di informare Gino e Zionela che tale luogo era un magazzino dei Boni a Vicchio e che i custodi dei loro documenti ed effetti personali erano gli stessi Boni. Portarono via persino il furgone di lavoro di Gino con una gru rifiutandosi di informare per quale motivo ne dove. Misero sbarre. Murarono porte e finestre.

Il figlio tentò di comunicare con Gino e Zionela, ma per cominciare i carabinieri non gli permisero di usare il telefono. Quando poté farlo telefonò ripetutamente al legale incaricato de la causa, Avv. Stefano Magherini di Borgo San Lorenzo, ma questo riattaccava o semplicemente non rispondeva. Chiamò diverse volte il luogo dove Gino e Zio erano andati e fu risposto o semplicemente lo facevano aspettare senza trasferire la telefonata a qualcuno che potesse rispondere. Finalmente, permisero al figlio di parlare con un ufficiale il quale in seguito fece in modo che Gino e Zionela fossero informati di ciò che stava accadendo.

Gino e Zionela cercarono subito di arrivare alla casa, ma non ci arrivarono perchè una pattuglia di carabinieri li bloccò, impedendogli di allontanarsi in modo di non fargli  vedere il crimine che si stava commettendo nella loro abitazione. Sul posto arrivarono una vicina della famiglia sfrattata e il Sindaco di Vicchio che furono testimoni di quanto accaduto e delle modalità usate. L’ufficiale giudiziario responsabile dell’operazione effettuata non informò di niente i coniugi Sannino. L’ufficiale giudiziario permise soltanto che Zionela leggesse una parte dell’ordinanza del giudice della che imponeva che l’operazione dovesse essere effettuata senza dare avviso a nessuno dei due coniugi. 

Gino e Zionela non hanno avuto un nessun documento ufficiale, vuoi  l’elenco dei loro effetti personali e neanche la copia dell’ordine di sfratto.Questa è stata un’operazione più idonea per un criminale pericoloso, un fuggitivo o un terrorista che per due cittadini comuni. I due coniugi mai si sarebbero immaginati che il potere dei Boni potesse arrivare a coinvolgere a tal punto pubblici ufficiali di vari livelli, cominciando per dal giudice che dette il via libero per procedere in tal modo, l’ufficiale giudiziario, il maresciallo capo e i semplici carabinieri. Tutte queste autorità acconsentirono ad ogni modo che lo sfratto avvenisse con tanto vandalismo. Il potere dei Boni è ovviamente più grande di quello dei diritti costituzionali fondamentali delle persone.Tutto questo accade ad una famiglia che ha solo cercato di far valere i propri diritti per poter conservare gli unici beni che possiede.Ancora impotenti e confusi Gino Sannino e la sua famiglia si domandano com’è possibile che in un paese civilizzato del ovest europeo si permetta che ci sia tanta ingiustizia per tanti anni e come sia possibile che i suoi diritti legali e fondamentali siano violati così palesemente e con tanta furia? Perchè tanta intimidazione e persecuzione durante tanto tempo?. Solo perchè non lasciarono al gruppo Boni e complici rubare la loro proprietà in pace? 

E NOI CI DOMANDIAMO COM’E’ POSSIBILE CHE, ANCHE CON PROVE DI FRODE, SI PERMETTA AD UNA PERSONA IMPADRONIRISI DI UNA PROPRIETA SENZA PAGARLA?

“Inademplendi  non  est  ademplendum” 

In altre parole: Quello che non hai pagato non è tuo. 

Il primo fra Gino Sannino, Pietro Bartoli e l’Ing. Giovanni Tognozzi, e il  secondo promosso da Antonio Tangocci socio di minoranza della I Due Torrenti Srl. Il magistrato istruttore delle due cause nel periodo della truffa era l’ex giudice Sebastiano Puliga. I collegi nelle due cause insieme a Puliga lo formavano i giudici Valentino Pezzuti e Armando Sechi.

ECCO L’ELENCO DEI 100 PROCEDIMENTI

(IN BLU I PROCEDIMENTI DOVE I CONIUGI SANNINO SONO PARTE OFFESA O DANNEGGIATA)

1)  1989/2421 – Tribunale di Firenze (dott. Puliga) denunzia ex-art.2409 c.c. di Antonio Tangocci contro l’amministratore unico della I Due Torrenti Srl Gino Sannino. ACCOLTA.

