Archivio Categoria: Abruzzo

Niki Aprile Gatti. Noi non l'abbiamo archiviato!

” …quando morirò,
seppellitemi in piedi,
perchè stò trascorrendo una vita in ginocchio …..”
Ti Amo Niki
Mamma

Sono queste le prime parole che compaiono accedendo alla pagina di facebook di Ornella, poche ma chiare nel loro significato di dolore ed amarezza. Certamente non sono sufficienti per comprendere la storia di questa donna e del suo Niki ed allora proseguo nella mia ricerca, spingo il cursore verso il basso, apro finestre, guardo foto, ascolto alcuni dei video presenti tra i suoi link. Poesie, citazioni tratte da film, libri e canzoni si moltiplicano, così come le frasi quotidianamente scritte da Ornella ed i commenti delle persone che lei ha accettato tra i suoi amici. Più di 2.600 per ora. Non sono tutte persone che la conoscono direttamente. Neanche io l’ho mai incontrata personalmente, ma ciò nonostante le ho inviato la mia richiesta per entrare tra i suoi contatti.

La pagina di Ornella su facebook è un diario, un diario non intimo e personale, è un diario che tutti possono leggere e che tutti possono arricchire, un mezzo con cui esternare pubblicamente i propri pensieri. Un profilo di facebook apparentemente come tanti, che si inserisce nella routine delle moderne tecnologie comunicative generate dai social network. Ogni mezzo viene plasmato dalle mani dalle mani di chi lo usa, e la pagina interattiva di Ornella ha un valore aggiunto, è la sua arma per informare e lottare contro il silenzio omertoso di chi sa e tace, evitando che con l’archiviazione del caso cada il sipario sulla oscura morte in carcere di suo figlio.

Tutto ciò che lei digita quotidianamente è rivolto al suo amore più prezioso, non passa giorno che lei non scriva qualcosa da dedicare a Niki, un grazie, un mi manchi o un ti voglio bene. Madre fiera ed orgogliosa, madre afflitta ed inconsolabile, madre affettuosa e tenera, madre arrabbiata e indignata, madre tenace e combattiva. Sono queste le sfumature di una Ornella che non è in ginocchio come afferma nella sua frase iniziale, ma che quotidianamente lotta con le armi della parola per un solo semplice obbiettivo:  ORNELLA VUOLE GIUSTIZIA!

È questo il motivo che unisce più di 2.600 persone ed alimenta la lotta del Comitato Verità e Giustizia per Niki.

L’informatica, uno strano filo che unisce i destini di madre e figlio, perché se oggi Ornella ne ha fatto uno strumento per trasmettere la sua storia, per suo figlio Niki era la più grande passione. Studiava Ingegneria informatica ed era bravissimo nel creare siti, ma proprio questa sua passione gli ha rubato la vita. Già! Come ogni ragazzo di 26 anni, costruiva e progettava il suo futuro e posso immaginare l’emozione e la frenesia che avrà provato nel momento in cui fu contattato da un’importante azienda telefonica di San Marino per riferirgli che sarebbe stato assunto come programmatore. I termini del contratto erano allettanti e Niki non ci pensa molto, lascia Avezzano per trasferirsi nei pressi di San Marino ed incominciare la sua nuova avventura.

La carriera sembra decollare rapidamente. In breve tempo accetta di diventare socio di minoranza ed amministratore della Oscorp S.p.A.  (una società che risulterà poi coinvolta nell’inchiesta sul riclicaggio insieme ad altre compagnie telefoniche tra cui Orange, OT&T e TMS e Fly Net, piu’ altre Società con sede a Londra). 

Come coetanea di Niki ho la presunzione di conoscere quel meccanismo che ti si accende dentro quando tutto sembra andare per il meglio, credendo in buona fede di avere finalmente trovato la tua strada. Hai la sensazione di essere invincibile e di poter sostenere ogni tipo di responsabilità, perdendo quella dose di necessaria lucidità e diffidenza per valutare anche i rischi di certe scelte. Niki forse ha provato tutte queste sensazioni. Difficile capire, invece, la sua reazione quando il 19 giugno del 2008 si vede notificare un ordine di arresto. Improvvisamente tutto assume una forma diversa, appare un ben diverso scenario: quello dei grandi intrighi internazionali. Colpo di scena si potrebbe dire, almeno per me. Niki risulta coinvolto in una storia molto più grande di lui, inimmaginabile. La Oscorp, la società che aveva investito sulle sue potenzialità e che tanta “fiducia” aveva saputo infondergli, non era altro che un’azienda manovrata dai grandi gruppi della telefonia. 

C’è l’ombra della n’drangheta e della Telecom.

La compagine societaria viene implicata, infatti, nell’inchiesta che oggi tutti conosciamo con il nome di “Premium”. Quella delle compagnie che hanno truffato milioni di utenti, invogliandoli ingannevolmente a connettersi a numeri a pagamento (899), lucrando cifre da capogiro; un solo minuto di telefonata costava all’ignaro cliente circa € 12,50.

Le indagini incalzano, cadono le prime teste, 18 persone della Oscorp vengono arrestate. Niki è una di queste. Fin qui tutto è apparentemente normale. Essendone l’amministratore potevano gravare su di lui delle eventuali responsabilità penali da accertare.

Ma perché solo lui finisce nel carcere di massima sicurezza di Solicciano nonostante fosse incensurato e indagato del solo reato di frode informatica? Perché tutti gli altri coindagati vengono, invece, posti agli arresti nel più tranquillo carcere di Rimini?

Niki collabora sin dal primo momento, parla con gli inquirenti, non si avvale della facoltà di non rispondere, come faranno tutti gli altri. Il risultato? A Niki viene confermata la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri 17 ottengono gli arresti domiciliari. Una giustizia alla rovescia. I conti non tornano, come tante altre cose: soprattutto il mancato sequestro dell’abitazione e dei pc usati da Niki, con i quali sarebbero stati commessi gli ipotizzati reati, così come inspiegabile è la repentina sostituzione del difensore a cui Niki sarebbe stato spinto da un telegramma inviatogli mentre si trovava in isolamento, dopo due giorni di carcere.

