Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 08.03.2007, n. 5328
Massima
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 N. 392) – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Durata – Recesso del conduttore – Gravi motivi – Natura – Necessità relative all’andamento dell’attività aziendale – Rilevanza – Sussistenza – Condizioni – Fattispecie.
I gravi motivi, in presenza dei quali l’art. 27 ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione, non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dallo stesso conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso “ad nutum”, contrario all’interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma. Al contrario, i gravi motivi, che legittimano il recesso del conduttore da una locazione non abitativa, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed, inoltre, devono essere tali da rendere oltremodo gravosa per lo stesso conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale era stata dichiarata la legittimità del recesso, operato da una società conduttrice, malgrado la dedotta eccessiva onerosità nel proseguimento della locazione non attenesse a fattori oggettivamente imprevedibili e sopravvenuti alla relativa costituzione del rapporto, bensì ad una scelta, peraltro di mera convenienza della stessa locataria, di trasformare, e non di ampliare, l’attività contrattualmente prevista, venendo ad incidere, perciò, sui termini e sulle obbligazioni, anche future, consacrate nel modulo negoziale intercorso tra le parti).
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 15.01.2007, n. 638
Massima
Locazione (contratto di) – Disciplina delle locazioni immobili urbani (L. 27.7.1978, N. 392) – Immobili adibiti ad uso abitativo – Equo canone – Determinazione – Superficie – Posto macchina – Rapporto pertinenziale con l’appartamento adibito ad uso abitativo – Presunzione “iuris tantum” – Condizioni – Disciplina.
Nella locazione di immobili urbani con destinazione abitativa ai sensi della legge 392 del 1978 dalla situazione fattuale contrassegnata dall’ubicazione dell’appartamento nel medesimo edificio dell’autorimessa o del posto macchina, dall’appartenenza di entrambi allo stesso proprietario e dalla loro locazione al medesimo conduttore con destinazione alle esigenze delle persone che alloggiano nell’appartamento, deriva una presunzione semplice di rapporto pertinenziale, valevole ad estendere all’autorimessa o al posto macchina le disposizioni della legge sull’equo canone ed a rendere applicabile il metodo di calcolo di cui all’art. 13 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per cui non è idonea di per sé ad escludere il vincolo pertinenziale la circostanza che l’autorimessa venga locata quando l’appartamento è già dotato di altro posto macchina.
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 09.11.2006, n. 23914
Massima
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 n.392) – Immobili ad uso diverso da quello di abitazione – Diritti ed obblighi delle parti – Sublocazione – Responsabilità del cedente – Subordinazione all’inadempimento del cessionario – Conseguenza – Sua natura eventuale e sussidiaria – Solidarietà tra cedente e cessionario in ordine alle obbligazioni contrattualmente assunte dal primo nei riguardi del locatore – Configurabilità – Effetto – Efficacia dell’atto interruttivo posto in essere nei confronti del cessionario anche verso il cedente – Fondamento.
L’obbligazione del cedente del contratto di locazione di pagare il canone dovuto al locatore dal cessionario e da questi non corrisposto, quale prevista dall’ art. 36 della legge n. 392 del 1978 ancorché avente natura eventuale e sussidiaria perché subordinata all’inadempimento del cessionario, integra un’ipotesi di solidarietà, con la conseguenza che, trovando applicazione l’ art. 1310 cod. civ., gli atti con i quali il locatore abbia interrotto la prescrizione nei confronti del cessionario producono effetto anche verso il cedente.
Cass. civile, sez. III, 06-03-2006, n. 4800 – Pres. Giuliano A – Rel. Preden R – P.M. Scardaccione EV (Conf.) – Mbc Italy Spa c. Reale Coll. Maggiore Albornoziano ed altri
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DIRITTI ED OBBLIGHI DELLE PARTI – SUBLOCAZIONE E CESSIONE DELLA LOCAZIONE – IN GENERE – Art. 36 della legge n. 392 del 1978 – Disciplina – Estensione alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alle cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo – Ammissibilità – Applicabilità al caso di cessione di un “punto vendita” di un’unica azienda – Esclusione – Valutazione relativa all’individuazione del tipo di cessione – Rimessione al giudice del merito – Incensurabilità in sede di legittimità – Limiti.
L’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che consente al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e, perciò, capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda; diversamente, mancando il perseguimento di quest’ultima funzione, la predetta norma non si applica nel caso di cessione di un “punto di vendita” di un’unica azienda, ove nell’immobile ceduto sia stata esercitata la vendita di articoli che il cedente continui ad effettuare in altro locale. La valutazione circa la sussistenza dell’autonomia organizzativa dell’attività svolta in un locale rispetto a quella esercitata in altro locale e delle altre conferenti circostanze idonee in funzione della configurabilità o meno della cessione di un “ramo di azienda” (anzichè di un “punto vendita” di un’unica azienda) involge apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito che, ove adeguatamente motivati, rimangono incensurabili in sede di legittimità.
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3683 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Trenta Denari Srl c. Raspagliesi
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – USO DIVERSO DA QUELLO PATTUITO – Ambito di applicazione – Uso effettivo difforme da quello pattuito con il locatore – Conseguente azione di risoluzione – Termine perentorio per il suo esercizio – Decorrenza – Individuazione – Avvenuta conoscenza effettiva, da parte del locatore, del concreto mutamento di destinazione d’uso dell’immobile locato – Necessità – Fondamento.