2)  1992/2105 – Tribunale di Firenze (dott. Puliga), ricorso presentato da Belgrave per la revoca dell’amministratore giudiziario Scialdone nominato nel procedimento 2421/89. RESPINTO.

3)  1992/R.G.N.R. 3680 –  Procura di Firenze (dott. Maresca).  Esposto di Belgrave nei confronti di Scialdone ed il socio Tangocci. Esito: ARCHIVIATO.

4)  1992/R.G. 4256 –  Procura e Tribunale di Firenze (dott. Maresca).  Querela di Scialdone nei confronti di Belgrave che fu rinviata a giudizio per calunnia. Il processo iniziò dopo sei anni ma non si concluse perché gli atti furono rispediti al pm (dott. Canessa). Nessuna indagine, nessun interrogatorio. Il pm non trasmise gli atti al tribunale per continuare il processo ma chiese l’archiviazione. ARCHIVIATO.

5)  1993/12-V.G. 2556 cron. – C. Appello Firenze (relatore dott. di Nubila), ricorso Belgrave avverso l’ordinanza di liquidazione della I Due Torrenti Srl emessa da Sebastiano Puliga. RESPINTO.

6)  1993/09-12 Settembre 1993 – Procura e Tribunale di Firenze (dr. Cosentino – dr. Bonfiglio – gip dott. gatta) denuncia Belgrave per furto dei documenti originali sulle trattative di vendita delle quote della soc. I Due Torrenti Srl a Marcucci Franco. Nessuna indagine. Esito: ARCHIVIATO.

7)  1993/RG 3732/93 riunito al 102/94 (m.21) – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Marziani- dott. Crivelli). Querela di Marcucci nei confronti di Belgrave e suo avvocato. ARCHIVIATA.

8)  1993/RG.T. 604 – Tribunale di Firenze (dott. Abiosi), ricorso proposto da Marcucci Franco per sequestro dei titoli rilasciati a Belgrave in pagamento delle quote. RESPINTO.

9)  1993/Sequestro N. 197 –  Tribunale di Firenze (dott. D’amora). Ricorso per sequestro di quote promosso da Belgrave. ACCOLTO. Risultato negativo perché le quote erano state subito  acquistate dalla soc. Edil Pitti Srl dei Boni.

10)  1993/Sequestro N. 215 –  Tribunale di Firenze (dott. D’amora). Ricorso per sequestro di credito promosso da Belgrave. ACCOLTO E POI REVOCATO.

11)  1993/RG.T. 9301 – Tribunale di Firenze (ultimo g.i. dott. Pompei): Citazione Belgrave per risoluzione dei contratti. IN PRIMO GRADO DA 16 ANNI.

12) 1994/10021- E – Borgo San Lorenzo (dott. Magnelli) pignoramento di somme promosso da Belgrave. SOSPESO.

13)  1994/1677/94 –  Tribunale di Firenze (dott. Riviello): Opposizone a decreto ingiuntivo. Il fascicolo di Belgrave intervenuta nella causa e che aveva pignorato le somme, era sparito ed il giudice dott. Emanuele Riviello non ritenne di doverlo trovare decidendo in favore di Mariotti. Il procedimento continuò e venne riunito alla 9301/93. IN PRIMO GRADO DA 15 ANNI.

14)  1994/468 RG- Procura di Firenze (dott. Maresca, dott. Pappalardo)– Proc. Generale Corte Appello Firenze. Denunzia Sannino e Belgrave al Presidente della Repubblica. Esito: NESSUNA NOTIZIA.

15) 1994/908/94 m.22 Procura e Tribunale di Siena (dott.Pasca). Denuncia Marcucci. Indagato Sannino. Rinvio a giudizio. Reato percosse. Esito: ASSOLTO.

16)  1994/N.R.C. 15092 – Tribunale di Firenze Sez. Borgo S. Lorenzo: Ricorso Toscana Invest Srl contro i coniugi Sannino per rientro nel possesso dei terreni e della casa. RESPINTO.

17)  1994/R.G. 10.380 + altri Procura Circ. di Firenze (PM dott. Massimo Bonfiglio). Denuncia querela dei coniugi Sannino. Indagati: Boni Sandro, Marcucci Franco. ARCHIVIATO

18)  1994/R.G.N. 3.858 – Tribunale di Firenze (dott. Mariotti), citazione deI Boni per annullamento atto di comodato per uso della casa da parte della famiglia Sannino. RESPINTO.