La mattina del 24 giugno accade l’inaspettato: il corpo di Niki viene trovato senza vita nel bagno della sua cella.

“Suicidio, perché non ha retto alla vita del carcere.” Facile dirlo, molto più difficile crederci.

Si sarebbe suicidato legandosi al collo “un solo” laccio delle scarpe (che peraltro non avrebbe potuto detenere in un carcere), oltre ad un paio di jeans. Sorge spontaneo chiedersi se davvero questa specie di corda artigianale possa essere stata sufficiente a sorreggere un corpo di ben 92 kg e 185 cm di altezza.

L’autopsia ha decretato che la morte è sopraggiunta intorno alle 10, durante l’ora d’aria, ma un agente di polizia penitenziaria ha testimoniato di aver scambiato due chiacchere con un “tranquillo” Niki proprio in quella medesima ora. Che Niki fosse tranquillo o comunque non in preda ad agitazioni particolari che potessero destare sospetti, viene confermato da più persone (anche dallo psicologo del carcere).  Se l’orario del decesso è quello, perché il 118 viene avvertito solo alle 11.18? Ulteriore quesito da porsi a cui ne seguono altri, tra cui la mancata sorveglianza a vista durante l’ora d’aria, come previsto dai regimi delle carceri di massima sicurezza. Perché tante gravi incongruenze? Oltretutto, nei 5 giorni di detenzione, nessuno della sua famiglia ha potuto parlare con lui, non ci sono tracce, infatti, della classica telefonata di rito concessa hai detenuti, mentre è con una semplice frase biascicata da una cornetta, che viene riferito ad Ornella che suo figlio è morto. Le autorità non bussano alle sua porta, non ci sono psicologi capaci di sorreggerla quando le cade il mondo addosso. L’ultima anomalia riguarda l’appartamento che Niki aveva affittato nei pressi di San Marino, rinvenuto dai familiari dopo 20 giorni dalla sua morte, completamente svuotato. Le frettolose indagini su questo furto non hanno portato a nessun rilevante risultato, alimentando la scia dei dubbi e delle perplessità su questo “ipotetico” suicidio.

Sono passati più di due anni da quel 24 giugno 2008, due anni terribili per Ornella, ma la morte di Niki è stata archiviata. Non per mamma Ornella, non per il Comitato che reclama giustizia per Niki e neanche per noi. 

Per approfondimenti consiglio la lettura del libro “Gli Impiccati” di Luca Cardinali, in cui vengono trattati diversi casi di morti sospette avvenute nelle carceri italiane, compresa la storia di Niki.

http://nikiaprilegatti.blogspot.com/è il blog creato dalla signora Ornella per ricordare Niki, che ringraziamo per la collaborazione, sperando di incentivare la pubblica opinione a sostenerla nella sua lotta.

Carmen Iebba

LA SCHEDA (a cura dell’Avv. Paolo Franceschetti) 

Analisi che la madre giudica quanto mai attuale e veritiera anche per i fatti che si sono succeduti e per l’Immobilità delle Istituzioni …, la mancanza di Verità e Giustizia che continuano a persistere…

La vicenda

19 giugno 2008 la signora Ornella Gemini viene a sapere che suo figlio, Niki Aprile Gatti, è stato arrestato.