La diversa destinazione dell’immobile – cui fa riferimento l’art. 80 della legge n. 392 del 1978, dalla quale discende il fenomeno della potenziale mobilità del rapporto nell’inerzia del locatore e dalla cui conoscenza decorre per il locatore il termine di tre mesi per far valere la risoluzione del contratto – è quella che si realizza in concreto con l’effettivo diverso uso della cosa locata, sicchè è solo da tale momento che inizia a decorrere il suddetto termine perentorio per chiedere la risoluzione del contratto, non potendo venire in rilievo, a tal fine, una situazione di semplice conoscenza della sola intenzione del conduttore. Tale interpretazione è conforme all’impianto complessivo della suddetta norma che, come è argomentabile anche sulla scorta della sentenza n. 228 del 1990 della Corte costituzionale, in difetto di strumenti di conoscenza legale dello stato di fatto integrante il mutamento, di questo esige l’effettiva conoscenza da parte del locatore, conoscenza che si configura necessariamente in rapporto ad una situazione concreta ed attuale di uso diverso, e non ad un progetto di mutamento di destinazione, che il conduttore potrebbe anche non attuare.
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3684 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Fintur Spa c. La Spisa
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DURATA – LOCAZIONI STAGIONALI – Natura – Scadenza stagionale – Rinnovo annuale della locazione, “ad nutum” del conduttore, per l’uguale successivo periodo stagionale – Limiti – Obbligo del conduttore di rilasciare il bene alla scadenza stagionale – Sussistenza.
La locazione stagionale non può configurarsi, alla stregua del dato letterale della disposizione dell’art. 27, sesto comma, della legge n. 392 del 1978, come un rapporto unitario (che, perfezionatosi al momento dell’originaria stipulazione, ha durata identica a quella degli altri tipi di contratto concernenti immobili non abitativi previsti dallo stesso art. 27, restando sottoposto alla condizione risolutiva della mancata richiesta del conduttore), ma, stante l’obbligo di locare posto a carico del locatore, realizza una serie di rapporti, distinti ancorchè collegati, avendo il legislatore assunto come presupposto la normale scadenza del contratto al termine della stagione e la sua annuale rinnovabilità, “ad nutum” del conduttore, per un arco di tempo prestabilito nella misura massima. Pertanto, costituisce regola di diritto conseguente che, alla scadenza stagionale, sorge l’obbligo per il conduttore di rilasciare il bene locato.
Cass. civile, sez. III, 31-01-2006, n. 2135 – Pres. Varrone M – Rel. Fico N – P.M. Golia A (Conf.) – Deledda c. Ferraris
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – AGGIORNAMENTO – Inclusione della integrazione per riparazioni straordinarie – Determinazione del periodo di riferimento – Criteri – Fattispecie.
In tema di aggiornamento del canone di locazione di immobile condotto per uso di abitazione previsto dall’art.24 della legge 27 luglio 1978 n.392, il cosiddetto canone locativo base (o di partenza) da aggiornarsi è quello risultante anche dalla integrazione prevista dall’articolo 23 della stessa legge, pari cioè all’interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati sull’immobile locato per riparazioni straordinarie, indipendentemente sia dalla data di esecuzione delle dette opere che dalla data di decorrenza dell’aumento per la realizzazione delle medesime. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva calcolato l’aggiornamento ricomprendendovi l’integrazione di cui all’art. 23 cit. in ragione della esecuzione, nell’anno 1990, di opere di straordinaria manutenzione, respingendo la pretesa del conduttore secondo cui detta integrazione, in quanto relativa a lavori eseguiti nel 1990, doveva essere separatamente aggiornata a partire dal 1991, anno successivo alla realizzazione degli stessi).
Cass. civile, sez. III, 26-01-2006, n. 1695 – Pres. Fiduccia G – Rel. Talevi A – P.M. Fedeli M (Conf.) – Chiono c. Cascella
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – IN GENERE – Patti in deroga ai sensi della legge n. 359/1992 – Validità – Condizioni – Richiesta di certificazione di abitabilità – Necessità – Conseguenze.
In materia di locazioni abitative, la pattuizione del canone in deroga a quello stabilito dalla legge 27 luglio 1978 n. 392, prevista dall’art. 11 della legge 8 agosto 1992 n. 359, secondo il quale la deroga si applica ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 333 del 1992, aventi per oggetto immobili per i quali, alla predetta data, non sia stata presentata dichiarazione di ultimazione lavori e semprechè alla data del contratto sia stata richiesta la certificazione di abitabilità e presentata domanda per l’accatastamento, è valida a condizione che siano rispettate le condizioni tassativamente e rigorosamente fissate da detta norma. Ne consegue che la normativa in deroga non è applicabile qualora la domanda di certificazione di abitabilità sia stata richiesta circa un anno dopo la stipula del contratto, dovendosi escludere che detta previsione sia indirizzata ai soli fini fiscali.
Cass. civile, sez. III, 18-01-2006, n. 821 – Pres. Giuliano A – Rel. Sabatini F – P.M. Sgroi C (Conf.) – Giuliani c. Custodia Giudiziaria Immobili Pignorati
LOCAZIONE – OBBLIGAZIONI DEL CONDUTTORE – DANNI PER RITARDATA RESTITUZIONE – Quantificazione – Disciplina ex artt. 1 bis della legge n. 61 del 1989 e 6 della legge n. 431 del 1998 – Dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6 della legge n. 431/98 – Conseguenze – Criteri attuali di quantificazione del danno.
In tema di locazione di immobili urbani, a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6, comma sesto, della legge n. 431 del 1998 (che, in quanto destinata ad agevolare la transizione verso il regime pattizio delle locazioni, ha efficacia retroattiva ed è immediatamente applicabile ai giudizi in corso), per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 9 novembre 2000 che ha ritenuto illegittima la suddetta disposizione nella parte in cui esimeva il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell’esecuzione stabilito “ope legis” o di quello giudizialmente fissato per il rilascio, sussiste l’obbligo del conduttore, durante i periodi di sospensione dell’esecuzione degli sfratti, di corrispondere la somma di cui all’art. 1 bis della legge n. 61 del 1989, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione, e, dunque, fino all’effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione legalmente previsto, a prescindere dall’eventuale maggior danno sofferto dal locatore ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., che è dovuto, per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione “ope legis” e la data del reale rilascio, solo nel caso in cui il locatore ne abbia offerto prova.
