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Persecuzione politica, poliziesca e giudiziaria in danno dei difensori dei diritti umani Roberto Malini e Dario Picciau

Persecuzione  politica, poliziesca e giudiziaria in danno dei difensori dei diritti umani Roberto Malini e Dario Picciau. Ad affermarlo è il Report 2010 dell’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani (Observatory for the Protection of Human Rights Defenders) con sede a Parigi.
Parigi, 22 aprile 2011. Il Rapporto 2010 dell’Osservatorio internazionale per la protezione dei difensori dei diritti umani, redatto congiuntamente dall’International Federation for Human Rights e dall’International Organisation Against Torture è stato pubblicato. Il prossimo Rapporto sarà pubblicato nel mese di settembre 2011.
Il Rapporto, che è nato nel 2008, registra i problemi che i difensori dei diritti umani sono costretti ad affrontare in tutto il mondo mondo.
 
Il Rapporto dell’Osservatorio consiste in un quadro annuale dettagliato per zone geopolitiche dei casi più rilevanti in àmbito internazionale di persecuzione, violenza, azioni legali che i difensori dei diritti umani subiscono nel loro lavoro umanitario.
La sezione dedicata all’Europa rileva per l’Italia il caso di persecuzione  politica, poliziesca e giudiziaria che riguarda i difensori dei diritti umani Roberto Malini e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne. L’Osservatorio si occupa attualmente anche dei successivi episodi di repressione e intimidazione che hanno colpito gli stessi operatori umanitari e il terzo co-presidente di EveryOne, Matteo Pegoraro. Ai casi relativo ai co-presidenti di EveryOne, perseguitati per il loro lavoro a tutela del popolo Rom e delle altre minoranze, ha fatto seguito recentemente un episodio che ha colpito l’attivista franco-canadese Georges Alexandre, sempre del Gruppo EveryOne, fermato dalla polizia, sottoposto a perquisizione del furgone e a un interminabile interrogatorio a causa della sua opera umanitaria a sostegno dei profughi che sbarcano a Lampedusa.
Qui si può leggere il Rapporto 2010: http://www.fidh.org/IMG/pdf/2010/OBS2009UK-full.pdf al quale sono allegate le analisi sull’Europa, in francese e inglese, relative al 2009 e 2010 (pagg. 1-20 per il 2010 e 1-15 per il 2009).
Nella foto, da sinistra: Matteo Pegoraro, Roberto Malini, Dario Picciau
Gruppo EveryOne
+39 331 3585406 :: +39 393 4010237 

Andrea Gagliardoni ucciso a 23 anni prima dal lavoro eppoi dalla giustizia

Colpevole di essere morto!

Andrea Gagliardoni ha questa colpa. È morto a 23 anni il 20 giugno del 2006, alle 6.10 del mattino, durante il suo turno di lavoro presso l’Asoplast di Ortezzano (Fermo). La sua testa è stata schiacciata da una macchina tampografica; un congegno che produce, in modo seriale e preciso, marchi o scritte ad inchiostro su superfici varie, in un certo senso è l’evoluzione moderna del ben più noto timbro.

La macchina utilizzata da Andrea serviva per fissare l’inchiostro sui frontalini che dovevano essere stampati e posti sulle lavatrici Ariston. Erano due anni che lavora in quell’azienda, due anni passati a percorrere 80 km di strada per guadagnare 900 euro, due anni passati ad usare quel macchinario. Non era uno sprovveduto Andrea, conosceva bene il suo lavoro, sapeva che quella macchina aveva dei difetti, per giunta segnalati ripetutamente.

Quel giorno Andrea si era alzato alle 04.00 del mattino, aveva chiesto un cambio turno. Alle 05.00 del 20 giugno del 2006, fa partire la macchina, poco più di un’ora dopo si accorge che le stampe sono imprecise ed irregolari, decide di controllare e posiziona la macchina in stand by, blocca quindi la lavorazione, si china sul piano di lavoro per controllare gli inchiostri, questione di istanti, di pochissimi secondi, la macchina riparte autonomamente e in quell’attimo maledetto un ragazzo di ventitré anni muore. Il cranio è stato schiacciato da un tampone siliconico dal peso di 8 tonnellate.

Due gli imputati per omicidio colposo; Giuseppe Bonifazi e Mario Guglielmi. Il primo era Amministratore Delegato dell’Asoplast, responsabile di non aver rispettato le norme di sicurezza sul lavoro, non solo per quanto concerne il controllo delle attrezzatture, ma anche in virtù della disattivazione dei sistemi di sicurezza, attuata per velocizzare la produzione. Questo è il primo punto su cui riflettere; il profitto guida scelte e decisioni, permette di sacrificare tutto, anche la sicurezza dei propri lavoratori.

Guglielmi, invece, era l’Amministratore Delegato della ditta Mag System Srl con sede in Schio. Il reato a lui contestato riguardava la produzione stessa della macchina, non conforme ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dall’allegato 1 del D.P.R. 459/96, delle norme UNI. Le parti hanno optato per il patteggiamento e la pena commisurata è stata di 8 mesi con la condizionale. Sentenza definitiva.

Questo è stato il valore che la Giustizia ha dato alla vita spezzata di Andrea.

Andrea diventa così un altro nome nelle liste delle morti bianche, un altro dato che fa impennare le curve delle annuali statistiche, un’altra storia che fa oscillare dal piedistallo imprenditore e uomini di Stato con le loro belle riflessioni sulla sicurezza sui posti di lavoro. Il tempo poi cancella il nome di Andrea dai giornali, trasformandolo in un morto invisibile, una di quelle morti che scuotono le coscienze, per un attimo, per un giorno, per una settimana forse e poi, poi cade il silenzio, da cui ci si sveglia solo quando sentiamo parlare di un altro Andrea, e di nuovo scene di piazza, servizi giornalistici, dita puntate, ma poi di nuovo silenzio.

