Al Papa non piace il Vangelo? "La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri".

Papa Benedetto XVI in Sicilia per celebrare il 17° Anniversario dell’uccisione di Padre Puglisi, lasciato solo dalla dalla Chiesa e dallo Stato. Ma scatta la protesta per gli striscioni oscurati dalla Digos in maniera sommaria e illegittima.

Forse al Papa non piaceva quella frase del Vangelo di Matteo? 

In calce la storia dello scomodo <parrinu> che insegnava a ragionare con la propria testa.

La visita del pontefice, in occasione del diciassettesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi, durerà dieci ore. Già dall’alba i pullman di fedeli provenienti da tutta l’isola hanno cominciato ad affollare le aree di sosta: “Siciliani non rassegnatevi al male”

Una visita che costerà circa due milioni e mezzo di euro, 500.000 dei quali a carico del Comune di Palermo, che li attingerà dal fondo di riserva. Arriva Benedetto XVI e non accennano a placarsi le polemiche che da settimane infuriano nel capoluogo siciliano.

La visita del pontefice, in occasione del diciassettesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi, durerà in tutto dieci ore, ma già dall’alba i pullman di fedeli provenienti da tutta la Sicilia hanno cominciato ad affollare le aree di sosta. E arriva il primo allarme, quello dell’Amia, l’ex municipalizzata che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti: “C’è chi abbandona sacchetti di rifiuti indifferenziati per strada”, scrive in una nota la società che parla “di una vera e propria emergenza, con la formazione di enormi accumuli di rifiuti in una parte di Palermo che sarà interessata dalla visita del Santo padre”. In realtà, nulla di nuovo, visto che la raccolta differenziata dei rifiuti è stentatamente partita solo in una piccola parte della città, che continua a navigare tra cumuli di sacchetti e cassonetti trasbordanti.

Il papa è arrivato a Punta Raisi alle 9.15, ha raggiunto piazza Giovanni Paolo II, e, a bordo della papamobile si è diretto al Foro Italico dove ha celebrato l’Angelus: “Non rassegnatevi al male.  Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera” ha detto il pontefice. “Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”. Ai centomila fedeli, il papa ha augurato un futuro di serenità e pace: “Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni” consapevole tuttavia che a Palermo, e in tutta la Sicilia, “non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale e, come ha ricordato l’Arcivescovo, a causa della criminalità organizzata”. L’anniversario dell’omicidio di padre Puglisi, il cui ricordo è vivissimo nel cuore dei palermitani, non poteva prescindere dalla condanna della mafia, come già fece, a suo tempo, Giovanni Paolo II, con parole durissime.

Alle 17.00 è previsto un incontro con il clero e i seminaristi, alle 18.00 un incontro con i giovani a piazza Politeama. Ripartirà alle 19.15 per Ciampino. I costi della visita papale che hanno suscitato indignazione e polemiche non riguardano le spese per la sicurezza del pontefice ma i costi vivi sostenuti dall’amministrazione comunale e da quella regionale. Passi per i 200.000 spesi per le transenne (il percorso di Benedetto XVI è di circa 22 km), passi per i 15.000 euro per il noleggio dei 10 maxischermi per il Foro Italico e piazza Politeama e i 50.000 euro per il noleggio dei 400 gabinetti chimici, possibile che il solo palco al Foro Italico costi 200.000 euro? Più altri 150.000 euro per “abbellire” il palco, più altri 300.000 euro per l’impianto di amplificazione e ancora altri 150.000 per l’impianto di luci. Strano, tra l’altro, il confronto con il costo del palco a piazza Politeama, dove il papa incontrerà i giovani: “solo” 50.000 euro e altri 50.000 di piante.

Dalle prime luci dell’alba di ieri sono comparsi anche striscioni con la scritta: ”Con Ratzinger contro matrimoni gay e relativismo”. Gli striscioni che compaiono in particolare per le vie del centro, via Roma, via Libertà, via Notarbartolo, via Autonomia Siciliana, via Duca della Verdura, sono stati affissi dagli aderenti a Giovane Italia, il movimento giovanile del Popolo della Libertà, “da sempre in prima linea nella difesa di quei valori non negoziabili, quali vita e famiglia, indicati dal Papa”. Gli stessi striscioni che lo stesso movimento aveva tirato fuori in occasione del primo Gay Pride siciliano, a giugno di quest’anno, che aveva portato in piazza 10.000 persone.

