OMICIDIO OCCORSIO. IL P.M. CHE AVEVA CAPITO ESSERE LA P2 A TIRARE LE FILA DEL TERRORISMO

 

Vittorio Occorsio è il magistrato romano che per primo intuì che a tirare le file delle stragi e del terrorismo vi era la P2. Oltre che, ovviamente, i servizi segreti.

Aveva indagato sul Golpe Borghese, sul Piano Solo, sullo scandalo Sifar, sulla strage di Piazza Fontana, insomma su tutte le vicende che hanno visto pesantentemente coinvolti i servizi segreti, aveva capito che, probabilmente, dietro a quella lunga scia di sangue vi era un unico comune denominatore e cercava di provarlo.

Nel 1975 Vittorio Occorsio disse al collega Ferdinando Imposimato: “Molti sequestri avvengono per finanziare attentati o disegni eversivi…. Sono certo che dietro i sequestri ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione: seminare il terrore tra gli italiani per spingerli a chiedere un governo forte, capace di ristabilire l’ordine, dando la colpa di tutto ai rossi…Tu devi cercare i mandanti di coloro che muovono gli autori di decine e decine di sequestri. I cui soldi servono anche a finanziare azioni eversive. I sequestratori spesso non sono che esecutori di disegni che sono invisibili ma concreti. Ricordati che loro agiscono sempre per conto di altri”.

Il 09 luglio 1976, Occorsio viene assassinato.

L’autore materiale del suo assassinio è un neofascista, Pierluigi Concutelli, la cui scheda, con l’indicazione della tessera n. 11.070, verrà ritrovata anni dopo da Giovanni Falcone a Palermo, nella sede della Loggia massonica Camea, retta da Michele Barresi e frequentata anche da uomini di Cosa nostra. 

Il 26 dicembre del 1976 l’ingegner Francesco Siniscalchi (affiliato alla Massoneria dal 1951) invia una denuncia ai magistrati titolari dell’istruttoria per l’omicidio Occorsio: Siniscalchi fornisce alla magistratura notizie e documenti sulla Loggia P2 e sulla sua attività eversiva, e rivela l’oscuro ruolo di Licio Gelli e le “deviazioni” all’interno di Palazzo Giustiniani; per queste sue denunce, Siniscalchi verrà espulso dalla Massoneria” e Gelli avrà la via spianata.

L’omicidio di Occorsio fu quindi determinato dagli interessi della «massomafia» per impedirgli di approfondire le sue indagini, avendo intuito che poteva essere la massoneria a tirare le fila del terrorismo, utilizzando a seconda delle contingenze sia quello rosso che all’occorenza quello nero.

In calce pubblichiamo un contributo di Eugenio Occorsio sulla figura del padre e la sintetica ricostruzione della vicenda del magistrato tratta da Avvenimenti Italiani.

Il sostituto procuratore della Repubblica, Vittorio Occorsio, che indaga sui rapporti fra terrorismo fascista e massoneria, viene ucciso a Roma con una raffica di mitra da un commando fascista guidato da Concutelli di Ordine Nero. Il giorno prima di essere ucciso, il magistrato parlando con un giornalista, aveva fatto notare che il totale della cifra pagata per i riscatti dei rapimenti per cui era stato arrestato Albert Bergamelli (i sequestri dei figli di Roberto Ortolani, Alfredo Danesi e Giovanni Bulgari, tutti e tre iscritti alla P2), corrispondeva esattamente alla cifra spesa per l’acquisto della sede dell’OMPAM.

Nel 1976 dopo l’assassinio del giudice Vittorio Occorsio si cominciò a parlare di p2 e massoneria e i collegamenti di essa con gruppi neofascisti e la Banda della Magliana.

A Roma il 10 Luglio 1976 viene ucciso in un agguato terroristico il sostituto procuratore Vittorio Occorsio, l’agguato al magistrato sarà prima rivendicato dal gruppo terroristico “Ordine Nuovo” e successivamente dalle Brigate Rosse, con un volantino fatto trovare in una cabina telefonica a Reggio Emilia. Gli inquirenti però non credono a questa rivendicazione, essendo il documento assai diverso dal solito linguaggio delle BR.