Niki è un ragazzo di 26 anni, esperto di informatica presso una società di cui è anche socio minoritario. Abita a San Marino, dove ha sede la società in cui lavora.La mattina del 19 giugno Niki viene avvisato dalla madre di uno dei soci, che la sera precedente era stato arrestato il figlio; la donna gli chiede se può recarsi a Cattolica dall’avvocato Marcolini, il legale aziendale.Niki va a colloquio dall’avvocato e, quando esce, viene arrestato.
Viene arrestato il 19 giugno con l’accusa di “frode informatica”.
Ricordiamoci questa accusa, perché sarà importante nel prosieguo.
Viene tradotto nel supercarcere di Sollicciano, mentre altri due arrestati verranno portati nel carcere di Rimini, che sarebbe la sede più naturale.
Mamma Ornella contatta l’avvocato aziendale, che le dice che Niki è in isolamento per qualche giorno, quindi è inutile cercare di contattarlo. Inizia anche una serie di telefonate e pressioni varie per convincere la signora Ornella a cambiare avvocato.
Ma lei insiste. Vuole l’avvocato Marcolini che, essendo il legale aziendale, conosce meglio di ogni altro le vicende societarie.
Il 20 giugno però, alle 20,58 viene spedito a Niki un telegramma: devi nominare l’avvocato X. Il telegramma viene spedito dalla casa di Niki stesso, che in teoria avrebbe dovuto essere sotto sequestro.
Niki non sa che la madre è contraria. Come potrebbe saperlo se non si sentono da giorni? E di fronte ad un invito così perentorio Niki esegue. Il giorno dell’udienza, il 23 giugno, Ornella viene a sapere che suo figlio ha cambiato avvocato.
La signora torna a casa senza aver potuto vedere suo figlio.Il 24 giugno alle ore 13,15, arriva una telefonata sul cellulare della signora: “E’ il carcere di Sollicciano, suo figlio si è suicidato”
Senza seguire le normali procedure (le quali prevedono che la direzione del carcere avvisi la polizia, la quale si deve recare dai parenti insieme ad uno psicologo) qualcuno ha telefonato direttamente al cellulare della signora.
Il 19 luglio il marito della signora Ornella si reca a San Marino per sistemare le questioni relative all’appartamento che Niki aveva in affitto.
E… sorpresa… l’appartamento è stato completamente ripulito.
Non ci sono più neanche i mobili. Tutto sparito: Pc del ragazzo, vestiti, lettere, tutto…Ma veniamo al suicidio.
Niki si sarebbe impiccato con il laccio di una scarpa e un paio di jeans, appendendosi alla finestra del bagno, senza l’altezza necessaria. Una tecnica possibile da attuare in linea teorica, ma quasi impossibile da realizzare nella pratica, perché – ammesso e non concesso che il laccio non si spezzi, e ammesso e non concesso che il laccio sia lungo abbastanza da poterci costruire un cappio – si muore dopo tanto tempo, e con sofferenze atroci, il che fa sì che l’istinto di sopravvivenza porti il potenziale suicida a desistere prima di terminare l’operazione.
E’ la stessa tecnica dei suicidi con le buste di plastica. Impossibili da realizzare nella pratica, anche se in teoria sono fattibili. Questo perché l’istinto di sopravvivenza, nella fase della mancanza di ossigeno, prevale sulla volontà di morte e in genere la persona tende a liberarsi sentendo il senso di soffocamento.
Quindi il 99 per cento dei suicidi con le cosiddette buste di plastica sono in realtà omicidi.
Dopo due giorni, il funerale. Il figlio non lascia neanche una lettera alla madre. Si sarebbe suicidato così. Senza un motivo. Appena 4 giorni di carcere, in pratica, avrebbero piegato la volontà di Niki fino a farlo decidere di togliersi la vita. Inoltre il ragazzo, a quanto dicono alcuni testimoni, era tranquillo, con la coscienza pulita, non aveva motivo di decidere per una fine così tragica.Il Pm archivierà tutto come suicidio. Non terrà conto quindi delle tante, troppe stranezze di questa vicenda. Dal verbale risulta che un agente aveva parlato con il ragazzo alle 10. Ma l’ora della morte è fissata proprio alle dieci. Una contraddizione insanabile.I due compagni di cella di Niki non riescono a ricostruire l’accaduto in maniera credibile perché le due versioni dei fatti sono discordanti.Manca l’esame tossicologico sulle cause della morte.Eppure tutto questo, non è sufficiente per fare indagini ulteriori e tutto viene archiviato.
La signora fa opposizione all’archiviazione ma… sorpresa… l’opposizione all’archiviazione si perde… Per fortuna il legale ne conserva una copia e la deposita nuovamente.
Approfondendo la questione vengono alla luce altre anomalie.
Verranno arrestate altre 17 persone in questa inchiesta. Niki era l’unico che aveva dichiarato al magistrato di voler collaborare. Sarà l’unico a suicidarsi. Gli altri, che si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, verranno tutti liberati in poco tempo.
Strano destino no? Le persone che hanno tenuto la bocca chiusa, sono state liberate.
L’unico che voleva parlare, ha avuto la bocca chiusa per sempre.
Strano destino che ricorda un po’ la legge del contrappasso…
Nei giorni successivi Ornella chiede la documentazione relativa alla posizione del figlio alle società per le quali il figlio lavorava. Ma non riceve alcuna risposta.
O meglio. Riceve una risposta nel tipico linguaggio di noi legali quando vogliamo prendere tempo: “La società Sofisa (NB. Il nome ricorda Sofia, la sapienza…) nel rispetto della legge Sanmarinese fornirà in futuro tutte le informazioni che le verranno richieste”.Ma la signora, ad oggi, non ha ancora ricevuto niente.Da legale decido di fare un controllo. Vediamo cosa dice la legge sammarinese al riguardo… faccio una ricerca e mi trovo alla voce “società” 152 documenti in ordine sparso solo sul diritto societario. Migliaia di pagine cioè.
Poi dovrei controllare le sanzioni civili e penali per gli inadempienti, ecc…Inoltre scopro che non esiste un vero e proprio codice perché a San Marino si applica “il diritto comune”… che è una espressione tecnica per dire, in linguaggio giuridico, che non esiste una legge specifica, non esiste un codice cioè, ma esistono una miriade di leggi caotiche che si applicano non sai bene come.
Quanto basta per far desistere chiunque a meno che non sia un legale e che non abbia a sua disposizione un intero periodo di ferie…Ma da avvocato oramai non mi stupisco più perché so che la legge è fatta per fregare il cittadino, non per tutelarlo. Il potente non ha bisogno di conoscere la legge perché ha la certezza che qualunque essa sia, comunque non verrà applicata. Il cittadino comune, invece, se vuole conoscere un suo diritto (un diritto teorico, perché poi è tutto da vedere se sia possibile chiederne l’applicazione pratica) deve sborsare migliaia di euro.
Le stranezze.
– Molte sono le cose che non quadrano in questa vicenda.
Anzitutto in isolamento non si può ricevere alcun telegramma.
Come gli è stato recapitato? E da chi?Assurdo poi che sia stato mandato dalla casa di Niki… solo i servizi segreti possono fare questo e ottenere questo.
Provate voi, cittadini qualunque, a mandare un fax dalla casa di un arrestato, e vedete che vi succede.
Assurda anche la telefonata dal carcere sul cellulare della signora, in barba a tutte le procedure. Ma è chiara la tecnica e anche il fine di questa telefonata. Aumentare il dolore della signora, farla impazzire dal dispiacere affinché lei non capisca la verità e abbia ancora meno forza per combattere.
Assurda un’archiviazione senza preventivo esame tossicologico.
Assurdo l’ostruzionismo alla richiesta della signora di avere i documenti relativi alla posizione societaria di suo figlio.Assurdo che uno venga mandato in un carcere speciale, di massima sicurezza, quando è tratto in arresto per un reato di minima gravità. Frode informatica!!!
Ci sono persone che stuprano, che uccidono, che rubano miliardi, e che sono in giro libere. Ma per una “frode informatica” c’è bisogno di un carcere di massima sicurezza!Assurdo che un ragazzo si suicidi con il laccio di una scarpa..In uno stato di diritto serio, in cui il diritto veramente fosse uguale per tutti, si metterebbero innanzitutto sotto inchiesta i periti e il PM.Poi si procederebbe con le indagini facendo l’analisi tossicologica, andando a vedere che ruoli aveva Niki nella società, e in tal modo si risalirebbe ai mandanti con una facilità tale che, probabilmente, la cosa sarebbe alla portata anche di un dodicenne con un basso quoziente intellettivo.Nel nostro stato, invece, ci sarà sempre un muro di gomma. Lo stesso muro di gomma che c’è stato per tutte le persone uccise nei decenni precedenti.