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Cassazione n. 18648, – 5 dicembre 2003 Sez. III
LOCAZIONE – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Prelazione e riscatto- Vendita di quota di proprietà – EsclusioneIn tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo,. in caso di vendita a terzi della quota di proprietà comprendente l’immobile lo” cato non spetta al conduttore il diritto di prelazione e di riscatto di cui agli art. 38 e 39 l. n. 392 del 1978, mancando l’imprescindibile presupposto dell’identità dell’immobile locato con quello venduto.
Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12220
Locazione – Obbligazioni del locatore – Garanzia per molestie – Intervento in causa – Infiltrazione d’acqua nell’immobile oggetto di locazione – Diritto al conduttore al risarcimento del danno nei confronti del terzo Sussistenza.
Si deve riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata; in particolare, qualora a carico dell’appartamento locato si verifichi una infiltrazione d’acqua da un appartamento sovrastante, il conduttore, ex art. 1585, secondo comma, cod. civ., gode di una autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno.
Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12209
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978, n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – Immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Durata – Diniego di rinnovazione alla prima scadenza – Casi – Destinazione dell’immobile ad attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, professionali – Locatore – Onere di provare la serietà della dedotta intenzione – Sussistenza – Onere di provare la effettiva realizzazione di detto intento – Esclusione. In tema di locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza per il motivo indicato dall’art. 29, lett. b, legge 27 luglio 1978, n. 392, ha l’onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta di una delle attività indicate dall’art. 27, e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, non anche la effettiva e concreta realizzazione, di quell’intento. (l. 27 luglio 1978 n. 392 art. 29)
Sentenza n. 185 Corte Costituzionale 23 maggio – 4 giugno 2003
Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.Termini normativi della questione – Disposizioni cui va riferita la censura – Individuazione Beni culturali e ambientali – Studi di artista con riconosciuto valore storico artistico e vincolo di inamovibilit‡ – Contratti di locazione – Interdizione di provvedimento di rilascio – Illimitata continuazione del rapporto, con irragionevole compressione dei diritti del locatore – Illegittimit‡ costituzionale in parte qua. D.Leg. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 52, comma 1.Costituzione artt. 2, 3 e 42.omissis
La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione ha ad oggetto líart. 52 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490. (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), a tenore del quale non sono soggetti ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani degli studi díartista il cui contenuto in opere, documenti, cimeli e simili Ë tutelato per il suo storico valore, da un provvedimento ministeriale che en prescrive líinamovibilit‡ da uno stabile del quale contestualmente si vieta la modificazione della destinazione díuso. omissis per questi motivi
La Corte Costituzionale Dichiara líillegittimità costituzionale dellíart. 52, comma 1, del decreto legislativo 29/10/1999 n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) nella parte in cui prevede che non sono soggetti a provvedimenti di rilascio gli studi díartista ivi contemplati.CosÏ deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.Il Presidente: CHIEPPA Il redattore: CONTRIIl Cancelliere DI PAOLA Depositata in cancelleria il 4 giugno 2003.
Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale di cui allíart. 6 della legge n. 841 del 1973 – Applicabilità. (legge 22/12/1973 n. 841, art. 6; legge 27/7/1978 n. 392 art. 6) Anche nel vigore della legge sullíequo canone nei contratti di locazione di immobili urbani il diritto al pagamento degli oneri accessori della locazione si prescrive nel termine di due anni, indicato dallíultimo comma dellíart. 6 della legge 22/12/1973 n. 841 (M. Fin.)
Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale – diverso termine per il pagamento dei canoni – questione di legittimità costituzionale – manifesta infondatezza. (Costituzione, art. 3; legge 22/12/1973 n. 841, art. 6 della legge 27/7/1978 n. 392) In riferimento allíart. 3 della Costituzione Ë manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dellíart. 6, legge 22/12/1973 n. 841, che prevede, quanto al pagamento degli oneri accessori della locazione di immobili urbani un termine biennale e, quindi, diverso da quello previsto per il pagamento dei canoni, atteso che nonostante la sostanziale analogia delle due voci la ratio della diversità di disciplina Ë costituita dallíesigenza della rapida definizione delle contestazioni relative a un rapporto accessorio, quali le spese condominiali, per cui la disparità di trattamento si giustifica per la diversa natura dei due esborsi. (M. Fin.)
Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – Termine – decorrenza – dalla approvazione del consuntivo – in caso di edificio appartenente a un unico proprietario – esclusione. (legge 22/12/1973 n. 841 art. 6; legge 27/7/1978 n. 392, art.6) Il principio in forza del quale il termine di prescrizione del diritto a pretendere il pagamento degli oneri accessori connessi alla locazione decorre dalla approvazione del consuntivo è riferibile esclusivamente nell’ipotesi sussista una pluralità di condomini (che devono, in apposita assemblea, approvare il consuntivo stesso) e non anche nell’eventualità di edificio appartenete a un unico proprietario, perchè in tale evenienza il diritto al conguaglio Ë subordinato a uní approvazione cui debbano necessariamente concorrere terzi. In questa ultima eventualità, pertanto, il diritto a pretendere il conguaglio può essere esercitato alla fine dellíesercizio in cui il proprietario singolo ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per gli immobili locati superino o meno gli acconti periodicamente accertati. (M. Fin.)
