RIAPRIAMO IL CASO DI DONATO BERGAMINI

Il 18 novembre del 1989 il centrocampista del Cosenza Donato Bergamini, 29 anni, morì a Roseto Capo Spulico, nella zona dell’ alto Jonio cosentino, investito da un autotreno lungo la statale 106 jonica. Il conducente del mezzo, Raffaele Pisano, 53 anni, imputato di omicidio colposo, fu assolto dal pretore di Trebisacce «per non avere commesso il fatto».
La sentenza venne confermata dalla Corte d’ appello di Catanzaro. La tesi dei giudici, sia in primo grado che in appello, fu che Bergamini si fosse suicidato. E sui motivi per i quali il giocatore del Cosenza si sarebbe tolto la vita erano state avanzate varie ipotesi. Era terrorizzato. Ma da chi o da che cosa? Donato Bergamini, eclettico centrocampista del Cosenza, il suo segreto se l’è portato nella tomba. Che motivo aveva un giovane di 27 anni, con un contratto che gli consentiva di guadagnare quasi 200 milioni all’anno, per decidere dapprima di eclissarsi, partire, emigrare, in ogni caso di lasciare Cosenza e il calcio, e poi scegliere di morire davanti agli occhi della fidanzata?
Si parla di droga. Si intravedono i contorni ancora oscuri di un giro pericoloso in cui il calciatore, che era originario di Boccaleone, nel Ferrarese, ma che era alla sua quinta stagione con la maglia rossoblù del Cosenza, sarebbe stato coinvolto. E quindi travolto.
Era notorio infatti che il giovane calciatore viaggiasse con una Maserati biturbo munita di radiotelefono che sarebbe appartenuto a un pregiudicato cosentino col quale Bergamini si accompagnava spesso. E’ notorio ancora che alcuni calciatori del Cosenza si erano fatti vedere in giro con persone che hanno a che fare con la giustizia. Ma tutto questo può servire per dare una spiegazione al tragico gesto? Forse no.
Ma c’è dell’altro. Per l’allenatore del Cosenza dell’epoca, Gigi Simoni, Donato Bergamini nell’ultimo periodo appariva triste e cupo, più del solito. Era un ragazzo spigliato, onesto ma anche introverso, ricordava padre Fedele Bisceglie, cappuccino, capo degli ultras cosentini e assistente spirituale della squadra del Cosenza, allora militante in serie B.
Ci sarebbero stati ancora altri segnali che qualcosa di recente era accaduto a turbare drammaticamente l’equilibrio psicofisico del giovane calciatore. Potrebbe essere stato un episodio avvenuto, a quanto pare, il giovedì precedente in un ristorante dell’hinterland: Bergamini sarebbe stato prelevato da tre brutti ceffi e portato via. Dove e perché? Potrebbe essere stato quello che ha convinto il giovane calciatore che per lui era meglio cambiare aria.
Sabato pomeriggio Bergamini lascia improvvisamente il ritiro della squadra. Vado a prendere le sigarette, ha detto agli amici, tra cui Michele Padovano, il compagno di squadra con cui divideva un appartamento a Roges di Rende, alla periferia di Cosenza. Poco più di un’ora dopo alla società è arrivata la notizia della tragedia. Il calciatore, infatti, aveva lasciato la città con la fidanzata, Isabella Internò, ventenne studentessa di Rende.
La ragazza è l’unica testimone e afferma, pur tra parecchie contraddizzioni, che Donato si è lanciato volontariamente sotto le ruote del pesante autotreno. La testimonianza combacia con quella di Raffaele Pisano, 38 anni, di Rosarno, che si trovava alla guida del pesante mezzo che si è trovato il giovane davanti con apparente chiaro intento suicida. Bergamini, secondo quanto afferma la ragazza, dapprima voleva solo mettere molti e molti chilometri di distanza tra lui e Cosenza. Non c’erano dubbi che avesse paura.
Aveva pregato la ragazza di accompagnarlo fino a Taranto per imbarcarsi per la Grecia (da notare che da Taranto, però, non partono navi per la Grecia), le aveva chiesto di seguirlo. La ragazza non voleva andare con lui, non voleva neppure arrivare fino a Taranto per riportarsi a Cosenza la Maserati. Devi capire, mi diceva mentre eravamo in macchina, racconta Isabella, se mi vuoi bene devi fare quello che ti dico, altrimenti te ne accorgerai. Poi si è fermato in una piazzola, è sceso dall’auto, si è buttato sotto l’autotreno.
Per ultimo c’è una telefonata giunta in casa Bergamini, a Boccaleone d’Argenta, cinque giorni prima di quella tragica sera di Roseto Capo Spulico. Bergamini aveva raggiunto Ferrara dopo il pareggio a Monza del Cosenza. La solita sosta del lunedì prima della ripresa degli allenamenti. Ricevette una telefonata, si alzò dal tavolo da pranzo e ritornò visibilmente scosso.
Chi era all’altra parte del telefono? Chi parlò con Bergamini quel giorno?
Troppe domande per un caso mai definitivamente chiuso che ci auguriamo venga presto presto riaperto dalla magistratura per fare luce sulle cause della morte di Donato. “Storie di calcio” http://www.storiedicalcio.altervista.org/donato_bergamini.html