Morire di lavoro è normale oggi, è eccezionale assistere a sentenze giudiziarie esemplari contro il Potere. 

Giudicare; un mestiere complicato, “arbitro in terra del bene e del male”, cantava De Andrè, e proprio per questo enorme valore essa deve essere innanzitutto deterrente dei reati e non il contrario come ha ben sottolineato Graziella Marota, mamma di Andrea.

Mamma Graziella, una persona le cui parole hanno il valore aggiunto di chi non parla a sproposito, di chi conosce il tunnel di un dolore che si poteva evitare, di un dolore rinnovato da una sentenza irrisoria. Una donna che oggi lotta in prima linea contro questa piaga sociale delle morti bianche.

Ma non è tutto. C’è una sentenza definitiva sulla morte di Andrea, ma la sua storia non si può archiviare così! Non è possibile, perché il suo dramma e quello della sua famiglia nascondono un retroscena ancora più amaro.

Andrea ha commesso l’errore di morire.

Andrea non doveva morire per svariate motivi, tutto era evitabile, ma soprattutto non doveva morire perché così ha recato troppo disturbo alla burocrazia locale. Da quasi 5 anni la famiglia attende ancora di dare una degna sepoltura ad Andrea, da ben 4 anni una madre chiede assiduamente al proprio Sindaco di permetterle di avere una tomba su cui piangere il proprio figlio. 5 anni! Dal 2006 al 2011 Andrea non ha avuto e non ha ancora una tomba definitiva.

Quando il 20 giugno del 2006 Andrea muore, lo shock è devastante. La famiglia non possedeva un loculo nel cimitero, nessuno va in Comune a richiederlo, perché, fondamentalmente, la situazione drammatica aveva posto in secondo piano tutto il resto ed è un’amica di famiglia (la signora Germana Cantatore) che si mobilita fornendo temporaneamente una proprio nicchia. Doveva essere una sistemazione provvisoria. E nessuno sottolinea, tanto meno il Comune stesso, al momento del rilascio delle autorizzazioni alla sepoltura, le conseguenze di questo prestito.

La mamma di Andrea, dopo i primi momenti bui, inizia a rivolgersi al Comune per richiedere un loculo definitivo in nome del figlio. Inizialmente le viene risposto che causa carenza degli stessi sarebbe stata costretta ad attendere le edificazioni di nuovi. Fino all’estate del 2009 tutto tace, dopodiché, spinta anche dalla necessità di restituire la tomba alla Sig.ra Cantatore, decide di inviare una richiesta scritta al Comune, e nella risposta si legge che: “la possibilità di avere un loculo presso il nostro cimitero avviene contestualmente al decesso…l’usufruire del prestito del loculo stesso, è stata una libera scelta della famiglia pertanto, affinché la signora Cantatore ne rientri in possesso, se ne dovrà attendere la scomparsa e non prima.” In poche parole la legittima proprietaria rientrerà in possesso del loculo al momento della sua morte e solo allora Andrea potrà essere traslato. Per la famiglia Gagliardoni tutto ciò è insostenibile, perché la signora Cantatore non ha parenti ed al momento della sua morte dovrebbe occuparsi di tutto la signora Graziella, che contemporaneamente dovrebbe anche traslare il proprio figlio.

Ora perché non riequilibrare la situazione in anticipo e dare almeno una lieve pace spirituale a questa famiglia? Non c’è un motivo valido che si frappone a questa richiesta.

Mario Andrenacci, Sindaco di Porto Salt’Elpidio (FM), ai microfoni della trasmissione Mi Manda Raitre, appare integerrimo ed inflessibile alle richieste della sua concittadina, non una piega dinnanzi alla disperazione della Signora Marota, o alle domande ed affermazioni di biasimo del conduttore Vianello, e tanto meno il disappunto del pubblico in sala lo scuote. Si aggrappa al principio dell’uguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge, all’esistenza di deroghe comunali ed alla necessità di non effettuare favoritismi per preservare l’ordine della comunità. Teme forse che tutti i suoi cittadini il giorno dopo si sveglino con il pallino di spostare i propri cari da una parte all’altra del cimitero?

Quasi ammirevole questa coerenza, penso in un primo momento. Basta molto poco poi per capire che questa rigidità è ridicola ed inappropriata, perché nel Comune esistono 200 loculi liberi, perché le regole emesse dal Consiglio Comunali sono successive alla morte di Andrea e prive oltretutto di validità, come da più fonti giuridiche è stato ribadito, per altro anche durante la trasmissione dal Prof. Claudio Franchini (docente di diritto Pubblico ed Amministrativo presso l’Università di Tor Vergata).

Ma ancora oggi manifestazione e richieste non hanno portato a nulla! La dignità, il rispetto per le persone si frantumano dinnanzi alla burocrazia e a leggi assurde, questo è accettabile?

La vita di Andrea si è fermata per inappetenze di chi doveva garantirgli un lavoro sicuro, ma forse avrebbe dovuto chieder il permesso di morire per garantirsi un ennesimo diritto negato; quello della sepoltura.

