Racket delle case popolari: altre 400 denunce in Procura

 

Sgomberi e arresti nelle case Aler occupate abusivamente non hanno minimamente fermato i malavitosi che gestiscono migliaia di alloggi pubblici in città. Frediano Manzi che per primo ha denunciato il fenomeno, ha raccolto 400 nuove denunce di altrettanti inquilini che presto saranno presentate in Procura. «L’ultimo episodio risale appena a due giorni fa in via Asturie». Per questo impegno il fondatore di «Sos racket e usura», oggetto di quotidiane minacce, ha deciso di trasferire la famiglia in una località riservata. «Io però resto e continuo il mio impegno».
L’occupazione sistematica delle case pubbliche ha raggiunto in questi ultimi anni livelli preoccupanti perché ormai su un patrimonio di circa 75mila unità abitative, almeno 4mila sono in mano alla malavita. Facile immaginare le ricadute, prima di tutto sulle casse dell’Azienda proprietaria di questo vasto patrimonio immobiliare che non riesce a incassare gli affitti. Inoltre in questi stabili vanno insediandosi ladri, spacciatori e stranieri irregolari. Insomma un intero universo che si muove nella illegalità e nella clandestinità.
«Il sistema è semplice – spiega Manzi – contando sulla incuria delle pubbliche amministrazioni, questi criminali hanno iniziato a impossessarsi degli alloggi rimasti liberi, perché l’ultimo inquilino si è trasferito oppure è morto. Sfondano la porta, cambiano le serrature e di fatto diventano proprietari. Il solito tam tam di “radio case popolari”, provvede poi a far incontrare domanda e offerta». L’ultimo affare sabato quando una africano clandestino, dopo aver versato 3mila euro a un italiano è entrato in un alloggio di via Asturie 6, che da quel momento sarà suo. Rimarrà senza pagare l’affitto con la certezza di non essere sfrattato.
Il presidente di «Sos racket e usura» l’anno scorso aveva raccolto un voluminoso dossier sugli stabili di via padre Luigi Monti, a Niguarda, gestito dal clan di Giovanna Pesco. La donna, chiamata «signora Gabetti», venne poi arrestata insieme alla figlia e al convivente e al processo, il pm ha appena chiesto una condanna di sei anni. «Ma nulla è cambiato nel frattempo» denuncia Manzi che ha già pronto materiale nuovo da portare ai giudici. Si tratta di 400 questionari raccolti da altrettanti inquilini regolari ancora in via Monti, dove altri hanno sostituito la «signora Gabetti». Ma anche nelle vie Ciriè, Menabrea, Lessona, Console Marcello, Pascarella, Tracia e Rapallo, cioè tra Niguarda e Quarto Oggiaro. Questionari che raccontano puntualmente la stessa storia: una banda prende possesso di alcuni alloggi, li «rivende» a balordi che si barcamenano tra furti e spaccio, minacciando chiunque si ribelli. Quasi tutti gli inquilini precisano di aver presentato denunce, verbali e scritte, a polizia e carabinieri, Comune e Aler.
«C’è una sostanziale inerzia delle autorità e qualche volta anche connivenza. Basti pensare che pochi giorni fa hanno arrestato un ispettore della Gefi, società che gestisce parte del patrimonio Aler, coinvolto nel racket – accusa Manzi -. Provincia e Sindacato inquilini della Cgil si erano inoltre impegnati per distribuire e raccogliere i questionari, ma non si sono mai mossi. E io sono rimasto ancora volta solo. Ed è proprio questo isolamento che, come insegnano le storie di tante vittime di mafia, consente poi alla malavita organizzata di colpire. Per questo, dopo telefonate e fax di morte e assalti ai miei coschi di fiori, ho messo in salvo la famiglia. Ma la mia lotta continua».

 

da ilgiornale.it

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