Su uno terrazzo, proprio di fronte al palco al Foro Italico, avrebbe dovuto esserci uno striscione, con una frase tratta dal Vangelo di Matteo, che invece non c’è. Un gruppo di palermitani lo aveva esposto ieri notte, dopo averci lavorato per giorni. Sullo striscione si leggeva: La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri”. Le forze dell’ordine sono intervenute immediatamente, hanno prima tentato di farsi ammettere in casa, ma erano sprovvisti di un qualsivoglia ordine di un magistrato e sono stati lasciati sulla porta. Sono quindi intervenuti i vigili del fuoco, su richiesta delle forze dell’ordine, e sono saliti con le scale mobili a strappare lo striscione. Ci sono riusciti solo per metà, l’altra metà (ma praticamente inservibile) è stata ritirata dalle persone in casa.

E’ un regime, neppure in casa nostra possiamo esprimere liberamente il nostro pensiero” afferma Franca Gennuso, una delle persone presente nella casa “incriminata”, tenuta sveglia tutta la notte da continue telefonate delle forze dell’ordine che tentavano, con le buone e con le cattive, di persuaderli a ritirare lo striscione.

La verità è che non vogliono sbavature. Vogliono dare l’immagine di una visita perfetta, tra un consenso perfetto”.

E’ chiaro che è tutt’altro che così.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/03/papa-benedetto-xvi-in-sicilia-ma-le-polemiche-sui-costi-non-si-fermano/67359/

PADRE PINO PUGLISI (3P): UN UOMO, LASCIATO SOLO DALLA CHIESA E DALLO STATO, CHE INSEGNAVA A RAGIONARE CON LA PROPRIA TESTA.

15 settembre 1993. A Palermo, nel quartiere di Brancaccio, con un solo colpo alla nuca, Padre Pino Puglisi viene ucciso dalla mafia.

Quando i suoi quattro sicari arrivano è a pochi passi da casa sua, nel giorno del suo 56° compleanno. Non si stupisce, non sembra sconvolto. Sorride.

Fino a quel giorno molti non hanno mai sentito parlare di lui. Non è uno dei cosiddetti “preti antimafia”, non ha mai cercato visibilità, clamore; non è mai stato in prima fila nei cortei agitando striscioni carichi di verità miste a luoghi comuni sulla mafia, sui cittadini collusi, sulla bella faccia nascosta di una Sicilia che non trova la forza di rinascere.

“3P” – come lo chiamavano in molti per via di quella divertente allitterazione in Padre Pino Puglisi – è un insegnante di religione, un parroco come tanti, il figlio di un calzolaio, cresciuto nello stesso quartiere covo della mafia che gli darà la morte.

In molti non sospettavano l’importanza straordinaria della sua opera.

Dal giorno del suo assassinio comincia a svelarsi quella “piccola rivoluzione” ignorata da tanti ma non dalla mafia.

Padre Pino aveva capito di non poter minimamente ledere quel tessuto intriso di cultura dell’illegalità con i grandi proclami, le teorie, le belle parole. La sua innata passione per i giovani gli aveva permesso di intuire che l’unico modo di scalfire l’onnipotenza della mafia in quel territorio era quello di volgere lo sguardo ai più piccoli, ai figli incolpevoli dei criminali, che non conoscono altra realtà se non la legge di ”Cosa nostra”, le sue barbariche norme, il suo potere.

Sono bambini addestrati da sempre, con gli stessi rituali, a divenire nuova linfa, nuovi potenti o semplice manovalanza.

La sfida alla mafia comincia così, sottraendole un bene prezioso: i bambini.