 LETTERA DI UNA MADRE PER UN FIGLIO CHE NON C’E’ PIU’

Andrea aveva 23 anni quando, il 20 giugno 2006, è rimasto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, come se la chitarra da sola gli andasse stretta. Perché a quell’età la taglia dei desideri si allarga e non stai più nei tuoi panni dalla voglia di metterti alla prova, conoscere, guardare avanti. Da li a quattro giorni pure la metratura della sua vita sarebbe lievitata di colpo: dalla sua camera da ragazzo, in casa dei genitori, a un mini appartamento, acquistato dai suoi con un mutuo, a metà strada tra Porto Sant’Elpidio e la fabbrica Asoplast di Ortezzano, dove aveva trovato lavoro come precario per 900 euro al mese. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, ma non ha fatto in tempo: una tromba che, rimasta la dov’era in camera sua, suona un silenzio assordante. E neppure l’appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa sabato 24 giugno 2006, se ne è andato il 20 giugno di 3 anni fa. Oggi Andrea avrebbe 26 anni ma è morto in fabbrica alle sei e dieci dell’ultimo mattino di primavera. E suonerebbe ancora la chitarra con i Nervous Breakdwn e non darebbe il suo nome a una borsa di studio. Sarebbe la gioia di sua mamma Graziella e non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura sulla sicurezza. Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia: Umbria-Oli, Molfetta, Thyssenkrupp, Mineo….Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis quotidiana, che per un po’ chiama a raccolta l’indignazione italiana, che poi guarda altrove. Le morti si fanno sentire, ma le sentenze molto meno, quando passano sotto silenzio anche per una sorta di disagio nell’accettarle e comunicarle. I responsabili di questa orrenda morte sono stati condannati a otto mesi di condizionale con la sospensione della pena, anche se il Procuratore generale del tribunale di Fermo aveva parlato «di un chiaro segnale perché questi reati vengano repressi con la massima severità». Andrea è stato ucciso per la seconda volta. La tragedia è finita nel dimenticatoio, con alcune frasi fatte e disfatte, tipo non deve più accadere, basta con queste stragi, lavoreremo per migliorare la sicurezza. Parole piene di buone intenzioni, che lo spillo della smemoratezza buca in un momento. Parole al vento! Alla fine anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere: martiri del lavoro che fanno notizia il tempo di commuovere, che non promuovono ronde per la sicurezza, spesso rimossi pure nei processi. Tragedie quotidianamente dimenticate da un Paese ignavo e incurante. La tromba silente di Andrea a suonare la sua ritirata. Questo è quanto accade a tutti i morti sul lavoro; di loro restano solo dolore e angoscia dei familiari ma giustamente questo non fa notizia : una mamma che piange tutti i giorni, che guarda sempre la porta di casa aspettando che il suo Andrea rientri perché spera che tutta la sofferenza che sta vivendo sia solo un brutto sogno….. Ma tutto ciò non importa a nessuno!!!!!!!!!!!!Questa è la tragica realtà, di chi rimane e si rende conto di essere emarginato e dimenticato da tutti.

Graziella Marota

(mamma di Andrea Gagliardoni)

DALLA MAREMMA AD ANCONA. I MASSONI INVADONO IL PD

Massoneria e Pd: dalla Maremma ad Ancona infuria la polemica

di Osvaldo Sabato

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«Oggi nel Pd ce ne sono a bizzeffe» dice Renzo Bardelli, ex sindaco comunista di Pistoia. Massoni e democratici: la discussione nel partito è molto accesa, la questione è spinosa e toccherà alla commissione di garanzia, convocata per lunedì prossimo, dirimere una buona volta per tutte la matassa sulla compatibilità tra l’iscrizione al partito e alla massoneria. A riportare al centro dell’attenzione questo argomento è stato il caso di Guido Maria Destri, assessore al Bilancio di Scarlino, comune della Maremma grossetana, al centro delle polemiche per essere stato fotografato durante una riunione massonica. Un altro caso di un assessore Pd affiliato alla massoneria era scoppiato ad Ancona, con le dimissioni di Ezio Gabrieli, dopo aver dichiarato la sua appartenenza al Grande Oriente d’Italia. Sono bastate queste due vicende per dare fiato alle polemiche dentro il Pd. Nel frattempo il capogruppo in Provincia di Macerata chiede ai vertici democratici di pronunciarsi sulla compatibilità della massoneria nel partito, gli ex popolari insistono sul divieto esplicito di appartenere al Pd e alle logge. Questi nuovi casi hanno di fatto riacceso il confronto nel partito, in prima fila anti-massonica due esponenti di spicco dell’area cattolica come Pierluigi Castagnetti e Beppe Fioroni. Ma davvero sarebbe cospicua la pattuglia di democratici dentro la massoneria? «Penso che in un paese democratico sia la cosa più normale del mondo, presumo, noi però non facciamo censimenti» commenta Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia «a noi interessa che i fratelli, siano essi di destra che di sinistra, rispettino i principi della libertà e uguaglianza e che pratichino la filosofia del dialogo». Chi non pensa che sia poi tanto normale è il sindaco di Scarlino Maurizio Bizzarri, anche lui del Pd, specie dopo che ha scoperto di avere in giunta un assessore affiliato alla loggia Nicola Guerazzi di Massa Marittima. Anzi, ex associato: proprio ieri Guido Maria Destri ha fatto recapitare sulla scrivania del sindaco Bizzarri una lettera di dimissioni dalla massoneria, con tanto di timbro del segretario della sua loggia. Ma se questa è una vicenda chiusa, resta sempre aperto invece il filone del dibattito. Nel Pd c’è chi parla addirittura di una questione morale. «Esagerato, mi sembra eccessivo» commenta il parlamentare Luca Sani, coordinatore della segreteria toscana. Da ex sindaco di Massa Marittima, in questo comune ci sono ben tre logge massoniche, Sani, getta acqua sul fuoco delle polemiche «cosa vuole che sia la storia di un assessore di Scarlino massone…» dice «con un presidente del Consiglio e un capogruppo del Pdl che sono stati iscritti alla P2». Sono in molti a domandarsi però se un iscritto può far parte della massoneria. A questo proposito lo statuto nazionale del Pd non è abbastanza chiaro poiché nelle norme il termine «massoneria» non viene mai citato, anche se l’articolo 3 del codice etico stabilirebbe che non si può essere del Pd e della massoneria. Almeno questa è la tesi che sposa anche la presidente nazionale Rosy Bindi. Sulla trasparenza delle logge punta invece il Gran Maestro d’Italia, Gustavo Raffi «conosco Gabrielli è stato un buon amministratore». La lacerazione interna al Pd? «Non vorrei che fosse un pretesto per non parlare della situazione difficile del paese» spiega Gran Maestro, Raffi. Per l’ esponente della massoneria, insomma, puntare l’attenzione sulle logge non sarebbe altro che un modo per distogliere la gente dai problemi reali. Sicuramente non è l’obiettivo del Pd. «È importante che lo si dichiari prima» precisa il segretario toscano, Andrea Manciulli. È certo però che quando c’è di mezzo la massoneria i veleni si sprecano. L’ultimo è di ieri, sempre in Toscana, con l’ex sindaco di Pistoia, Renzo Bardelli, che indica il neo consigliere regionale del Pd, Gianfranco Venturi, come massone. In risposta si becca una querela e una smentita.

