A distanza di 35 anni l’omicidio di Pierpaolo Pasolini è ancora avvolto dal mistero.

Il caso dello scomodo intellettuale bolognese è stato nuovamente iscritto a ruolo per ulteriori indagini dalla Procura di Roma (Pm Di Martino e Minisci) dopo un esposto dell’Avv. Stefano Maccioni e della criminologa Simona Ruffini che hanno compiuto investigazioni private e ascoltato testimoni, tra cui Silvio Parrello il quale ha raccontato che uno degli autori dell’aggressione omicida che costò la vita a Pasolini potrebbe essere un certo Antonio Pinna, poi misteriosamente scomparso. La vettura del signor Pinna fu ritrovata a Fiumicino (Roma) il 16 febbraio del 1976. Il Pinna, facoltoso pregiudicato, che conosceva Pasolini da molti anni, nell’immediatezza della morte dell’intellettuale avrebbe portato ad un carrozziere una Alfa Romeo simile a quella di proprietà di Pasolini per farla riparare: l’auto era ammaccata e sporca di fango. Il carrozziere pensando che l’auto fosse in quello stato per una ragione legata alla morte di Pasolini aveva rifiutato di ripararla; tanto che il Pinna aveva dovuto portarla ad un altro carrozziere. Le dichiarazioni del testimone confermerebbero la tesi secondo la quale ad uccidere Pasolini sarebbero state più persone e non il solo Pino Pelosi che fu come noto condannato in via definitiva per omicidio compiuto dopo un incontro con lo scrittore.

Vi sarebbero conferme in tal senso raccolte all’Idroscalo di Ostia da Sergio Citti che ha girato un video conservato a Bologna alla Cineteca (Archivio Pasolini).

La presenza di altre persone è confermata dallo stesso Pelosi nella sua ritrattazione mandata in onda dalla trasmissione televisiva “Ombre sul Giallo” di Franca Leosini, ove ha riferito di essere stato aggredito da tre persone che parlavano con accento siciliano che lo avrebbero picchiato e quindi avrebbero massacrato Pasolini, aprendo quindi nuovi scenari politico-mafiosi sulle cause dell’efferato delitto. Il racconto di Pelosi, pur con tutte le riserve del caso, ha alcuni spunti importanti. Pelosi potrebbe averle inventate, ma riferisce due parole che appartengono al gergo stretto catanese: “fitusu” e “iarrusu”: quest’ultima parola è un termine fortemente dispregiativo col quale a Catania si indica un omosessuale che si prostituisce. Ma inoltre, Pelosi ha fatto il nome di un avvocato legato all’estrema destra.

La perizia psichiatrica di parte viene affidata ad Aldo Semerari, psichiatra e criminologo fondatore dei Nar, poi ucciso e decapitato. Semerari dichiara Pelosi incapace di intendere, ma la sua perizia viene respinta dal giudice Moro che condanna Pelosi e indica in sentenza la presenza di altri soggetti sul luogo del delitto.

Fatti inquietanti che inducono molti a ritenere che la morte di Pasolini possa trarre origine dalla sua curiosità di intellettuale privo di collari scomodo al potere.  

”Pasolini aveva paura e qualche mese prima di morire fece cambiare il numero di telefono di casa perché riceveva minacce”. Lo ricorda Ines Pellegrini, una delle sue attrici preferite che il regista volle nel suo film ‘Le Mille e una notte’. Ines, eritrea, era tra le persone vicine a Pasolini: ”Mi voleva bene, diceva che lo ispiravo”. Il regista era stato colpito dal suo volto guardando una sua fotografia e la volle nel film nella parte di Zummurud senza che avesse avuto  nessuna  esperienza nel cinema. Era il 1974. ”Provavo da diversi giorni a chiamarlo, ma non era più possibile prendere la linea. Avevo cominciato a preoccuparmi. Poi mi chiamò Pier Paolo e mi disse che aveva cambiato il numero: ‘Mi arrivano telefonate di minaccia, io sono pronto… se mi vogliono colpire. Ma l’importante è che non parlino con mia madre’. E aggiunse: ”Ti dò il nuovo numero: qui mi possono rintracciare solo gli amici”. Ines Pellegrini vive ora a Los Angeles e si occupa degli homeless della città, gira di notte portando cibo ai diseredati insieme alle Sorelle di Calcutta, alternandolo al suo lavoro in una boutique alla moda. ”Ho sentito che si riapre il capitolo sulla morte di Pasolini e ho deciso di raccontare quello che lui mi disse allora”, racconta. ”Ripeto: aveva paura e io non riuscivo a capire il perché e a chi si riferiva, oggi forse quelle parole hanno un senso più chiaro”.

“Ho confermato di aver visto un manoscritto che mi è stato detto essere il capitolo mancante dell’opera pubblicata postuma ‘Petrolio’ di Pier Paolo Pasolini”. Così il senatore Marcello Dell’Utri sentito per circa trenta minuti in Procura nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dello scrittore Pier Paolo Pasolini avvenuta all’Idroscalo di Ostia nel 1975. Un’audizione disposta dopo le dichiarazioni del politico che in alcune interviste disse di aver letto un dattiloscritto di 78 pagine riconducibile al capitolo scomparso di “Petrolio”, il romanzo-inchiesta su cui stava lavorando lo scrittore prima della morte e pubblicato postumo dello scrittore nel 1992. Nel documento in questione si parlerebbe dell’Eni, di Enrico Mattei, di Eugenio Cefis. “Era un volume di circa 70 pagine dattiloscritte su fogli di carta velina – ha detto Dell’Utri lasciando gli uffici di piazzale Clodio – Il titolo era ‘Lampi su Eni’, l’ho sfogliato rapidamente e ho notato che aveva delle correzioni e note fatte a mano. Mi fu fatto vedere da una persona che non mi disse il suo nome e che incontrai all’inaugurazione della mostra su Curzio Malaparte a Milano. Voleva vendermi il dattiloscritto e gli chiesi quale fosse il prezzo, ma lui mi disse che si sarebbe rifatto vivo e gli diedi il mio numero di telefono, ma non mi ha mai chiamato. Questa persona mi mostrò anche una copia del libro ‘Questo è Cefis’ del 1972 che fu fatto ritirare dal mercato proprio dallo stesso Cefis. Mi disse che l’ultimo capitolo di ‘Petrolio’ contiene molto di più di quello che c’è in questo libro. Il volume su Cefis, che ho letto, narra di cose inquietanti e non è possibile trovarlo sul mercato”.