Qualcuno conosce la loggia p2 ?

Claudio Vitalone, Giancarlo Armati, Nicolò Amato, Ferdinando Imposimato: ieri pomeriggio alle 17, in gran segreto, si sono riuniti nell’ufficio del primo, incaricato dell’inchiesta sull’assassinio di Vittorio Occorsio, per mettere a punto la strategia da seguire. Perchè questi quattro magistrati  e non altri? Perchè la pista giusta è quella che, partendo dalla manovalanza nera di “Ordine Nuovo” risale, tramite l’anonima sequestri romana, alla “Propaganda 2” , una loggia che la massoneria ufficiale ormai non riconosce più e combatte con  tutte le armi a disposizione.

Cioè quella che ( ormai se n’è convinto anche Vitalone, inizialmente scettico) verrà battuta nei prossimi giorni senza risparmio di energie e che probabilmente porterà alla verità, o assai vicino ad essa. Armati, Amato e Imposimato  (alla riunione era presente anche il funzionario della squadra mobile Ernesto Viscione) sono i tre magistrati che , insieme con Vittorio Occorsio, indagavano sui sequestri avvenuti a Roma negli ultimi mesi.

 Occorsio si occupava dei rapimenti di Angela Ziaco, Alfredo Danesi, Amedeo Ortolani e Marina D’Alessio: Armati di quelli di Anna Maria Montani e Renato Filippini; Amato  di quelli Maleno Balenotti e Giuseppe Lamburghini. A Imposimato, poi, come giudice istruttore, facevano capo le indagini su tutti i sequestri romani, compresi quelli affidati a PM occasionali ( Armati Amato e Occorsio invece facevano parte della “ squadra antisequestri” di: Ezio Mattacchioni, Fabrizio D’Amico, Gianni Bulgari e Fabrizio Andreuzzi. C’è da dire, infine,  che Nicolò Amato ha detto la sua  anche come PM nel processo contro Albert Bergamelli, Jacques Renè  Berenguer e soci per la rapina in piazza dei Caprettari in cui venne ucciso l’agente di Ps Giuseppe Marchisella. Dopo  quella rapina la banda passò ai sequestri, più lucrosi e meno pericolosi ( in seguito soppiantati dalla “Banda della Magliana”).

 Nelle primissime ore del pomeriggio qualcosa è cambiato e Vitalone ha chiesto ai tre colleghi di recarsi al palazzo di Giustizia alle cinque in punto per una presa di contatto. Alla riunione ognuno ha detto la sua ma tutti erano d’accordo su un punto: è quella la pista da battere.

I colleghi di Occorsio quelli, diciamo che stavano lavarono con lui per sgominare la gang dei sequestri, hanno le idee fin troppo chiare in proposito. Lunedì ce ne ha parlato il PM Giancarlo Armati, ieri un accenno in proposito è venuto dal giudice istruttore Imposimato, il magistrato che avrà l’ultima parola a proposito delle indagini su Albert Bergamelli, su Gian Antonio Minghelli, sulla pletora di  personaggi minori che sono finiti a Regina Coeli come complici o come favoreggiatori, sui collegamenti della banda con gli squadristi neri e con i sedicenti massoni,anch’essi legati a filo doppio con i fascisti d’alto bordo.

Ad Imposimato e contemporaneamente alla Guardia di Finanza, sono pervenute nelle ultime settimane numerose lettere anonime, scritte evidentemente da persone legate alla massoneria ufficiale e da esponemti della P2. Lettre contenenti accuse roventi, rivolte dai massoni a quelli della P2 e viceversa. Alcune accomunano in un unico fascio il” gran maestro della massoneria grande oriente d’Italia” Lino Salvini e il reprobo dellaPropaganda 2” Licio Gelli.

