La Toscana nella rete dell’usura Livorno e Pistoia peggio di Crotone

La Toscana nella rete dell’usura Livorno e Pistoia peggio di Crotone

7.01.2011

La Repubblica di Firenze, di Riccardo Bianchi

Ben 12 operazioni nel 2009 e 40 indagati, dietro solo ad alcune regioni del sud Italia e alla Lombardia. Livorno e Pistoia davanti a Crotone e Trapani per percentuale di attività schiacciate dagli strozzini in rapporto al totale degli esercizi commerciali. Ottomila commercianti coinvolti in un rapporto usurario, pari al 10,6% sul totale degli attivi. È una Toscana poco felix quella che esce dal rapporto 2010 di Sos-Impresa, l’associazione antiracket della Confesercenti. In quasi tutte le province della regione emerge un aumento dei casi, un radicamento del fenomeno. “Le situazioni peggiori riguardano le località turistiche, come la costa e le isole livornesi, la Versilia e Montecatini Terme, oltre a tutto il territorio del tessile pratese” conferma Lino Busà, presidente nazionale di Sos-impresa. Non a caso Pistoia è dodicesima su cento nella classifica delle province con il più alto indice economico-finanziario di rischio usura, calcolato prendendo in considerazione i fallimenti, i protesti bancari, i pignoramenti e altri fattori, Prato quattordicesima, Lucca ventiduesima, mentre Pisa, Firenze e Livorno stanno tra il trentunesimo e il trentaquattresimo posto. Siracusa, in compenso, è sessantaquattresima.

“La Toscana è ricca ed è un’ottima preda per gli usurai”, ammette Busà: “Qui gli strozzini sono di due tipi: gruppi mafiosi intenzionati a riciclare denaro sporco e soggetti locali, conosciuti e magari a loro volta usurati”. A rivolgersi a questi soggetti sono spesso piccoli imprenditori “persone di età matura che non sanno riconvertirsi col mercato che cambia, che sono legati all’attività e provano a salvarla a tutti i costi” continua il presidente di Sos-impresa. Si rivolgono alle banche, poi alle finanziarie per pagare i debiti con le banche, poi ad amici e parenti, infine ai cravattari. “E’ un percorso che sembra gestibile, ma non lo è”.

Negli ultimi anni si sono susseguite le operazioni, finite anche sulle prime pagine dei giornali. In Versilia nel 2008 era attivo il clan Saetta, famiglia legata ai Giuliano, che la direzione distrettuale antimafia di Firenze guidata dal pm Pietro Suchan ha accusato di usura, riciclaggio, traffico di stupefacenti, gioco d’azzardo e altro ancora. A Montecatini operavano i Formicola, altro gruppo legato alla camorra e in possesso di numerosi alberghi, per cui sono state emesse 40 ordinanze di custodia cautelare. A Prato nel 2009 è stato sgominato il clan dei Terracciano, che aveva messo le mani su molti locali a luci rosse. Lì organizzava la prostituzione, prestava soldi a un tasso anche del 1.000%, con gli sgherri che minacciavano e aggredivano i debitori. “I night sono il posto ideale per questi gruppi – ammette Busà – e la speculazione immobiliare è il loro pane quotidiano”.

Tutti i dati del rapporto, però, non fanno ancora i conti con la crisi economica, perché tra l’inizio dell’usura e la denuncia passano almeno due anni: “Quando la banca mi protesta, è la fine della mia impresa – conferma Busà – perciò la paura mi spinge a rivolgermi a tutti. Dopo di cui scatta la vergogna per essere incapace di sfuggire alla morsa degli strozzini. Nei prossimi anni ci sarà sicuramente un boom delle denunce. Anche se i tempi lunghi della giustizia, l’alto tasso di prescrizioni e le pene leggere non spingono le vittime a denunciare”.

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