Cassazione n. 5576, Sez. III, del 9-4-2003
Locazione – Variazioni della misura del canone e modificazione del termine di scadenza – Indici di per sè di una novazione della locazione -Esclusione – Ragioni Le sole variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono di per sè indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione o di modalità non rilevanti ai fini della configurabilità di una novazione. La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 cod. civ., mentre non Ë ricollegabile alle mere modificazioni accessorie, ai sensi dell’art. 1231 cod. civ. Essa, inoltre, deve essere connotata non solo dall’aliquid novi, ma anche dagli elementi dell’animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo) e della causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo)
Cass. civ., Sez.III, 06/11/2002, n.15558
LOCAZIONE DI COSE – Godimento ed utilizzazione del bene locato: (obblighi del locatore)La mancanza del provvedimento amministrativo, necessario per la legale destinazione della cosa locata all’uso pattuito, rientra tra i vizi che, escludendo o diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità della cosa stessa all’uso pattuito, possono giustificare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che risulti che il conduttore, a conoscenza (al momento in cui al contratto viene data attuazione, sicchË non rileva una conoscenza successiva alla consegna della cosa) della inidoneit‡ dell’immobile a realizzare il suo interesse, ne abbia accettato il rischio economico della impossibilità di utilizzazione.
Cass. civ., Sez.III, 04/11/2002, n.15388
Contratto di Locazione – Clausole – Riparazioni straordinariee – Obbligo posto a carico del conduttore. Tenuto conto che in tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore la manutenzione ordinaria e straordinaria, relativa agli impianti e alle attrezzature particolari dell’immobile locato, lasciando invece a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie.
Cass. civ., Sez.III, 15/10/2002, n.14655
LOCAZIONE DI COSE – Canone aggiornamento – Richiesta del locatore – Forma In materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da abitazione, la richiesta di aggiornamento del canone ex art. 32 l. n. 392 del 1978 puÚ essere formulata, in mancanza della previsione di una forma determinata, anche verbalmente nonché implicitamente o per fatti concludenti.
Sentenza n. 741 – Cass. civile, sez. III, 23/1/2002
Mora ed altri inadempimenti La sanatoria della morosità ex art. 55 l. 27 luglio 1978 n. 392 costituisce rimedio non applicabile nella disciplina dei contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.
Sentenza n. 12743 – Cass. civile, sez. III, 18/10/2001
Mora ed altri inadempimenti Per espressa esclusione dell’art. 26, lett. a) l. 27 luglio 1978 n. 392 le norme contenute nel Capo I della stessa non si applicano alle locazioni per esigenze abitative di natura transitoria. Ne consegue che non Ë sanabile la morosità nel pagamento del canone per queste locazioni in quanto l’art. 55, che disciplina la concessione del termine di grazia a tal fine, Ë espressamente collegato alla valutazione legale della gravità dell’inadempimento nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori, stabilita dall’art. 5, che non Ë applicabile, essendo collocato nel Capo I della legge n. 392 del 1978.
Sentenza n. 13420 – Cass. civile, sez. III, 29/10/2001
Prelazione e riscatto Il diritto di prelazione o di riscatto previsto dagli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392, a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciÚ non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identit‡ funzionale e strutturale. Detto accertamento Ë di competenza del giudice del merito ed Ë insindacabile in sede di legittimità se condotto con logica valutazione degli elementi emergenti dagli atti.
Sentenza 24 settembre ñ 5 ottobre 2001 n. 333 – Corte Costituzionale
IMPORTANTE SENTENZA SULL’ESECUZIONE DEGLI SFRATTI
1. Rilascio dell’immobile – Messo in esecuzione dei provvedimento – Condizioni – Dimostrazione degli adempimenti fiscali ex articolo 7 della legge 431/1998 ñ Illegittimit‡ costituzionale. (Costituzione, articolo 24 o legge 9 dicembre 1998 n. 431, articolo 7.
E’ in contrasto con l’articolo 24, primo comma, della Costituzione ed è, quindi costituzionalmente illegittimo, l’articolo 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 che prevede quale condizioni per la messa in esecuzione dei provvedimento di rilascio dell’immobile locato a uso abitativo la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l’immobile è stato denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e che il reddito derivante dall’immobile medesimo E’ stato dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi.
Testo delle decisioni omissis punti 1), 2), 3).
4. Passando all’esame dei profilo di merito deve affermarsi la fondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Firenze
5. Il problema della compatibilit‡ tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non Ë nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed Ë stato risolto pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi dei tutto estranei alle finalità processuali. Mentre i primi, si Ë detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’e- sperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciÚ, la violazione dell’art. 24 Cost. (sentenza n. 113 dei 1963). Quel che si tratta allora di stabili- re, ai fini della soluzione dei presente dubbio di costituzionalità, Ë l’appartenenza dell’onere imposto al locatore, a pena di improcedibilità dell’azione esecutiva, all’una o all’altra delle categorie precedentemente individuate. Ed Ë indubbio che l’onere sud- detto, avendo ad oggetto la dimostrazione da parte dei locatore di aver assolto taluni obblighi fiscali (e precisamente la registrazione dei contratto di locazione dell’immobile, la denuncia dell’immobile locato ai fini dell’applicazione dell’ICI ed il pagamento della relativa imposta nell’anno precedente, la dichiarazione dei reddito dell’immobile locato ai fini dell’imposta sui redditi), sia imposto esclusivamente a fini di controllo fiscale e risulti, pertanto, privo di qualsivoglia connessione con il processo esecutivo e con gli interessi che lo stesso Ë diretto a realizzare. Sotto tale aspetto, occorre, infatti, rilevare che, mentre l’ICI È una imposta di carattere reale posta a carico di un soggetto – il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento – non sempre coincidente con il locatore esecutante, il quale agisce a tutela di un diritto di natura obbligatoria derivante dal contratto di locazione, l’imposta sui redditi si riferisce ad un diritto – quello relativo alla percezione dei canoni – che, seppur derivante dal medesimo contratto di locazione, Ë tuttavia ben distinto dal diritto alla restituzione dell’immobile locato, azionato nella esecuzione per rilascio, ed infine, la stessa registrazione dei contratto di locazione rappresenta un adempimento di carattere fiscale dei tutto estraneo alle esigenze di un processo diretto a porre in esecuzione un titolo giudiziale.
