CREDITO E MALAGIUSTIZIA IN BASILICATA – ROGNE LUCANE

 

Un pm che cambia improvvisamente rotta e contraddice se stesso e il suo operato. Un maxi perizia durata mesi e mesi, costata quasi 120 mila euro e poi buttata nel cestino. Poi un’altra frettolosa, misteriosa perizia bis, una cinquantina di paginette che cercano di contrastare, senza il becco di una motivazione plausibile, il monumentale lavoro svolto in precedenza. Ciliegina sulla torta, la richiesta ormai ovvia, super scontata a quel punto, per una sfilza di imputati eccellenti: “non luogo a procedere”. Per la serie, tutto quello che avete fatto ‘nun e’ reato.
Va in scena, questa pie’ce ai confini della realta’ ma tutta dentro il pianeta malagiustiza di casa nostra, in Basilicata, e coinvolge vertici economici, politici, istituzionali da novanta. Tutti a loro volta passati ai raggi x, circa tre anni fa, dall’allora pm di Catanzaro Luigi De Magistris nell’ambito della maxi inchiesta Toghe Lucane, poi scippatagli per l’alto volere del Csm. Sotto i riflettori, in particolare, la disinvolta attivita’ della Banca del Materano, una delle “dieci sorelle” (ormai cosi’ le chiamano in mezza Italia), le Popolari che al centro-sud sono confluite tra fine 1999 e inizio 2000 sotto l’ombrello del colosso creditizio emiliano romagnolo BPER (Banca Popolare Emilia Romagna), di storiche simpatie prodiane e, nel Mezzogiorno, legato all’ex segretario Dc, il nuschese Ciriaco De Mita (storico amico, a sua volta, del padrone di Parmalat Callisto Tanzi e dell’altro crakkista eccellente Sergio Cragnotti).
E’ proprio di quell’epoca, inizio 2000, la maxi fusione di una decina di popolari centro-meridionali. Spiccano fra le altre, oltre a quella del Materano, le Popolari di Salerno e dell’Irpinia. E chi non lo ricorda, lo “Sportello di Famiglia” ai tempi dell’Irpiniagate, ovvero la razzia di fondi post sisma del 1980? Una popolare, quella avellinese, presieduta per un ventennio dall’inossidabile Ernesto Valentino, grande amico di De Mita e – confermano ancora oggi nel capoluogo irpino – dell’ex ministro degli Interni e attuale vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Banca a dir poco allegra, viste le falle in bilancio e le sofferenze arcimilionarie, dimostrate dalle frequenti visite degli ispettori di Bankitalia: 10 mila miliardi di vecchie lire, sono in parecchi a denunciare. E a documentare. Come fa un costruttore locale, Giuseppe Testa, che esposti su esposti, inoltrati in procure di mezza Italia, mette nero su bianco il “copione”, la “sola”, la classica vendita della fontana di Trevi stile Toto’ portata a segno dai vertici della BPER (che aveva appena inglobato l’Irpinia e le sue nove sorelle). «Per gestire tutta l’operazione – carica Testa – la Bper ha inghiottito, e poi cartolarizzato, un mare di crediti del tutto presunti, attraverso una societa’ di comodo creata ad hoc, la Mutina». Per la gran parte inesigibili, quei crediti; quindi carta straccia. Stesso copione a Salerno, dove e’ sceso in campo il Sinpa (sindacato nazionale piccoli azionisti), che da inizio 2000 denuncia errori, orrori e omissioni di Bankitalia proprio su questa vicenda. E in Basilicata, dove da anni sta dando battaglia un imprenditore stretto nella morsa creditizia e autore di denunce al vetriolo contro i vertici della Popolare del Materano, Michele Zito. All’affare Bper-Mutina la Voce ha dedicato una serie di articoli, a partire dall’inizio 2006. Storie di credito border line con l’usura, di malamministrazione. Di controlli che non esistono. E, soprattutto, di malagiustizia. Come ora cerchiamo di sunteggiare, tappa per tappa, anno per anno.