Proprio in questi giorni, Occorsio e Imposimato stavano esaminando l’incartamento che, per legge, essendo anonimo, non può essere acquisito agli atti a meno che gli accertamenti non stabiliscano la validità del suo contenuto.  Dice Imposimato, 40 anni, napoletano, sposato da poco :< se un legame c’è tra anonima sequestri e loggia P2, questo è dato da Albert Bergamelli e da Gian Antonio Minghelli. Basterebbe ricordare le frasi pronunciate dai due, spontaneamente, dopo l’arresto>. < Se mi avete preso, vuol dire che qualcuno mi ha tradito. Ma la pagherà cara perché sono protetto da una grande famiglia>, disse Bergamelli il 30 aprile scorso mentre manette ai polsi ,sostava in questura. Dieci giorni dopo, interrogato da Occorsio e da Imposimato per la prima volta come imputato di concorso nei sequestri di persona, Minghelli dichiarò: “I giornali dicono che io faccio parte della massoneria. E’ vero: ma questo che c’entra con le accuse contro di me?”.

Facile pensare che la “ grande famiglia” di cui parlava Bergamelli fosse la massoneria e in particolare, visto il legame Bergamelli- Minghelli e dato che l’avvocato fascista fa parte della segreteria della Loggia P2, quella diramazione della massoneria ufficiale che fa capo al maestro venerabile Licio Gelli, aretino, con interessi in una fabbrica di confezioni e, sembra, uomo dei servizi segreti argentini . In una  delle lettere anonime fatte pervenire al giudice Imposimato e alla finanza si parla di contrasti sorti nel marzo del 1975 nella gran loggia massonica. Salvini, il gran maestro – stando sempre all”informativa” non firmata – venne attaccato da un avvocato palermitano legato agli ambienti della mafia siciliana. L’operazione non sarebbe stata diretta  a far dimettere Salvini ma da avvertirlo: < Non devi più intralciare i passi di Licio Gelli nella operazione trame nere>.

L’operazione anti-Salvini, infatti sarebbe stata diretta da Gelli con la collaborazione del padre di Amedeo Ortolani, iscritto anch’egli alla loggia P2. Inevitabile un riavvicinamento Salvini-Gelli , il promo costretto dal secondo. La nuova , forzata alleanza portò allo “scaricamento” di Ortolani padre. A Gelli non serviva più, Salvini voleva vendicarsi di lui. Inoltre,Ortolani, vista la mala parata , minacciava di parlare. Dice sempre la lettera anonima:  fu a questo punto che decisero di punirlo sequestrandogli il figlio Amedeo e prendendo  i classici due piccioni con una fava: eliminazione definitiva dal campo massonico di Ortolani padre ( che infatti è uscito di scena9 e guadagno netto di un miliardo, cioè del prezzo pagato per il riscatto. Del sequestro venne incaricato un esperto del ramo, Albert Bergamelli. Poi,  dice sempre l”informativa”  visto che la cosa ando bene, si passò al secondo sequestro, l’operazione Gianni Bulgari. < I sequestri – dice testualmente l’anonimo – servono a finanziare svolte a destra e la formazione di campi paramilitari fascisti>.

Finora a proposito del riciclaggio del denaro sporco, gli inquirenti avevano accertato che una parte dei capitali è stata utilizzata per l’acquisto di immobili come una villa a Sabaudia e un residence sulla via Aurelia. Un’altra parte sembra sia finita a Zurigo tramite Maria Rossi, detta Mara, l’amante di Berenguer. Non si era ancora stabilito l’impiego della parte più consistente dei riscatti. Forse Occorsio s’era avvicinato, ma una sventagliata di mitra l’ha fermato per sempre.

Franco Coppola 14 Luglio 1976

Pier Luigi Concutelli

ll documento con cui “Ordine Nuovo” rivedicò l’assassinio di Vittorio Occorsio.

“La giustizia borghese si ferma all’ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre. Il Tribunale speciale del M.P.O.N. ha giudicato Vittorio OCCORSIO e lo ha ritenuto colpevole di avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratica perseguitando i militanti di Ordine Nuovo e le idee di cui essi sono portatori.