Che non sia stato un suicidio sono in molti a crederlo 

Si comprese subito, e adesso la procura di Castrovillari potrebbe riaprire l’inchiesta che il Tribunale chiuse frettolosamente 17 anni fa sentenziando: fu morte cercata. Donato Bergamini, biondo centrocampista del Cosenza, ferrarese di Boccaleone estroso in campo e fuori, non aveva una frattura sul corpo. Una. Nonostante 64 metri di trascinamento sotto un camion. Sì, la versione ufficiale racconta che Bergamini il 18 novembre 1989 si è gettato sotto un autocarro. In queste settimane, grazie al testardo lavoro di alcuni giornalisti calabresi, sono diventate pubbliche le prime testimonianze dei vecchi compagni di club. Prima si è deciso a parlare l’ala destra Sergio Galeazzi, poi un calciatore riconoscibile come Michele Padovano. Hanno raccontato le ultime ore di Donato Bergamini, le telefonate ricevute in camera d’albergo, le due persone che lo fecero alzare dalla poltrona del Cinema Garden di Cosenza. “Se mi arriveranno nuovi atti e nuove testimonianze riaprirò l’inchiesta”, dice ora il pm Franco Giacomantonio, procura di Castrovillari, competente per territorio.
Attorno al ricordo si sta coagulando un nucleo di parenti, avvocati, giornalisti, ex compagni, ora anche politici. E spinge per una nuova verità. Il suicidio di Donato Bergamini – il calciatore che la sera del 18 novembre 1989, secondo il verbale dei carabinieri di Cosenza, si lanciò tra le ruote di un camion sulla statale 106 all’altezza di Roseto Capo Spulico – non regge più.
Domizio Bergamini, padre di Donato, lo ha detto apertamente al “Il Quotidiano della Calabria”: “Mio figlio non si è suicidato, me lo hanno ucciso. Queste cose succedono solo in Calabria o quando ci sono di mezzo calabresi. L’hanno ucciso, bastava guardare il corpo dopo il decesso”. Sulla morte del calciatore biondo, che fu titolare nel Cosenza di Di Marzio, che contribuì alla risalita della squadra in serie B dopo 24 anni e fu richiesto invano dal Parma, ha scritto un libro Carlo Petrini, l’ex calciatore convertito al giornalismo investigativo: “Il calciatore suicidato”, il titolo. In quelle pagine ci sono tutte le contraddizioni dell’inchiesta, ma Petrini si allunga verso scenari criminali che portano troppo lontano. Il padre di Donato, invece, crede a una storia di passioni ferite e chiede un aiuto alla fidanzata del calciatore, unica testimone oculare ufficiale della morte di Bergamini insieme al camionista. “Una volta mi telefonò e mi disse che Donato le aveva promesso in eredità una Maserati. Le ho risposto che di macchine gliene avrei regalate due se mi avesse detto com’era morto mio figlio”. Gianni Di Marzio, che lo conosceva bene, oggi racconta: “Sembrano strane tutte queste storie della fuga in Grecia, del traghetto, di questo ragazzo che si è buttato sotto l’autocarro”. Altre novità le ha portate l’ex compagno Sergio Galeazzi, affidandole a un’intervista al settimanale “Cosenza Sport”. Ha raccontato come quelli del Cosenza calcio, in quei tardi anni ’80, avessero l’abitudine di trascorrere il sabato pomeriggio delle partite da disputare in casa al Cinema Garden, in centro. “Eravamo in galleria, Donato stava da solo, due file più avanti. Quando si è spenta la luce ed è iniziata la pubblicità ho visto Donato alzarsi. Ero seduto vicino all’ingresso, proprio all’inizio della fila di poltroncine, e ho fatto in tempo a seguirlo con lo sguardo. L’ho fatto istintivamente, come quando ti accorgi che sta accadendo qualcosa. Ho visto con sufficiente chiarezza che lo attendevano due persone. Ho visto solo le loro sagome, non so dire se fossero due uomini, un uomo e una donna. Non so se sono andati via insieme, ma di certo Donato non è più rientrato. Sono stato l’unico calciatore del Cosenza a non essere interrogato da magistrati e carabinieri. Con il passare del tempo ho capito che non c’era alcun interesse a riaprire il caso”.
Nel ventennale della sua morte, lo scorso18 novembre appunto, “Chi l’ha visto?” è sceso con le telecamere in Calabria e ha mostrato tutto quello che del caso Bergamini non tornava. Le scarpe riconsegnate alla famiglia erano perfettamente pulite, nonostante il presunto trascinamento del cadavere sotto il camion. L’orologio era intatto. La sorella Donata ha parlato, poi, di un’importante testimonianza sparita dal fascicolo. Ha segnalato come il telefono della famiglia Bergamini non sia mai stato messo sotto controllo. E ha ricordato le telefonate di minaccia ricevute, i vestiti spariti in ospedale e – addirittura – la morte di due impiegati del Cosenza calcio che avevano promesso alla famiglia nuovi particolari. “Il quadro lesivo”, ha dichiarato il medico che eseguì l’autopsia, “non era quello da trascinamento”.
La troupe di “Chi l’ha visto?” in quei giorni ha ricevuto l’ennesimo rifiuto a parlare da parte dell’ex fidanzata di Donato, sia direttamente dalla donna che dal marito, un poliziotto della Digos che nell’autunno dell’89 partecipò ai funerali del calciatore. Oggi il miglior amico di Bergamini, Michele Padovano – lui sarebbe diventato centravanti della Juventus, del Genoa, del Crystal Palace – , ha voluto rivelare come i vestiti che il calciatore aveva indosso al momento della morte non siano mai stati repertati dai carabinieri. “Dopo la celebrazione dei funerali li ho visti sul pullman, dentro una busta. I miei compagni se li passavano, ognuno voleva possedere qualcosa di Donato”.
Padovano ha un altro ricordo, preciso, sul 18 novembre 1989. Prima del cinema. Era con l’amico nella stanza d’albergo, il Motel Agip di Cosenza. “Dopo pranzo, riposavamo. La sveglia era fissata per le quattro del pomeriggio, lo spettacolo iniziava alle quattro e mezza. Intorno alle tre Donato ricevette una telefonata in camera. Non ci feci caso, ma lui cambiò espressione. Sembrava volesse parlarmene, non disse niente: diventò assente. Di solito andavamo al cinema con un’auto, quel giorno mi disse che avrebbe preso la sua. Voleva stare da solo. Accese il motore ed è stata l’ultima volta che l’ho visto”.
Sulla morte di Donato Bergamini è già partita un’interrogazione parlamentare, firmata, tra gli altri, dal ferrarese Dario Franceschini. Il prossimo 27 dicembre a Cosenza si svolgerà una manifestazione per chiedere la riapertura del caso.
Corrado Zunino (17 dicembre 2009)