6. E’ del resto significativo che la norma impugnata si ponga in singolare dissonanza con la tendenza, presente in tutta la legislazione vigente, diretta ad eliminare, come recita l’art. 7, numero 7, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), ” ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Possono in proposito richiamarsi – come espressive di tale tendenza – dai commentatori ritenuta ispirata al principio di cui all’art. 24 Cost. – le disposizioni relative tanto alla normativa di bollo che a quella di registro che hanno abrogato tutte le precedenti norme preclusive alla produzione in giudizio di atti e documenti fiscalmente irregolari. E nello stesso indirizzo, si inserisce la disciplina dettata dal vigente testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni l‡ dove non estende a giudici ed arbitri il divieto di compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, in difetto di prova dell’avvenuta dichiarazione della successione, ma pone soltanto l’obbligo di comunicare all’ufficio dei registro competente le notizie; relative a trasferimenti per causa di morte, apprese in base agli atti dei processo.
7. Conclusivamente, va affermato che l’impedimento di carattere fiscale alla tutela giurisdizionale dei diritti, introdotto dalla norma denunciata, si pone in contrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione e comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma stessa.
Per questi motivi La Corte Costituzionale riuniti i giudizi,
a. dichiara l’illegittimità dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431(disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo);b. dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Nocera Inferiore con líordinanza in epigrafe.
Sentenza n. 4472 ñ Sez. III 28 marzo 2001
CORTE DI CASSAZIONE
Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria – Simulazione – Deduzione da parte dei conduttore svolgente azione per la ripetizione delle norme eccedenti l’equo canone -Onere probatorio – Oggetto. Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria -Rinnovazione tacita dei contratto – Compatibilità.
Qualora un contratto di locazione abitativo sia stato stipulato per uso transitorio, il conduttore che assuma la nullità ex art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, di tale clausola per inesistenza in concreto della dedotta natura transitoria delle esigenze abitative e chieda, pertanto, la ripetizione delle somme eccedenti l’equo canone, deve dimostrare che il locatore era a conoscenza delle sue reali esigenze abitative al momento della conclusione del contratto in base all’obiettiva situazione di fatto, non potendo rilevare contro il locatore nÈ le situazioni di fatto occultate dal conduttore, nÈ la sua riserva mentale di non accettare tale clausola. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79) (1).
Il contratto di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo per il soddisfacimento di esigenze transitorie non puÚ ritenersi incompatibile con l’istituto della rinnovazione tacita ex art. 1597 cc., se dalle circostanze di fatto non risulti, tra le parti, una volontà novativa rispetto all’originaria convenzione negoziale, con relativa modificazione della fattispecie legale tipica da locazione transitoria a locazione abitativa primaria. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1 L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26) (2).
(1) In senso conforme, v. Cass. 12 settembre 2000, n. 12019, in Arch. civ. 2001, 803; Cass. 13 gennaio 2000, n. 328, ivi 2000, 1282; Cass. 3 maggio 1999, n. .4377, ivi 2000, 376 e Cass. 29 aprile 1999, n. 4230, ivi 2000, 234.(2) Nello stesso senso, v. Cass. 7 luglio 1997, n. 6145, in questa Rivista 1997, 799.
Sentenza n. 4031 – Cass. civile, sez. III, 21/04/1998
Pres. Grossi M – Rel. Salluzzo V – P.M. Palmieri R (Con.) – De Vitis c. Leoni Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – morosita’ – Termine di grazia (art. 55 legge 27 luglio 1978 n. 392) – Ambito di applicazione – Locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Inclusione. In tema di concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti previsto dall’art. 55 della legge del 1978 n. 392, la mancanza di espresse limitazioni all’applicabilità di tale norma, nonchË di qualsivoglia incompatibilit‡ di ordine logico – concettuale tra la sanatoria della morosità, come da essa regolata, e le locazioni non abitative escludono una interpretazione riduttiva dell’isituto e comportano la sua applicabilità anche con riferimanto alla locazione d’immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, stipulato successivamente all’entrata in vigore della richiamata legge.
Sentenza n. 2477 – Cass. civile, sez. III, 06/3/1998
Pres. Iannotta A – Rel. Varrone M – P.M. Golia A (Conf.) – Di Giovanni c. Celani Locazione – durata della locazione – in genere – spirare del termine – Immobili adibiti ad abitazione – Mancato accordo per la determinazione del canone dopo la prima scadenza successiva alla legge sui cosiddetti patti in deroga – Rifiuto di trattativa – Configurabilità – Proroga legale biennale – OperativitÚ – Fondamento. La ratio dell’art. 11, comma secondo bis, della legge 8 agosto 1992 n. 359, Ë ravvisabile nella finalità di assicurare un graduale passaggio, per gli immobili ad uso abitativo, dal regime dell’equo canone a quello dei patti in deroga, inducendo il locatore a proporre un canone accettabile, e il conduttore a valutare che, in caso di mancata adesione, il contratto, scaduto il biennio di proroga legale, Ë risolto. Ne consegue che la mancanza dell’accordo sulla determinazione del canone, alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della legge, per l’applicabilità, automatica e d’ufficio – salvo volontà contraria del conduttore – della proroga biennale del contratto, sussiste sia nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo malgrado lo svolgimento di trattative con il locatore, sia nel caso di richiesta di questi di rilascio dell’immobile alla scadenza, con implicito rifiuto di qualsiasi trattativa.
Sentenza n. 2405 – Cass. civile, sez. III, 04/03/1998
Pres. Grossi M – Rel. Fancelli C – P.M. Carnevali A (Con.) – Siciliano c. Balduzzi Locazione (art. 36 l. 392/78) – opposizione del locatore – Cofigurabilità – “Beneficium excussionis” e corresponsabilità del cedente (art. 36 legge 392 del 1978) – Irrilevanza. E’ configurabile un grave motivo per l’opposizione del locatore alla cessione della locazione di un immobile, adibito ad uso diverso dall’abitazione, (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392) nell’insolvibilità del cessionario, presunta per i protesti di titoli cambiari emessi da una società in nome collettivo – a ristretta base sociale, di natura familiare – di cui egli Ë socio, perchË l’autonomia patrimoniale e il “beneficium excussionis” (art. 2304 cod. civ.) costituiscono soltanto un sottile diaframma in sede recuperatoria, mentre, la corresponsabilit‡ del cedente, non liberato, non esclude l’inaffidabilità del cessionario.