FIAMMATE GIALLE
Novembre 2000. Ha inizio la prima ispezione Bankitalia alla popolare materana. Dura quattro mesi, vengono rilevate palesi «inosservanze della normativa vigente». A partire dal vertice, il direttore generale Giampiero Maruggi, che allegramente «dispone, in eccesso alle sue facolta’, l’effettuazione di transazioni in proprio e di segno opposto, che hanno comportato perdite aziendali». Tra firme apocrife e crediti allegri, insomma, e’ un vero e proprio via vai di amici, «debitori agevolati», corsie preferenziali e controlli inesistenti.
Febbraio 2004. Il comando della Guardia di Finanza di Matera, che ha svolto per mesi e mesi indagini su ordine della procura di Matera, guidata da Giuseppe Chieco, redige un fascicolo di 89 pagine sull’attivita’ della Popolare. Eccone alcuni rapidi stralci. Esiste, viene sottolineato, «una sorta di sodalizio costituito al fine di perseguire nel tempo il medesimo disegno criminoso, realizzato attraverso l’attivita’ creditizia della Banca Popolare del Materano a favore di una ristretta cerchia di individui, mediante la concessione di benefits in dispregio dell’interesse comune dei sottoscrittori dell’ente creditizio e del bene patrimoniale della banca».
E via giu’ con una sfilza di «condotte penalmente rilevanti» portate a segno con «sistematicita’» da «dirigenti di banca e da professionisti in favore di una certa selezionata clientela che di fatto viene finanziata e in taluni casi sovvenzionata». «Si puo’ ipotizzare – veniva sottolineato nei roventi rilievi – l’esistenza di un ristretto comitato d’affari, realizzato attraverso la gestione clientelare del credito, la truffa, l’appropriazione indebita, il mendacio bancario, il falso ideologico». E via.
Giugno 2004. Sono trascorsi solo pochi mesi dal primo rapporto di fuoco – e’ il caso di dirlo – delle fiamme gialle, ed eccoci ad una seconda informativa, meno accalorata ma piu’ specifica: siamo a giugno 2004 e riguarda i finanziamenti facili ad una concessionaria auto, evidentemente “amica”.
Settembre 2004. Il comando del nucleo provinciale di polizia tributaria chiude le indagini e consegna al procuratore capo Chieco il “super dossier”, ossia il documento che riassume tutte le indagini fin qui svolte a carico dei vertici della Popolare. Ma il dossier “sparisce”, si volatilizza: non compare, infatti, tra i voluminosi faldoni del procedimento giudiziario. Riesce miracolosamente a ritrovarlo la procura di Salerno, che indaga sulla querelle ormai al vetriolo fra De Magistris e la pletora di “toghe lucane” (e non solo) coinvolte nella maxi inchiesta del pm di Catanzaro.
Marzo 2007. All’istituto materano arrivano di nuovo gli 007 di Bankitalia, che lavorano per tre mesi, fino al 22 giugno. Una bordata. Parole di fuoco, quelle degli ispettori, che puntano i riflettori, in particolare, sugli affaire Mutina e cartolarizzazione. Ecco cosa mettono nero su bianco: «il business plan compilato all’atto della cessione del portafoglio crediti cartolarizzato (2002) non ha stimato in modo sufficientemente attendibile il valore dei titoli junior, sui quali non erano state formulate previsioni di recupero». Il pasticciaccio brutto viene confermato dalle fiamme gialle che redigono un rapporto al calor bianco, riscontrando «violazioni alla normativa vigente» e poi chiedendo l’aiuto di una consulenza tecnica.

LA FRITTATA DI CHIECO
Cosa fa, a questo punto, l’imperturbabile Chieco? Chiude un occhio, anzi due. Perche’ gira la frittata e chiede l’archiviazione di tutto il filone d’inchiesta, sostenendo che l’operazione-cartolarizzazione e’ regolare e trasparente, come osserva la Guardia di Finanza. La quale, invece, aveva documentato esattamente il contrario, descrivendo le innumerevoli performance del “sodalizio criminoso”. Le fiamme gialle, fra le altre cose, sottolineavano le frequenti “manchevolezze” nei procedimenti di valutazione degli immobili, posti a garanzia dei crediti allegri concessi a correntisti “eccellenti”. Come nel caso di Iside Granese, toga di punta della procura lucana, che per ottenere un maxi prestito all’incredibile tasso del 3 per cento, da’ a garanzia un immobile da 150 mila euro, pluri-ipotecato (si parla di una stratosferica cifra da 1 milione e 200 mila euro).
Nel mezzo di questa tempesta, cosa pensa bene di fare il direttore generale della Popolare di Matera, Maruggi? Esattamente un anno fa, ad aprile 2008, annuncia il lieto evento: «La buona notizia – gongola – e’ che quell’iter ispettivo si e’ concluso povitivamente, non ci e’ stato mosso alcun rilievo». Non contento, aggiunge: «Per questo siamo tra quell’elite, quel gruppo ristretto di banche, non piu’ di una decina, che non subiscono rilievi dalla Banca d’Italia». Beato lui. L’unico a “non sapere” che il maxi gruppo da una decina di banche sparse per il centro sud – sotto l’attenta regia della maxi popolare, BPER – ha cartolarizzato per palate di milioni di euro i suoi debiti sdoganandoli presso i soliti, ignari, risparmiatori. «Che si ritroveranno in braghe di tela fra qualche anno – commentano parecchi a piazza Affari – cosi’ come e’ capitato con tanti crac da novanta, dai bond argentini fino a Parmalat, Cirio e compagnia bella».