Conclusioni
Cara Ornella, come promesso le ho scritto l’articolo.Aveva torto l’avvocato cui lei si rivolse.
Non abbiamo bisogno di prove, per dimostrare l’omicidio.
Non abbiamo bisogno di prove e moventi. E neanche di mandanti.Le prove ci sono tutte. Quando attorno ad una vicenda si muove un casino infernale, come ho scritto varie volte, quando le istituzioni fanno muro, quando compaiono personaggi iscritti in massoneria da destra e da sinistra, si può star sicuri che l’evento non è una morte accidentale, per il semplice motivo che altrimenti tutti si prodigherebbero per fare il massimo affinché lei possa arrivare all’accertamento della verità.Quando invece tutti remano contro, allora vuol dire che la morte è un caso di omicidio e non di suicidio.I moventi sono chiari e li ha scritti lei sul suo blog. Suo figlio era l’unico che voleva collaborare, dei 18 arrestati. E collaborare con la giustizia, nel nostro paese, non è permesso. Chi collabora veramente muore. E in genere muore prima ancora di poter arrivare a dire qualsiasi cosa o a fare qualsiasi cosa.Abbiamo anche i mandanti.I mandanti sono facilmente individuabili, perchè sono tutte le persone che sono coinvolte nella vicenda di suo figlio. Tutte le persone che in qualche modo hanno depistato, sviato, inquinato, impedito… Per il nostro codice penale, signora, all’articolo 110, le persone che concorrono in un reato a qualsiasi titolo sono punite tutte allo stesso modo. Istigatori, mandanti ed esecutori, hanno più o meno la stessa pena.Il mandante, signora Ornella, è il sistema stesso. Talvolta non c’è un ordine di esecuzione che parte dall’alto, da una persona determinata, come si vede nei film. E’ il sistema che decreta la tua morte, col consenso di tutti quelli che ne fanno parte e che lo accettano supinamente o attivamente. Persone come Rino Gaetano, come Tobagi, come Pecorelli, le persone uccise in questi decenni nei centri sociali, Lucio Yassa, Betty Altomare, non avevano un nemico preciso, individuato…Erano scomodi al sistema, e il sistema impone l’eliminazione degli elementi sgraditi.Quindi l’ordine di esecuzione per suo figlio, sarà stato dato da una pluralità di persone d’accordo tra loro, perché la sua scomparsa fa parte di un sistema di regole codificato da secoli. Suo figlio aveva deciso di parlare, e questo, per chi lavora in una società che fa affari illeciti in un paradiso fiscale come San Marino, è uguale alla morte.Lei signora è una delle prime, a quanto mi risulta, che non solo ha capito subito la verità, ma anche che la sta cercando con vigore.Allora signora, so che questo non la consolerà. Ma noi buddisti crediamo che ogni anima si incarni in un corpo e in una vita determinata per un compito preciso. Quello di suo figlio era di scomparire in questo modo.E quello suo è quello di far conoscere la verità a più gente possibile perché, come ha detto anche lei, solo la verità rende liberi, e forse un giorno, fra decenni, liberi lo saremmo veramente, col contributo di tutti noi. Per aiutare tutte le madri nella sua condizione e tutte le persone morte inconsapevolmente per un motivo che neanche conoscevano o intuivano, all’epoca.Affinchè questa strage di innocenti finisca un giorno, probabilmente quando noi non ci saremo più.
Previsioni per il futuro
Cara signora, non so se lo sa, ma leggevo i tarocchi fin dall’età di quindici anni.Ora che sono grande non ho bisogno dei tarocchi per sapere quello che le succederà.Glielo dico in anticipo, affinché lei si possa cautelare in tempo. Ripetendole alcune cose che le ho detto quando ci siamo incontrati al mio studio.Spesso le spariranno dei fascicoli in tribunale.Le sue domande spesso, anche se non sempre, rimarranno senza risposta.
Se i media nazionali la ascolteranno e la faranno parlare, ometteranno proprio le cose più importanti, e cioè: in che società era suo figlio? Di cosa si occupava la società? Chi erano i suoi colleghi e in che rapporti erano con le inchieste di De Magistris?
Queste cose, i media nazionali non lo diranno mai, e in ogni trasmissione o intervista in cui lei comparirà verrà sempre insinuato il dubbio che lei sia una visionaria che non accetta la morte di suo figlio.
Quando sarà vicina alla verità o quando avrà qualcosa di importante da divulgare, sarà il momento che non la faranno parlare.Faranno di tutto per allontanarle la gente vicina e forse la riempiranno di querele e procedimenti giudiziari affinché lei passi tutto il tempo a difendersi e non abbia tempo di fare altro.
Perdere i documenti in tribunale, archiviare con motivazioni fantastiche, ecc… è una delle loro tecniche per sfinire psicologicamente una persona.Cercheranno di avvicinarle persone che carpiranno la sua buona fede aiutandola molto, entrando magari nel cerchio delle persone di sua fiducia per poi tradirla dopo mesi o anni di aiuto.
Faranno di tutto per creare situazioni in cui far litigare lei e suo marito, o lei e le sue amiche, o per dividere il comitato costituito per suo figlio.
Le dico quel che deve fare per evitare al minimo i guai.
Il nostro sistema giudiziario è un colabrodo fatto per proteggere i delinquenti. Quindi rivoltiamo il sistema contro chi il sistema l’ha creato.Dal punto di vista giudiziario è sufficiente non avere beni e non avere intestato nulla, così potrà evitare di perdere tempo in giudizi defatiganti, in quanto le eventuali cause civili contro di lei si risolveranno in un nulla di fatto.Dal punto di vista penale non tema querele o altro. Per reati di diffamazione nessuno va in galera fino a condanna definitiva, e con i tempi della nostra giustizia e un bravo legale lei farà andare tutto in prescrizione. Quindi dica la verità senza paura. Al massimo, se subirà la condanna, ciò avverrà fra parecchi anni, quindi stia tranquilla e consideri gli eventuali atti giudiziari per quello che in realtà sono: dei pezzi di carta, che non hanno il potere di modificare la nostra vita reale, se noi non gli diamo questo potere.Se poi per disavventura finirà in galera, basta che impari delle tecniche di meditazione, si può stare fermi anche una giornata senza soffrire l’isolamento e con le leggi che abbiamo in genere si sta fuori dopo pochi giorni.Queste cose valgono tanto per lei quanto per suo marito, perché cercheranno di colpire lui per potervi dividere e renderla più debole.Dei depistaggi, delle persone che verranno a creare confusione, non si preoccupi. Prima o poi queste persone si tradiscono, e chi è in buona fede le scopre. Magari ci mette anni, come è capitato a noi, ma vengono sempre scoperte.Se non darà importanza al denaro, non sarà col denaro che potranno colpirla.Se non darà importanza alla sua “reputazione” facendola dipendere da un certificato penale che nel nostro stato ormai è solo carta straccia, non sarà con i processi penali che riusciranno a colpirla.Se non darà importanza alla sua vita, perché la considererà importante quanto la vita di suo figlio, quanto la vita delle persone che la circondano, e di tutte le persone che verranno dopo di lei, e se capirà che tutto ciò che fa è indirizzato a tutte le persone che dovranno ancora morire, quelle che sono morte, che sono state diffamate, infangate, dimenticate, e lo saranno in futuro, allora non sarà con la paura di morire che la fermeranno.Se poi lascerà che l’amore di suo figlio la guidi sopra ogni altra cosa e insieme con esso la guidi l’amore per la verità, di suo figlio e di tutte le altre persone nella sua situazione, allora non la potrà fermare nessuno.Se tiene presente che quello che è successo a lei, è successo a centinaia di persone in passato e succederà ancora, se tiene presente che quello che lei fa oggi per suo figlio, lo fa anche per tutte le persone che verranno uccise in futuro, allora sappia che se lei vincerà, lo avrà fatto anche per tutte le persone che verranno in futuro dopo suo figlio. E allora la morte di suo figlio avrà un senso, e verrà un giorno, fra molti e molti anni, in cui oltre al dolore immenso per la scomparsa di Niki, proverà l’orgoglio di sapere che la morte di suo figlio è servita a tante persone, in Italia.Vada avanti. Per quello che potrò, cercherò di starle vicino.
Con affetto.
Paolo Franceschetti (Avvocato)