Sentenza n. 1717 – Cass. civile, sez. III, 18/02/1998
Pres. Longo GE – Rel. De Aloysio U – P.M. Nardi D (Con.) – Taumac Srl c. Azionaria Casermaggi soc Locazione – disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978 n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – disposizioni processuali – cotroversie relative alla determinazione, all’aggiornamento ed all’adeguamento del canone – morosita’ del conduttore – termine per il pagamento dei canoni scaduti (sanatoria) – Mancato integrale pagamento di canoni scaduti oltre interessi e spese nel termine concesso – Successiva udienza di rinvio – Emissione di ordinanza di convalida di sfratto – Legittimità – Nuova verifica della residua inadempienza – Necessit‡ – Esclusione. In tema di locazioni di immobili urbani, qualora il conduttore cui sia stato intimato lo sfratto per morosità nel pagamento del canone, ottenuta la concessione del termine di grazia previsto dagli artt. 5 e 55 legge 27 luglio 1978 n. 392, non provveda, nel ternime concesso, al pagamento integrale dei canoni scaduti con gli interessi e le spese processuali liquidate dal giudice in sede di concessione del termine, legittimamente viene emessa nella successiva udienza, alla quale la causa Ë stata rinviata, ordinanza di convalida di sfratto, senza necessità di una nuova verifica della residua inadempienza, trattandosi di termine perentorio, come risulta dall’ultimo comma dell’art. 55 citato.
Sentenza n. 269 – Cass. civile, sez. III, 14/01/1998
Pres. Iannotta A – Rel. De Aloysio U – P.M. Lugaro M (Con.) – Rolle ed altri c. Visca Locazione – disdetta – Successiva permanenza del conduttore e corresponsione del canone – Rinnovazione tacita del contratto – Esclusione – Occupazione di fatto – Sussistenza – Domanda di rilascio – Ammissibilità – Considerevolezza del lasso di tempo trascorso – Irrilevanza. Se il locatore ha comunicato al conduttore la disdetta (art. 1596 cod. civ.), anche se per un considerevole lasso di tempo – nella specie oltre quattro anni, in relazione ad un immobile adibito ad uso abitativo – non ha agito in giudizio per il rilascio, ed ha continuato a percepire i canoni di locazione, non perciÚ il contratto si Ë rinnovato (art. 1597, ultimo comma, cod. civ.), mancando una volontà contraria a quella manifestata, si che la permanenza del conduttore costituisce occupazione di fatto.
Cass. civ., Sez.III, 17/11/1997, n.11388
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori In tema di locazione di immobili, qualora un servizio condominiale (nella specie, servizio di pulizia) venga prestato in maniera inadeguata, il conduttore dell’appartamento sito nello stabile al quale detto servizio si riferisce puÚ eccepire nei confronti del proprietario – locatore la sua inadempienza e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.
Sentenza n. 9543 – Cass. civile, sez. III, 04/11/1996
Pres. Longo GE – Rel. Giuliano A – P.M. Gambardella V (Con.) – Danti e altri Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – in genere – Locazioni di immobili urbani – Canone convenzionale superiore a quello stabilito per legge – Deduzione da parte del conduttore – Autoriduzione – Inadempimento grave – Configurabilità – Condizioni. In tema di locazione di immobili urbani la cosiddetta autoriduzione del canone e cioË il suo pagamento in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita, in relazione alla dedotta esorbitanza di tale ultima misura rispetto all’importo inderogabilmente fissato dalla legge, costituisce un fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore. Tale autoriduzione integra un inadempimento grave secondo la valutazione fattane dal legislatore con l’art. 2 D.L. 30 dicembre 1988 n. 551 convertito in legge 21 febbraio 1989 n. 61, quando l’importo complessivo non pagato superi, anche se riferito agli oneri accessori, quello di due mensilità di affitto.
Cass. civ., Sez.III, 02/07/1991, n.7257
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori Ove il servizio di portierato non venga svolto dal relativo incaricato in maniera conforme alle prescrizioni e con la diligenza dovuta, il conduttore di un appartamento sito nell’edificio cui quel servizio si riferisce, può eccepire, nei confronti del proprietario locatore, la sua inadempienza in relazione a quel servizio e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.
Corte di Appello Civile di Milano sez. III 20/7/1999 n. 1974 Passo Carraio In tema di passo carraio, rientra tra gli oneri accessori gravanti sul conduttore il rimborso al proprietario, formale intestatario dellíaccesso, in quanto da questíultimo sborsato per la tassa di occupazione del suolo pubblico, strettamente collegata allíeffettivo pieno godimento della cosa locata.
http://www.federproprieta.it/index.php?section=sentenze&subsection=locazioni
Il caso
Con ricorso depositato il 13/04/2011 e pedissequo decreto emesso dal Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, la sig.ra XXXX proponeva opposizione avverso un’intimazione di pagamento notificatale dall’Equitalia Sud s.p.a., relativa a cartella di pagamento avente ad oggetto contributi previdenziali INPS insoluti e maturati nel 2001. Il ricorso si fondava sull’eccepita mancata notificazione della propedeutica cartella di pagamento e sulla prescrizione del credito previdenziale. Si costituivano in giudizio INPS, S.C.C.I. s.p.a. ed Equitalia e contestavano gli assunti attorei, chiedendo il rigetto del ricorso. Con sentenza del 27/11/2013, il Tribunale di Brindisi, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’atto opposto.