SCENEGGIATA, AVANTIe#8200;TUTTA
Ma riprendiamo in rapida carrellata l’iter giudiziario. Sei anni di indagini condotte dal pm Annunziata Cazzetta, una perizia tecnica costata circa 120 mila euro, una montagna di carte e documenti prodotte da Fiamme gialle e Bankitalia in prims, una sfilza di riscontri. E poi? Mesi e mesi per formulare la richiesta di rinvio a giudizio, mesi e mesi in attesa della firma del procuratore capo Chieco. Alla fine della sceneggiata? Il gip, Angelo Onorati, a due anni dalla chiusura delle indagini, invece di decidere, rinvia. Anzi, fa peggio: ordina una nuova perizia tecnica, affidata ad Angelo Menichini, ex dirigente del defunto Banco di Napoli (poi passato sotto l’ombrello del gruppo San Paolo) e membro dell’Abi. «Quindi del tutto incompatibile – tuonano all’Adusbef, la battagliera associazione animata da Elio Lannutti che per prima ha denunciato lo scandalo Bper e annesse cartolarizzazioni a go go – per palesi conflitti di interesse, dal momento che nell’inchiesta sono indagati numerosi esponenti della stessa Abi e di vertici bancari nazionali». Come, per fare solo qualche nome, Guido Leoni (amministratore delegato Bper, indagato per appropriazione indebita), lo stesso Maruggi (associazione per delinquere, appropriazione indebita, truffa e violazione della legge bancaria), Francesco Lucifero (un cognome, un programma: presidente Banca Popolare del Mezzogiorno, stessi capi d’accusa di Maruggi), Attilio Caruso (ex presidente Banca Popolare del Materano, uguali capi d’accusa), Donato Masciandaro (presidente della Popolare del Materano, appropriazione indebita).
Ma cosa chiede Onorati al nuovo perito? Se quei vertici bancari hanno violato la legge. Tutto e niente. O meglio, il vuoto assoluto. E in poche settimane il solerte Menichini butta giu’ una cinquantina di pagine dove dice: non hanno violato la legge. «Proprio come chiedere – commentano in parecchi a Potenza – al fruttivendolo se la merce che vende e’ buona o no». Oppure all’acquaiolo se la sua acqua e’ potabile.
Ecco la comica finale. La Cazzetta fa un’inversione a U e cambia diametralmente parere, chiedendo il non luogo a procedere per gli imputati e vanificando la monumentale inchiesta precedente (perizia tecnica numero uno, lavoro degli ispettori di Bankitalia e della Gdf). Onorati ratifica e sentenzia: il fatto non costituisce reato.
Un denominatore comune in tutta questa storia di malcredito, malapolitica e malagiustizia? Emilio Nicola Buccico, senatore di An, ex sindaco di Matera, gia’ membro del Csm e, soprattutto, avvocato. Di uno stuolo di inquisiti nella maxi inchiesta Toghe Lucane scippata a De Magistris. E in ottimi rapporti con parecchi magistrati che hanno lavorato sull’affaire Bper e dintorni. Ecco cosa scrive Carlo Vulpio, fresco candidato per l’Italia dei Valori alle europee, giornalista di razza del Corsera (e per questo emarginato dai vertici del quotidiano) nel suo “Roba Nostra” (edizioni il Saggiatore): «L’amicizia e’ amicizia e Buccico e’ un amico. Del procuratore di Matera, Giuseppe Chieco, e dei pm a lui piu’ fedeli, da Paola Morelli, che aveva archiviato la pratica Marinagri (una maxi speculazione edilizia, ndr) come non avrebbe fatto nemmeno con una mansarda abusiva, ad Annunziata Cazzetta, Valeria Farina Valaori, Rosa Bia e Angelo Onorati. Mentre a Potenza Buccico e’ molto amico del procuratore generale Vincenzo Tufano e del capo della procura Giuseppe Galante. Ed e’ molto amico anche del procuratore vicario Felicia Genovese e di suo marito, il manager ospedaliero Michele Cannizzaro, che contemporaneamente sponsorizza la campagna elettorale di Buccico e si propone come uno dei volti nuovi dell’Ulivo». Protagonisti e interpreti del copione di “Toghe Lucane”.

da lavocedellevoci.it

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