L’Unità, 4 giugno 2010

APPELLO A TUTELA DELLE MINORANZE ROM

al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
al Consiglio Superiore della Magistratura,
all’Associazione Nazionale Magistrati,
al Tribunale e alla Procura di Pesaro,
al Primo Ministro,
al Ministro della Giustizia,
ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica

Pesaro. Rischi di persecuzione contro i difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne.

“Con questa lettera, chiediamo alla magistratura, ai vertici delle autorità di forza pubblica e della classe politica del nostro Paese di prodigarsi affinché i difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne, che si sacrificano ogni giorno per proteggere i gruppi sociali e gli individui più vulnerabili, non siano considerati un “problema di sicurezza”, ma un baluardo preparato e responsabile contro i rischi diviolazioni dei diritti umani. La pressione e la repressione che accompagnano i nostri operatori umanitari e che durante un anno di permanenza a Pesaro hanno raggiunto punte acute e insopportabili, tanto da costringerli ad abbandonare la città dopo aver messo in salvo le famiglie Rom e migranti più fragili ed escluse, non sono un segno di “forza” e “risolutezza” da parte delle Istituzioni, ma di scarsa conoscenza dell’opera dei difensori dei diritti umani e della delicatezza della loro missione quotidiana, da cui dipendono vite umane e dignità di individui e comunità di persone…”.

Il Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti umani con sede in Italia, è un insieme di persone che coopera con istituzioni e organismi europei e internazionali per la salvaguardia delle minoranze nel mondo e dei loro diritti fondamentali.

In particolare, in Italia si occupa della tutela dei diritti umani e civili di Rom e Sinti, di migranti e profughi.

Il 13 febbraio 2010 è stato notificato a Roberto Malini e Dario Picciau, co-presidenti con Matteo Pegoraro di EveryOne, un decreto penale di condanna (n. 1153 D.P., emesso dal G.I.P. della Procura di Pesaro), in cui gli venivano contestati i reati 110 e 340 del codice penale (interruzione di pubblico servizio), relativamente all’identificazione, il pomeriggio del 20 dicembre 2010, di tre persone di etnia Rom all’esterno di un bar del centro di Pesaro. Secondo due agenti della Sezione Volanti, Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso, Malini e Picciau avrebbero turbato un’operazione di polizia. A tali accuse, Malini e Picciau hanno provveduto a proporre formale opposizione in tribunale, assistiti dagli avvocati Silvano Zanchini e Valeria Novelli del Foro di Pesaro. L’8 ottobre prossimo si svolgerà l’udienza per l’opposizione al decreto penale di condanna, presso il Tribunale di Pesaro.

I difensori dei diritti umani di EveryOne, e in particolare i suoi co-presidenti, hanno sempre operato con serenità e controllo, in situazioni spesso delicate e difficili. A Pesaro, città in cui quattro componenti dell’organizzazione si erano trasferiti per vivervi, EveryOne, in linea con la sua mission, si è occupato della tutela di diritti umani e civili, e in particolar modo della condizione dei Rom, dei profughi, dei senzatetto e degli omosessuali presenti sul territorio cittadino e provinciale. Abbiamo dialogato sempre con le istituzioni, le autorità e i media locali, per trasmettere loro una migliore informazione riguardo alla presenza in Italia del popolo Rom, alle normative e agli accordi europei e internazionali che tutelano i profughi, gli omosessuali e in genere le minoranze etniche e sociali. Purtroppo, abbiamo incontrato una situazione assai difficile, con molti episodi di discriminazione e un atteggiamento a nostro parere ostile, sia da parte del Comune di Pesaro che da parte della Questura, verso i gruppi sociali vulnerabili ed emarginati. Dopo il respingimento, nel 2008, avallato dall’allora Questore di Pesaro, di un gruppo di profughi afgani, che ha dato luogo ad un’interrogazione parlamentare su nostra segnalazione, presentata al Senato dagli onorevoli Marco Perduca e Donatella Poretti, l’atteggiamento della Questura di Pesaro è divenuto ancora meno amichevole, soprattutto nei confronti degli attivisti per i diritti umani che si presentavano o venivano identificati quali componenti di EveryOne. In particolare, quando il co-presidente Roberto Malini, oggetto del decreto penale di cui sopra, si è recato in Questura in seguito alla deportazione di afgani (con sottrazione di minori su ordine dell’autorità giudiziaria, nonostante nel gruppo vi fossero genitori e fratelli maggiori che li accompagnassero), è stato ricevuto nell’ufficio del questore Benedetto Pansini non per essere ascoltato riguardo alla segnalazione del mancato rispetto dei diritti dei profughi, ma per essere oggetto di un avviso orale, riportato dallo stesso Malini con la seguente motivazione: “Siccome i Rom sono notoriamente delinquenti, ravviso nella vostra attività a favore dei Rom gli estremi per un’associazione per delinquere”.