19) 1994/RG 10603 – Tribunale di Firenze (dott. Prodomo): Citazione Belgrave. Simulazione cessione credito, accertamento di credito. Convenuti: Edil Pitti Srl, Marcucci, Mariotti. Riunita alla 9301/93. IN PRIMO GRADO DA 15 ANNI.

20)  1994/RG.T 5863 – Tribunale di Firenze (dott. Patrizia Pompei): citazione della Toscana Invest Srl per asseriti danni creati alla società. Domanda riconvenzionale di Sannino. RESPINTE TUTTE LE DOMANDE.

21)  1994/RG.T 5864 – Tribunale di Firenze (dott. Colomo): Citazione di Sandro Boni (Toscana Invest Srl) per asseriti danni creati alla società. domanda riconvenzionale Belgrave. UNA ACCOLTA E ALTRA RESPINTA.

22)   1995/1677 –  C. Appello di Firenze (dott. di Nubila), ricorso Sannino avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n.2254/95 (dott. Puliga). TRANSAZIONE.

23)   1995/27.05.1995 – Tribunale di Prato (dott. Manna) Citazione Sannino per dichiarazione di nullità ex-art.1261 c.c. dell’atto di cessione dei diritti della causa 8753/81. TRANSAZIONE.

24)   1995/6336/94-63 – Tribunale di Firenze Sez. Borgo San Lorenzo (dott. Di Pietro). Querela Boni Sandro. Indagati Sannino e Belgrave. Reato ingiuria. Esito: ASSOLTI.

25) 1996/2386/96R – Tribunale di Firenze (dott. Pietro Suchan) – 2095/95 N.R – 255/96 R.G.GIP- Procura, Tribunale e Corte di Appello di Bologna (dott. Grassi – dott. Persico) denuncia Sannino e Belgrave nei confronti di Puliga, Pezzuti, Rinaldi, Catanese, Scialdone, Lozzi, Cudia, Marcucci, Boni. ARCHIVIATE le posizioni dei magistrati. Chiesto il rinvio a giudizio dei cancellieri Catanese e Rinaldi. Stralciata la posizione degli altri e trasmesso a Firenze dove fu SUBITO ARCHIVIATA dietro richiesta del PM dott. Bonfiglio. Il procedimento contro cancellieri fu assegnato ad altro Gip dott. Sibilia (4130/97 – 2329/97) – ASSOLTI TUTTI.

26) Domanda per sequestro della proprietà chiesto dai coniugi Sannino al procuratore di Bologna dott. Persico. RIGETTATA.

27)  1996/R.G. 259/C – Tribunale di Firenze sez. Borgo S. Lorenzo/Pontassieve: Residenze Toscane Srl (Maurizio Boni) per togliere l’uso di una strada. Convenuti Sannino e Belgrave, Esito: RESPINTO.

28) 1996/R.G. 3285 m.21 – Procura di Firenze (dott. Canessa): querela Belgrave nei confronti di Franco Marcucci. Reato calunnia. Interrogatori pm a indagati: nessuno. Esito: Richiesta di archiviazione dopo sette anni. Dopo sette anni venne ARCHIVIATA.

29) 1997 R.G.N.R. 16077; 732/98 gip – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bonfiglio): stralcio dal proc. 2095/95 N.R trasmesso dalla Procura di Bologna, indagati Boni, Marcucci, Scialdone ed altri. Nessuna indagine, nessun interrogatorio. ARCHIVIATA.

30)  1997/3289 m.21 Procura e Tribunale di Bologna (dott. Persico), riscritto al n. 4130/97 m.21 (dott. Persico), e poi riscritto al n. 5625/97 m.21 (dott. Persico), riunito al n. 2095/95, una parte trasmessa a Firenze il 20.12.97. Denuncia dei coniugi Sannino. Esito: ARCHIVIATA LA POSIZIONE DEI MAGISTRATI, CHIESTO GIUDIZIO PER CANCELLIERI, il Gip fu cambiato. Il nuovo Gip dott. Sibilia ha ASSOLTO I CANCELLIERI.

31) 2000/913 Ricorso di appello del Procuratore Generale alla sentenza del Gip Sibilia che assolveva i cancellieri Rinaldi e Catanese. Esito: NON LUOGO A PROCEDERE per prescrizione dei reati.

