Sfrattati per soli 20,00 euro di "morosità"

Sfrattati per soli 20,00 euro di “morosità”

A quali giudici affidiamo i ns. diritti?

Un’altra sentenza destinata a fare discutere quella che il 3 marzo u.s. i giudici della terza sezione civile della Cassazione, Relatore Dr. Mario Finocchiaro, sono chiamati a pronunciare nella causa promossa dal Sig. Umberto Ippolito, un operaio in cassa integrazione, assistito da “Avvocati senza Frontiere”, contro la Cefalo Vecchio s.a.s., società immobiliare di proprietà di Roberto Mazzotta, Presidente di Banca Popolare di Milano, assistito dall’avv. Emanuele Cirillo, Presidente dell’Ordine Avvocati di Monza.

Siamo ormai abituati a sentirne di tutti i colori dai giudici della Cassazione, ma quanto, forse, resterà senza precedenti giuridici nella storia del diritto è che una famiglia di onesti lavoratori possa vedersi buttare in mezzo alla strada per appena quarantamila lire di differenza sul calcolo degli interessi di mora dell’affitto, con il beneplacito del Supremo organo di legittimità, il quale, pare, ritenga sussistere la gravità dell’inadempimento, tale da giustificare la risoluzione del contratto, ai sensi art. 1455 c.c. (art. 55 L. 392/78).

Così minacciano di andare le cose se il Collegio dovesse accogliere le poco accorte richieste del Relatore, Dr. Finocchiaro e del P.M. di udienza, Dr. Scardaccione, i quali il 3 marzo u.s. hanno richiesto il rigetto del ricorso, sostenendo, senza probabilmente avere letto attentamente gli atti, che la morosità consisteva in Lire 40.000.000, anziché in sole Lire 40.000, e che il ricorso non avrebbe contenuto (sic!) “motivi di diritto ma solo di fatto”.

La storia della famiglia del Sig. Ippolito risale agli anni ’80 e segue la fortuna del banchiere Mazzotta, già assurto alle cronache giudiziarie per fatti di corruzione, ai tempi di Tangentopoli, la cui società ha preteso ininterrottamente dagli inquilini degli immobili di sua proprietà canoni e spese condominiali gonfiati a dismisura, godendo di facili sfratti concessi “senza guardare troppo per il sottile” da taluni giudici del Tribunale di Monza e della Corte di Appello di Milano.

Giudici i quali, come accaduto giorni fa in Cassazione, hanno fatto di tutto e di più per cercare di disconoscere i diritti degli inquilini che hanno sempre contestato la sussistenza della pretesa morosità, chiedendo vanamente una perizia contabile sulle somme effettivamente dovute sia per canoni sia per spese.

Domande, mai, illegittimamente, esaminate nel merito dai giudici di prime cure, i quali, per di più, senza considerare che il Sig. Ippolito aveva pagato integralmente le somme indebitamente pretese, non hanno, neppure, tenuto conto di un macroscopico “errore” nel calcolo degli interessi di mora, valutati in lire 40.167 in più, rispetto al dovuto (è stato applicato il tasso del 10% anziché quello di legge, all’epoca vigente, del 5%).

Senza contare poi che, viceversa, è il Sig. Ippolito a risultare creditore di ben 70.000,00 Euro, per somme versate in eccedenza nell’arco degli ultimi vent’anni, come evidenziato da una Consulenza contabile disposta dal Tribunale di Monza in una parallela causa che accerta che non sono dovuti dagli inquilini i canoni e le spese nella misura indebitamente pretesa dalla società del Mazzotta.

Apparirebbe, quindi, del tutto sconcertante che la Cassazione oggi avallasse l’errore materiale di calcolo e di diritto in cui sono incorsi i giudici del Tribunale di Monza e della Corte di Appello di Milano, che non avrebbero certo potuto legittimamente dichiarare “grave” il preteso inadempimento di appena lire 40.167, anche laddove si volesse considerare effettivamente dovuta, contro realtà, tale differenza derivante da un errore di calcolo.

Errore che, nella specie, ove oggi venisse incautamente ripetuto dal Supremo Collegio, sarebbe veramente diabolico ed un vero e proprio stravolgimento delle norme giuridiche, tenuto conto che l’asserita risibile morosità di L. 40.167 si fonda, altresì, sull’omessa applicazione della legge sull’equo canone (artt. 45 e 79 L. 392/78) e delle procedure in materia di prove e di indebito arricchimento.

Infatti, le 40.167 lire di differenza non dipendono solo dal predetto errore di calcolo, ma, altresì, dall’erronea lettura del contratto di locazione, in base al quale il canone annuo previsto non era di L. 4.000.000, oltre le spese, come fraudolentemente asserito nell’intimazione di sfratto, convalidata dai giudici di prime cure, bensì di L. 2.800.000.

Con la conseguenza che le rate asseritamente scadute non erano di L. 1.265.276 cadauna, bensì di L. 890.000 cadauna e, quindi, che, a maggiore ragione, non sussisteva palesemente alcuna pretesa morosità e motivo di sfratto né, tantomeno, alcun residuo interesse di L 40.167 sul pagamento dei canoni di locazione, che erano sempre stati, per oltre 12 anni, regolarmente corrisposti, pur contestando le indebite maggiorazioni che hanno determinato, come sopradetto, un maggior credito del sig. Ippolito di ben Euro 70.000,00, che i giudici, scandalosamente, hanno ignorato, limitando la loro attenzione alla sola ridicola questione della pretesa morosità di ben 20 euro… (!) avanzata pretestuosamente dalla società del Dr. Mazzotta con evidente malafede e altre finalità.

Senza, poi, tenere conto, dulcis in fundo, dell’ulteriore errore – allarmante se si considera che è stato posto in essere da magistrati – che gli interessi sono stati calcolati nella misura del 10% e non già in quella minore di legge all’epoca vigente pari al 5% e, per di più, che gli aggiornamenti Istat applicati non operano sulle spese ma solo sui canoni e non in misura superiore al 75% della variazione annuale.

Fatti per i quali Avvocati senza Frontiere ed il Sig. Umberto Ippolito, ipotizzando malafede e dolo collusorio, da parte degli organi giudicanti, hanno già depositato un particolareggiato esposto alla Procura di Brescia per falso ideologico, abuso e interesse privato in atti d’ufficio, a carico dei primi giudici di Monza e Milano, auspicando di non doversi ripetere anche presso la Procura di Perugia, a carico dei giudici della Cassazione, cosa per cui hanno già notiziato il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ed il Presidente della 3° sezione civile, Dr. Nicastro, affinché assumano i più opportuni provvedimenti.

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