Chi sono le aziende della ricostruzione? i poteri forti in Abruzzo.

I Poteri forti in Abruzzo

Chi sono le aziende della ricostruzione in Abruzzo?
E fra indagati e rapporti opachi, c’è anche un’ex azienda di Silvio e Paolo Berlusconi.

Negli appalti, in Abruzzo, qualcosa potrebbe essere andata storta. Per ora, l’attenzione della magistratura si è concentrata sul G8. Ma sono gli stessi appalti delle ricostruzione a meritare qualche considerazione in merito ai soggetti coinvolti: ci imbattiamo, infatti, in complicati intrecci, conflitti d’interesse, rapporti con ditte discutibili, imprenditori e dirigenti con disavventure giudiziarie.

 

Ad incuriosirci particolarmente è il progetto C.a.s.e: un acronimo che sta per complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili; 184 edifici complessivi, per un totale di circa 4.600 appartamenti, capaci di resistere a nuovi sismi, immersi nel verde. In pratica, la famosa new town.  Un progetto per una spesa totale di circa 710 milioni di euro. Secondo l’Ara, l’associazione per la ricostruzione dell’Aquila, troppi soldi spesi male. Per l’Ara, infatti, il costo al metro quadro del progetto Case è pari a 2.850 euro, contro un costo di costruzione medio di un palazzo a norma antisismica pari a €.1.100,00/1.300,00 mq.
Ma chi ha ricostruito l’Aquila? Sono 16 le ditte o consorzi che si sono aggiudicate l’appalto per la realizzazione dei 150 edifici del progetto Case. Si tratta solo di un primo livello di indagine perché le norme emergenziali varate dopo il sisma hanno dato la facoltà alle imprese capofila di convocare le ditte subappaltanti senza bando, in base ad un mero rapporto fiduciario; le nuove norme, inoltre,  hanno anche derogato alla legge 163 del 2006 del codice dei contratti pubblici, prevedendo che si potessero affidare in subappalto lavori fino al 50% della commessa.

Tra le aziende vincitrici, la ditta che si è aggiudicata il maggior numero di lotti, cinque, fa capo all’Associazione temporanea d’imprese (Ati) Maltauro/Taddei. Proprio la Taddei, abruzzese, ha subappaltato alcuni lavori di ricostruzione all’Impresa Generale Costruzioni srl di Gela, che era già stata oggetto di quattro segnalazioni della Direzione Investigativa Antimafia che la individuavano come referente del clan mafioso dei Rinzivillo di Gela.
Anche nel passato della vicentina Maltauro, intanto, compaiono macchie legate all’aver operato in territori piagati dalla mafia edile. La Maltauro fu indagata per presunte tangenti a politici e funzionari per l’aggiudicazione della gara d’appalto per la realizzazione, alla fine degli anni ’80, del 1° e 3° lotto dei capannoni della zona artigianale di Villafranca, Messina.

Enrico e Giuseppe Maltauro furono anche sotto inchiesta per le tangenti all’ex ministro socialista De Michelis per i lavori del raccordo autostradale con l’aeroporto Marco Polo di Venezia e per l’ampliamento della terza corsia della Venezia-Padova. Giuseppe Maltauro, d’altronde, nel “Veneto bianco”, era uomo vicino al cinque volte Presidente del Consiglio Mariano Rumor e alle gerarchie ecclesiastiche. La Maltauro, una volta chiusa la stagione di Mani Pulite, è diventata una degli attori di maggiore peso, in Italia, soprattutto nelle commesse militari: ha già lavorato a Sigonella, La Maddalena ed Aviano.
Grazie all’ottimo rapporto Berlusconi- Gheddafi, ha anche recentemente sottoscritto una joint-venture con la compagnia aeronautica di Stato libica, Finmeccanica e AgustaWestland; oltre ad aver vinto un bando per  la realizzazione ad Abou-Aisha, nelle vicinanze dell’aeroporto di Tripoli, di un centro-assemblaggio per gli elicotteri da guerra A109 Power.