Successivamente, mentre il Gruppo EveryOne instaurava un rapporto di collaborazione con i Carabinieri della stazione di Pesaro, si inaspriva l’atteggiamento della Polizia di Stato – in particolare della Sezione Volanti – nei confronti dei difensori dei diritti umani. Gli agenti di polizia fermavano gli attivisti di EveryOne e controllavano loro i documenti ogniqualvolta li vedevano impegnati nella quotidiana attività di assistenza e tutela alle famiglie Rom stanziate in città.

La Questura, secondo quanto riferito dalla maggior parte di loro, li convocava per il minimo pretesto, sempre con atteggiamento poco disposto a un dialogo sereno e chiedendo loro ragione di articoli apparsi sulla stampa locale o nazionale riguardanti casi curati da EveryOne, nonché di dimostrare i rapporti con il Parlamento europeo, cui presentavamo regolarmente relazioni sulla condizione dei Rom, dei migranti e delle altre minoranze. L’onorevole Viktoria Mohacsi, parlamentare europea ALDE (Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa) e fra le massime autorità continentali riguardo alla condizione dei Rom nell’Unione europea, faceva recapitare dai suoi uffici di Bruxelles una lettera di incarico al Questore di Pesaro, ove si specificava che i sigg. Malini, Pegoraro e Picciau, in qualità di co-presidenti EveryOne, agivano per conto dell’on. Mohacsi riportando rapporti e segnalazioni di abusi alle autorità e agli organismi dell’Unione europea. Dopo la ricezione della lettera (allegata alla presente), la pressione della polizia diminuiva, ma solo temporaneamente. Né le istituzioni comunali, né la Polizia di Stato, sembravano comprendere che l’attività dei difensori dei diritti umani non va “contro le autorità” ma fa parte degli equilibri di una democrazia, di una società civile. Secondo quanto riferito dagli attivisti di EveryOne stanziati a Pesaro, gli stessi venivamo nuovamente redarguiti in Questura per nuove interrogazioni parlamentari scaturite da nostre segnalazioni e presentate da deputati e senatori al Parlamento italiano aventi come oggetto anche il territorio pesarese.

http://www.camera.it/view/doc_viewer_full?url=http%3A//banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/frmricercaattitxt.asp&back_to=http%3A//www.camera.it/205

Tuttavia, sembrava impossibile spiegare che la tutela di chi soffre esclusione sociale e persecuzione è la missione di un’organizzazione per i diritti umani come EveryOne e che era (ed è) proprio lo scrupolo e la serietà con cui il Gruppo svolge tale attività ad aver fatto guadagnare allo stesso la fiducia e la cooperazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, del Parlamento europeo, della Commissione Ue e del Consiglio d’Europa, nonché di diversi parlamentari italiani ed europei (di schieramenti diversificati) che credono nella civiltà dei Diritti Umani. Il pomeriggio del 20 dicembre 2008 non è accaduto nulla di insolito: gli attivisti di EveryOne hanno semplicemente svolto la loro attività di difensori dei diritti umani: avevano appuntamento di fronte al bar Harnold’s, in piazza Matteotti a Pesaro, con tre giovani Rom romeni che seguivano da tempo e che, fra l’altro, sono stati testimoni per la Commissione europea riguardo alla discriminazione dei Rom in Italia.

Ecco la testimonianza di Roberto Malini e Dario Picciau riguardo all’accaduto:
“Nico Grancea, Americano Grancea e Ionut Ciuraru ci attendevano davanti al locale e, come avveniva a un ritmo assai frequente, sono stati fermati dalla polizia. Quando abbiamo raggiunto il luogo dell’appuntamento, abbiamo notato una volante ferma fuori dall’Harnold’s e un agente che attendeva all’interno della vettura che il barista gli portasse panini e bibite (sarebbero arrivati poco dopo). L’altro agente era sceso e, con fare molto autoritario, chiedeva ai tre ragazzi perché si trovassero a Pesaro, affermando più volte che i Rom non lavorano e rubano, e che a lui non piaceva vederli in giro. Abbiamo salutato i tre giovani, dicendo all’agente che li conoscevamo e che vivevano a Pesaro con le famiglie in edifici dismessi, in attesa che il Comune di Pesaro, come dichiarato pubblicamente dal sindaco Ceriscioli e dagli assessori Pascucci e Savelli, attuasse il programma di integrazione promesso, che viene richiamato anche in due interrogazioni parlamentari.

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/20_Intolleranza_e_azioni_repressive_attuate_dalla_citta_di_Pesaro_contro_i_Rom.html

Poi abbiamo chiesto all’agente se potesse usare parole meno dure, visto che i tre ragazzi stavano passando un momento difficile (familiari stretti dei tre avevano gravi problemi di salute, in quel periodo, e Nico Grancea aveva avuto da poco un bambino, dovendo far fronte a condizioni socio-economiche assai precarie) ed erano molto provati. Abbiamo detto all’agente che avremmo atteso i tre nel bar. Tuttavia, l’agente ci fermava, chiedendoci i documenti. Intanto gli chiedevamo perché avesse fermato i tre giovani. ‘Quando vediamo certe facce,’ rispondeva, ‘sappiamo per esperienza che nel 90% dei casi sono dei criminali’.