Sui ragazzi di strada si posa lo sguardo di “3P”, il suo sorriso. Padre Pino è un uomo esile, piccolo, è un “parrinu”, lontano anni luce da quegli uomini che hanno imparato a guardare con ammirazione e rispetto. Eppure qualcosa comincia a legare le loro vite. Quel prete li ascolta, li chiama per nome, li accoglie, impara a conoscerne la storia, le paure, i sogni. Il suo è un vero e proprio metodo pedagogico che si rivela efficace. I bambini cominciano ad apprendere che esistono regole, princìpi, valori, cominciano a sentirsi amati. Con un lavoro faticoso e paziente Padre Pino oppone la gratuità dei suoi gesti alla logica del potere e del denaro, offre una presenza che diventa “segno”, testimonianza, che apre a nuove prospettive di vita, che fa scorgere altre strade oltre a quella del furto, dello spaccio, del servile rispetto per i potenti e gli uomini d’onore. Chiede con insistenza al Comune che i luoghi simbolo del degrado, gli scantinati dove si svolge il mercato dello spaccio e della prostituzione, vengano trasformati in una scuola per i suoi ragazzi.

Ad aiutarlo non ci sono istituzioni, partiti, gerarchie ecclesiastiche.

Nel suo lavoro quotidiano lo affiancano i volontari del Centro Padre nostro, il Comitato intercondominiale di Via Hazon, il vice parroco, poche suore, talvolta i suoi allievi di liceo, figli della Palermo perbene, che ha trascinato, con la sua passione, in quel posto malfamato a scoprire un altro volto della loro città.

Sono anni terribili per Palermo, anni in cui la mafia sente sul collo il fiato corto di uomini come Falcone e Borsellino che, con la loro integrità e tenacia, corrodono inesorabilmente la sua invulnerabilità. Sono gli anni delle bombe, delle stragi, di una società che scopre di potersi ribellare.

La mafia non può tollerare che Padre Puglisi agisca all’interno del suo ventre, che le strappi i bambini, che predichi contro il crimine e l’illegalità sull’altare. E’ una Chiesa diversa quella che lui propone. Una Chiesa che non protegge i latitanti, che non ama i fuochi pirotecnici al termine delle processioni religiose.
E’ una Chiesa che non piace alla mafia.
L’irritazione cresce e con essa l’isolamento attorno a Padre Pino. Occorre fermarlo. Nel quartiere si diffondono le voci sulla presenza di poliziotti infiltrati all’interno del Centro Padre nostro. Arrivano le intimidazioni ma “3P” prosegue con fermezza nel suo lavoro. La solitudine, le sconfitte, la stanchezza non lo fermano. Prova a fermarlo, con un colpo alla nuca, Salvatore Grigoli, mentre lui sta sorridendo.
Difficile dire se la mafia sia riuscita nel suo intento. La vicenda di Padre Puglisi procede oltre la soglia di quel giorno. Dopo la sua morte molte persone lo hanno “incontrato” e questo incontro ha cambiato le loro vite. La Chiesa ha avviato il processo per la beatificazione, la giustizia ha accertato la responsabilità dei fratelli Graviano come mandanti del delitto; Salvatore Grigoli è divenuto collaboratore di giustizia ed ha iniziato un cammino di conversione. Si è assistito ad un proliferare di iniziative, Brancaccio ha avuto la sua scuola ma molto altro è rimasto incompiuto.

Bianca Stancanelli, giornalista e autrice di un’appassionata biografia di Don Puglisi, indica forse il rischio più grande “Gli eroi solitari ci piacciono perché ci assolvono: la nostra normalità si compiace del loro eroismo, vede nella loro sconfitta il migliore dei motivi per astenersi non dal coraggio soltanto, ma da ogni gesto di umana resistenza”.

Qual è oggi il ruolo che siamo disposti a dare a questa insolita figura di prete e di uomo? Un “martire”, un “santino”? Il suo abito sacerdotale aiuta in quest’opera di emarginazione. Il tempo, scorrendo, se ne rende complice.

Aldilà di tutto questo resta lo sguardo profondo di “3P” che, silenziosamente, senza clamore, continua a offrire nuove prospettive, nuovi scenari.

di MariaConcetta Montagna

http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=70

 

 

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