32)  1997/620 C. – Appello Firenze (dott. Bruno), domanda di appello del Boni per  la sentenza di assoluzione di Sannino (proc.6336/94-63).  ACCOLTA.

33) 1997/N. 200/97 C – Tribunale di Firenze sez. Pontassieve: attore Residenze Toscane Srl convenuti Sannino e Belgrave per asseriti impedimenti a completare una domanda di condono. ACCOLTO.

34) 1997/R.G. 3055, Procura e Tribunale di Firenze RNR PM – 101164/97 –GIP (dott. Pappalardo – dott. Crivelli) Proc. Firenze: Denuncia coniugi Sannino Belgrave. Indagati Scialdone, Lozzi, Boni, Marcucci, Vitartali Augusto, Vitartali Aldo, Ardino, d’Isanto, Tangocci. Reati individuati: Truffa in concorso aggravata, appropriazione indebita continuata, false comunicazioni sociali, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita. Indagini: nessuna. Interrogatorio pm a indagati: nessuno. Esito: ARCHIVIATA.

35)  1997/R.G. D.P.447 – Tribunale di Firenze (Sechi, Puliga e Riccucci) ricorso del giudice Valentino Pezzuti per togliere il suo nome dalla sentenza che definì parzialmente la causa 8753/81 vinta dal cancelliere Rinaldi. ACCOLTA.

36) 1997/RG.T 4630 –  Tribunale di Firenze (giudice Elisabetta Materi): Citazione Belgrave per risoluzione degli atti di trasferimento dei beni e delle quote I Due Torrenti Srl. RESPINTA.

37) 1998/1425 (dott. Nencini) Querela di Boni Filippo nei confronti di Sannino per ingiuria. Nessuna indagine. RINVIO A GIUDIZIO E CONDANNA.

38) 1998/21447 C. – Cassazione. Ricorso Sannino avverso la sentenza sopra indicata. Esito: RESPINTO.

39) 1998/2167/98R – 101848/98 gip – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bocciolini – dott. De Luca). Proc. Firenze. Denuncia dei coniugi Sannino. Indagati Boni Sandro, Sauro e Maurizio, Scialdone,  Tangocci, Tangocci Miranda, Marcucci, Lozzi, Cudia. Reati: truffa in concorso, associazione per delinquere, estorsione, usura. Indagini: furono fatti i primi atti e poi interrotti. Chiesta archiviazione in meno di un mese. ARCHIVIATA.

40) Istanza dei coniugi Sannino al Procuratore dott. Bocciolini per il sequestro della proprietà. NESSUNA RISPOSTA.

41)  1998/N.37350/98 C – Cassazione, Sez. V. Ricorso Sannino per l’archiviazione del procedimento 3055/97. RESPINTO.

42) 1998/R.G. 2533/98R – Procura di Firenze (dott. Canessa). Querela Belgrave nei confronti di Sandro Boni. Reato calunnia. Indagine nessuna. Esito: ARCHIVIATA.

43) 1998/R.G. 6596 –  Tribunale di Firenze (dott. Elisabetta Materi): Citazione Belgrave per risoluzione contratti. Convenuta Edil Pitti Srl, ripetizione di citazione perché il legale non aveva convenuto la Edil Pitti nella causa sopra e il giudice non aveva accettato nè la chiamata in causa della Edil Pitti nè la domanda di riunione dei due procedimenti. Esito: RIGETTO.

44) 1998/RG 4705 – 3820/98gip  Procura e Tribunale di Bologna (dott. Persico, dott. Grassi). Denuncia Sannino per la correzione di sentenza. Indagini: nessuna. Interrogatorio pm a indagati: nessuno. Esito: ARCHIVIATA.

45) 1999/5490 r.g. m.22 Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Tei). Querela Boni Filippo e Lago Viola Sas di Boni Diletta e C. del 18.03.1999. Indagini: nessuna. Rinviato a giudizio Sannino. IL PROCESSO NON FU TENUTO per difetto di querela rilevato dal legale dei Boni.

46) 1999/5490 r.g. m.22 (PM dott. Piras)Proc. Firenze. Querela esporta da Boni Filippo e Lago Viola Sas di Boni Diletta e C. del 18.03.1999 nei confronti dei coniugi Sannino. Indagini: nessuna. NESSUNA NOTIZIA.

