STATO E MAFIA UNA "COSA SOLA". L'AGENTE NINO AGOSTINO ATTENDE GIUSTIZIA DA 21 ANNI

PROVOCATORIAMENTE, nel 2006 il padre dell’agente ucciso 21 anni fà denunciava agli “Stati generali dell’Antimafia”: “Sono pronto a tutto, e se lo Stato continua a non darmi risposte, sono disposto persino a chiedere aiuto alla mafia purchè sia fatta luce sull’uccisione di mio figlio Nino”.  Così si esprimeva Vincenzo Agostino padre del poliziotto ucciso insieme alla moglie, Ida Castellucci (incinta di 5 mesi) a Villagrazia di Carini, Palermo, lanciando il suo disperato appello.  Pare che nell’uccisione dell’agente e della moglie siano coinvolti come al solito i “servizi segreti” e che sia da collegarsi al noto episodio del rinvenimento di un ordigno esplosivo nell’estate del 1989 presso la villa estiva all’Addaura del giudice Falcone, come risulterebbe da due memoriali consegnati dai familiari dell’Agostino e di un altro agente ucciso al Gip per riaprire le indagini.  Sembra che seppure ufficialmente l’Agostino risultasse solo un agente del commissariato San Lorenzo, addetto alle volanti, in realtà avrebbe svolto missioni antimafia delicate, e soprattutto coperte. “Mi confidò che collaborava con i servizi segreti per la cattura di Provenzano”, ha svelato ai magistrati un collega di Agostino. Ma i servizi segreti hanno sempre negato, frapponendo infine anni fa, di fronte all’ennesima richiesta dei pm, il segreto di stato. Dall’agosto di 21 anni la famiglia di Nino attende ancora di sapere chi siano i mandanti e gli esecutori di quell’omicidio per il quale non ha pagato ancora nessuno.  La madre non ha ancora tolto il lutto, mentre il padre dal quel tragico 5 di agosto del 1989 non ha più tagliato barba e capelli che sono cresciuti lunghi e canuti sulle sue spalle tanto da renderlo ormai un’icona dei familiari delle vittime della mafia, giurando di farli crescere fino a che non saprà perchè hanno ammazzato suo figlio Nino.
A tutt’oggi, sull’omicidio grava ancora il peso del segreto di Stato, un osceno sigillo applicato a storie di sicuro interesse pubblico. Cerchiamo la verità su Cogne e  Garlasco, ha sottolineato Sonia Alfano, e non sul barbaro assassinio di un servitore dello Stato?  D’altronde, osserviamo noi, la verità non è di questo Paese in cui da oltre 50 anni a questa parte pur cambiando i governi (destra o sinistra nulla è mai cambiato) resta governato da amici di mafiosi dove è difficile distinguere i contorni tra Stato e antistato.  Nel 2006, quando il padre di Agostino lanciò la sua provocazione a Roma agli “Stati generali dell’Antimafia”, Presidente del Consiglio era Romano Prodi, vicino alla Loggia di San Marino e Ministro della Giustizia il faccendiere Clemente Mastella, esponente della camorra e nulla è stato fatto. Ora che capo del governo è l’esponente di una’altra nota loggia massonica (la P2),  che ha fondato il suo partito-azienda con Dell’Ultri, non si vede quali speranze possano sensatamente nutrire i familiari delle vittime di mafia, in un regime dove le logge, le corporazioni e i partiti sono una “cosa sola” con lo Stato.