C’è poi la verità scomoda del regista Sergio Citti che il 2 novembre del 1975 filmò la scena del crimine all’idroscalo di  Ostia, rivelando le incongruenze delle dichiarazioni di Pino Pelosi, e la testimonianza di un ex ragazzo di vita Silvio Parrello, già resa a ‘Chi l’ha visto?’, che con un’indagine personale avrebbe individuato i nomi di “ignoti”, il carrozziere che ripulì e riparò la “seconda macchina” che materialmente uccise lo scrittore, e la persona che quella notte gliela portò. Da questi elementi parte la riapertura delle indagini sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini illustrata alla Casa del Cinema da Guido Calvi incaricato dal Comune di Roma che nel 2005 (a trent’anni dalla morte) si costituì parte civile nella causa.

“Siamo davanti ad un magistrato che sta accertando con un nuovo atto giudiziario possibili ignoti e possibili mandanti – dice Calvi – compiendo finalmente passi in avanti. Ringrazio il Comune di Roma nell’affidarmi l’incarico di riaprire l’istruttoria e trovare la verità. Ringrazio Martone che mi ha consentito di avere un atto giudiziario, l’intervista a Sergio Citti perché ci dicesse quello che sapeva e mostrasse il suo filmato per consentire al giudice di vedere uno scenario sconosciuto. Ho depositato l’atto qualche giorno fa. Questo Stato ha un grande debito nei confronti dell’indagine – continua Calvi – La morte di Pasolini fu chiusa subito dopo l’arresto di Pelosi, e non fu fatto più nulla con la cancellazione di elementi fondamentali. Era evidente che Pelosi non diceva il vero. Basta vedere il filmato di Pelosi che entra in carcere senza una macchia di sangue quando il corpo di Pasolini era devastato. Sul luogo del delitto la più  elementare delle indagini prevede di circoscrivere l’area quando invece  fu consentito a tutti di entrare e disperdere le tracce di una seconda macchina che portava altri protagonisti. L’autovettura di Pasolini tenuta per giorni e giorni nel parcheggio della polizia sotto la pioggia (era novembre). Voglio ricordare che già il giudice del Tribunale dei Minori Carlo Alfredo Moro, fratello di Aldo Moro, presidente di Cassazione che condusse l’indagine, arrivò ad una sentenza di condanna di Pelosi per omicidio volontario in concorso con ignoti. In Italia è stata coperta con velo di omertà questa morte. Noi abbiamo  continuato per merito del Comune di Roma, perché le verità emergessero. Abbiamo fatto riaprire per due volte il caso ma con indagini sommarie. Stavolta qualche speranza in più la nutro. Primo mi sembra che questo giovane magistrato la stia conducendo con scrupolo… Il mio convincimento è che qualcuno voleva che quella voce non parlasse più, una voce che non doveva essere più ascoltata o letta.

Scheda: Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Ostia 2 novembre 1975) è una delle più significative personalità del panorama culturale del Novecento. Fu poeta (in dialetto e in italiano), romanziere, critico letterario, saggista, drammaturgo, sceneggiatore e regista, sempre attento ad una “continua ridefinizione del rapporto tra la vita personale, le scelte culturali, l’orizzonte storico, politico e sociale. Per Pasolini, la cultura è in ogni momento presenza nel mondo, intervento nell’attualità, modo per affermare esigenze imprescindibili, di valore universale, che riguardano la realtà nella sua interezza” (G. Ferroni). La cifra della sua produzione è forse nella ricerca di una purezza, di una semplicità di matrice contadina, non intaccata quanto ai suoi valori cardine e al suo spirito dal Fascismo, bensì uccisa dal consumismo  capitalistico in cui si muove la classe borghese. “Per la sua esperienza di omosessuale, egli vive il rapporto con la realtà sotto il segno dell’impurità e dello scandalo”.

Pasolini fu ucciso nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 in un campetto sterrato nella zona dell’idroscalo di Ostia. Il cadavere fu trovato la mattina del 2 novembre, sfigurato dai colpi e da un’auto che gli passò sopra. Il regista fu colpito più volte alla testa e poi investito da una macchina. Vicino furono trovati attrezzi usati per il pestaggio: un paletto e una tavoletta nera macchiati di sangue. Per la morte dello scrittore fu condannato Pino Pelosi, detto “Pino la rana”, un ‘ragazzo di vita’ all’epoca  diciassettenne, che fu fermato a bordo dell’Alfa Romeo 2000 Gt di Pasolini. In primo grado Pelosi fu condannato a nove anni di reclusione con una sentenza che ipotizzò la presenza di altre persone sulla scena del delitto; in secondo grado la condanna venne inflitta per omicidio senza concorso di altri.

D:UsersASFDesktop- Delitto Pasolini ancora molto da scoprire – La scheda.mht

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