47) 1999/653  Procura Siena – 21601/00 – 104069/00 gip Procura di Firenze (PM dott. Francesco Fleury, GIP dott. Grazia Aloisio) denuncia Belgrave nei confronti di Marcucci, Boni ed altri. Reati individuati: calunnia; furto aggravato; Trasmesso a Firenze da Siena. Indagini: nessuna; ARCHIVIATO.

48) 1999/R.G. 20418 – Tribunale di Firenze sez. Pontassieve (dott. Alessandro Nencini): citazione Boni Sandro contro Sannino per danni relativi a condanna per ingiurie. ACCOLTA.

49) 1999/R.G. 2195/99 Mod.21 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury, dott. Cannizzaro): Denuncia coniugi Sannino. Indagini: La polizia giudiziaria (Guardia di Finanza) rileva associazione per delinquere ed altro, chiede misure cautelari, sequestri ed altro; Esito: ARCHIVIATO.

50) Richiesta di sequestro (gip Cannizzaro) presentata dai coniugi Sannino al Procuratore nel procedimento 2195/99. NON ACCOLTA.

51) 1999/R.G. 352 Mod.21 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan): denuncia dei coniugi Sannino nel 1999 corredata di fotografie documentali dei soggetti denunciati (parenti Boni) colti in flagranza. Dalle indagini dei Carabinieri sono emersi ipotesi di reato di associazione per delinquere ed altro. Indagati Scialdone, Lozzi, Cudia, Boni ecc. Il procedimento è stato smembrato in diversi fascicoli. Sono stati rinviati a giudizio i gestori del Lago e poi ASSOLTI dal Tribunale di Firenze sez. Pontassieve. La Procura di Bologna (dott. Cieri) chiese l’archiviazione per parte del procedimento. ARCHIVIATO.

52) 2000/14510 Procura di Bologna (dott. Materia). Denuncia di Sannino. Procedimento che era stato trasmesso alla Procura di Perugia per competenza e restituito alla Procura di Bologna iscritto al n.3910/04 (dott. Cieri). Indagati i magistrati: Puliga Sebastiano, Bonfiglio Massimo; Pappalardo Francesco, Pezzuti Valentino, il notaio Cudia Ernesto. Reati: abuso d’ufficio. ARCHIVIATO.

53) 2000/16916 Procura di Bologna (dott. Persico). Parte offesa Sannino. NESSUNA NOTIZIA.

54) 2000/3129/00 m.45. – Parte offesa Sannino. Procura di Genova. Trasmessa alla Procura di Bologna in data 19.04.2001 per competenza. NESSUNA NOTIZIA.

55) 2000/4830 – Tribunale di Firenze (dott. Miraglia). Citazione Belgrave per la revocatoria e risoluzione di contratti. Convenuti: Toscana Invest, Residenze Toscane, Edil Pitti, Boni Sandro, Marcucci Franco, Lago Viola sas di Boni Diletta e C. Esito: RESPINTA.

56) 2000/6894 – 111630/00 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan)  – Denuncia Sannino nei confronti di Rinaldi per reati fiscali. ARCHIVIATO.

57) 2000/N.R. 4642 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bonfiglio): Stralcio dal proc. 2195/99 Mod.21. Indagati: Scialdone, Tangocci Antonio e Miranda, Bonechi. Reati: abuso d’ufficio, calunnia, interesse privato, falsa perizia. ARCHIVIATA.

58) 2000/RG 913 –  Corte di Appello Bologna, appello proposto dal PM e dal PG contro la sentenza n.737/99 che assolveva i cancellieri Rinaldi e Catanese. Esito: I reati più gravi non vennero riconosciuti e il solo rimasto, abuso d’ufficio, era prescritto. NON LUOGO A PROCEDERE.

59) 2001 503 e 504 riuniti, Corte di Appello di Firenze, ricorso di Maurizio Boni (amministratore Residenze Toscane Srl) avverso la sentenza del comodato. ACCOLTO.

60) 2001/1050/01 m.45 Procura e Tribunale di Firenze (dott, Fleury – Gip Cannizzaro), procedimento aperto dalla Procura in relazione all’indagine spletata dalla Guardia di Finanza per esposto dei coniugi Sannino. Interrogatori pm: nessuno. ARCHIVIATA.

61) 2001/16827 m.21 Procura di Firenze (dott. Prodomo). Denuncia Boni Maurizio ex art.20 L.47/85. Indagato: Belgrave. NESSUNA NOTIZIA.

