INCHIESTA POLITICA SULLA GUARDIA DI FINANZA?

Finanzieri e manette

di Vincenzo Cerceo (Colonnello della Guardia di Finanza in congedo)

E’ di questi giorni l’arresto dell’ennesima “Fiamma Gialla”, questa volta a Trieste, per i soliti e ricorrenti fatti di corruzione. Soffocando la malinconia di ex appartenenti al Corpo che mai hanno infangato la divisa proviamo un po’ ad analizzare questo fenomeno, perché il considerarlo non serio e non grave equivarrebbe a volere sfuggire da una realtà spiacevole.

Per risalire all’epoca relativamente recente, fu nel 1980 che venne arrestato il Comandante Generale del Corpo, Giudice, il quale, col suo capo di Stato Maggiore, Loprete, e con una schiera di altri appartenenti al Corpo, aveva creato, al Comando Generale, una vera e propria associazione per delinquere finalizzata al contrabbando.

Il capo delle guardie che era anche il capo dei ladri: roba da repubblica delle banane. Ma il potere politico sorvolò sul fatto che tanti altri generali sapevano ed avevano taciuto, e tutto finì in gloria. Intanto, all’interno del Corpo si dava una caccia feroce ai finanzieri che, disgustati da tutto ciò, parlavano di riforma seria del Corpo. Tralasciamo la vicenda della Loggia P2 e delle altre logge coperte ed illegali, tutte con folta ed autorevole presenza degli altri gradi del Corpo (tranne ovviamente alcuni) e veniamo allo scandalo di Tangentopoli, a Milano ed altrove.

Almeno cinque anni prima che ciò fosse reso noto alla giustizia, all’interno del Corpo si sapeva, e se ne discuteva nelle caserme, del  sistema milanese, istituzionalizzato e verticalizzato, per cui il comandante di sezione, nell’affidare la pratica di servizio alle pattuglie, indicava anche la somma minima di tangente che quella pratica avrebbe dovuto fruttare; la somma poi andava all’Ufficio Operazioni, il quale ripartiva a secondo un vero e proprio manuale Cencelli delle mazzette, a Milano ed anche fuori di Milano. Non dimentichiamo queste cose.

Venne poi il caso Veneto del colonnello Petrassi, lasciato fino al giorno dell’arresto in importanti comandi; prima vi era stato il caso dell’ufficiale di Novara, e così via. Qualche anno fa un Magistrato di Pinerolo, parlò, in sentenza, di “tendenza genetica degli appartenenti alla Guardia di Finanza alla corruzione”.

A noi, che corrotti non eravamo, la cosa dispiacque, ma dopo analoghi episodi sono continuati alla spicciola così come quello di Trieste.

E’ possibile che quel modo di fare che abbiamo letto sui giornali sia un caso anomalo, un atto di follia? Vogliamo sperarlo, di cuore, ma nessuno ci prenda per ingenui. A quando una seria inchiesta politica sul Corpo?

Vincenzo Cerceo

Colonnello della Guardia di Finanza (in congedo)

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