Un’altra ditta vincitrice di Case è la Raffaello Pellegrini Costruzioni, diretta, fra l’altro, dal presidente dell’associazione costruttori di Sardegna Maurizio De Pascale. Nelle oltre ventimila pagine di atti giudiziari relativi al caso “Protezione Civile”, inoltre, emerge che la Pellegrini era la subappaltata della Consortile Arsenale, riconducibile ad Anemone; mentre Guido Bertolaso, Mauro Della Giovampaola, il funzionario agli arresti accusato di aver favorito Anemone, e Francesco Piermarini, il cognato di Bertolaso, telefonavano con utenze intestate alla medesima ditta diretta De Pascale. La Pellegrini, negli anni scorsi, è stata anche coinvolta anche nella inchiesta sugli abusi edilizi relativi al Biochimico di Cagliari.
Un’altra ditta vincitrice è la Sled che fa capo a Wolf Chitis, già in manette, negli anni 90, dopo una breve latitanza, per gli appalti truccati della metropolitana di Napoli.

Sempre scorrendo i nomi delle aziende vincitrici, troviamo la ditta che fa capo agli abruzzesi fratelli Frezza, Armido e Walter. La loro impresa, fra l’altro, aveva firmato proprio i lavori dell’ospedale di San Salvatore, miseramente crollato durante il sisma. L’azienda è stata anche accusata, ingiuriosamente secondo i suoi legali, di aver costruito un garage, sotto al numero civico 79 di via XX Settembre, che sarebbe la causa del crollo del palazzo stesso, in occasione del terremoto.

La CoGe Spa di Parma, insieme al Consorzio Esi, ha vinto un lotto per 2.095.720 euro. Nella CoGe, presieduta oggi come allora da Lino Mion, nel 1988, entrò, con una quota del 50%, Silvio Berlusconi. L’attuale premier, in seguito, si defilò; nella CoGe, tuttavia, sono passati sicuramente il fratello Paolo Berlusconi e, forse, il fratello del generale Mario Mori. Secondo una relazione della Dia del 1999, infatti, era il fratello dell’ex capo del Ros, attualmente sotto processo per la mancata cattura di Provenzano, quel tale Giorgio Mori presente nella proprietà della CoGe; ma un errore materiale nel documento della Dia rende ancora oggi oggetto di disputa questa attribuzione. Di certo, alla CoGe, lavorava anche Salvatore Simonetti, sospettato di essere legato alla mafia di San Giuseppe Jato.

Anche alla Donati-Tirrena-Dema sono stati affidati lavori per oltre due milioni di euro. Maurizio Donati, della Dema Costruzioni, ed Enrico Donati, della Tirrena Srl, proprio insieme, infatti, sono finiti, l’anno scorso, sul registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura di Larino sul progetto Silcra, relativo alle costruzioni post terremoto in Molise. Sempre affari, sempre terremoti. Maledettissimi ma profittevoli terremoti.

Terremoto e corruzione, tutti liberi gli indagati

L’AQUILA. Tutti liberi gli indagati nell’inchiesta sulla corruzione legata a lavori per il post-terremoto. Questa mattina il gip del tribunale dell’Aquila, Marco Billi, ha revocato le misure di custodia cautelare per Ezio Stati, Vincenzo Angeloni, Marco Buzzelli e Sabatino Stornelli. Secondo i giudici non esistono più le esigenze di custodia cautelare e non c’è più il pericolo dell’inquinamento delle prove. Ezio Stati, 62 anni, ex tesoriere della Democrazia cristiana e padre dell’ex assessore regionale Daniela Stati, si trovava agli arresti domiciliari nella propria abitazione in via Mazzarino ad Avezzano. Angeloni, già parlamentare ed ex presidente delle squadre di calcio di Avezzano e Valle del Giovenco, aveva ottenuto i domiciliari dopo tre settimane di carcere.

Marco Buzzelli, compagno di Daniela, era ai domiciliari ad Avezzano, con il permesso di poter raggiungere la scuola dove insegna. Per l’imprenditore marsicano Sabatino Stornelli c’è invece l’obbligo di dimora nel comune di Roma. Secondo l’accusa l’assessore regionale Daniela Stati, che si è dimessa perché indagata, si è adoperata per la variazione dell’ordinanza 3805 del 3 settembre 2009 e la sua sostituzione con l’ordinanza 3808 del 15 settembre 2009 al fine di far rientrare tra le società richiamate nel documento anche Abruzzo Engineering spa.

Società che per il 30% fa capo a Stornelli e che avrebbe dovuto ottenere lavori per un milione e mezzo di euro. Il gruppo Stati, sempre secondo le accuse della Procura, voleva agevolare le società di Stornelli e Angeloni; gli imprenditori si sono sdebitati con una serie di regalie: un anello con diamante per la Stati, un televisore per il padre Ezio, una consulenza e un’Audi A4 per Buzzelli.

31 agosto 2010

da “Il Centro”.   

Giovanni Vallesi, l’uomo più truffato dalla propria banca

Giovanni Vallesi, l’uomo più truffato in assoluto dalla propria banca di cui nessuno parla.

Magari avessi investito in tango bond argentini!”
Questa frase non la pensa nessuno. Nessuno tranne uno, in Italia. Si chiama Giovanni Vallesi, pescarese. Perchè? Perchè almeno con i bond argentini si perde tutto quello che hai, non anche ciò che non hai.
Un uomo normale, dipendente statale, quindi stipendio sui 1200 euro al mese. La sua rovina è stata essersi fidato di una Banca, che ha fatto “scommesse” con il denaro del suo conto corrente, fino a creare un buco di 3 milioni di euro.
Possibile che l’istituto bancario non si accorga che qualche operazione non va, prima di arrivare a un buco simile? Strano, perchè in tutto questo, oltre al signor Vallesi, chi ci rimette è l’istituto stesso, ben sapendo che un uomo con il suo stipendio non potrà mai coprire un debito tale. Come mai l’istituto non si è tutelato da questi rischi?
Domanda: si può scommettere senza garanzia che si va in rosso? Traduco: posso scommettere 30mila euro se ne ho 1000 sul conto? E se perdo questi 30mila posso continuare a scommettere fino ad arrivare ad un conto in rosso di 3 milioni di euro?
Non deve essere tanto legale se l’operazione è stata commessa su 73 correntisti di cui 72 risarciti. E indovinate di chi si sono dimenticati nella lista degli aventi diritto? In graduatoria nell’ordine del risarcimento il nostro uomo era al posto numero 9, ma è stato saltato a piè pari e hanno pensato a tutti gli altri. Perchè?