62) 2001/20633/01 m.44 – Procura di Genova – 15698/02 – Procura di Bologna (dott. Cieri). Esposto Sannino del 15.11.2001 indagati Puliga, Pezzuti, Catanese, Rinaldi, Scialdone, Lozzi, Boni, Cudia. Trasmessa per competenza alla Procura di Bologna in data 05.01.02. ARCHIVIATO.

63) 2001/6102 – Trib. Firenze (dott. Breggia): Decreto ingiuntivo promosso da Belgrave e causa di opposizione della la Edil Pitti. ACCOLTA LA DOMANDA DELLA EDIL PITTI.

64) 2001/104069 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Soresina). Indagato Marcucci. Reato calunnia a danni di Sannino. Rinvio a giudizio. Esito:Il PROCESSO NON TENUTO perché Marcucci morì nel 2001.

65) 2001/8699. Procura di Bologna (pm. Persico). Sannino parte offesa. PENDENTE al 14.10.2002.

66) 2002/1194/02 – Corte Appello Firenze (dott. Bruno Rados): ricorso Sannino avverso sentenza giudice Patrizia Pompei per crediti. RESPINTO.

67) 2002/1254 Corte di Appello Firenze: Ricorso Sannino e Belgrave avverso la sentenza del giudice Elisabetta Materi nella 4630/97. IN CORSO.

68) 2002/2561 m.45. Procura di Bologna (dott. Persico). Sannino parte offesa. ARCHIVIATO.

69) 2002/3272 m.44 – Procura di Genova. Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Trasmessa per competenza alla Procura di Bologna in data 02.12.03. NESSUNA NOTIZIA.

70) 2002/3575 m.45 – Procura di Firenze (dott. Fleury). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Trasmesso alla Procura di Bologna (dott. Cieri) per competenza. Indagati Scialdone , Lozzi , Boni , Cudia . Reati: falsità continuata, ideologica e materiale, in atti pubblici. ARCHIVIATO.

71) 2002/636 Procura di Bologna (dott. Materia). Trasmesso alla Procura di Ancona in data 15.01.02. Indagati: Pulig , Pezzuti, Persic , Lozzi, Scialdone . La Procura di Ancona ha comunicato al legale che ha ritrasmesso a Bologna. In seguito a richiesta di archiviazione del PM Cieri venne ARCHIVIATO.

72) 2002/8013 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury, dott. Nannucci – dott. Cannizzaro). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Procedimento a carico del dott. Persico. Esito: NON LUOGO A PROCEDERE.

73) 2003/7400, 111321/03 m 21 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury – dott. De Luca). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Indagati: Lozzi Alessandro, Scialdone Roberto. Reati: abuso d’ufficio. ARCHIVIATO.

74) 2003/R.G./A/343 C. Appello Firenze: ricorso Belgrave contro sentenza sopra causa 5864/94. RESPINTO.

75) 2003/R.G. 1681/03 –  Procura di Bologna- Stralcio dal proc. 2352/99 Mod.21proveniente da Firenze. Indagati: sconosciuti. Reati: sconosciuti. Stato: NESSUNA NOTIZIA.

76) 2003/R.G. 20319 – Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve citazione Sandro Boni nei confronti di Sannino e il quotidiano “Il Galletto”. RESPINTO.

77) 2003/R.G.AA.CC.73 cron. 1077 – Corte di Appello Genova, fra Sannino e Ministero di Giustizia, per la lunga durata del procedimento 8753/81. LIQUIDATI 2.900 EURO PER 22 ANNI DI CAUSA.

78) 2004 –  Procura di Firenze procedimento penale a carico dell’ufficiale giudiziario Plini Sergio per le modalità adoperate per lo sfratto della famiglia Sannino il giorno 03.12.2004. NESSUNA NOTIZIA.

79) 2004/20483- Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve (dr. Nencini). Opposizione dei coniugi Sannino allo sfratto. RESPINTO.

80) 2004 – Procura di Firenze – Procedimento penale nei confronti di Sannino per essersi opposto allo sfratto il giorno 06.10.2004. NON SI HANNO NOTIZIE.

81) 2004/728 T.A.R. (dottori Vacirca, Migliozzi e Massari) ricorso della Residenze Toscane Srl (Maurizio Boni) contro il provvedimento di sospensione degli atti esecutivi emanato dalla Prefettura di Firenze. In parte dichiarato CESSATO e in parte dichiarato INNAMISSIBILE.