Proponeva appello l’Equitalia SUD S.p.A., rilevando che il termine prescrizionale del credito previdenziale, poiché intimato con cartella di pagamento “passata in giudicato”, era decennale e, per l’effetto, chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, con ogni giuridica conseguenza. Il Concessionario faceva leva sul precedente giurisprudenziale conforme della stessa Corte adita ed emesso nel 2012 (C. App., Sez. Lav., Sentenza 1149/2012) e chiedeva, per l’effetto, la revisione della sentenza di primo grado. Si costituivano in giudizio le parti resistenti e, in particolare, la difesa della contribuente eccepiva e deduceva l’infondatezza dell’appello, chiedendone l’integrale rigetto.
Con sentenza 14 marzo 2014, n. 668 la Corte d’Appello di Lecce rigettava il ricorso in appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese di lite.
La decisione
Il provvedimento in commento si inserisce nell’annosa questione giuridica inerente l’applicabilità o meno dell’art. 2953 c.c. alle cartelle di pagamento notificate dall’Equitalia e cristallizzatesi, per mancata opposizione, in un credito irretrattabile.
Non risulterà sconosciuta ai più la teoria, di scuola prettamente giurisprudenziale, secondo la quale all’irretrattabilità del credito censito nella cartella di pagamento non opposta nei termini si applicherebbe l’effetto del citato art. 2953 c.c.
Secondo tale impostazione, dal c.d. “passaggio in giudicato” della cartella esattoriale, discenderebbe la trasformazione della prescrizione propria dei crediti in quella ordinaria, indipendentemente dalla natura degli stessi. Sicché, anche laddove il credito si prescriva per sua natura in un termine più breve, quest’ultimo si trasformerebbe in decennale per applicazione analogica della norma.
L’impostazione de qua ha trovato conferma in diversi precedenti giurisprudenziali, soprattutto nell’ambito delle Commissioni Tributarie Provinciali, ed è stata recentemente avallata dalla stessa Corte d’Appello di Lecce con la nota sentenza n. 1149/2012.
Secondo la sentenza citata, infatti, il termine da osservare per la prescrizione dei crediti di qualsivoglia natura è quello ordinario decennale, “vertendosi in tema di crediti cristallizzati nel loro ammontare e nella loro esigibilità al momento della notifica delle cartelle presupposte” (C. App., sent. 1149/2012).
Conforme a tale ricostruzione è il costante orientamento della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi, in base al quale, “la cartella di pagamento non impugnata nei termini di Legge e, come tale, divenuta definitiva, è soggetta al termine decennale di prescrizione … da quando è stata notificata” (Comm. Trib. Prov. Br., Sez IV, sentenza 24 gennaio 2012, n. 111).
In senso diametralmente opposto si è espressa, invece, la gran parte della giurisprudenza ordinaria civile di primo grado, ritenendo assolutamente inapplicabile l’art. 2953 c.c. alla cartella di pagamento, non rivestendo, quest’ultima, la medesima natura giuridica della sentenza, pur accomunandola in taluni peculiari aspetti.
Ad esempio, la sentenza 6 marzo 2014, n. 509 emessa dal Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, G.L. dott.ssa Raffaella Brocca, ha sancito che “la cartella esattoriale non è titolo giudiziale ed è regolata dallo stesso termine di prescrizione del credito da essa portata. Pertanto, la prescrizione della cartella esattoriale è decennale solo qualora ci si trovi dinanzi ad una sentenza passata in giudicato (c.d. actio iudicati si veda l’art. 2953 c.c.). In tal caso il termine di prescrizione muta da quello ordinario precedente (breve – quinquennale) – previsto per il singolo tributo – in quello decennale …” (Trib. Br., Sez. Lav., sentenza 6 marzo 2014, n. 509; cfr. Trib. Br., Sez. Lav., sentenza 24 marzo 2014, n. 651).
Con la sentenza in rassegna viene compiuto un ulteriore passo in avanti nell’interpretazione della norma, atteso che la stessa si pone in totale distonia rispetto al punto di vista interpretativo che aveva indotto invece la Corte d’Appello di Lecce alla soluzione opposta, nella già richiamata sentenza n. 1149/2012 e risulta altresì innovativa se comparata alle altrettante decisioni in materia, ancorché conformi nella parte dispisitiva.
Difatti, la Corte ha dichiarato l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 2953 cit. alle cartelle esattoriali, in vista della sua specialità nell’ordinamento giuridico.
La tesi esposta appare condivisibile. L’art. 2953 cit., infatti, dispone che “i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”. La norma riferisce, cioè, il dedotto effetto giuridico esclusivamente e tassativamente al passaggio in giudicato della sentenza. Né, peraltro, l’ordinamento giuridico italiano prevede una norma analoga che alleghi il medesimo effetto giuridico ad altri atti, men che meno alla c.d. irretrattabilità della cartella di pagamento.
Stando al tenore della predetta disposizione, l’effetto de quo risulterebbe, piuttosto, limitato alle ipotesi di condanna al pagamento dei crediti accertati da una sentenza passata in giudicato. In tal caso e per effetto della sentenza, si assiste ad una vera e propria novazione oggettiva del credito, la cui natura diviene irrilevante ai fini della determinazione del termine prescrizionale, avendo il provvedimento natura di titolo di credito efficace, ex legge, per dieci anni.
Di converso, la cartella di pagamento è atto che differisce dalla sentenza, essendo piuttosto uno strumento, analogo al precetto privatistico, per esigere i crediti in concessione ad Equitalia ed alle altre analoghe società di recupero.
Per di più, l’art. 2953 c.c. – che è norma speciale – non potrebbe applicarsi in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 12 preleggi. La Corte di Cassazione escluse espressamente tale possibilità, evidenziando, di converso, che “la norma dell’art. 2953 c.c. non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti, onde al riconoscimento del diritto, da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere, non può essere riconosciuto altro effetto che quello interruttivo della prescrizione propria del diritto medesimo” (Cass. Civ., 29 gennaio 1968, n. 285).