Probabilmente era più brutto, o più antipatico. Deve essere andata così. Ma ricostruiamo un po’ la storia.
Nel 2003 un consigliere comunale di AN, Pierluigi Catapano, dichiarò che nella Caripe, si facevano rischiosi giochi finanziari avallati dalla banca d’Italia, finanziariamente leciti ma moralmente e civilmente ignobili.
Sempre in quel periodo, il consiglio di amministrazione ha assunto un pool di super scienziati, una task force di 16 (diconsi sedici) persone con il compito di valutare le nuove strategie della banca: scienziati ovviamente strapagati (un normale stipendio di un impiegato loro ce l’hanno in un solo giorno). Il risultato dell’A-Team è stato che la Caripe, dopo aver creato un buco totale di 100miliardi di vecchie lire, è stata inglobata (diciamo risucchiata) dalla banca di Lodi che ne ha acquistato le azioni, ovviamente sotto costo (come si chiama in gergo? Sciacallaggio o speculazione?. E sciacallando (o speculando) sulla Caripe, la Banca di Lodi decolla al 51 % delle azioni. I responsabili sono identificati in incensurati facenti parte di tre gruppi: direzione, consiglio di amministrazione e collegio sindacale. Una sanzione pecuniaria è stato l’unico provvedimento (un massimo di 10mila e dispari euro). A seguito di questi piccoli incidenti di percorso, la Caripe (o quello che rimane della caripe) si mette nelle mani confortevoli della Popolare Adriatica, della Tercas: insomma, si sentono parole di grande soddisfazione dai dirigenti che “raccolgono la sfida di far ripartire la banca” offrendo particolari benefici per tutti, soprattutto per gli acquisti di immobili, mutui agevolati e bla bla bla. Però in tutto questo bel percorso e in tutti i bei discorsi dei professoroni e scienziati, il caro Giovanni Vallesi è rimasto schiacciato, perchè come è vero che nell’atto di risarcire tutti la banca “aggiusta il bilancio” togliendo quel buco che di fatto non risulta nel bilancio dell’istituto di credito (probabilmente ai fini di eventuali ispezioni), nei fatti, sul conto del Vallesi quel macigno rimane. Anzi! Tutt’ora ogni 3 mesi si vede arrivare più di 100mila euro di interessi passivi. E per Pescara, Vallesi non esiste. Non ha diritto a una vita, non può farsi un mutuo (e probabilmente anche potendo sarebbe lui a non volerlo fare, visti i precedenti con questa filiale). Però ho sentito che un romeno ha beccato 12 anni di galera per aver clonato carte di credito. Se si denuncia la clonazione, il cittadino derubato viene risarcito dalla banca, che però a sua volta è assicurata, quindi nessuno ci rimette niente. Al limite la Visa perde 1000 euro (ma è la Visa, e la truffa è ben inferiore). La morale è: se devi rubare, ruba tantissimo, più di quanto riesci ad immaginare. Rischi al massimo di fare il presidente del consiglio.

By Antonella Serafini

Published: 23/10/2008

http://www.censurati.it/2008/10/23/giovanni-vallesi-luomo-truffato-dalla-banca-di-cui-nessuno-parla/

ENEL GAS BOLLETTE DA CAPOGIRO

Teramo. E’ comune a molti, in questi giorni, la spiacevole sensazione provata nell’aprire la cassetta delle lettere e trovare diverse fatture di Enel Gas che invitano gli utenti a pagare migliaia di euro per presunti consumi. Non è un caso che i vari punti Enel presenti sul territorio fossero stracolmi di cittadini, giunti per chiedere delucidazioni in merito. Qualcuno ha avvisato anche l’associazione “Robin Hood“, che si è dunque attivata per capire cosa fosse successo (n.d.r.: l’attività di detta associazione per quanto meritevole non è collegata nè allo stato riconosciuta dal Movimento per la Giustizia Robin Hood).   

La vicenda sembra risalire allo scorso agosto, quando l’associazione riscontrò le prime fatturazioni anomale per consumi presunti. La motivazione di “Enel Energia mercato libero Distribuzione Gas” fu la sostituzione del sistema informativo, cosa che bloccava anche eventuali reclami da parte dei consumatori. Il presunto aggiornamento avrebbe, però, procurato un nuovo codice utente. Ed è qui che si riallacciano le ultime bollette pervenute ai teramani. La fattura immediatamente successiva a quella di agosto (con nuovo codice e datata ottobre 2009) parla, infatti, di “prima lettura di attivazione”, cioè la tradizionale lettura che si effettua recandosi a casa dell’utente. Visita, in realtà, mai avvenuta. Le fatture si basano, quindi, su letture presunte, senza lettura di conguaglio e con scadenza ravvicinata.

Il numero elevato di fatture viene spiegato da “Robin Hood” con il fatto che Enel Energia è obbligata dalla legge ad essere in linea con l’emissione di un certo numero di fatture annue. “Siamo davanti al primo fattore sbagliato” commenta in merito Pasquale Di Ferdinando, presidente dell’associazione. “Non capiamo perché, pur avendo avuto a disposizione il periodo tra agosto ed ottobre, abbiano concentrato tutto in pochi giorni, ancor di più se, poi, nel 90% dei casi si tratta di fatture eccedenti anche a letture effettuate dopo aver ricevuto queste comunicazioni”.

Insomma, considerato un consumo medio per famiglia di 5.000 metri cubi al mese, un calcolo veloce sui consumi permette di verificare che la differenza fra le fatture ricevute è maggiore rispetto a quanto cosumato: in parole più semplici, gli utenti pagano più del consumo effettivo.

La circostanza sarà oggetto di una denuncia da parte di “Robin Hood” all’Autorità dell’Energia, che si aggiunge alle già migliaia di reclami pervenuti dai cittadini allo sportello unico Enel. Nel frattempo, l’associazione invita gli utenti a fare comunque istanza scritta di pagamento rateizzato, inviando contestualmente anche la propria lettura effettiva. Le richieste possono essere inviate via fax al numero verde 800 997 736.

