A VALLO DELLA LUCANIA SI MUORE DI MALAGIUSTIZIA

Da Vallo della Lucania un’altra storia di malagiustizia, un’altra odissea giudiziaria, finita in tragedia, senza giustizia. Cambiano solo le vittime, gli autori siedono sempre in Procura.
A scriverci è la Signora Martino Concettina, per richiamare l’attenzione sul caso della sua famiglia che si protrae da oltre 7 anni, nel corso dei quali Funicello Raffaele, il suo caro marito è morto stroncato da un infarto, non riuscendo a darsi pace per le ingiustizie subite.
Una storia costellata di abusi edilizi, denunce, esposti, sequestri e dissequestri, illecite connivenze istituzionali e assoluta inerzia del P.M. di Vallo della Lucania, e delle varie A.G. adite che, anziché tutelare la legalità e il rispetto dei diritti, appaiono protese a favorire ad oltranza gli interessi dei forti in danno delle parti più deboli che credono fermamente nella giustizia.
La vedova Martino ci racconta che il marito è morto senza ricevere risposte dalle Autorità preposte alle quali si era fiduciosamente rivolto, confidando fino alla fine nella giustizia e nei valori di legalità. E’ morto amaramente perché sono rimaste lettera morta tutte le sue numerose denunce presentate presso i Carabinieri di Perdifumo, la Guardia di Finanza di Casalvelino Marina e la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania che ancora oggi a quanto pare non hanno ancora preso gli opportuni provvedimenti, circa gli abusi edilizi segnalati.
La triste vicenda trae origine dalla violazione di elementari norme edilizie ed urbanistiche da parte del confinante, violazioni non opportunamente e tempestivamente sanzionate dal Comune di Montecorice e degli altri Uffici tecnici preposti, che si sono invece adoperati per coprire gli abusi edilizi, lasciando mano libera di rompere con martelli pneumatici il muro di confine della casa di abitazione della famiglia Funicello, costruita con i sacrifici di una vita di lavoro.
I lavori di costruzione e completamento del fabbricato del confinante devono ritenersi infatti in contrasto con la normativa in vigore poiché hanno per oggetto una zona a rischio sismico, denominata Vecchi Centri, tra l’altro sottoposta a tutela ambientale e vincoli paesaggistici.
A fronte di ciò il Comune di Montecorice, anziché rilevare e sanzionare l’abuso perpetrato, assume falsamente in ogni sede che il fabbricato in questione sarebbe “conforme alla normativa edilizia ed urbanistica vigente”, tanto da influire sulla decisione del Tribunale Collegiale di Vallo della Lucania, che ha provveduto a dissequestrare l’immobile di proprietà di G.G., senza tenere in considerazione i punti cardini oggetto del sequestro come la violazione della normativa sismica, consentendo al confinante la prosecuzione di una costruzione abusiva quant’anche essa sia in contrasto con il piano di fabbricazione e il DPR 380/2001, come accertato dai CTU nominati dalla Procura ing. A.A. e Geometra D.D..
Vi sono altresì da sottolineare ulteriori aspetti inquietanti di connessioni ed interessenze che hanno molto probabilmente inquinato le indagini: ed infatti, la vedova Funicello si domanda come mai l’Ufficio Tecnico del Comune di Montecorice, nella persona del Geometra G.G., ha rilasciato false attestazioni, e forse una delle ragioni è da ricercarsi nei rapporti di parentela tra la figlia di quest’ultimo geometra collaboratrice dell’Ingegnere A.V., che risulta aver redatto gli elaborati progettuali relativi alla costruzione posta in essere dal confinante del Funicello o probabilmente il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montecorice geometra G.G., tende a far si che vengano assolti gli imputati nel Procedimento Collegiale nr. 180/10 visto che tra gli indagati troviamo anche l’ing. A.V. marito di G.F, che a sua volta risulta, anche essere nipote di terzo grado del Tecnico Comunale Geometra G.G..
La signora Martino, denuncia perciò il fatto che, nonostante le macroscopiche illeicità commesse, i lavori continuano ininterrottamente e nessuno faccia nulla per fermarli, nonostante il fatto che il fabbricato in questione sia stato dissequestrato solo in relazione ad alcuni dei motivi per il quali era stato posto sotto sequestro, mentre permangono in essere le violazioni attinenti alla normativa sismica, al doppio della volumetria realizzata, al fatto che in quella zona è prevista la demolizione senza ricostruzione, tutti aspetti di gravi violazioni legislative, incomprensibilmente “dimenticati” forse dal P.M. che ha autorizzato il dissequestro o dall’Organo Collegiale del Tribunale di Vallo della Lucania che lo ha disposto, consentendo ad oggi la continuazione di quei reati già contestati e la prosecuzione di un’opera illegittima che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, avrebbe dovuto comportare, oltre al risarcimento del danno, la demolizione del fabbricato.
Il povero Sig. Funicello, pressoché ogni settimana, si recava in Procura con il suo legale per cercare di capire le ragioni del contegno omissivo assunto dalla Magistratura, che consentiva la prosecuzione dei lavori, senza nessuno che si ponesse il problema di fermarli.
Probabilmente, tutto ciò, è stato stressante a tal punto da distruggere l’equilibrio psicofisico del defunto Sig. Funicello, il quale si è trovato esposto quotidianamente al rumore insopportabile dei martelli pneumatici che danneggiavano il muro di confine dell’abitazione di sua pertinenza senza poter fare alcunché e con il pensiero di essere stato abbandonato dalla Giustizia e dalle Istituzioni a cui si era rivolto.
La vedova Funicello si appella perciò anche al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia, affinché si faccia luce e chiarezza sulle responsabilità del caso, e sull’impunità conseguente all’intervenuto sostanziale affossamento di tutte le numerose denunce presentate dal marito e dalla medesima, nonché delle relative indagini.
Questa è la non lusinghiera “fotografia” della giustizia italiana amministrata nella costiera cilentana che emerge dalla vicenda sopra narrata.

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