Edilbasso fallimento. Il Ministro Giarda lo riconosce come caso emblematico d’infiltrazione criminale mafiosa

Indagare sul fallimento della Edilbasso e sulle protezioni affaristico-mafiose all’interno dei Tribunali per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel sistema produttivo e giudiziario.

Dopo alterne vicende e conflitti intestini tra la Procura di Padova e il Tribunale fallimentare che ha cercato di salvare l’azienda infiltrata dalle ‘nandrine, il caso Edilbasso approda in Parlamento.

Alessandro Naccarato del Partito Democratico ha presentato un’interrogazione durante il “question time” alla Camera portando all’attenzione del governo il caso dell’azienda padovana Edilbasso. Il governo ha riconosciuto la vicenda come esempio di infiltrazione criminale anche nel Nordest e ha rinnovato il suo impegno futuro.

LA VICENDA. L’interrogazione di Naccarato ha ripercorso le tappe della storia dell’Edilbasso. L’azienda padovana, entrata in una fase di difficoltà economica nel 2010, ha dichiarato fallimento nel 2011 e ha affittato un ramo d’azienda alla Faber Costruzioni Srl, dietro alla quale compare Giovanni Barone. L’uomo, ricorda Naccarato, è coinvolto in un’inchiesta della procura di Milano che ha portato all’arresto di diverse persone, tra cui Salvatore Strangio, Andrea Pavone, Ivano Perego e Pasquale Nocera, accusati a vario titolo di associazione mafiosa in varie inchieste giudiziarie.

LA RISPOSTA DEL GOVERNO. «Le forze di polizia» ricorda Giarda, «svolgono una costante e proficua attività di monitoraggio finalizzata al contrasto dei tentativi di infiltrazione». Giarda ha ricordato alcune delle misure già in atto per la lotta all’infiltrazione mafiosa: tra queste l’implementazione del quadro normativo con il Codice Antimafia e le “white list” finalizzate all’attività antimafia nell’ambito dell’Expo 2015 milanese. Per il ministro la parola chiave sulla quale si basa l’azione del governo è la trasparenza e la disponibilità delle imprese a sottoporsi a controlli. «La prossima sfida» conclude Giarda, «sarà quella di estendere il controllo all’area privata per preservarla così come quella pubblica dalla minaccia delle cosche. Effettivamente bisogna riconoscere che l’attuale congiuntura economica può costituire un terreno fertile per l’attecchimento dei tentativi della criminalità organizzata in aree geografiche finora non colpite endemicamente da fenomeni mafiosi». Per il ministro le iniziative di sostegno agli operatori economici sono un «concreto sforzo» per dare un segno tangibile della vicinanza delle istituzioni.

 

LA CONFERMA DELL’ALLARME. Nella replica di Naccarato il deputato mette l’accento sulle responsabilità di questa situazione. «Non sono rassicurato da questa risposta» spiega, «ma sono parzialmente soddisfatto per la precisione con cui ha risposto ad almeno una parte del quesito. In passato c’è stata una colpevole sottovalutazione, anche da parte del governo precedente, del fenomeno». Naccarato fa riferimento anche all’arrivo di Riina jr a Padova ma sottolinea come il problema principale sia che le infiltrazioni mafiose tendono ad annidarsi nelle pieghe della crisi. «Si corre il rischio che il Veneto diventi terra di conquista in particolare per le imprese sane, in particolare nel settore dell’edilizia. Credo che serva un’attenzione maggiore e maggiori strumenti per potenziare la prevenzione e il contrasto contro la criminalità organizzata anche i Veneto», conclude Alessandro Naccarato.

Per la Edilbasso di Loreggia giovedì doveva essere la giornata decisiva. Risolvere la questione con i creditori e dare il via all’omologa, ovvero alla procedura di liquidazione concordata. E invece c’è stato il colpo di scena. All’incontro con i giudici del tribunale fallimentare ha partecipato anche il pubblico ministero Roberto d’Angelo che, davanti ai delegati rappresentanti delle aziende creditrici, si è opposto alla omologa del concordato e questo in virtù di approfondimenti in merito alla posizione creditoria di Edilbasso fatte dalla procura in collaborazione con la Guardia di Finanza. Pm e finanzieri stanno cercando di far luce su uno stretto giro di modifiche all’assetto societario della Faber costruzioni, società che ha mantenuto i rami produttivi di Edilbasso (appalti a Padova e Verona) per far cassa e pagare i creditori.

Dopo un anno di carteggi, la procura di Padova ha di fatto aperto un fascicolo esplorativo senza indagati per capire se Edilbasso e Faber abbiano svolto tutte le attività in piena legalità. La strada più concreta per la società edile di Loreggia ora è quella del fallimento, anche se non si escludono altri salvataggi in extremis. La vicenda Edilbasso è legata a doppio nodo a quella di Giovanni Schiavon, l’imprenditore titolare della Eurostrade 90 di Vigonza, che il 12 dicembre scorso si è suicidato perché «sommerso dai crediti », ovvero soldi che non riusciva a riscuotere. L’imprenditore avanzava (tra gli altri) 110 mila euro da Edilbasso. Con il concordato ne avrebbe presi circa seimila: alla notizia non ha retto. Questo, unito ad altri crediti che non riusciva a riscuotere lo hanno portato al suicidio. Per quanto riguarda Edilbasso la prossima udienza davanti al giudice fallimentare è fissata il 21 giugno. Il parere della Procura non è in questo caso del tutto vincolante, anche se i dubbi del magistrato pesano come macigni sulle scelte.

La decisione dei magistrati civili verrà presa anche sulla base di una dettagliata relazione di 18 pagine, in cui i commissari hanno ripercorso l’ultimo anno e mezzo della storia di Edilbasso e delle aziende collegate. I dubbi vengono sollevati a pagina 11, quando si parla di una interrogazione parlamentare presentata lo scorso aprile dal parlamentare del Pd Alessandro Naccarato, in cui si chiedeva al ministro Giarda di vigilare su alcuni assetti societari non del tutto chiari, ovvero l’entrata in Faber del commercialista calabrese Giovanni Barone e Adriano Cecchi, entrambi collegati, anche se non indagati, nell’inchiesta milanese sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta della società edile Perego strade. Nel marzo del 2011 Barone acquistò il 65% delle quote della Faber per poi lasciarle in parte a Cecchi e in parte ad un avvocato di Londra. In merito a questo giro di acquisti azionari i commissari segnalano che i fratelli Basso hanno dato spiegazioni rilevando «Una certa inaffidabilità dei soggetti terzi entrati nella compagine (…) e vista l’incapacità di queste persone di poter assolvere agli impegni sottoscritti si è proceduto al riacquisto delle quote». Ora il 90% della Faber è di nuovo dei Basso, il resto è di una società sempre riconducibile a Cecchi. Ma i creditori fanno un rendiconto preciso anche del difficile rapporto tra Faber e Edilbasso: a pagina 12 si parla di affitti e cessioni e «Giroconti personali» di centinaia di migliaia di euro e la convenienza del mantenere in vita la Faber viene ritenuta dai Commissari non una soluzione effettiva ma una «mera apposizione contabile». Appuntamento il 21 giugno. E intanto le indagini della procura continuano.

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