Vittorio OCCORSIO ha, infatti, istruito due processi contro il M.P.O.N. Al termine del primo, grazie alla complicità dei giudici marxisti BATTAGLINI e COIRO e del barone D.C. TAVIANI, il movimento politico è stato sciolto e decine di anni di carcere sono stati inflitti ai suoi dirigenti.

Nel corso della seconda istruttoria numerosi militanti del M.P.O.N. sono stati inquisiti e incarcerati e condotti in catene dinanzi ai Tribunali del sistema borghese. Molti di essi sono ancora illegalmente trattenuti nelle democratiche galere, molti altri sono da anni costretti ad una dura latitanza.

L’atteggiamento inquisitorio tenuto dal servo del sistema OCCORSIO non è meritevole di alcuna attenuante. L’accanimento da lui usato per colpire gli ordinovisti lo ha degradato al livello di un boia. Ma anche i boia muoiono!

La sentenza emessa dal Tribunale del M.P.O.N. è di morte e sarà eseguita da uno speciale nucleo operativo. Avanti per l’Ordine Nuovo!”

Questo era mio padre

In questo articolo dell’ottobre del 1976 il figlio del magistrato ucciso delinea un ritratto del padre.

Sono tre giorni che cerco disperatamente nella memoria un segno, un indizio,una traccia di qualche discorso pronunciato da mio padre negli ultimi mesi  della sua vita che potesse riferirsi a minacce ricevute. Niente , non trovo niente. Paura forse si, ma accettata come una sorte di fatalismo, e non poteva essere diversamente nelle sue condizioni, sempre al centro delle più travagliate e spinose vicende giudiziarie di questi ultimi anni. Se non voleva lasciarsi sopraffare dall’angoscia, dall’ansia e dalla paura, un uomo con cosi tanti nemici doveva farsi forza e andare avanti, incredibilmente come se niente fosse per fare coraggio a sé ed  a noi.

Ma la verità  è che non ho neanche la forza di pensare correntemente al passato, ricostruire  gli ultimi giorni della sua vita, quella vita a cui guardava sempre con tanta gioia, nonostante la perenne  atmosfera di tensione in cui era costretto a lavorare.

Ho vissuto questi anni come perseguitato dalla domanda << ma tu sei figlio di Occorsio?>>, e quando glielo  raccontavo lui ci rideva, come rideva di tutte le altre cose , di mia nonna, sua madre, che gl telefonava ogni notizia di cronaca nera. Si faceva forza per sé ma soprattutto per noi. Parlava volentieri del suo lavoro , ma senza ossessionarci.

Sembrava  ovvio, scontato, ma in questo momento non riesco a vedere lati negativi della sua personalità. Non riesco a vedere neanche lontanamente cosa odiavamo in un uomo come lui colpevole solo di fare il proprio lavoro con serietà e fiducia. Ma forse non è retorico né scontato per il semplice motivo che neanche quando era ancora vivo provavo per lui sentimenti diversi dall’amore, dalla stima e forse  più che  ogni altra  cosa, dall’amicizia.

Eravamo amici, lo hanno scritto i quotidiani, ed è vero. Con mia madre aveva un rapporto di vero amore. Così come con Susanna mia sorella misto a una tenerezza e a un trasporto definivamo “ napoletano” ma che era dettato solo dall’amore e forse da un tragico presentimento.

Per me era un amico, un consigliere, più che un padre. E anche se facevo una strada professionale diversa, mi seguiva…..

Ora questa tragedia ha sconvolto in modo irreparabile la nostra famiglia e l’intera comunità di coloro che credono in qualche ideale, non riesco a pensare razionalmente a qualche momento preciso, ma solo a una lunghissima, profonda amicizia che non è finita sabato mattina sotto le raffiche di mitra che mi hanno svegliato e fatto ritrovare solo in quella casa che lui e mamma pezzo per pezzo avevano messo su e continuavano a completare per avere tanti piccoli momenti nella loro vecchiaia insieme, che non ci sarà mai.

Eugenio Occorsio

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