 Con molta civiltà e pacatezza, gli facevamo presente che non è giusto valutare gli esseri umani in base alla loro faccia.
Allora l’agente cominciava a chiederci, in tono aspro: ‘Ah, volete dire che siamo razzisti?’. Evitavamo di entrare nella discussione, anche perché la polizia fermava con frequenza le persone di etnia Rom a Pesaro e da parte nostra abbiamo sempre cercato di evitare di esagitare gli animi degli agenti, per evitare ripercussioni sulla comunità Rom. Quando l’agente ci chiedeva di allontanarci di tre metri da lui, lo assecondavamo senza fiatare. A differenza di quanto scritto dagli agenti nel loro rapporto, trasmesso alla Digos e successivamente alla Procura della Repubblica, non vi era nessuno nei pressi, oltre a noi, ai tre giovani Rom, all’agente in piedi davanti al bar e a quello seduto nell’auto. Lo può confermare un altro attivista EveryOne che ha potuto osservare la scena passando contemporaneamente dall’altro lato della piazza. Riguardo allo svolgersi dei fatti, può confermare la loro dinamica il sig. Ionut Ciuraru, uno dei tre giovani fermati dall’agente e poi condotto, per l’ennesima volta, in Questura.

Al link http://www.everyonegroup.com/downloads/testimonianza.mov

una dichiarazione video che Ionut Ciuraru ci ha gentilmente rilasciato da un Internet point, dopo aver appreso del decreto penale con cui siamo stati colpiti. E’ per accertarci che lo rilasciassero e potesse tornare ad assistere la madre, malata di cancro, che ci siamo diretti in Questura, quella sera, non certo per scusarci con l’agente, come invece da lui riferito. Avendolo incontrato lì, tuttavia, lo salutavamo con gentilezza e civiltà, come è nostro costume”.

Riteniamo utile e importante, da parte nostra, riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro e al Giudice per  le Indagini Preliminari lo svolgersi dell’episodio che ha condotto gli agenti di Polizia di Stato a scrivere il loro rapporto da cui è derivata la condanna penale a due dei co-presidenti di EveryOne, visto che la Procura non ha avuto modo di ascoltare né le loro testimonianze né quelle dei tre giovani Rom fermati né quelle del barista o dei passanti. Siamo molto amareggiati di tutto ciò, in considerazione del fatto che – al di là di come andrà a finire questo procedimento giudiziario – la nostra organizzazione, che si autofinanzia e utilizza ogni fondo economico (sempre derivante da donazioni private dei suoi membri) per aiutare i poveri e gli esclusi, sia stata costretta, solo per aver svolto la propria missione, ad affrontare consistenti spese legali, togliendo risorse a casi umanitari drammatici e sicuramente più urgenti.

Desideriamo farvi notare, infine, l’importanza dell’attività dei difensori dei diritti umani e le innumerevoli difficoltà che incontrano quando si impegnano per tutelare la vita e la dignità di esseri umani che una cultura deviata considera “asociali” e meri  “problemi di sicurezza”, e non – come in realtà sono – persone in grave disagio, prede di mancate assistenze, di discriminazione, di odio e di violenze. Quando accade che le autorità decidano di liberarsi dei gruppi sociali vulnerabili, combattendo anche le organizzazioni che cercano di tutelarne i diritti, si verifica un fenomeno pericoloso, che in genere è tipico dei regimi in cui i diritti umani non trovano posto. Ecco perché, dopo un anno difficilissimo e dopo aver messo in salvo le famiglie più deboli, i difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne che vivevano a Pesaro sono stati costretti a trasferirsi altrove. Ed ecco perché il caso del nostro Gruppo viene monitorato dagli uffici di Ginevra dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, nonché direttamente seguito dallo Special Rapporteur ONU sulla condizione dei difensori dei diritti umani Mrs. Margaret Sekaggya,poiché emblematico della necessità di evitare che in Italia e in Europa si verifichino gravi episodi di persecuzione dei difensori dei diritti umani.

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2010/2/19_Due_attivisti_del_Gruppo_EveryOne_colpiti_da_decreto_penale.html

Il Gruppo EveryOne è inoltre seguito con preoccupazione da Front Line, la principale organizzazione che tutela gli attivisti per i diritti umani a rischio di vita nel mondo, e recentemente EveryOne (unica organizzazione umanitaria dell’Unione europea invitata al meeting) ha preso parte alla 5th Dublin Platform for the protection of Human Rights Defenders dove, rappresentata dal co-presidente Matteo Pegoraro, ha potuto incontrare Mrs. Navanethem Pillay, Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2010/7/10_Persecuzione_giudiziaria_contro_gli_per_i_deifensori_dei_diritti_umani_di_EveryOne..html

Con questa lettera, chiediamo alla magistratura, ai vertici delle autorità di forza pubblica e della classe politica del nostro Paese di
prodigarsi affinché i difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne, che si sacrificano ogni giorno per proteggere i gruppi sociali e gli individui più vulnerabili, non siano considerati un “problema di sicurezza”, ma un baluardo preparato e responsabile contro i rischi di violazioni dei diritti umani. La pressione e la repressione che accompagnano i nostri operatori umanitari e che durante un anno di permanenza a Pesaro hanno raggiunto punte acute e insopportabili, tanto da costringerli ad abbandonare la città dopo aver messo in salvo le famiglie Rom e migranti più fragili ed escluse, non sono un segno di “forza” e “risolutezza” da parte delle Istituzioni, ma di scarsa conoscenza dell’opera dei difensori dei diritti umani e della delicatezza della loro missione quotidiana, da cui dipendono vite umane e dignità di individui e comunità di persone.