La Scheda: Donato Bergamini (Boccaleone, 18 settembre 1962 – Roseto Capo Spulico, 18 novembre 1989)
Ha iniziato la sua carriera calcistica nella stagione 1982-83 indossando la maglia dell’Imola in Interregionale. L’anno successivo gioca nel Russi (sempre in Interregionale) dove vi resta per 2 stagioni.
Nel 1985 viene acquistato dal Cosenza che milita in Serie C1, club con il quale giocherà per 5 stagioni.
Al primo campionato in maglia rossoblù disputa 24 presenze senza alcuna rete. L’anno successivo gioca 28 partite realizzando 2 gol (contro Sorrento e Benevento). Nel 1987-1988 il Cosenza vince il campionato di Serie C1 e torna in B dopo 24 anni di assenza. Bergamini è titolare nella formazione di Gianni Di Marzio giocando 32 partite su 34. L’11 settembre del 1988 arriva l’esordio in Serie B (Cosenza-Genoa 0-0). In quella stagione, forse la più bella nella storia del Cosenza, realizza anche il suo primo ed unico gol nella partita Cosenza-Licata (2-0).
A causa di un infortunio riesce a giocare solo 16 partite. Malgrado ciò a fine stagione Bergamini ha diverse richieste sul mercato. Il Parma fa di tutto per ingaggiarlo, ma il Cosenza che vuole disputare un campionato di vertice, lo dichiara incedibile confermandolo per un’altra stagione, l’ultima della sua carriera.
Infatti, il 18 novembre 1989 viene trovato morto sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza.

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