Tania Di Simone

Da: www.cityrumors.it

LA LOTTA DELL'OSPEDALE DI TINCHI

100 KM DI RABBIA E DI PASSIONE

 di Antonio Forcillo

Questa non è una storia inventata, ma ciò che è accaduto realmente una settimana fa, esattamente il 26 e 27 luglio 2010.

Partenza alla mattina, alle sette in punto, dal piazzale antistante l’ospedale di Tinchi di Pisticci (MT); destinazione Potenza.

Poco più di 100 km a piedi, sulla superstrada Basentana, in marcia serrata per il Consiglio Regionale straordinario che doveva decidere sulle sorti dell’Ospedale metapontino.

Venti temerari, semplici cittadini non dipendenti né di asl né dell’ospedale, che si sono cimentati in un’impresa memorabile, quasi impossibile.

Ma non siamo all’inizio della storia, in quanto già da più di un mese, esattamente dal primo luglio, un altro gruppo di cittadini è asserragliato sul tetto più alto di quell’ospedale che si è deciso di chiudere. 

Insieme ai più giovani che si alternano nei turni massacranti di presidio continuo, per giorno e notte, alcuni autentici frammenti di storia vivente.

Uno di loro, 86 anni, ex compagno di brandina in carcere di Rocco Scotellaro ai tempi delle lotte contadine, e amico di Carlo Levi.

Quello di Tinchi è un ospedale distrettuale importantissimo; ha servito egregiamente per trent’anni 50.000 cittadini d’inverno che d’estate diventano più di 300.000, che si sono visti privare improvvisamente di quell’ultimo bene residuo, essenziale per la sopravvivenza di una vasta comunità, quella metapontina.

Qualcuno penserà che è colpa di Tremonti, dei tagli alla sanità del Governo Berlusconi…

Niente di tutto ciò!

La chiusura di quell’ospedale, vanto di tutta la Basilicata per l’ottima valenza del suo personale e dei suoi conti economici, fa parte di una strategia criminale di lungo corso che vuole indurre all’emigrazione forzata le popolazioni d’origine di questi territori, dopo che un’altra emigrazione di massa, nei decenni scorsi, le ha già pesantemente decimate.

Induzione forzata all’emigrazione in un territorio ricchissimo e rigoglioso, sicuramente il più ricco d’Europa per gli enormi giacimenti di petrolio e gas naturale qui presenti.

D’altronde, l’individuazione del sito unico delle scorie di Scanzano Jonico, distante da Tinchi meno di 15 km, già qualche anno fa sarebbe servito proprio a questo.

Abbiamo percorso i 100 km in 27 ore esatte, arrivando davanti al palazzo delle Regione stremati, alle 10 in punto del giorno dopo, sdraiandoci per terra con i piedi doloranti e roventi per le bolle e il sudore.

Un vero e proprio record, ha gridato qualcuno con il suo ultimo barlume di forza.

Alle otto di sera, dopo un’interminabile giornata di attesa spasmodica davanti al Palazzo, sotto il sole cocente e due terribili acquazzoni beccati in pieno, la maggioranza di governo lucano ha bocciato entrambe le uniche due mozioni previste, che avrebbero restituito almeno in parte i servizi e i reparti sottratti all’Ospedale di Tinchi.

Ha, cioè, deciso di non decidere; nella costanza di una consuetudine efferata e aberrante.

Quella di Basilicata, a maggioranza PD, è sicuramente l’ultima énclave o roccaforte di una sinistra dittatoriale e sanguinaria, che riesce a impedire ai sindacati e ai lavoratori di poter partecipare, alla magistratura di indagare, alle televisioni e ai giornali nazionali di trasmettere…

Con un fil di voce e di nascosto, per paura delle feroci epurazioni e ritorsioni diffuse e qui all’ordine del giorno, molti cittadini cominciano a osare dove non hanno mai osato…

Iniziano cioè a paragonare questo regime repressivo a una vera e propria reincarnazione già compiuta:   quella di CEAUSESCU!

Tinchi, 2 agosto 2010  

Antonio Forcillo

L’AQUILA. LORO NON SCRIVONO… VOI FATE GIRARE!

 

L’AQUILA. LORO NON SCRIVONO… VOI FATE GIRARE!

Noi possiamo fare poco, ma facciamo almeno girare queste verità
abbracci a tutti e viva viva la mia meravigliosa città:  L’AQUILA!

Maria Teresa Dei Dolci Aveja dall’Aquila.

Ieri mi ha telefonato l’impiegata di una società di recupero crediti, per conto di Sky.
Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009.
Mi chiede come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e
non vi ho più fatto ritorno, causa terremoto.
Il decoder Sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata.
Ammutolisce.
Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di
dovere, poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto.
Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un  paio di anni fa. 

Ne è rimasta affascinata.

Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio.

Mi sale il groppo alla gola.
Le dico che abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo.

Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia  città oggi. Ed io lo faccio.
Le racconto del centro militarizzato.
Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio.
Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati.
Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire.
Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire.
E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere.
Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo.
Le racconto che pagheremo l’i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte e ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti.
Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta.

Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile.
Che lo stato non versa ai cittadini senza casa, che si gestiscono da soli,
ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto.
Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.
Che io pago , in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma.
La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a
prezzi di residenze di lusso.
Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz’anima.

Senza neanche un giornalaio o un bar.
Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra lontani
chilometri e chilometri. Le racconto dei professionisti che sono andati via.
Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una
città che muore e lei mi risponde, con la voce che le trema.
” Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete
restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo, chiamate
la stampa. Devono scriverlo.”
Loro non scrivono voi fate girare.

Abruzzo

Prima di accingerVi a leggere i vari casi, pensate che si tratta di storie vere, per cui molti uomini sono morti e tante famiglie sono state distrutte dal dolore, senza ricevere alcuna tutela, da parte delle varie Autorità a cui fiduciosamente si erano rivolte. Pensate che non si tratta di casi isolati e non crediate che ciò che è capitato agli altri non possa, prima o poi, capitare, anche, a Voi od, a qualche stretto congiunto. Sarebbe il più grave errore che potreste commettere, dal quale genera l’indifferenza verso i mali della giustizia e su cui si fonda il dominio del male e della menzogna sulla Verità.