Oltre all’opposizione al decreto penale di condanna, presto i tre co-presidenti del Gruppo EveryOne, Malini, Pegoraro e Picciau, dovranno difendersi in un altro procedimento penale, sempre presso il Tribunale di Pesaro, accusati dalla locale Procura di calunnia (art. 368 c.p.) nei confronti di un assessore del Comune di Pesaro e di un responsabile dei Servizi Sociali locali, con il rischio di una condanna penale fino a sei anni di detenzione, per aver dichiarato che la sottrazione di bambini Rom a genitori indigenti ed emarginati da parte dei Servizi Sociali è un abuso: la stessa conclusione tratta dall’eurodeputata Viktoria Mohacsi e da tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani, in base alla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, alle Carte sui diritti umani e alle Costituzioni nazionali degli stati membri dell’Unione europea.

Anche riguardo a questo caso, vi è sconcerto e preoccupazione da parte dell’organizzazione Front Line e delle Nazioni Unite, che seguono da vicino lo sviluppo di questo caso, che non ha precedenti nell’Unione europea, con timore di un ritorno a politiche persecutorie nei confronti dei difensori dei diritti umani, come avvenne solo in epoche buie, da cui l’Unione europea ha preso da tempo le distanze. Dietro richiesta delle autorità cui è rivolta nell’intestazione la lettera aperta, il Gruppo EveryOne è disponibile a metterle in contatto con il Dipartimento delle Nazioni Unite, a Ginevra, che si sta occupando dei casi giudiziari che colpiscono i suoi co-presidenti.

Chiediamo al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Consiglio Superiore della Magistratura di vigilare sui procedimenti in corso nei confronti dei difensori dei diritti umani del Gruppo EveryOne, affinché non siano emessi verdetti ingiusti che colpirebbero senza ragione la loro legittima missione umanitaria; chiediamo inoltre ai rappresentanti del Parlamento e del Governo di valutare attentamente la serie di episodi sopra descritti, che pongono gli operatori umanitari del Gruppo EveryOne in una condizione di persecuzione e intimidazione che mal si addice alle basi giuridiche della democrazia e della civiltà, in cui la difesa dei diritti umani è una componente essenziale e basilare; chiediamo infine alla Procura della Repubblica di Pesaro e ai suoi magistrati di non trasformare evidenti errori giudiziari in una questione di principio o di orgoglio e di accogliere i nostri ricorsi, ovvero di archiviare le accuse pendenti nei confronti degli attivisti di EveryOne. Accuse che a nostro avviso non trovano ragioni nel diritto e colpiscono senza alcun motivo persone che dedicano le loro vite a proteggere le classi sociali più deboli ed escluse, agendo fra mille difficoltà.

La missione degli operatori umanitari, d’altronde, è espressa in una sintesi chiara e concisa dalla Dichiarazione Universale sui Difensori dei Diritti Umani, che all’articolo 1 afferma:
“Tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale” e, successivamente, all’articolo 6 “di pubblicare liberamente, comunicare o distribuire ad altri opinioni, informazioni e conoscenze su tutti i diritti umani e le libertà fondamentali”.

RingraziandoLa dell’attenzione che vorrà dedicare al nostro caso, cogliamo l’occasione per porgerLe i nostri migliori saluti.

Gruppo EveryOne

Roberto Malini Matteo Pegoraro Dario Picciau

Per conoscere i dettagli del caso è importante analizzare i documenti giuridici, le posizioni delle Nazioni Unite, del Parlamento Europeo e di Front Line, i report scaricabili a questo link:

http://www.everyonegroup.com/downloads/casoeveryone.zip

Link correlati:

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/26_Forze_dellordine_e_Rom_in_Italia.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/1_Distrutta_la_comunita_Rom_di_Pesaro.html

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/6/1_La_fabbrica_della_morte.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/11/4_Pesaro_e_il_razzismo_rosso.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/10/25_Pesaro._Chiediamo_al_Pd_di_fermare_la_persecuzione_rossa_contro_i_Rom.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/4/26_In_memoria_di_Virgil%2C_bambino_Rom_di_Pesaro_sacrificato_allodio.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/4/22_I_Rom_di_Pesaro%2C_dopo_lazione_poliziesca_del_25_febbraio.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/25_Pesaro_Sarajevo._La_memoria_non_basta.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/20_Intolleranza_e_azioni_repressive_attuate_dalla_citta_di_Pesaro_contro_i_Rom.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/20_Intolleranza_e_azioni_repressive_attuate_dalla_citta_di_Pesaro_contro_i_Rom.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/10_Diaspora_dei_Rom_di_Pesaro._Chiediamo_intervento_forze_democratiche_della_citta.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/10_Canale_5_evita_ancora_di_mandare_in_onda_lo_speciale_sui_Rom_di_Pesaro.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/9_Pesaro_zigeunerfrei._Quale_festa_per_le_donne_Rom.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/1_Distrutta_la_comunita_Rom_di_Pesaro.html

http://everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/1_La_vicenda_dei_Rom_di_Pesaro_fra_speranza_e_intolleranza.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/12/19_Addio%2C_Pesaro._Una_videopoesia%2C_un_invito_a_intraprendere_un_viaggio_di_civilta.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/25_Migranti%2C_Rom._Giovani_e_associazioni_antirazziste_si_incontrano_a_Pesaro.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/9_Il_razzismo_divide_la_destra._Il_caso_dei_Rom_di_Pesaro.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/8_Persecuzione_dei_Rom_a_Pesaro._Un_uomo_lotta_fra_la_vita_e_la_morte.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/5_Interrompiamo_la_persecuzione_dei_Rom_di_Pesaro_e_iniziamo_ad_aiutarli.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/4_Rom_a_Pesaro._Uno_sgombero_causerebbe_una_tragedia_umanitaria.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/8/26_Festa_Pesaro_copre_opera_sulla_memoria.html

http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/8/23_Festa_di_Pesaro_2008.html