Sebbene il precedente di Legittimità risalga a quasi un lustro addietro, ad oggi non è stato mai messo in discussione se non da sparute sentenze di merito, la cui motivazione è apparsa a dir poco emblematica e sfuggente. Tali ultime risultano, peraltro, in contrasto con alcune più recenti pronunce della Corte di Cassazione, secondo la quale, “la notifica della cartella di pagamento non costituisce il primo atto con il quale viene esercitato il potere di accertamento, atteso che tale potere ha già trovato compiuta attuazione nella emissione dell’atto impositivo (avviso di accertamento) divenuto definitivo per mancata opposizione (fatto incontestato) qualificandosi, pertanto, la cartella come atto consequenziale meramente esecutivo che assolve alla funzione di precetto (consistendo nell’accertamento del mancato pagamento del debito tributario e nell’intimazione al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata), e si colloca in quanto atto della procedura esecutiva in un momento successivo a quello della definizione del rapporto giuridico sostanziale di natura tributaria” (Cass. Civ., Sez. V, sentenza 6 luglio 2012, n. 11380). A ciò si aggiunga che “l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la decorrenza del termine per l’opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione” (Cass. Civ., Sez. V., sentenza 25 maggio 2007, n. 12263). Da ciò, discenderebbe, sempre secondo la giurisprudenza di Legittimità, che “una volta divenuto definitivo l’atto di accertamento (ed esaurito quindi l’esercizio del potere impositivo (a fronte del quale sta il diritto del contribuente alla determinazione di una imposta “giusta” ex art. 53 Cost.), la pretesa vantata dalla Amministrazione finanziaria si cristallizza nel diritto soggettivo di credito, il cui esercizio (corrispondente ora al potere di riscossione a fronte del quale sussiste soltanto la esigenza che le modalità di esecuzione coattiva non si traducano in una un’inammissibile vessazione del contribuente) rimane assoggettato, in assenza di diversa specifica previsione normativa, all’ordinario termine di prescrizione dei diritti ex artt. 2934 ss. c.c.” (Cass. Civ., Sez. V, sentenza 6 luglio 2012, n. 11380).
Sicché, nell’interpretazione maggioritaria, l’art. 2953 cit. è applicabile solo laddove il diritto di credito sia divenuto definitivo in seguito ad una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato; diversamente, dovrà applicarsi la prescrizione breve (Corte cass. SU 10.12.2009 n. 25790 cfr. Cass. civ. Sez. V, Sent., 19 luglio 2013, n. 17669). Infatti, la Corte a Sezioni Unite, in materia di sanzioni amministrative, ha di recente osservato che “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 28/10/2006)”.
Risulta, quindi, parzialmente condivisibile l’orientamento di parte della giurisprudenza di merito che lega la mancata applicazione del termine di cui all’art. 2953 cit. esclusivamente all’assenza di analogia tra la cartella di pagamento non opposta e la sentenza passata in giudicato. A tal proposito, il Tribunale di Brindisi aveva, infatti, affermato che “la cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi ad un titolo giudiziale, e, pertanto, non può applicarsi al credito ivi contenuto la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di condanna passata in giudicato, ex art. 2953 c.c. La perentorietà del termine fissato dall’art. 24 comma 5 d.l.vo n. 46/99 determina effetti analoghi al giudicato ma, in assenza di un’espressa previsione legislativa in tal senso, non possono ritenersi del tutto equiparabili al giudicato di formazione giudiziale (cfr. Cass. n. 12263/07 e Cass. S.U. n. 25790/09)” (infra multis, Trib. Brindisi, Sez. Lav., G.L. Francesco De Giorgi 27/11/2012 n. 4078/2012). In senso conforme, si era pronunciato, ad esempio, il Tribunale di Torino, secondo il quale “la cartella esattoriale può essere assimilata all’ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo, e, pur cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, risulta priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: ne consegue che la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con conseguente inapplicabilità degli effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi (art. 2953 c.c.)” (Trib. Torino, Sez. III, 10/05/2013, Br.Ga. c/ Comune di Torino + altri, in Leggi d’Italia Professionale, Dea Professionale, massima redazionale 2013). Del medesimo tenore è la sentenza del Tribunale di Cosenza. Secondo una nota pronuncia del Tribunale cosentino, infatti, “non può ritenersi che il termine sia decennale in conseguenza della mancata opposizione avverso le cartelle, perché questa produce il solo effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non rende applicabile, ai fini della prescrizione, l’art. 2953 c.c., che riguarda solo le pronunce giudiziali, solo queste idonee al giudicato (cfr. Cass. 12263/2007, SU 25790/2009)” (Trib. Cosenza, Sez. Lavoro, sentenza 8 maggio 2013, in Leggi d’Italia Professionale, Dea Professionale, massima redazionale 2013).
L’orientamento sopra riportato appare parzialmente condivisibile, poiché, a prescindere dalla non assimilabilità della cartella di pagamento alla sentenza, gli effetti dell’art. 2953 c.c. non possono e non devono mai essere applicati in via analogica, trattandosi di norma speciale, come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione, sia pur nel lontano 1968.
Proprio in tale direzione, si pone la sentenza in commento, laddove, nel riformare il proprio precedente giurisprudenziale, espressamente evidenzia che “alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)”.
Sotto tale aspetto, pur nella singolarità del repentino mutamento di orientamento, la Corte d’Appello sottolinea un elemento innovativo della vexata questio, affermando l’inapplicabilità dell’istituto dell’analogia all’art. 2953 cit. in vista del suo carattere eccezionale, esattamente come gli Ermellini ebbero ad evidenziare con la sentenza n. 285/1968 citata.
Si auspica che tale tribolato orientamento sia presto sposato universalmente, così da rendere certezza al diritto e garanzia di effettività della macchina giudiziaria.
Per approfondimenti:
(Altalex, 22 agosto 2014. Nota di Cristiano Ditonno