La Scheda: La storia dell’ agente di polizia, Nino Agostino, ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, insieme alla moglie Ida Castellucci, in cinta di cinque mesi di una bambina, è certamente una delle più drammatiche ed oscure vicende della storia di un’ Italia retta, allora come adesso, da poteri deviati e da un’ antistato che troppo spesso diviene Stato.
Sulla morte di Nino Agostino non è ancora stata fatta luce ed i suoi assassini, insieme ai mandanti, sono a tutt’oggi uomini liberi esattamente come qualsiasi altro onesto padre di famiglia. Sul fascicolo relativo alle indagini sul suo assassinio è stato apposto quello che non esitiamo a definire “il sigillo della vergogna” ovvero il Segreto di Stato.
Nino e Ida, quel giorno, si trovavano davanti alla villa di famiglia per partecipare al compleanno della sorella di Nino. Furono trivellati di colpi da due sicari in motocicletta sotto gli occhi dei genitori Vincenzo ed Augusta.
Suo padre, Vincenzo Agostino, un anziano uomo che ha percorso qualsiasi strada pur di ottenere giustizia da quello Stato per il quale suo figlio Nino ha consapevolmente sacrificato la vita, ha promesso di non tagliare più la propria barba bianca fino a che non otterrà quello che gli spetta; giustizia per suo figlio, per la sua famiglia, per la nuora Ida e per sua nipote mai nata.
Di recente, nel registro degli indagati in merito all’inchiesta sulla morte di Nino Agostino e della moglie Ida Castellucci, è stato iscritto Guido Paolilli, poliziotto in pensione, indagato per favoreggiamento aggravato e continuato a Cosa Nostra. Il collega e amico di Nino Agostino, che svolse le indagini immediatamente dopo la sua morte, fornì una pista che conduceva ad un “delitto passionale”. In Sicilia questa è quasi una tradizione che se non fosse perchè si tratta di omicidi verrebbe a buon diritto inserita negli alamnacchi di storia e cultura popolare; prima li ammazzano e poi li fanno passare per pazzi o puttanieri.
L’ iscrizione nel registro degli indagati è scattata in seguito ad una conversazione intercettata a marzo nella sua casa di Montesilvano a Pescara. Paolilli ed ill figlio stavano ascoltando, su RAI UNO, Vincenzo Agostino, padre dell’ agente, che in quel frangente citava le parole scritte su un biglietto trovato nel portafogli di Nino: “Se mi succede qualcosa andate a cercare nell’armadio di casa”. Il figlio di Paolilli, chiedendo al padre quale fosse il contenuto dell’armadio, si sentì rispondere: “Una freca di carte che ho distrutto”. Sul conto di Paolilli anche Vincenzo Agostino ha rivelato elementi interessanti: “un giorno Guido Paolilli, che era amico di mio figlio, insistette per venire con noi al cimitero. Incalzato dalle nostre domande sulle indagini, disse che la scoperta della verità non avrebbe fatto piacere. Disse pure che avrebbe fatto il possibile per mostrarci sei fogli”.
I sei fogli non sono mai stati mostrati alla famiglia Agostino ne ve ne è più traccia.
Paolilli ha dichiarato che i sei fogli vennero sequestrati durante la terza perquisizione nell’appartamento di Nino Agostino. Negli atti della Squadra Mobile risultano però solo due perquisizioni. Un’ altra incongruenza di non poco conto nelle dichiarazioni di Paolilli è quella relativa alle mansioni svolte. Paolilli ha dichiarato di svolgere servizio presso il nucleo scorte ma diversi suoi colleghi hanno asserito, smentendolo, che l’indagato svolgeva attività antimafia.
Paolilli era persona di fiducia di Bruno Contrada ed ha testimoniato a sua difesa nel processo a suo carico. Si riferiva proprio a Paolilli l’agente Agostino quando disse ad un collega: “Sto collaborando con un amico per la cattura di latitanti?”.
Ad oggi esiste un solo pentito che ha raccontato di questo omicidio, Oreste Pagano, il quale ha affermato: “Ero al matrimonio di Nicola Rizzuto, in Canada. C’era un rappresentante dei clan palermitani, Gaetano Scotto. Alfonso Caruana mi disse che aveva ucciso un poliziotto perché aveva scoperto i collegamenti fra le cosche ed alcuni componenti della questura. Anche la moglie sapeva, per questo morì”.
I servizi segreti italiani hanno sempre negato che l’agente Agostino abbia svolto servizio presso il SISMI ma la recente riapertura delle indagini sarebbe giustificata dal ritrovamento di nuovi documenti nell’archivio della Squadra Mobile che attesterebbero l’attività di antimafia del poliziotto tra le fila dei servizi segreti. Inoltre, una nota riservata del 1993, a firma del capo del centro di controspionaggio di Palermo alla prima divisione Sismi di Roma, testimonia il grande interesse dei servizi nei confronti dell’ operato dei giudici inquirenti sulla morte del poliziotto: “Centro controspionaggio di Palermo. Riservato. Oggetto: riapre l’indagine sul delitto Agostino. Data 5 marzo 1993. Secondo quanto è stato possibile apprendere il gip titolare dell’inchiesta sarebbe in possesso di due memoriali consegnati dai familiari dell’Agostino e del Piazza che avrebbero indotto il magistrato a riaprire i due casi, unificandoli. Nei memoriali di cui sopra, acquisiti dal gip, pare che siano contenute affermazioni di una certa gravità in merito al noto episodio del rinvenimento di un ordigno esplosivo nell’estate del 1989 presso la villa all’Addaura del dottor Falcone”. http://www.familiarivittimedimafia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=897:nino-agostino&catid=104:sto&Itemid=278

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