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http://www.everyonegroup.com/it/2008/EveryOne/MainPage/Entries/2008/6/29_A_Pesaro_e_Fano_si_verificano_due_aggressioni_simultanee_nei_confronti_di_giovani_Rom.html

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http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2010/2/23_Front_Line_takes_action_on_behalf_of_EveryOne_Group.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2010/2/19_Italy,_two_human_rights_defenders_from_EveryOne_Group_receive_a_penal_order.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2010/2/19_Italy%2C_two_human_rights_defenders_from_EveryOne_Group_receive_a_penal_order.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2010/2/9_EveryOne_Group_at_the_Fifth_Dublin_Platform_for_Human_Rights_Defenders.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2009/8/14_Support_to_the_difficult_work_of_human_rights_activists.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2008/10/26_MEP_Viktoria_Mohacsi_and_EveryOne_Group_for_collecting_evidence_of_a_persecution.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2009/3/2_Pesaro_has_broken_up_the_local_Roma_community.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2009/5/5_Italy._Police_and_judiciary_persecution_is_taking_place_towards_foreigners_and_Roma_people.html

http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2009/12/1_Roma_People_in_Italy__Intolerable_Violations_of_Human_Rights_in_Pesaro.html

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ANCONA. IL P.G. DRAGOTTO PERDE L'INCARICO E SE NE VA…

Il pg Dragotto lascia la magistratura: «combatto contro gli svarioni giudiziari»

Il procuratore blogger
perde l’incarico e se ne va

Ironizzò sugli errori dei colleghi. Punito dal Csm

ROMA — Su un blog anoni­mo metteva alla berlina le sen­tenze impresentabili. E per un titolo impresentabile il Csm non lo ha confermato procura­tore generale di Ancona. A di­spetto del parere unanime e al­tamente positivo inviato al Csm dal consiglio dei colleghi del suo distretto. Per questo Ga­etano Dragotto lascia la magi­stratura. Questione di stile è la moti­vazione che avrebbe spinto il plenum a silurarlo. A causa di un doppio senso, utilizzato per bacchettare una collega (non nominata) che sbagliava i cal­coli delle attenuanti e delle ag­gravanti regolati dall’articolo 69. Ma lui si difende: «Il blog era riservato a pochi amici. Era anonimo come le sentenze. Vir­golettava solo alcune perle. Co­me la sentenza di un collega della Cassazione sul barista che serve detersivo per lavastovi­glie nell’acqua minerale. Stabili­sce che se il liquido è puro il ba­rista non è punibile, se diluito sì: per contraffazione. Se il cliente morisse sarebbe omici­dio colposo. E il primo presi­dente della Cassazione e il pg hanno votato contro la mia ri­conferma», dice, amareggiato, Dragotto.

Contro gli svarioni giudiziari dei colleghi aveva combattuto a lungo, dando an­che giudizi negativi in sede di valutazione. «Non avevo otte­nuto nulla se non voci di una mia presunta cattiveria. Per di­fendermi avevo creato quel blog per gli amici. E ridevamo dei pasticci scritti nelle senten­ze ». Come quella sulla «prosta­ta salvifica». L’aveva fatta fran­ca un maniaco che aveva mo­strato la sua virilità a una bim­ba ferma in auto con il finestri­no aperto, giacché il giudice aveva attribuito l’esibizione al­la impossibilità di «trattenersi dall’urinare». Senza domandar­si perché non si fosse allora ri­volto verso il muro. Oppure le attenuanti generiche, concesse a un senegalese «perché l’impu­tato è africano e l’Africa è pove­ra ». O quella nella quale il com­puto di un terzo della pena di tre mesi faceva sempre tre me­si. E infine quella della giudice che applicava male l’articolo 69. «Lei deve essersi ricono­sciuta, forse avvertita da qual­che collega, si è offesa per il ti­tolo sarcastico e ha avvertito il Csm» racconta Dragotto. Ma la preistruttoria per incompatibi­lità ambientale a causa della ca­duta di stile si è subito chiusa. Ed è finita lì.

Al momento di va­lutare il rinnovo dell’incarico da pg però è risaltata fuori. «E pensare che proprio a seguito di quell’episodio c’era stata una riunione nella quale aveva­mo parlato finalmente di que­ste motivazioni impresentabi­li, e finalmente si erano ridotte quasi della metà». Il magistrato esclude un col­legamento della sua bocciatura con gli arresti appena firmati per l’ex sindaco pd e altri, nel­l’ambito dell’inchiesta sulle tan­genti per l’aera portuale. Non crede a chi sussurra che l’han­no voluto fare fuori da altri in­carichi direttivi ai quali concor­reva. E conclude: «C’è chi mi ha consigliato di fare ricorso. Ma come potrei continuare a fa­re il magistrato con le mani le­gate dietro la schiena?». Per questo lascerà la toga. Ma non il web.

03 luglio 2009

 http://www.corriere.it/cronache/09_luglio_03/procuratore_blogger_ancona_piccolillo_ba12a380-679a-11de-8836-00144f02aabc.shtml

Marche

Prima di accingerVi a leggere i vari casi, pensate che si tratta di storie vere, per cui molti uomini sono morti e tante famiglie sono state distrutte dal dolore, senza ricevere alcuna tutela, da parte delle varie Autorità a cui fiduciosamente si erano rivolte. Pensate che non si tratta di casi isolati e non crediate che ciò che è capitato agli altri non possa, prima o poi, capitare, anche, a Voi od, a qualche stretto congiunto. Sarebbe il più grave errore che potreste commettere, dal quale genera l’indifferenza verso i mali della giustizia e su cui si fonda il dominio del male e della menzogna sulla Verità.