82) 2005/814 m45. Procura di Genova (PM dott. Lari) Esposto coniugi Sannino. BLOCCATO ALL’UFFICIO DEL PM DA 4 ANNI.

83) 2004Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve (dr. Nencini, dott. Anselmo) Ricorso coniugi Sannino contro le modalità adoperate per eseguire lo sfratto il giorno 3.12.2004. RESPINTO.

84) 2004/1252 – 8082/04 Proc. Bologna (PM dott. Cieri). Esposto dei coniugi Sannino. Proveniente dalla Procura di Firenze. Indagati Boni Sandro, Boni Sauro, Boni Maurizio, Boni Filippo e Boni Diletta. Reato: ricettazione. Richiesta archiviazione dal PM Bolognese benché non risultassero indagati magistrati. ARCHIVIATO.

85) 2004/R.G. 4556 – 8487/04 (8787/04?) Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan – dott. Crivelli): stralcio dal proc. 2352/99 Mod.21. Indagato Boni Filippo. ARCHIVIATO.

86) 2005/2022 m.21/b – Procura di Firenze (dr. Merlo) – procedimento penale indagato Sannino, parti offese  Boni Filippo e Boni Maurizio. ARCHIVIATO.

87) 2005/R.G. 64221 – Tribunale di Roma citazione per danni di Sannino nei confronti di Rinaldi. PENDENTE.

88) 2005/653 m.21/b (dott. Emma Cosentino)-denuncia di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane s.r.l. e Filippo Boni nei confronti della famiglia Sannino per occupazione d’immobile. Chiesto al PM dott. Cosentino l’allontanamento coatto della famiglia dalla casa, RICHIESTA RESPINTA. ARCHIVIATO.

89) 2006/7879 m21 – (dott. Turco) nuova denuncia di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane s.r.l. per occupazione di immobile. Chiesto da parte del PM il sequestro della proprietà domanda rigettata dal gip Crivelli. Rinviato a giudizio Sannino. Il giudice Magnelli condanna Sannino. IN APPELLO.

90) 2006/RG 1732 – Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Tei) denuncia dei coniugi Sannino nei confronti dei Boni per ricettazione ed altro. ARCHIVIATA.

91) 2006/10312 RG – Tribunale di Firenze (dott. Susanna Raimondo) citazione della Residenze Toscane Srl (Boni Maurizio) per reintegra nel possesso d’immobile. ACCOLTO ANCHE SE ERANO SCADUTI I TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA.

92) 2006/4547 m 21- Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Bocciolini – dott. Frizillo) querela dell’ufficiale giudiziario Sergio Plini contro Sannino per il sito web casosannino.com. Rinvio a giudizio Sannino. RITIRATA LA QUERELA.

93) 2007 – (dott. Antonello Cosentino) reclamo dei coniugi Sannino contro decisione dott. Raimondo nel proc.10312 per reintegra nel possesso. RESPINTO.

94) 2007 – denuncia coniugi Sannino al Ministero, alla Procura antimafia e al CSM  per diniego di giustizia. NESSUNA NOTIZIA.

95) 2007 – (dott. Patrizia Pompei, dott. Cosentino e dott. Fantoni) ricorso per sequestro della proprietà presentato da Belgrave nella causa 9301/93. NON ACCOLTO.

96) 2007/6786 – Tribunale di Firenze (dott. Grazia Aloisio) ricorso per sequestro della proprietà presentato da Belgrave. NON ACCOLTO.

97) 2008/R.G. 1339 – Corte di Appello di Firenze, ricorso Belgrave avverso la sentenza del g.i. Patrizia Pompei sulla querela di falso proposta in causa 9301/93. PENDENTE.

98) 2007 – querela di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane srl nei confronti dei coniugi Sannino per diffamazione – PENDENTE.

99) 2009 – Tribunale di Firenze (dott. Monteverde – dott. Governatori) ricorso per sequestro della proprietà e contestuale chiamata di terzo nella causa 9301/03 presentato da Belgrave. NON ACCOLTO.

100) 2009 – Querela di falso presentata da Sannino nella causa 1254/A/2002 (dott. Bellagamba, dott. Romoli, dott. Trovato) – NON AUTORIZZATA.

Da: www.casosannino.com