La memoria della “battaglia di Rosarno” è ancora viva, nell’opinione pubblica italiana.
I suoi protagonisti erano africani immigrati e clandestini, raccoglitori d’arance prostrati dalle paghe da fame e dalle condizioni di vita indegne, che reagirono alla discriminazione e alla violenza dei rosarnesi con altrettanta violenza.
Sull’agropontino non si è ancora arrivati a uno scontro da Far West come quello,
eppure i 60-70mila(nei picchi stagionali) lavoratori dei campi clandestini sono costretti a subire la stessa umiliante sorte.
Provengono dal Punjab, nord dell’India, terra di contadini.
Non parlano quasi per nulla l’italiano, pagano 300 euro per avere un tetto sopra la testa e lavorano senza sosta. Per due euro all’ora, se clandestini.
La clandestinità è un reato molto conveniente: la regolarizzazione di un immigrato avrebbe dei costi sociali da sostenere, per un imprenditore.
Lo stesso imprenditore-sfruttatore spesso incoraggia la regolarizzazione per lucrarci sopra, chiede in cambio della procedura 3mila-5mila euro, e poi rispedisce a “casa” il lavoratore per sostituirlo con un clandestino.
Il mercato del lavoro nero è inesauribile e pare che lo sia anche l’assenza di scrupoli di certi imprenditori.
L’agropontino è una delle zone più fertili d’Italia sin dalla bonifica che Mussolini fece negli anni 30′, per sottrarlo alla malaria.
Settantamila ettari congiunti da quattro punti cardinali, Latina Sezze Terracina e Sabaudia.La Camera di Commercio registra 11mila aziende e solo 10mila lavoratori regolari.
Tutto il resto del lavoro è sotterraneo, nascosto e sottratto alla tutela dello Statuto dei Lavoratori.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-52a6ed2c-8b9f-4d75-89f2-17e97a5ed68f.html (video)
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